Era successo così velocemente che calla non ebbe avuto neanche il tempo di reagire.

Così velocemente Calla era stata abbandonata.O meglio, era stata venduta.

I genitori non ne parlavano in sua presenza, ma Calla sapeva che erano poveri, molto poveri, ma mai avrebbe pensato i essere abbandonata.

Lo capiva quando tornava a casa e a ogni suo passo il  parche rigonfio per l'umidità scricchiolava fastidiosamente.Quando pioveva le grosse travi del soffitto sembravano rompersi e l'acqua sporca sgocciolava creando piccole pozzanghere.

Calla era molto creativa, spesso giocava con e pozzanghere, creando piccole palline di carta da far galleggiare come fossero barche.

Inventava storie su coraggiosi pirati e di sirene, d'altronde sognava sempre ad occhi aperti, come qualunque altro bambino.

Ma quel giorno, quel nuvoloso pomeriggio d'ottobre, era per la piccola bambina un'incubo.

Calla si rannicchiò in un angolo, tenendosi il volto tra le mani e scoppiò in un pianto disperato.

Un misto di urla e singhiozzi riempì il vuoto di quella stanza, quando una figura avanzò nell'ombra, facendo sobbalzare Calla che ora era quasi del tutto rossa, per le urla e per il dolore:

-Mamma...

Ora le sue parole erano più calme, con quel tremila che suggeriva paura, con quel tono speranzoso.

Una gofa donna sui cinquanta si avvicinava, tenendo in mano un orsacchiotto di peluche.

Non era la mamma.

Calla sembrò quasi calmarsi, all'idea di non essere avanti ade un mostro.

-Ciao Calla.

La donna sfoderò un sorriso rassicurante, ma questo non bastò a far tranquillizzare dl tutto Calla, che non rispose.

La donna in jeans e maglioncino di lana blu si inginocchiò e tese il peluche alla piccola.

-Mi chiamo Ira.

La bambina ancora tremante non si decideva a prendere l'orsacchiotto.

-Lo vuoi questo?E' un regalo.

-Sì.

Calla prese l'orsacchiotto e lo ispezionò con i suoi occhietti verdi, erano lucidi ed arrossati, ma comunque splendidi.

Poi strinse al petto l'orsacchiotto, come se fosse l'unica cosa rimasta al mondo.