Capitolo 3.
L'appuntamento con Daniel era per quella stessa sera, alle sette!
Ad Erika avevano raccontato una mezza verità. La strega non aveva idea che l'amica si sarebbe nutrita e che Daniel le avrebbe fatto compagnia. Miranda odiava mentirle, ma non avrebbe sopportato una sua ramanzina, a volte si comportava come una madre soffocante.
Ma prima doveva tornare a casa, finalmente! Mancava dalla sera precedente, e zia Fiona non sarebbe stata felice di sapere che avrebbe saltato anche quella cena.
Quando aprì la porta d'ingresso, sentì un leggero e speziato profumino provenire dalla cucina, e tirò un sospiro di sollievo: se la zia stava cucinando voleva dire che stava bene.
«Sono a casa.» Annunciò richiudendo la porta alle proprie spalle.
In quell'istante, il viso della donna sbucò fuori dalla porta della cucina. Zia Fiona non era una donna troppo anziana, ma fra i capelli chiari erano ben visibili le tracce di sfumature grigiastre, li teneva raccolti in una crocchia, ma si ostinavano a sfuggirle qua e là.
Era una donna dal fisico sottile, come le sue mani affusolate. Zio Louis diceva sempre che la sua adorata moglie era delicata come uno stelo e pericolosa come uno stiletto, poi scoppiava in una leggera risata e la baciava sulla guancia.
Non appena vide la nipote sorrise, mostrando i denti bianchi e perfetti, mentre la pelle attorno agli occhi nocciola evidenziava le rughe, che ormai incorniciavano il suo bel viso. «Oh, eccoti qui!» Esclamò, facendole segno di seguirla in cucina. «Ho preparato l'arrosto e mi serviva un tuo parere riguardo gli aromi, sai che non sono brava nella dosatura del sale.»
Miranda fu subito al suo fianco e prendendo un cucchiaio lo immerse nel brodo fumoso, sul fondo della pentola. «Sì.» Disse assaporandolo con gusto «Manca ancora un pizzico di sale.»
Fiona si diresse verso la mensola degli aromi e si mise alla ricerca. «Accidenti ma dove l'ho messo?»
La nipote stava per aiutarla, quando notò che il contenitore che cercava era proprio davanti agli occhi della donna. Allungò una mano e lo porse alla zia.
«Oh, era proprio qui!» Esclamò Fiona e sollevando lo sguardo vide quell'ombra familiare sul viso della nipote, un misto fra la preoccupazione, la paura e la voglia di piangere.
«Tesoro sta tranquilla.» Disse in tono rassicurante e dolce, le accarezzò una guancia e le diede un bacio sulla fronte, «Oggi ho preso le mie pillole in modo corretto, ma questo non è sufficiente a curare la mia distrazione!» Poi riprese a cucinare. Sembrava una di quelle streghe delle favole per bambini, davanti ad un grosso pentolone con il mestolo, usava la stessa passione che Erika metteva nei suoi strani composti.
«Com'è andata a scuola?»
«Bene.» Rispose la ragazza senza staccarle gli occhi di dosso, voleva assicurarsi che quello con il sale fosse davvero un incidente «Ho preso il massimo dei voti nella verifica di letteratura.»
Fiona sorrise compiaciuta, portando la testa all'indietro. Sembrava una donna d'altri tempi, con un'eleganza tale che nessuno avrebbe mai potuto eguagliare, e lei adorava ogni suo gesto. «Stasera dovremmo festeggiare.» Disse voltandosi verso la nipote, ma l'entusiasmo si spense in fretta «Stasera non ci sarai.» Disse, e non era affatto una domanda, Miranda sapeva essere un libro aperto a volte.
«Devo andare a fare quella cosa, sono già passati quindici giorni dall'ultima volta che...»
«Quindici?!» Fiona aveva alzato la voce di qualche tono, non era da lei ma era preoccupata «Non dovresti stare così tanto tempo senza nutrirti, lo sai.»
Miranda abbassò lo sguardo contrito e anche un po' mortificato. Non erano state molte le occasioni in cui la zia l'aveva rimproverata, di solito non ne aveva bisogno. Sapeva che non avrebbe dovuto aspettare così tanto prima di nutrirsi, ma aveva le sue buone ragioni per quel ritardo.
«Signorina, sto parlando con te.»
La ragazza alzò gli occhi, i loro sguardi si incrociarono e Fiona aprì bocca per parlare ma poi la richiuse in fretta. Non aveva terminato con i rimproveri, ma comprese la ragione che aveva spinto la nipote ad aspettare così tanto prima di nutrirsi, di nuovo. «E' stato a causa mia, non è così?!»
«No!» Provò a giustificarsi la giovane, ma Fiona non era una donna facile ai raggiri.
«Non mentire, ho avuto una delle mie solite crisi, non è vero?»
Miranda avrebbe voluto mentirle, ma non ci riuscì. La sua testa fece di sì, come se una forza superiore la costringesse a muoversi.
Gli occhi di Fiona si riempirono di lacrime, ma serrò la mascella con tutta la forza di cui era capace e impedì loro di rigare il suo bel viso. Era lei l'adulta in quella stanza, quella ragazzina di sedici anni non avrebbe dovuto vederla in quello stato. «Ascoltami bene.» Le disse. Le sollevò il viso da sotto al mento e le rivolse un sorriso «Io ti sono immensamente grata per ciò che fai quando non sono del tutto in me, ma per nessun motivo al mondo, mai, dovrai trascurare i tuoi bisogni a causa mia, me lo prometti?»
Miranda annuì in silenzio, era poco convinta di quella promessa ma non poteva fare altro, quando la zia faceva quelle richieste lei era obbligata a dire di sì, era una regola risalente a un anno prima, quando i medici le avevano diagnosticato il morbo di Alzheimer.
La donna pizzicò la guancia della nipote con fare affettuoso, ritornando ai fornelli con disinvoltura.
«Và a fare i compiti adesso.» Le raccomandò infine. Per lei lo studio era più importante di qualunque altra cosa, e la giovane creatura non se lo fece ripetere.
Miranda era brava a scuola, solitamente eccelleva in quasi tutte le materie e di questo doveva ringraziare anche la sua natura: apprendeva molto più velocemente degli umani, era uno dei tanti vantaggi che amava della propria vita, la prima cosa che le aveva insegnato a sfruttare zio Louis.
Quando richiuse l'ultimo libro, soddisfatta anche se stanca, corse a fare una lunga doccia ristoratrice e si liberò di quella odiosa divisa.
Sciolse i capelli dalla treccia, lasciando che le ricadessero lungo la schiena, indossò un paio di jeans scuri e attillati che le avvolgevano perfettamente glutei e cosce, una canottiera chiara e il suo giubbotto di pelle.
Non guardò nemmeno che ore fossero quando corse al piano di sotto, lo stomaco le suggeriva che era in perfetto orario!
Salutò la zia con un bacio sulla guancia e senza voltarsi cominciò a camminare, diretta verso casa di Daniel.
Erano le sette e l'amico l'aspettava davanti al cancello, l'unica via che separava la strada dal suo bel giardino. Sembrava che avesse fretta di andare via e senza perdere altro tempo la portò a cena, in un pub che aveva scoperto da poco, non molto lontano dal centro storico e poco frequentato.
Ordinarono un hamburger, ma Miranda non sembrava affatto felice della sua cena, guardava la carne con fare sospetto e pizzicava la lattuga e le patatine come se fosse inappetente.
«Che succede? Di solito la divori questa roba.» Chiese Daniel studiando i suoi gesti, poi rammentò il motivo per cui erano lì «E' per via del tuo digiuno? Una volta hai detto che il mancato nutrimento prolungato può portare inappetenza.»
Miranda alzò gli occhi in quel momento, aveva persino faticato a comprendere le parole dell'amico, ma alla fine riuscì a ricomporne l'ordine nella sua testa e a dargli un significato «Non è per quello, sta tranquillo.» Gli assicurò «Stavo solo pensando a mia zia.»
«Oh.» Il tono di Daniel subì un arresto «Come sta?»
«A quanto pare meglio. Quando sono tornata a casa l'ho trovata ai fornelli.»
«Beh è un'ottima cosa, vuol dire che i farmaci la stanno aiutando, giusto?»
Miranda annuì in silenzio ma non sembrava troppo convinta. Odiava parlarne e non sapeva nemmeno perché avesse preso quel discorso, perciò decise di cambiare argomento immediatamente «Dimmi di te.» Il suo sguardo si fece subito severo e i suoi occhi fermi e decisi «Perché hai insistito per venire stasera? L'idea che tu possa guardarmi mentre mi nutro dell'essenza di un umano, mi inorridisce.»
«Non volevo indispettirti.» Spiegò subito il ragazzo «E posso giurare che non lo faccio per saziare la mia immensa curiosità. Quello che devi fare per vivere fa parte di te. Dato che ci siamo ripromessi di raccontarci sempre tutto, è giusto che io veda anche questo. Ti ho già ripetuto centinaia di volte che per me resterai sempre Miranda Giordan, la mia migliore amica, qualunque cosa tu faccia.»
La ragazza avrebbe voluto trovare una scusa valida per poter obiettare, proprio come faceva sempre Erika, ma non poteva negare di essere lusingata da quelle parole.
«E poi voglio anche andare al Radioactive, ma non posso entrare senza di te!» Aggiunse parlando in fretta, sperando che quella frase accartocciata passasse inosservata.
Miranda spalancò gli occhi inorridita, aveva il sospetto che Daniel tramasse qualcosa ma non quello. «Non se ne parla!» La voce si indurì «Quel posto è pericoloso per te, lo sai bene.»
Ma l'umano non sembrava scoraggiato né intenzionato ad arrendersi «Sì ma so anche che se andiamo insieme non mi accadrà nulla, penseranno tutti che sono il tuo umano, la tua cena o quello che è!»
La giovane creatura non credeva alle proprie orecchie, a volte l'ingenuità di Daniel la spiazzava e le faceva venir voglia di spiegargli quali fossero le regole del suo mondo, come andavano realmente le cose.
«Io non ceno con nessun umano e di certo non mi appartengono, né a me né a nessun altro, non funziona in questo modo.»
«E allora come? Non capisco perché non mi spieghi mai nulla. Se lo facessi potrei almeno comprendere e smettere di fare domande sciocche, non trovi?»
Miranda scosse la testa, quando Daniel si metteva in testa una cosa era difficile fargli cambiare idea. Pagò il conto e si alzò, seguita passo passo dall'amico.
Daniel la guardava di sottecchi, mentre percorrevano insieme le strade della città. Era in attesa delle sue risposte, conosceva così bene Miranda da sapere che quel silenzio in cui si era rintanata era solo una breve attesa, stava in realtà cercando le parole giuste.
Alla fine fece un lungo sospiro, che poteva accadere di male? «Che ti ho detto la prima volta che ti ho parlato di questo?» Gli chiese continuando a camminare.
«Che tutto quello che credevo di sapere su di voi è sbagliato.» Rispose Daniel come uno scolaretto, emozionato e desideroso di imparare.
«Esatto. Non sono una creatura dell'inferno, non ho le sembianze di un demonio, non posso cambiare aspetto...»
«E non sei immortale.» Aggiunse il ragazzo interrompendo quella serie di informazioni, snocciolate ad una velocità tale che era difficile starle dietro «Siete molto longevi, potete vivere anche diversi secoli, ma non per l'eternità, non esiste nulla di immortale sulla terra.»
Miranda sorrise compiaciuta, ma senza farsi vedere, era uno che imparava in fretta «Una cosa parecchio reale c'è.» Disse infine in tono serio «Siamo pericolosi. Non divoriamo letteralmente le nostre vittime, il corpo di un umano può produrre abbastanza linfa vitale da permettere a noi di nutrirci e a loro di rimanere in vita, sarebbe crudele e superfluo prosciugarli del tutto! Ecco perché le persone non muoiono, però non va sempre così.» In quel momento la ragazza rallentò il passo.
Era abbastanza agitata e non era necessario alimentare l'ansia in quel modo «Non siamo fatti tutti allo stesso modo, così come gli umani. Alcuni di noi potrebbero rivelarsi pericolosi. Zio Louis diceva sempre che esistono Incubi davvero molto crudeli, capaci anche di uccidere solo per puro divertimento o solo perché siamo bravi a farlo.» A quel punto si fermò e afferrò Daniel per un polso, puntando gli occhi nei suoi con il massimo della severità «Il Radioactive è un locale frequentato da ogni genere di creature. Che succederebbe se qualcuno ti mettesse gli occhi a dosso? Credi che una succuba di sedici anni potrebbe essere credibile nell'avanzare qualche tipo di diritto su di te?! Questa tua curiosità nei confronti del mio mondo a volte mi spaventa, ho paura che il tuo eccessivo entusiasmo possa cacciarti nei guai.»
Daniel riuscì quasi a vedere il fondo di quegli occhi colmi di preoccupazione. L'ultima cosa che voleva era aumentare le ansie dell'amica, aveva già abbastanza problemi. Le prese una mano e la strinse delicatamente fra le sue, cercando di rassicurarla. «Non volevo farti preoccupare in questo modo.» Disse rammaricato «Ma tu dimentichi che so badare a me stesso. Non volevo cacciarmi nei guai, ma solo dare una sbirciatina veloce.»
Poi assunse quella espressione da cucciolo indifeso che Miranda non sopportava, non riusciva mai a dirgli di no quando la guardava in quel modo. Provò a serrare le labbra, ma alla fine dovette cedere «Oh e va bene.» Si arrese battendo un piede a terra, irritata da quella infida tattica che Daniel tirava fuori ogni volta «Ma solo una sbirciata e guai a te se ne parli con Erika, sarebbe capace di farci fuori entrambi!»
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