30 - Cascata di lacrime
«Non pensate anche voi che sia il caso di chiamare il comandante? D'altronde, è una cosa terribile trovare un cadavere in decomposizione in una soffitta» afferma Antonio con la stessa faccia disgustata e preoccupata al contempo, mentre cerca di afferrare il cellulare dalla sua tasca, ma Guardiano scuote la testa e lo ammonisce con lo sguardo.
Per un attimo, dopo l'occhiata dell'omino, vorrei mettermi a gridare di nuovo, perché non riesco a capire cosa stia accadendo con esattezza. Non so chi sia quest'uomo, cos'abbia fatto per meritarsi la morte o anche solo per finire qui, sepolto e dimenticato. Oltretutto, in casa mia. Come ci sarà finito da queste parti? Chi ce lo avrà mai portato? Perché giace qui, invece di un cimitero? Le domande si fanno via via più articolate, ma di risposte non ce n'è neanche l'ombra. Non ci sono biglietti, armi o qualsiasi altra cosa possa raccontare cosa sia successo per davvero. Scuoto la testa e premo le mani ai lati delle tempie, perché tutto questo rimuginare mi sta facendo venire il mal di testa.
L'essere sovrannaturale, però, sembra di tutt'altro avviso rispetto a tutti noi, nonostante appaia turbato. «Fermi, non è ancora il momento». Guardiano mette le braccia conserte e assume un aspetto pensieroso. I suoi occhi sembrano quasi diventare opachi quando si guarda attorno, in cerca di chissà cosa. Forse di prove non visibili ai nostri occhi, chi lo sa. Magari lui può sapere chi è stato osservando solo le pareti. «Abbiamo bisogno di rimanere qua almeno per qualche altro attimo. Il tempo necessario per ridare alla ragazza il suo ultimo ricordo. Non abbiate fretta. Al momento giusto, vi dirò di contattarlo.»
«E noi dovremmo rimanere qui con la consapevolezza della presenza di questa salma e immersi nel tanfo, ancora?» La mia faccia impallidisce solo al pensiero. Non voglio stare qua un minuto di più con l'aria di morte che si respira. L'olezzo del cadavere in decomposizione e la paura, poi, mi fanno venire la nausea e avverto la crescente necessità di rimettere. Lo stesso deve valere per Stefano e Antonio, visto il colorito sui loro volti.
«Vi chiedo solo un po' di pazienza, non è tanto» replica l'omino con tono impassibile. «Adesso andremo via da qui. Sarà meglio per voi. Si respira meglio in cucina» aggiunge e scende dalla scaletta sotto la botola, senza proferire altro o aspettare di essere seguito da tutti noi.
L'aria si fa un pochino più respirabile quando ci allontaniamo e io approfitto dell'occasione per rilasciare un sospiro di sollievo. Se fossimo rimasti lì ancora a lungo sarei di certo svenuta per la puzza, ma nemmeno l'atmosfera in queste stanze è leggera e gli occhi iniziano a bruciare e lacrimare a causa della polvere che ci danza attorno.
«Questa è una parte molto importante» asserisce il custode, quando ci fermiamo davanti a lui. Ha le mani posate sui fianchi e lo sguardo assorto. «Forse, la più importante di tutte, perché nessuno sa, eccetto te, che hai vissuto questa situazione in prima persona. Noi vedremo cosa i tuoi occhi hanno osservato per quel breve lasso di tempo. Prego che queste immagini possano servire a te o a qualcuno di loro per avere un'idea più chiara sull'accaduto.»
L'atmosfera attorno a noi muta e le pareti di mattoni bianchi vengono sostituite dagli interni scuri di una macchina. Sul sedile del conducente è sistemato Valerio, occupato a guardare la strada davanti a sé con aria corrucciata e al suo fianco c'è la mia ombra, altrettanto triste, spenta. Dallo stereo fuoriescono le note di Sonata al chiaro di luna, la melodia che ora ricordo per intero grazie all'aiuto dei Guardiani e di quel ragazzo, adesso troppo concentrato a guidare per poter rivolgere uno sguardo alla sua amata.
File di alberi scorrono oltre il finestrino a grande velocità, così come il cielo azzurro, le casette di campagna e le macchine, intente a percorrere questa strada con la stessa foga di chi sta conducendo il mezzo in cui ci troviamo, incastrati fra zaini e valigie sul sedile posteriore.
«Per quanto mi dispiaccia per la mia famiglia, sono sicuro della nostra scelta». Da come pronuncia quelle parole, sembra volerlo ripetere più a se stesso, che per rassicurare la donna accanto a lui. Lei, intanto, annuisce, nonostante appaia turbata. «Se fossimo rimasti in paese, i nostri genitori non ci avrebbero mai lasciati vivere in pace per il resto dei nostri giorni.»
«E la fuga è stata l'unica opzione possibile». La mia ombra si morde appena le labbra e guarda in basso, verso le mani congiunte poggiate sui jeans, con gli occhi socchiusi. «La migliore possibile per noi.»
Valerio non risponde, però fa un sorriso, forse di incoraggiamento, alla me del passato, per poi tornare a essere serio e concentrato sul tragitto. Non so dove stavamo andando, però qualunque posto sarebbe stato perfetto con lui accanto. Saremmo potuti finire in una catapecchia e sarebbe potuto apparire come il luogo più accogliente mai esistito, se solo avesse continuato a stringermi fra le sue braccia come quella sera della cena.
Il singulto improvviso di Antonio mi distoglie dalle fantasie nella mia testa e guardo verso di lui. Ha gli occhi sgranati, puntati su una panda bianca che sta facendo dietro-front in mezzo al caos e si sta dirigendo a tutta velocità verso di noi. Valerio cerca di sterzare per evitarla, ma quella ci viene addosso e ci travolge in pieno.
Il colpo e talmente forte da far aprire la portella del passeggero, far cadere me fuori dalla vettura e spingermi a continuare a rotolare sull'asfalto. Valerio, invece, è riverso, in stato di incoscienza, su entrambi i sedili anteriori, con un rivolo rosso sulla tempia. Molto più sangue, invece, imbratta la manica della sua camicia blu chiaro, strappata in alcuni punti dai frammenti dei vetri del finestrino accanto a lui, conficcatisi sulla sua pelle.
«Ma chi è stato a farci questo?» domando arrabbiata verso Guardiano, ma non è lui a rispondere.
«È stata la sorella di mia moglie. La zia di mio figlio. Quella macchina è sua, potrei riconoscerla ovunque» gorgoglia, prima di lasciarsi andare a una cascata di lacrime.
SPAZIO DELL'AUTRICE:
E siamo arrivati al punto cruciale della storia. Chi ricorda il primo capitolo sa che Sol ricordava "Sonata al chiaro di Luna" e adesso se ne spiega il motivo. Come vi avevo detto, nulla è lasciato al caso. Resta solo da capire perché la cognata di Antonio abbia compiuto quel gesto, così, all'improvviso. Cosa pensate ci possa essere dietro? Avete delle ipotesi sull'accaduto?
Non vi dirò nulla per il prossimo capitolo, ma non vedo l'ora di pubblicarlo. Vi posso solo dire che da questo momento in avanti tutti i nodi verranno al pettine. Fra le altre cose, mancano solo sette capitoli + epilogo, quindi non avrete molto da attendere per sapere tutto quanto. :D
Buona lettura, ragazzi. :*
Maria xxx
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