Capitolo 20.
Miranda era una custode, Sebastian aveva ragione su questo.
Zia Fiona le raccontò che la famiglia Giordan non era solo una delle famiglie nobili ma anche una delle più potenti, ricche e temute, ecco perché era stata fra le prime ad essere presa di mira durante quelli che, nel suo mondo, erano noti come gli "anni bui".
Quello che Miranda non sapeva e che Sebastian aveva raccontato in modo un po' confuso, era che i custodi delle famiglie nobili erano i membri più giovani, poiché questi straordinari segreti, o poteri che dir si voglia, avevano bisogno di essere sostenuti da un corpo giovane e forte. Il custode era il membro più prezioso all'interno di una famiglia nobile, dato che era la fonte di potere per tutti gli altri, il resto della famiglia condivideva il potere grazie al custode, morto lui o lei, la famiglia diveniva più debole e vulnerabile.
La custode della famiglia Giordan era Astrid Giordan, la madre di Miranda, aveva solo diciotto anni quando erano iniziati gli attacchi. Una volta persi i genitori, la giovane aveva cercato rifugio dal vecchio zio Louis, lì sarebbe stata al sicuro e avrebbe potuto crescere serenamente la bimba che portava in grembo: Miranda.
A casa, fra le amorevoli cure degli zii e lontana da quel mondo che la voleva morta, Astrid aveva vissuto abbastanza a lungo per vedere la propria bambina nascere e compiere qualche mese, ma quella serenità fu bruscamente interrotta quando "loro" la trovarono.
Dei membri della famiglia Giordan, una volta scomparso Louis, era rimasta solo Miranda e questo la faceva sentire in via d'estinzione. Nella sua testa cominciarono a vorticare non solo domande ma anche paure paranoiche: sarebbe toccato a lei adesso? Avrebbe dovuto vivere tutta la vita come una fuggitiva? Di chi poteva fidarsi? Ma una volta ripreso fiato chiese solo: «Cosa sai dirmi di mio padre?»
La donna fece una faccia strana, era chiaro che non volesse parlarne ed era chiaro che questo fu sufficiente per spingere la Succuba a saperne di più.
«Di lui non sapevamo nulla.» Ammise infine Fiona in tono contrito, non c'era nulla di peggio che dire certe cose alla persona che amava, specialmente ad una sedicenne «Tua madre non aveva voluto sposarlo, forse non si fidava di lui, ci disse solo che si trattava di un certo Alexander Balio. Ma da quando sei venuta al mondo nessuno è mai venuto a cercarti.»
In fondo non le importava nulla di essere stata rifiutata dal padre, a casa degli zii aveva avuto tutto l'amore di cui aveva bisogno, ma sapere di avere avuto un padre da qualche parte, qualcuno che l'aveva abbandonata, che aveva abbandonato sua madre, le metteva addosso un po' di rabbia.
Così stavano le cose, Miranda apparteneva ad una famiglia di Incubi nobili quasi estinta, c'era rimasta solo lei e aveva sviluppato quelle particolari abilità che avrebbero potuto renderla un bersaglio davvero succulento.
«Cosa dovrei fare?» Chiese all'improvviso, dal nulla.
Quella domanda sorprese persino Fiona «Cosa intendi?»
«Come dovrei comportarmi adesso?» Chiese alzando la voce d'impulso, era furiosa «Adesso che sono una custode verranno a cercare anche me? Mi uccideranno?»
«Nessuno oserà mai torcerti un capello.» Le assicurò Fiona, tirando fuori quella forza da leonessa che l'aveva sempre distinta. «Quegli anni di terrore sono ormai estinti e i responsabili sono stati catturati e giustiziati. Non hai nulla da temere, io e tuo zio ti abbiamo sempre protetta donandoti una vita normale, e ti assicuro che continuerà ad essere così.»
Sembrava tutto troppo irreale e sfocato per essere vero. Miranda si alzò e afferrò la tracolla cercando di mantenere un tono di voce fermo «Adesso devo andare.» Si diresse spedita verso la porta, ignorando le parole della zia che la pregavano di fermarsi «Non aspettarmi per pranzo.» Tagliò corto prima di uscire.
Passo dopo passo, la città non le era mai sembrata così ostile come in quel momento. Probabilmente avrebbe dovuto fare come aveva fatto sua madre e non fidarsi di nessuno, anche se questo l'aveva uccisa ugualmente. Forse doveva nascondersi, cambiare identità e magari città, ma non sarebbe mai andata da nessuna parte senza Daniel ed Erika, non era un'opzione discutibile.
Aveva solo sedici anni ed una vita davanti, una vita noiosa probabilmente ma a lei piaceva quella dannata vita noiosa.
Le piacevano le inutili feste a scuola, i compiti in classe a sorpresa, i giovedì sera a casa di Erika che si ripetevano sempre uguali, i pomeriggi al cinema, le lunghe passeggiate in centro, lo shopping noioso, i suoi disegni, i suoi libri, il suo corso di pittura creativa...forse non era esattamente quello che ci si aspettava da una Succuba ma era la sua vita, era piccola ma l'aveva costruita da sé.
Senza accorgersene cominciò a correre.
Le scoppiava il cuore ma continuò a perdifiato, fino a quando non giunse all'ingresso del cancello della scuola. Non sapeva che ore fossero, quanto mancasse all'inizio delle lezioni o se aveva voglia di entrare lì dentro. Non si era mai sentita tanto diversa come in quel momento, aveva solo una gran voglia di non pensare. Prese il cellulare, selezionò il suo personale gruppo di conversazione e inviò un messaggio ai suoi amici, informandoli che sarebbe stata assente quel giorno.
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