Capitolo 29
Daniel afferrò della garza dalla valigetta del pronto soccorso che Erika teneva in bagno, non era bravo con le medicazioni ma prese la mano di Miranda e cominciò a tamponare il sangue con del disinfettante, in rigoroso silenzio.
Adesso gli omicidi erano due, la Succuba fece scattare lo sguardo su Erika, infiammata da quella nuova energia di determinazione «Come faccio a capire se qualche custode si trova in pericolo?» Le chiese cercando di trattenere la rabbia nella voce.
Erika capiva bene quello stato d'animo «Cominceranno a lampeggiare. La mappa ti indicherà il luogo esatto in cui si trova il custode in pericolo e, se saremo fortunati, potremmo arrivare in tempo per fare qualcosa.» Sottolineò la parola "saremo" con decisione, non avrebbe mai permesso all'amica di agire da sola «Se dovesse succedere non ti azzardare ad intervenire senza di noi.» La avvertì con severità e il suo tono non ammetteva repliche «Chiamami anche se dovessero essere le quattro del mattino. Ho acconsentito a questa cosa per cercare di salvare qualche vita non per sacrificare la tua. Non siamo degli eroi, dobbiamo essere molto prudenti.»
Miranda annuì. Non era una sprovveduta, sapeva ciò che c'era in gioco, sapeva bene anche cosa aveva appena chiesto ai due amici e quanto fosse pericoloso ciò che avrebbero cercato di fare, ma era un rischio che valeva la pena correre.
Aiutò Erika a sgomberare il pavimento e a ripulire le tracce di sangue. Poi conservò l'I-Pad nella borsa, reggendolo come se fosse la cosa più preziosa in suo possesso. «Grazie.» Disse loro guardandoli con gratitudine, «Adesso sarà meglio che torni.»
Daniel la accompagnò fuori. Socchiuse la porta e la seguì «Scusa se sono stato brusco prima» Disse. Quella storia lo rendeva nervoso e non solo quella, lui ed Erika avrebbero dovuto parlare quella sera, non sapeva di cosa ma aveva uno strano presentimento.
Miranda scrollò le spalle e sorrise «Sta tranquillo, è normale preoccuparsi, al tuo posto avrei reagito allo stesso modo.»
«Domani tornerai a scuola?» Le chiese in tono speranzoso, non la vedeva da diversi giorni e cominciava a mancarle parecchio.
«Sì, domani sarà il giorno del mio ritorno.» Il solo pensiero le dava sollievo «Ho bisogno di tornare alla mia normale routine, è quella che eviterà di farmi impazzire.» I due amici si salutarono e Daniel rimase a guardarla allontanarsi, fino a vederla sparire dietro l'angolo.
Provava una strana sensazione per nulla piacevole, una fitta allo stomaco tremenda. Daniel aveva l'impressione che il vento stesse portando con sé aria di cambiamenti, non sapeva di che genere. Aveva dei pessimi presentimenti a riguardo ma era certo di una cosa: non poteva perdere Miranda.
Tornò in casa colto dai brividi. Il freddo penetrava le ossa e una volta dentro raggiunse il camino caldo e accogliente.
Erika uscì dalla cucina in quello stesso istante, portava con sé un paio di tazze di tè fumante e gliene passò una in silenzio.
Fu inevitabile commentare quello che era appena successo con Miranda: l'incantesimo, la decisione della Succuba di aiutare gli altri custodi tentando di fermare quegli assassini folli, ma poi gli argomenti cominciarono a scarseggiare e il ragazzo cominciò a percepire un certo imbarazzo che fra loro non era mai esistito.
Erika lo aveva avvertito: doveva parlargli. Non sapeva di cosa ma aveva il sospetto che si trattasse di quello che c'era fra loro.
Non aveva idea di come poterlo definire, Daniel aveva una cotta per lei da anni e, da quello che sosteneva Miranda, anche Erika provava qualcosa. Tuttavia non c'era mai stato un segnale, nulla.
La Succuba affermava che Erika lo teneva lontano perché erano diversi, eppure lui sentiva che c'era qualcosa di più.
Dopo la festa di Halloween, ovvero dopo il loro primissimo appuntamento seguito dal loro altrettanto primo bacio, si era sentito felice, strano forse ma contento. Dopo avere trascorso così tanti anni a fantasticare su di lei, finalmente era riuscito a trovare il coraggio di baciarla. Tuttavia sentiva che mancava qualcosa. Forse si era aspettato troppo, forse aveva programmato l'evento troppo a lungo e alla fine ne era rimasto deluso. Ma il pensiero che lo atterriva era che la delusa in questione potesse essere Erika.
Sapeva che questo era un tipico pensiero sessista ma era un ragazzo, non poteva farci nulla, il pensiero di essere respinto lo agitava, il pensiero di aver deluso le aspettative della ragazza lo terrorizzava!
Daniel cominciò a dondolare un piede con fare nervoso, non se ne rese conto finché la strega non gli tolse la tazza dalle mani.
Si riscosse solo nell'istante in cui la ragazza gli sfiorò la mano. «Rischi di buttare a terra il tè.»Disse. Gli parlava con un tono dolce e non sembrava affatto un buon segno. Erika non era mai dolce, lei era la donna di ferro.
Daniel lasciò che gli prendesse la tazza ma alla fine non riuscì a resistere «Dai dimmi quello che devi dire.» Si sentiva come un condannato a morte in attesa dell'esecuzione, tanto valeva togliersi quel cerotto subito, in una volta sola «Se vuoi dirmi che non ti piaccio fallo e basta, io posso sopportarlo.»
La ragazza non fu sorpresa da quel genere di reazione, Daniel era sempre molto spontaneo e qualunque cosa dicesse non risultava mai sciocco, né importuno, né fuori luogo. In quel momento le sembrò piuttosto coraggioso. Gli sfiorò la guancia con le dita e si diede della codarda. Fra loro due era lei quella che stava temporeggiando ed era il caso di smetterla. «E' vero, tu non mi piaci ma non è così semplice.» Gli disse. Erika aveva puntato tutto su quella serata, aveva deciso di fare un passo enorme e aveva deciso di farlo con lui.
Sentirsi dire quella frase era stato brutale, altro che cerotto! Ma qualcosa gli suggerì di tacere e di stare a sentire ciò che aveva da dirgli. Prima di qualunque altra cosa, Erika era una delle sue migliori amiche e questo non sarebbe mai cambiato.
Aveva visto i suoi grandi occhi blu, aveva letto in quegli stessi occhi la paura e voleva capire cosa ci fosse di tanto importante da dire, e di altrettanto spaventoso.
Erika sospirò, se non si fosse decisa ad aprire bocca in quel momento non lo avrebbe mai fatto perciò serrò gli occhi e immaginò che in quella stanza non ci fosse nessuno, immaginò che fosse sola davanti allo specchio. «Tu non mi piaci perché io sono gay.» Disse tutto d'un fiato.
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