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Capitolo 24.2

Miranda conosceva abbastanza l'amica da capire che qualcosa non andava per il verso giusto.
«Dovremmo entrare?» Chiese cauta, avevano trovato Penny ma entrare in un edificio sconosciuto, rischiando di incontrare un nemico altrettanto ignoto le sembrava eccessivo. Forse sarebbe stato meglio chiamare qualcuno più competente di loro ma Sebastian fece un passo avanti.
«Se Penny è lì dentro andrò io. Voi avete fatto abbastanza non posso permettere che vi succeda qualcosa.»

 «Nemmeno io.» Miranda lo guardò con la testa piegata da un lato, era assurdo il fatto che non capisse quanto fosse importante restare uniti «Daniel può sentire se dentro c'è qualcuno e quanti sono.»
L'umano si sentì sprofondare quando tutti gli occhi dei presenti lo puntarono. Lo stavano caricando di responsabilità e lui non sempre riusciva a controllare i suoi poteri. Provò a concentrarsi, la telepatia era quello che gli veniva meglio ma quando credette di esserci riuscito, una spranga di ferro lì vicino si sollevò da terra e venne scaraventata contro la parete dell'edificio, generando un gran baccano.

 «Ops» Fu il commento imbarazzato del ragazzo, cercò di riprovarci una seconda volta ma Sebastian non fu tanto paziente da aspettare.
Probabilmente stavano perdendo minuti preziosi, sapeva che era rischioso ma si precipitò all'interno dell'edificio d'impulso, abbattendo la porta con una spallata senza attendere nessuno.

 Miranda lo vide passarle accanto, vide più che altro la sua sagoma data la sua velocità.
Lo seguì senza nemmeno pensare, ignorando le proteste della strega che le urlava di tornare indietro. Una volta dentro venne assalita da un tremendo odore, un misto fra pesce marcio e puzza di chiuso, non si vedeva nulla e per muoversi dovette usare gli altri sensi.

 Aveva l'impressione di stare percorrendo un lungo corridoio stretto, le assi di legno sulle quali poggiava i piedi non sembravano molto stabili e scricchiolavano ad ogni passo. Faceva caldo, forse per via dell'umidità dell'aria e le si imperlò la fronte di sudore, aveva paura ed era tesa.

Pensava a Sebastian lì dentro chissà dove, ad Erika e Daniel fuori e a lei lì da sola. Le stava esplodendo il cuore nel petto e quando cominciarono a formicolarle le punte delle dita sentì una certa familiarità in quella sensazione, era la stessa che aveva provato la notte di Halloween, quando aveva scoperto per la prima volta il suo potere. Opporsi a quel pizzicorìo le faceva solo male, qualcosa in lei le suggeriva che sarebbe stato meglio seguirlo e quando lo fece, le sue braccia, fino ai gomiti, vennero avvolte da fiamme incandescenti. All'inizio ebbe paura, avrebbe voluto urlare che stava andando a fuoco ma non le faceva male, non ne percepiva nemmeno il calore.

Miranda aveva scoperto di possedere quei poteri da poco ma usarli era un po' come respirare, lo faceva per istinto, come se facesse parte di lei da sempre e riuscì a concentrare le fiamme solo attorno alla mano sinistra, sollevandola in alto come una specie di torcia.
Percorse quel corridoio lercio ma di Sebastian non vi era traccia, fino a quando non arrivò ad una specie di biforcazione. Sarebbe stato più logico proseguire dritto dato che anche le impronte dell'Incubo andavano da quella parte ma vide che c'erano delle tracce strane alla sua sinistra, come se qualcuno ci avesse trascinato qualcosa sopra.

 Aveva ancora paura, il cuore le batteva forte ma c'era qualcosa di molto più forte che la guidava ed era il desiderio e la speranza di ritrovare Penny. Il silenzio l'aveva avvolta come quella oscurità densa, sentiva riecheggiare solo i suoi passi e in un certo senso era rassicurante, andava tutto bene se l'unica cosa che riusciva a sentire era se stessa.

Percorse quel secondo corridoio fino in fondo, arrivando finalmente dentro quello che sembrava un immenso magazzino sovrastato da grandi finestre alte almeno quattro metri. C'erano delle catene attaccate al soffitto e innumerevoli pedane di legno accumulate negli angoli, vecchi scatoloni, merce arrugginita e poi lo vide. 

C'era buio anche lì e all'inizio non riuscì a distinguerlo ma poi si fece tutto spaventosamente chiaro. La sagoma dell'uomo era china su qualcosa, qualcuno, di cui Miranda riusciva a vedere solo le gambe distese.
L'uomo si voltò a guardarla, aveva il volto coperto con una sciarpa che lasciava visibile solo gli occhi, due grosse pozze d'acqua azzurrina, tanto meravigliosi quanto perfidi, cattivi e pericolosi.
La giovane ragazza smise di respirare, trattenne il fiato incapace di ammettere ciò che stava guardando ma non poteva negarlo a se stessa. Il corpo senza vita di Penny era adagiato in un angolo lontano, lo sconosciuto dagli occhi azzurri era chino su di lei e aveva le mani insanguinate.

 L'avevano uccisa, lui l'aveva uccisa. «NO!!» La sua voce esplose, sembrava un tuono assordante che spezzava il silenzio e con esso anche il suo potere.
Miranda indirizzò le fiamme che le avvolgevano la mano sull'assassino di Penny, l'uomo scartò di lato per evitare il colpo e con un balzo felino si lanciò contro le vetrate di una delle finestre, fuggendo nel buio.

 Rimase impietrita, aveva il respiro corto e così tanta rabbia in corpo che avrebbe voluto incendiare ogni cosa. Penny era morta.
La raggiunse, le tremavano le gambe e avrebbe voluto staccare gli occhi dal cadavere ma non ci riusciva; quell'uomo, quell'animale ne aveva fatto scempio. Lentamente si tolse la giaccia con le mani tremanti, non riusciva a tenerle ferme, sembrava che la temperatura in quella stanza fosse scesa sotto lo zero. Coprì la povera Penny come poteva e si accorse di avere le guance bagnate di lacrime, perché le avevano fatto questo? Perché avevano ucciso una ragazza tanto giovane in quel modo tanto brutale?

 I suoi singhiozzi erano tanto forti da non udire più nulla al di là della propria voce, tranne le urla di Sebastian in lontananza, seguite probabilmente da quelle dei suoi amici. Eppure lei rimase impietrita lì, aveva trovato il corpo di Penny e le sembrava giusto proteggerlo. Era sciocco pensarlo dato che le avevano già strappato via la vita ma non si mosse da lì, incapace di muoversi, di pensare, persino di respirare.

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