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Chapter Thirty-five- Time

Leggete l'angolo me  please.


Adrien

Rebecca si guarda attorno mentre, a passo lento, camminiamo placidamente per strada. Sembra inghiottire con gli occhi ogni più piccolo dettaglio che le si presenta davanti.

I capelli li porta raccolti in una coda alta e rossa. I suoi capelli mi hanno sempre affascinato, rossi come il fuoco: la descrivono perfettamente.

Sembra poter bruciare qualsiasi cosa gli stia attorno eppure, quando il suo fuoco incontra la mia mano, si spegne. Non ha mai provato avversità verso di me, eppure sarebbe così bello poterle vedere di nuovo addosso i panni della combattente che era prima che tutto questo accadesse.

So che non lo ammetterà mai ma il suo fuoco sembra ora esser diventato carbone scottante.

Esausta, si passa una mano sulla fronte, rintanandola poi nelle tasche del giaccone troppo grande che indossa sempre.

Mi confidò,tempo fa, che era uno dei tanti indumenti che aveva tenuto del padre dopo la sua scomparsa. Mezzo armadio è occupato solamente dai vestiti dei suoi genitori.

Io, dal mio canto, ho bruciato tutto. Ogni cosa che apparteneva ai miei genitori eccetto un'orologio. Guardare gli oggetti che simboleggiano il loro passaggio in questa vita era pressoché autodistruttivo.

È il mio modo d'affrontare la perdita: fingere di non aver mai avuto la cosa, o in questo caso le persone, che avevo.

"Che ne dici di un gelato?" Le chiedo, giusto per smorzare l'aria tesa che si è creata. Lei annuisce, accennando un sorriso mentre si ferma con uno scatto affianco ad un cestino.

Per un momento mi viene il terrore che debba vomitare, così faccio un passo avanti per aiutarla quando la vedo estrarre dalla tasca il suo pacchetto rovinato di sigarette. Lo fissa per un po', aprendolo.

Il pacchetto che tiene in mano avrà circa sette o più anni, tenuto in piedi da pezzi di scotch, con il  colore del pacchetto ingiallito e logoro. Lo ha trovato nel cassetto del padre, e da allora ha sempre usato quello per tenere le sue sigarette.

Lo apre e ne estrae le dodici sigarette che contiene, gettandole con aria sofferente nel cestino. Poi si sfiora la pancia, sospirando.

"Non avrei mai pensato che il mio piccolo vizio sarebbe stato un problema per un altro essere." Borbotta lei, riferendosi al bambino. Non rispondo, grattandomi la nuca, a disagio.

"Sai che Xavier ti verrà a cercare, vero?" E' più che altro una domanda retorica alla quale non mi aspetto una risposta, sappiamo entrambi che la risposta è affermativa.

Rebecca annuisce lentamente, avvicinandomisi. La sua mano si scontra leggera contro la mia guancia, carezzandola. "Mi dispiace Adrien, ma non posso darti quello che vuoi." Mormora lei, senza mai interrompere il contatto visivo.

Il mio cuore sprofonda un po' di più, quasi riesco a percepirlo mentre sfiora il fondo. E' lei tutto ciò che ho sempre voluto, mi ha legato a lei ed ora non so come sciogliere il nodo che ci unisce.

Se solo quel giorno non fosse stata di turno, non avrebbe mai incontrato Xavier. I miei occhi si fissano istantaneamente sulla sua pancia. Mi sta uccidendo.

Restiamo così per infiniti secondi, poi un rumore acuto perfora l'aria.

"Codice rosso, Mannaro armato, ripeto: codice rosso." Una voce metallica si sparge per la piazza, probabilmente proveniente da un megafono. L'odore fastidioso della polvere da sparo mi invade i sensi.

"Com'è possibile che un Mannaro sia riuscito ad infiltrarsi?" mi grida Rebecca, sovrastando gli auto-parlanti per farsi sentire da me. Scuoto la nuca, afferrandola dal braccio per farla spostare.

"Dobbiamo andarcene subito." Lei annuisce, d'accordo con me, scattando in avanti. Svoltiamo a sinistra, io poco più avanti di lei.

La tengo d'occhio mentre mi affaccio all'angolo, immobilizzandomi. Porto una mano dietro la schiena, riuscendo a fermare la sua corsa.

Davanti a me, girato di spalle, c'è un uomo piegato in due, intento a ricaricare quello che capisco essere un fucile. Deglutisco, facendo un passo indietro, tentando di non attirare la sua attenzione.

Con la coda dell'occhio guardo Rebecca che, prontamente si accovaccia dietro dei bidoni anneriti, aspettandomi.

"Dove pensi di andare?" La voce che mi parla è completamente isterica, alterata ed acuta. Una smorfia gli adorna il viso, mentre alza un solo lato della bocca. Il fucile tra le sue mani trema, lui vacilla mentre cerca di tenerlo più saldamente.

Riesco a sentire il respiro affannoso di Rebecca che, silenziosa, striscia in avanti, cercando di spuntare alle spalle del Mannaro armato.

"Posa il fucile, non ti farò del male." Gli dico io, alzando le mani in aria. Il Mannaro singhiozza in una risata, mentre Rebecca si alza lentamente alle sue spalle. Afferra lentamente un sasso dalle considerevoli dimensioni, guardandomi.

"Avremmo dovuto uccidervi tutti quando ne avevamo l'opportunità." Le sue braccia tremano a causa degli spasmi mentre mi punta il fucile al cuore.

Trattengo il respiro mentre l'uomo toglie la sicura, pregando che Rebecca si sbrighi. La vedo scattare verso l'uomo, colpendolo al collo con il sasso, facendolo cadere pesantemente a terra.

Tento di sorriderle, ma non riesco. Il rumore dello sparo echeggia per qualche secondo nell'aria, vibrandomi nelle vene.

Lo sguardo di Rebecca si spezza, il sasso le cade di mano e si piega su di me, toccandomi lo stomaco imbevuto di una sostanza vischiosa.

"Adrien...!" La sua voce si tramuta in un fastidioso ronzio. Riesco a vederla mentre si sfila la maglia, avvolgendomela con forza contro lo stomaco. Mugolo qualcosa, mentre perdo lentamente tutti i sensi.

Il dolore sembra non arrivare, avverto solo una pesante immobilità. Non sento e non avverto niente, con gli occhi fissi sulle spalle di Rebecca, incapace di muoverli.

E' la visione più bella che io abbia mai visto, con il volto sporco e gli occhi lucidi. Le labbra le tremano mentre mi alza la nuca, continuando a stringere la maglia.

"Ti prego..." riesco a capire solo piccole parti delle sue parole.

Mi bacia la fronte, il naso e le palpebre, bagnandomi il volto di lacrime. Non so se sono miei o sue.

Spalanco le labbra, cercando di far entrare aria nei miei polmoni affaticati.

Mi chiedo se sia opera del destino o del caso, perchè ho il disperato bisogno di dare la colpa a qualcuno, a qualcosa.

Chiudo gli occhi, grugnendo, sentendomi dannatamente impotente. "Resisti," mi sussurra Rebecca, con le mani che le tramano.

"Tu.." borbotto, sentendomi la gola andarmi a fuoco per lo sforzo, "mi hai già dato tutto ciò che volevo."

Credo sia tutto ciò che sono stato in grado di dire, prima di chiudere gli occhi.

La morte, è una cosa strana e totalmente personale. Non mi muore mai sul colpo, i sensi continuano ad agire per lunghissimi attimi e gli organi continuano a svolgere il loro lavoro come a volerci illudere che ancora non siamo morti.

Non ho realizzato molto nella vita, forse quasi niente. E in questo momento sto soltanto restituendo un dono che il Tempo mi ha fatto.

Non ho più tempo.

Angolo Me:

Ora mi odierete ma okay, me ne farò una ragione. Volevo dirvi che non ho aggiornato per un po' proprio perchè non avevo la più pallida idea di cosa scrivere. Non sapevo che fare, cosa scrivere e il perchè avrei dovuto scriverlo.

Poi, qualche giorno fa ho visto il telegiornale. Davano in onda un caso di suicidio e mi si è accesa una lampadina. Dare un significato al Tempo, è lo "scopo" di questo capitolo. Ogni secondo che viviamo è un regalo, e bisogna cercare di sfruttarlo al meglio.

Uno degli ultimi pensieri di Adrien è "non ho realizzato molto nella vita", ed è su questo che volevo farvi pensare. Sprecare la propria vita per rincorrere qualcosa che non ci appartiene (Adrien lo fa con Rebecca) è un totale spreco di tempo.

Ed il suicidio è una restituzione anticipata del tempo che ci è stato fornito. Quindi, se uno\a di voi dovesse avere problemi non esiti a parlarne con qualcuno. E' importante per me.

Buona giornata!

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