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Finché morte non vi separi



Il respiro gli si bloccò in gola. Il battito del suo cuore, dapprima accelerato a causa dello sforzo fisico e dall'adrenalina che gli incendiava le vene, sembrò bloccarsi per un attimo che parve infinito. Credette di morire e ritornò alla vita quando il suo sguardo si posò sull'eterea figura comparsa sul limitare dell'ombra. Gretchen.

La donna apparve da dietro un'abitazione, camminando leggiadra come se non sfiorasse il suolo. Si fermò a pochi metri da lui, lasciandolo spiazzato. Era persino più bella di quel che ricordava, come un angelo inviato sulla Terra per allietare i mortali. Non gli importò se il suo corpo fosse celato da una candida vestaglia, contravvenendo così alle leggi morali a causa della sua impudica veste. Per lui era perfetta. I suoi lunghi capelli biondi, di solito raccolti, le ricadevano sulle spalle e la schiena in boccoli selvaggi, scossi da un'ultraterrena brezza. Il suo viso era sereno, così come il suo sguardo. Sembrava illesa e in pace.

Ma come poteva esserlo in quel luogo di perdizione?

Istintivamente, Robert estrasse la fiaschetta donatagli da Uralt. Tuttavia non ebbe il coraggio di usarla. Tremava incerto, incapace di prendere una decisione. Una parte di lui gli urlava di agire, di prestare fede ai consigli del guardiano, ma l'altra, la più profonda e oscura, agognava quella visione; voleva gustare le promesse insite nelle sue labbra.

«Vieni con me» mormorò Gretchen, spalancando le esili braccia per accoglierlo in esse. «Stai con me. Rinnega la triste vita che ostenti a vivere per una fatta solo di certezze e piaceri.»

La fiaschetta di acqua santa gli scivolò dalle dita, cadendo a terra con un tonfo metallico. Il liquido incominciò a uscire dal tappo svitato, creando una piccola pozza tutt'intorno. Nel contrasto con il pavimento nero e sudicio, quello che voleva essere l'elemento più puro sembrò trasfigurare nell'onta.

«Oh, Gretchen, mia amata. Ti ho cercato per così tanto tempo. Per te farei qualsiasi cosa. Anche andare all'Inferno.» Ormai le lacrime gli bagnavano il viso, offuscando la sua visuale. Persino la sua anima stava soffrendo a causa dell'amore smisurato che sembrava spingerlo verso di lei, passo dopo passo. La tentazione di adempiere al suo volere era irrefrenabile.

Gretchen sorrise, un sorriso all'apparenza dolce, ma in qualche modo freddo e distante. Ora che l'ombra si era estesa, gli venne incontro. «Lo so, amore mio. Vieni, vieni da me. Stringimi. Abbracciami. Riscaldami con il tuo amore. Ho bisogno di te.»

«Sì, mia amata» gemette Robert.

Le si avvicinò. Poi, senza darle il tempo di anticipare la sua mossa, inforcò il fucile e fece fuoco, centrandola al petto a bruciapelo. Per un istante Gretchen vacillò, sorpresa dall'accaduto e dalla macchia vermiglia che si stava espandendo sulla sua veste; poi il suo volto si trasfigurò, mostrando le sue vere fattezze. La sua pelle candida divenne cerea e sottile come carta, lasciando trasparire al di sotto il reticolo di vene bluastre che la percorreva e l'ossatura aguzza. I morbidi lineamenti che la contraddistinguevano erano infatti divenuti affilati e ferini, distruggendo l'armoniosità del suo viso. Persino i suoi occhi persero la loro naturale innocenza, iniziando a brillare selvaggi. Infine, arricciò le labbra cianotiche in un ringhio animalesco, che pose in evidenza la sua dentatura distorta, simile a quella di una belva. I canini, allungati in modo grottesco, le sfioravano il labbro inferiore.

Gretchen non esisteva più.

Robert si pietrificò nel scorgere quella visione. Dentro di lui, qualcosa si spezzò. Il vuoto incominciò a espandersi, lacerando la sua anima e trascinandolo sull'orlo della follia. Eppure, non doveva vanificare i suoi sforzi. Non poteva permettere che Gretchen fosse allontanata dalla misericordia di Dio. Serrò i denti e ricacciò indietro il dolore. Sua moglie aveva bisogno di lui e dunque l'avrebbe liberata dal mostro che era diventata.

Approfittando di quell'attimo di distrazione, Robert sfilò il paletto che teneva appeso alla cinta e, con la forza della disperazione che fuoriuscì da lui sotto forma di grido, lo impiantò nel petto della sua amata. Gretchen cadde tra le sue braccia senza forze. Incurante delle ombre che lo circondavano, incurante della luce sempre più flebile, si perse a osservare il volto che tanto amava. Gretchen per un momento sembrò ritornare in sé. I suoi occhi riapparvero azzurri come il cielo e lo scrutarono calmi e placidi, un lieve sorriso le increspò le labbra rosee. Poi svanì, tramutandosi in cenere.

Robert rimase spiazzato. Crollò in ginocchio osservando il modo in cui la cenere gli scivolava via dalle dita. Singhiozzò per poi urlare al cielo il suo dolore, lasciandosi sopraffare dalla disperazione finché un sibilo acuto fendette l'aria. Solo allora si ricordò dov'era. Si rimise in piedi e corse a recuperare la fiaschetta, piena solo per metà. Incominciò a spargere l'acqua attorno a lui, recitando salmi e preghiere. Ormai li vedeva, li scorgeva attraverso le tenebre, i vicoli, le fessure delle case. Esseri repellenti l'osservavano con gli occhi funesti carichi di rabbia. Le loro bocche digrignavano, sibilavano, alcuni emisero addirittura soffi animaleschi. Le loro bianche presenze spiccavano sempre più attraverso la buia città. Il silenzio che l'aveva accolto ormai era solo un lontano ricordo.

Robert corse e corse fino a non avere più fiato. Saettò nuovamente in quel caos di costruzioni, trattenendo appena la tentazione di guardarsi indietro. Li avvertiva alle sue spalle, al suo fianco e persino sopra di lui. I suoi vestiti erano sporchi del sangue di Gretchen e ciò non fece che attirare nuove creature nella sua caccia. Con mosse frettolose e senza perdere il ritmo della corsa, si tolse la giacca, lanciandola in aria. Quando uno di quegli esseri fece un balzo per agguantarlo, finì per cadere in quella trappola di stoffa. Ruzzolò a terra, portando con sé un suo simile.

Robert stette per sorridere di vittoria, quando dall'ombra di un vicolo uno di loro lo attaccò. Il giovane riuscì a togliersi per tempo dalla sua traiettoria, ma il mostro riuscì ad artigliarlo alla schiena. Il sangue incominciò a sgorgare dagli squarci creati, facendo ululare di piacere l'intera Città. Dolorante, stanco e colmo di panico, Robert ignorò il sangue che gli gocciolava lungo le gambe e si concentrò su un'unica idea: la fuga.

E poi, come un miracolo divino, riuscì a vederlo: il cancello. Con rinnovato vigore, Robert raggiunse i pochi sprazzi di sole che ancora illuminavano la Città. Finalmente al sicuro, costeggiò la muraglia fino a raggiungere la fessura che aveva precedentemente aperto. La sua testa era colma di orrore, delle urla di quelle anime dannate che lo chiamavano a gran voce. Sopravvissuto a quell'Inferno, non sarebbe uscito come lo stesso uomo che vi aveva messo piede. Cercando di non pensare al sangue che ancora gli macchiava le mani, fece per infilarsi nell'apertura.

Poi le tenebre oscurarono la sua visuale. Infine, la montagna aveva terminato il suo bacchetto. Chiuso nella morsa del cancello, Robert si costrinse a strisciare, sentendosi come un topo in trappola. Quando la sua mano riuscì a toccare l'aria pura del mondo al di fuori, un artiglio lo ghermì strattonandolo all'indietro. Robert urlò e urlò, mentre nuove mani lo afferrarono, impedendogli di continuare la sua fuga. Lo strattonarono, lo strinsero e, infine, riuscirono a strapparlo alla sua libertà.

Gli occhi del giovane scorsero sprazzi di foresta, in lontananza uno spiraglio di cielo azzurro attraverso le nubi, ma gli risultarono insipidi. Ormai perduto, Robert infilò una mano nella tasca e ne estrasse il nastro della moglie perduta. Se lo portò al viso ormai distorto dal dolore e ne annusò il nostalgico profumo.

«Mi dispiace, amore mio.»

Poi una moltitudine di zanne affondarono nella sua carne con diabolica soddisfazione.


†††


Gli echi bestiali durarono per pochi momenti o un'eternità, acquietando la foresta circostante. Non si udì più un uccello cantare o un insetto ronzare. Il mondo si era fatto silenzioso e incerto.

Il cancello della Città Silente era stato socchiuso e dimenticato. Dallo spiraglio vi era solo ombra e nient'altro. Finché un braccio pallido non comparve dalle tenebre, posandosi sul lato esterno. Al contatto con il metallo, la pelle dell'essere iniziò a sfrigolare, poi a fumare e infine prese fuoco. Ma non si spostò, non allentò la presa. Molte altre mani e artigli lo seguirono, sollevando volate di fumo e cenere mentre quelle che scomparivano venivano sostituite repentinamente.

E incominciarono a spingere.

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