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Capitolo 1.


«Il problema, nel raccontare le storie, è l'inizio» disse Miranda mentre spostava lo sguardo da Erika a Daniel, in assoluto i suoi migliori amici. Fece un mezzo sorriso e abbassò i grandi occhi verdi sul bicchiere che stringeva fra le mani. Conteneva un liquore alla ciliegia che avevano trafugato dal mobile di Marcus, il padre di Erika. Aveva un aspetto sinistro per via del colore rossastro e della consistenza un po' densa; ricordava il sangue finto dei film splatter, quelli che piacevano tanto a Daniel.
«Se l'inizio fa schifo, non riuscirai mai ad attirare l'attenzione di chi sta ascoltando. Ma se l'esordio funziona, penderanno tutti dalle tue labbra.» Parlava come una che ne sapeva parecchio della vita e delle persone, ma in quel momento lo disse solo per darsi delle arie. Erika lo sapeva bene, si conoscevano da quando erano bambine. Alzò gli occhi al cielo senza dare nell'occhio e scosse lievemente la testa.

«Devi considerare anche le doti oratorie di chi racconta; non basta avere una storia con un esordio interessante se sei una capra a raccontare!» Le rammentò l'amica in tono pungente. La sua voce era sottile e persuasiva, mentre i suoi occhi blu, intimidatori, avrebbero impaurito persino un felino selvaggio.

«Aggiungi anche il carisma» disse Daniel. Era l'unico ragazzo in quel trio di amici, a volte Erika e Miranda se lo rigiravano come un giocattolo, ma gli volevano un gran bene. Era leale e fedele, avrebbe preferito rompersi personalmente le dita con un martello piuttosto che tradirle.
«Il carisma in una persona è essenziale, se vuole coinvolgere le masse.»

«Sì, ma stiamo parlando di storie dell'orrore non di un comizio elettorale!» Miranda riempì i loro bicchieri e propose un piccolo brindisi.
Era il loro giovedì sera e tutte le settimane si riunivano a casa di Erika, trascorrendo la notte lì. I genitori della ragazza avevano un interessante abbonamento al teatro e per quelle due ore e mezza, tre se c'era traffico, potevano fare quello che volevano.
Miranda adorava quei meravigliosi giovedì sera, adorava i suoi amici e adorava i momenti che trascorrevano insieme.

«Lascia perdere.» Rise Daniel guardandola negli occhi, in tono di sfida, «Le storie dell'orrore non fanno per te, non sei brava a raccontarle.»
Era una provocazione, la parte razionale di Miranda lo sapeva benissimo, ma era l'istinto il suo problema. Non riusciva mai a tirarsi indietro, non riusciva mai a lasciar perdere quel genere di sfide. «Scommettiamo?!» Replicò mettendo giù il bicchiere.

Le luci del salotto erano spente, se ne stavano tutti e tre sbracati sul tappeto, al centro del pavimento, e il camino acceso emetteva un lieve chiarore che lanciava ombre inquietanti sulla parete alle loro spalle; era l'atmosfera ideale per una bella storia di terrore.
Sarebbe stato ancora meglio con un gran temporale, ma non poteva pretendere anche quello.
Miranda drizzò la schiena, era seduta con le gambe incrociate, attenta che i suoi amici potessero guardarla in faccia, allora cominciò.
«Avete presente il Radioactive?» chiese, ma non attese nemmeno la risposta, non era importante «Se non sei la persona giusta può diventare uno dei locali più pericolosi della città, e se ti succede qualcosa lì dentro nessuno può venire ad aiutarti, scompari nel nulla e di te resta solo un pallido ricordo. Un tipo che conosco ci lavora come buttafuori, così ho deciso di dare un'occhiata. All'inizio sembrava tutto magnifico: le luci, la clandestinità, la musica assordante nelle orecchie e la voglia di spegnere il cervello per un po'. Ho iniziato a ballare ed era tutto perfetto. Non c'era nessuno che giudicasse il modo in cui ero vestita, oppure che criticasse i miei capelli. Mi sentivo a mio agio, fino a quando non ho visto i suoi occhi in pista, fra decine e decine di altri occhi.»
Miranda fece una pausa, si rigirò il bicchiere fra le mani e ne mandò giù un sorso generoso. «All'inizio non capivo cosa fosse, sembrava uno dei tanti, forse un po' più strano ma in fondo chi non lo è? Qualcosa mi suggeriva che avrei dovuto smettere di fissarlo ma non ci riuscivo, quell'uomo aveva gli occhi completamente bianchi, lattescenti, e per una volta mi guardava come se la preda fossi io. Ho sentito un brivido correre lungo la schiena, ma non era paura. Non so spiegarvelo con precisione, con un solo sguardo quel tizio sconosciuto mi stava attirando a sè. Voleva che lo seguissi nel vicolo dietro il locale, ed io ho attraversato l'intera pista da ballo senza staccargli gli occhi di dosso. Quando il suo volto è diventato più chiaro, sotto le luci stroboscopiche, sono inorridita. Non aveva solo gli occhi lattescenti, la pelle del suo viso sembrava ustionata, rosea, colava come cera, e al posto della bocca aveva una fila di denti aguzzi e mezzi marci, riuscivo a sentire il fetore di rancido anche a distanza.

Quando mi sono risvegliata da quella specie di trance sono tornata indietro di corsa, avrei voluto schiaffeggiarmi. Quella creatura era un divoratore di cadaveri e praticamente mi aveva invitata a cenare insieme a lui, io avrei preso la preda e lui l'avrebbe fatta sparire, una sorta di incontro romantico e contorto.» La ragazza rabbrividì e scosse le spalle «Comunque sia, sono ritornata a casa dopo qualche ora. Mi sono arrampicata sulla grondaia e, quando ho acceso la luce della mia stanza, ho trovato una mano mozzata sulla scrivania. Un piccolo regalo del mio corteggiatore mostruoso.» Miranda alzò gli occhi su Daniel, sapeva che quella storia avrebbe fatto effetto più su di lui che su Erika, e aveva ragione.

Il ragazzo la guardava con gli occhi marroni spalancati, un misto fra l'affascinato, l'inorridito e il terrorizzato. Una parte di lui era di certo impressionata, ma aveva sedici anni ormai, era troppo grande per certe cose.
Divenne tutto rigido; solo dopo, Miranda, esplose in una risata canzonatoria e lui tornò a rilassarsi.

«Sei proprio un'idiota.» borbottò. Sembrava un bambino offeso e imbronciato «E' facile prendersi gioco di me. Io sono solo un umano, che posso saperne di divoratori di cadaveri?! Abbocco a tutto quello che dici.»
«Il bello è proprio questo.» Continuò la ragazza cercando complicità nello sguardo di Erika, ma quando incrociò i suoi occhi gelidi, il sorriso le morì in bocca.
«Sei stata al Radioactive?» chiese la ragazza in tono sereno ma serio, ricordava vagamente un interrogatorio.

Miranda non osò alzare lo sguardo, per quanto fosse gentile, quel tono non avrebbe portato nulla di buono.
«No.» rispose sincera, quella era solo una storia appena inventata, anche se condita con un pizzico di stranezza tipica della sua vita, «Non ci sarei mai andata senza voi due, lo sai bene.»
Erika avrebbe voluto rispondere che non ci sarebbe mai andata, nemmeno in loro compagnia. Si sentivano un sacco di storie strane e spaventose su quel posto, e voleva starci lontana il più possibile, ma non aggiunse altro. Le bastava sapere che l'amica non vi aveva mai messo piede.
« Esistono davvero i divoratori di cadaveri?» La voce di Daniel era incerta. Si era rinchiuso nel suo riflessivo bozzolo del silenzio, per poi venirne fuori con la solita e irrefrenabile curiosità. Non aveva nemmeno fatto caso alla lieve tensione che, a causa dell'istinto iper-protettivo di Erika, si era venuta a creare fra le due amiche.

«Sì.» rispose Miranda. Avrebbe preferito mentirgli, dire che quella creatura era solo frutto della sua immaginazione, ma gli aveva promesso di smetterla con le bugie. «Non hai motivo di preoccuparti, si trovano per lo più nei cimiteri e non sono pericolosi per gli umani.»
Daniel abbassò gli occhi e cominciò a giocherellare con un piccolo ciuffo del tappeto, era pensieroso. Ormai credeva di essere abituato a quel genere di cose: gli incubi erano spariti ma continuava ad avere due diverse realtà nella testa, e fare i conti con due mondi distanti non era semplice. Per Erika e Miranda era diverso, erano nate e cresciute in quel mondo non umano, mentre lui c'era stato catapultato contro la sua stessa volontà, qualche anno prima.
Erano amici dall'ultimo anno delle medie, e Daniel non aveva mai sospettato nulla riguardo la loro diversità. Nessuno sano di mente avrebbe mai potuto credere che Erika Green fosse una strega, o che Miranda Giordan fosse una Succuba, una creatura appartenente all'antica razza degli Incubi.

In effetti, nemmeno lui era ciò che può essere definito "normale": poteva leggere i pensieri delle persone, nonostante la sua natura fosse umana.
Due anni prima, di ritorno da una serata al cinema, un tipo anonimo, alto e robusto, li aveva minacciati con un coltello per derubarli.
Daniel era l'unico ragazzo. Non era esattamente un eroe, ma quel ladro aveva puntato il coltello in direzione di Erika, e lo sapevano tutti che lui aveva un debole per quella ragazza.
Cercare di fermare il malvivente, allontanandolo dalle sue migliori amiche, gli era venuto d'istinto. Fu come scagliarsi contro un muro di mattoni.
Si era illuso di avere la situazione sotto controllo, ma erano state le ragazze a salvarlo da una brutta fine. Avevano utilizzato le loro doti rivelandogli, così, ciò che erano realmente.
All'inizio stentava a crederci.
Gli occhi di Miranda avevano cambiato colore e lui si era smarrito fra quelle pennellate ambrate, credendo ingenuamente che si trattasse di uno scherzo.
Poi, però, aveva visto un globo luminoso stretto tra le dita affusolate di Erika, e gli occhi della ragazza colmi di qualcosa che non aveva mai visto in nessun'altra.

C'era voluto del tempo per aiutarlo a comprendere, elaborare e accettare la cosa. Non aveva parlato con nessuna delle due per circa due settimane. Alla fine si era sentito un perfetto idiota, perché qualunque cosa fossero, quelle due ragazze rimanevano le sue migliori amiche.
Aveva capito che, oltre al mondo che conosceva, ne esisteva un altro nascosto. All'inizio era tutto magnifico: si sentiva catapultato dentro i libri che amava leggere o dentro uno dei suoi film preferiti, ma presto si accorse che non si trattava di una favola, erano incubi.
Il giorno prima credeva di vivere una vita normale, a volte anche noiosa, mentre il giorno seguente non riusciva più a guardare il mondo allo stesso modo.

Chiunque poteva essere diverso, chiunque poteva essere non umano pur sembrando tale. Ormai sapeva che le parole come "normale" o "diverso" non avevano più lo stesso significato. Il concetto di "normale" era divenuto troppo ampio per poter essere compreso.
Erika si definiva speciale, riferendosi a tutti e tre. Dopotutto anche Daniel aveva delle doti fuori dal comune.
Più passava il tempo, più il ragazzo imparava a conoscere la realtà celata agli occhi degli umani, pensando che, in fondo, erano proprio loro tre ad essere i "normali".
Aveva sempre creduto che la bellezza del mondo fosse proprio la sua eterogeneità, e che gli umani, a volte, erano troppo ciechi per riuscire a vederlo.
Ma c'erano ancora troppe cose di quel mondo, talmente grande e a volte incomprensibile, che non capiva.

I divoratori di cadaveri erano una di quelle. Alzò gli occhi e sorrise, gli ci voleva sempre qualche minuto per assimilare certe novità «Beh, per fortuna non vado quasi mai nei cimiteri.» disse distendendo le labbra in un lieve sorriso.
Miranda ricambiò, ma sentiva una specie di vuoto allo stomaco. Odiava raccontargli certe cose, si erano ripromessi di dirsi tutto ma non era sempre facile, a volte si sentiva come se gli gettasse grossi mattoni sulle spalle.
Avrebbe voluto guardarlo negli occhi e cancellargli la memoria, sarebbe stato molto più semplice anche se sbagliato, specialmente nei confronti di un amico.
«Comunque era una bella storia.» aggiunse Daniel sdraiandosi sulla schiena, con le mani dietro la nuca. «Ti ho sottovalutata.»

Quella frase fece ritornare Miranda alla spensieratezza del loro giovedì sera, persino Erika cominciava a rilassarsi un po' di più.
Fra loro, era la giovane succuba ad avere sempre delle storie interessanti da raccontare. La maggior parte non le viveva mai di persona, per lo più aveva una fervida immaginazione, ma era comunque una dote che agli altri mancava.
«A furia di raccontare storie abbiamo fatto tardi.» La voce di Erika li riportò tutti alla realtà, «I miei genitori saranno qui fra poco, dobbiamo togliere di mezzo la bottiglia di liquore e rimettere a posto i bicchieri.»
Daniel pensò alla prima, mentre dei bicchieri si occupò Miranda; li lavò e li asciugò, rimettendoli esattamente al loro posto.
A quel punto era facile capire come si sarebbe conclusa la serata: li attendeva un film in camera di Erika, ma prima, sia Miranda che Daniel erano rimasti in piedi in fondo alle scale, in attesa di qualcosa.
Dovevano ancora occuparsi di spegnere il camino e questo era compito di Erika, adoravano guardarla mentre lo faceva.
La ragazza tese le mani verso il fuoco, temeraria e incurante del calore che, in normali circostanze, avrebbe scottato chiunque.
Le fiamme ebbero un tremito lieve, appena accennato, ma quando la strega mosse le dita, il fuoco seguì quei movimenti come un serpente guidato dall'incantatore. Si rimpicciolì sempre di più fino ad esplodere in un'unica fiammata luminosa, per poi essere risucchiato dalle mani della ragazza.

Quando il salotto precipitò nuovamente nel buio, Daniel tornò a respirare. Adorava osservare le amiche mentre erano loro stesse, anche quando si trattava di spegnere un semplice fuocherello. «Lo spettacolo è finito, signore e signori.» Sorrise la strega, incapace di nascondere il piacere che provava nell'essere osservata con tanta ammirazione.
Una volta al piano di sopra, si gettarono tutti sul suo letto, invadendo la stanza come se fossero al campeggio. In un angolo del pavimento c'era il sacco a pelo di Daniel, e i vestiti di Miranda spalmati sul parquet.
«Cosa guardiamo stasera?» chiese Erika poggiando il pc sulle gambe. La sua voce celava una piccola emozione, dato che quello era il momento che preferiva in assoluto. Di solito non riuscivano mai a guardare un film fino alla fine, si addormentavano molto prima, tutti e tre insieme.
Daniel si mise nel mezzo, come sempre, mentre Miranda iniziò a rimuginare sul titolo, anche se alla fine era sempre la strega a scegliere.
Miranda adorava quei giovedì sera e la quiete delle loro vite, le trasmetteva sicurezza perché era certa che nulla sarebbe mai cambiato; era davvero rassicurante.


 Angolo Autrice. 
Benvenuti a tutti voi che avete intrapreso questo viaggio, in compagnia di Miranda, Erika e Daniel. 
Spero davvero di potervi intrattenere con la mia storia, appassionare e magari farvi affezionare ai giovani protagonisti de La Custode. 

Godetevi questo racconto, semplice ma carico di sentimenti, emozioni forti come l'amicizia, il coraggio e anche amore profondo, che non guasta mai.

Sono aperta al dialogo. Se avete curiosità chiedete pure; se volete approfondire qualcosa, scrivete; se avete qualche critica costruttiva o qualche suggerimento, vi ascolto volentieri. 

Vi auguro buona lettura. 

Rosa ^.^ 


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