Capitolo 22
Era tarda serata, probabilmente passata la mezzanotte, quando Ludwig rientrò in casa. Pensava che Aleph se ne fosse andato poco dopo di lui, perciò rimase piacevolmente sorpreso di trovarselo di fronte.
«Sei ancora qui, vedo» disse.
Aleph chinò la testa imbarazzato. «Sì, scusami, ero preoccupato» ammise, sperando che non si arrabbiasse.
Scosse appena la testa e, spogliandosi del cappotto pesante, domandò: «Piuttosto, tua madre non sarà in pensiero per la tua assenza?» Lo appese accanto a quello del suo amico e immaginò di trovarsi al posto di Miriam, perché in fondo lui era sempre in ansia quando Silas rimaneva fuori fino a tardi.
«Veramente le ho detto che sarei rimasto da te.» Osservò le sue spalle e attese una qualche reazione. Forse era stato troppo audace, forse aveva esagerato, si disse.
Ludwig si voltò sorpreso e compiaciuto. A dimostrarlo fu il sorrisetto dipinto sulle sue labbra; Aleph non aveva mai visto quell'espressione. «Va bene, per me non ci sono problemi. In fondo ti ho fatto già intendere che puoi considerare questa come casa tua» rispose. Lo guardò per un breve istante, lo stesso che fu in grado di far vacillare la fermezza delle gambe di Aleph. Poi si mosse in direzione del salotto, laddove Nail era ancora seduto sulla poltrona con un bicchiere in mano; forse l'ennesimo, chissà: ciò che era certo è che aspettava il ritorno del padrone di casa, curioso di sapere come fosse andata quella cena.
«Bentornato amico mio» intonò in un sorriso. Alzò il bicchiere nella sua direzione, finse un brindisi al suo ritorno.
«Grazie.» Ludwig si sedette sull'altra poltrona e si ravvivò i capelli appiattiti dalla stanchezza giornaliera. «Di certo non ti è mancata compagnia a casa.»
«Tuo fratello ha passato la serata con tuo figlio, è stato tutto il tempo giù in biblioteca a leggere» rispose Nail laconico; e Ludwig sorrise al pensiero, immaginò che Salazar potesse aver trascorso qualche momento di tranquillità tra le mura domestiche. «Aleph, invece, è stato così gentile a chiacchierare un po' con me.» Nail guardò Aleph, che sorrise, facendo sollevare a Ludwig un sopracciglio.
Incerto su quale oscuro segreto potesse aver rivelato il suo amico, si sentì subito dire da quest'ultimo:
«Non temere, abbiamo parlato di libri. Per l'esattezza, i nostri discorsi si sono focalizzati sullo Sturm und Drang.»
«Tema a me molto caro» ammise Ludwig, mentre Aleph immagazzinava sempre più informazioni al riguardo del suo amante. «Immagino tu ti sia compiaciuto della sua intelligenza, vero?»
Ludwig sembrava parlare in codice. Aveva intuito che Aleph non si era spinto oltre la letteratura tedesca, una scelta che quasi lo rendeva fiero, perché nonostante gli avesse detto di potersi fidare, si era trattenuto.
«Davvero molto intelligente» confermò. «Ma lo penserei lo stesso, anche se lui mi avesse parlato di altri generi letterali.»
«A ogni modo, devo mostrarti una cosa» tagliò corto Ludwig. Con un piccolo e abile gesto, estrasse dalla tasca della giacca un foglio di carta. Lo aprì e lo porse a Nail.
«Sono davvero curioso.»
«Leggi pure.» Si portò alle labbra una sigaretta, e Aleph si mosse scattante nella sua direzione, prese l'accendino che era posto sul tavolino di legno, l'accese.
«Danke, schatz.» Gli sorrise.
«Un volantino rivoluzionario!» Esclamò Nail entusiasta.
«Di chi potrebbe mai essere?» domandò Ludwig ironico.
«Non saprei, forse di qualcuno che conosco bene...» ammise Nail, con una punta d'orgoglio. Era fiero del coraggio di Silas: non poteva essere altri che figlio di Ludwig.
«Sono combattuto, sai?» Lui pronunciò quelle parole, mentre un piccolo ghigno andava a deformare le sue labbra fine. «Non so se dover essere fiero di lui, ammirarlo...» proseguì, lasciando scivolare via il fumo. «Oppure se doverlo rinchiudere dentro casa affinché non si faccia ammazzare, e di rimando condanni tutti noi.»
Sembrava davvero calmo, ma Nail sapeva bene che il suo animo era pervaso dalla rabbia; e perfino Alpeh se ne rese conto. «Secondo me lo lascerai fare. Vorresti punirlo, ma lo sai che quello spirito ardente non si può costringere nelle mura di casa» rispose Nail, convinto della sua affermazione.
«Sì, purtroppo lo so bene» sospirò Ludwig, quasi rassegnato al folle spirito idealista che abitava Silas. Spense poi la sigaretta nel posacenere, si alzò in piedi e aggiunse: «Amico mio, ovviamente puoi rimanere da noi. Non so quanto ti convenga aspettare Natthasol, soprattutto seduto su quella poltrona. Conoscendolo, so che a breve andrà a dormire, e magari dormirà insieme a Salazar per fargli compagnia.»
Nail parve rassegnato e, bevendo tutto di un fiato quello che gli era rimasto nel bicchiere, si alzò a sua volta. Diede la buona notte a Ludwig, infine si diresse nella stanza che gli era stata assegnata, quella al piano superiore.
«Aleph, vieni con me, andiamo a salutare Salazar.» Ludwig gli prese la mano e con lui si incamminò verso la biblioteca.
Aleph batté le palpebre sorpreso. Era la prima volta che teneva la mano del suo amato, così si disse. Lo aveva già baciato, certo, ma non aveva mai conosciuto quel dolce contatto; gli sembrò ancora più intimo.
Scesero un bel po' di scale e, rispetto alla prima volta, Aleph si guardò intorno, ispezionando con lo sguardo le pareti dipinte e decorate. Si accigliò quando vide qualche lettera dell'alfabeto ebraico e cercò di capire meglio, di osservare come poteva ciò che lo circondava. Subito s'inquietò, perché sia le raffigurazioni, sia le parole che si susseguivano, altro non erano che incantesimi di protezioni demoniache o spiritiche. Agitato, si chiese a cosa servissero in casa di Ludwig. Poi si disse che appartenevano a qualche altro suo predecessore: una conclusione che non lo tranquillizzò comunque. Non aveva il tempo, però, per chiedere delucidazioni, così decise di passarci sopra e continuò a seguirlo.
«Salazar!» lo chiamò Ludwig una volta arrivato. Vide suo figlio scattare in piedi e correre nella sua direzione; la presenza di Natthasol gli aveva fatto davvero bene, sembrava un altro.
«Ciao papà» lo salutò e sorrise; Ludwig non lo aveva mai visto sorridere.
Si chinò verso di lui, colmando così la differenza di altezza, mentre Aleph li guardava sereno. «Come stai? Che hai fatto di bello con lo zio?» gli domandò. Sapeva che Salazar non aveva nessun problema di comprensione, ma con lui doveva usare ancora un approccio più dolce, quasi fanciullesco, nonostante i suoi tredici anni.
«Sto bene, oggi sono stato bene, lo zio mi ha tenuto compagnia e abbiamo letto vari libri, perfino delle poesie, e mi ha addirittura recitato un brano da "Sogno di una notte di mezza estate".»
Salazar sembrava davvero entusiasta di quella breve, ma intensa giornata, così si disse Ludwig. Gli accarezzò la testa, un gesto affettuoso che fece nascere sul suo volto un sorriso, e poi osservò l'espressione dolce di Natthasol, che lo stava ringraziando silenziosamente. Non gli sarebbe mai stato grado abbastanza.
«Ehi, Salazar, siamo ancora amici?» s'intromise Aleph, ricordando come il figlio minore di Ludwig lo vedesse di buon occhio.
Salazar voltò il viso verso quello di Aleph, lo guardò e sorrise anche a lui.
«Certo. Gli amici di mio padre sono miei amici, i nemici di mio padre sono miei nemici.»
Sembrava quasi minaccioso, ma Salazar era diventato parecchio territoriale. Ad Aleph però, era concesso avvicinarsi.
«Salazar, è ora di andare a letto, non credi?» intervenne Ludwig. «Aleph, aspettami qui» disse poi, voltandosi nella sua direzione. E s'incamminò ancora una volta verso le scale, seguito da Salazar.
Ludwig aspettò fuori dalla camera che Salazar indossasse la biancheria da notte: non voleva invadere i suoi spazi, perciò entrò solo quando sentì la sua voce e quando lui fu sotto le lenzuola. Gli si sedette vicino e gli rimboccò bene le coperte.
«Mi dispiace essere stato assente, mi dispiace non essere arrivato prima, mi dispiace di lasciarti sempre così solo. Puoi perdonarmi?» gli chiese Ludwig, sentendosi in dovere di porgergli delle scuse sincere.
«Certo, papà. A te perdonerei tutto.»
Ludwig gli baciò la fronte, gli augurò la buona notte e poi uscì dalla sua camera. Si poggiò contro il muro e, come se avesse avuto bisogno di un sostegno, sospirò. Con la mano si portò via una lacrima, poi si ridiede un contegno: Aleph lo stava aspettando.
Con sua sorpresa, lo ritrovò in salotto.
«So che avrei dovuto aspettarti in biblioteca, ma tuo fratello è voluto salire e mi ha chiesto di seguirlo. Poi mi ha detto che avrei potuto aspettarti qui.» Aleph parlò frettolosamente, ansioso; non aveva paura di Ludwig, ma non essendo casa sua non voleva apparire maleducato o indiscreto.
«Non preoccuparti, hai fatto bene.»
Gli si avvicinò e gli accarezzò il viso.
Ludwig si adagiò contro il palmo caldo di Aleph.
«Va tutto bene? Mi sembri molto stanco Ludwig.»
«Sono stanco, ma non preoccuparti» rispose e lo baciò appena. «Piuttosto, vuoi una camera, oppure vuoi dormire insieme a me?» Quella domanda spiazzò Aleph, eppure, allo stesso tempo, lo tentò.
«Sì, mi piacerebbe dormire con te» disse piano.
Ludwig aveva una propria camera, quella dove da tredici anni si era ritrovato a dormire con se stesso. Era sempre stato separato da sua moglie, soprattutto da quando la tragedia li aveva colpiti: non avrebbe mancato di rispetto né ad Aleph, né a Regan.
Si infilarono tutti e due sotto le lenzuola, ai due capi del materasso.
Per Aleph era tutto nuovo, non aveva mai dormito con nessuno, ma sempre da solo. Stare vicino a Ludwig lo faceva sentire al sicuro, protetto, e gli infondeva calore. Sorrise non appena poggiò la testa sul cuscino e si lasciò andare a un sospiro rilassato.
Ludwig si era voltato su un fianco per guardarlo, gli sorrise anche lui. Lo faceva stare bene, in qualche modo lo faceva sentire libero e sopratutto innocente, tutto il contrario di Regan.
«Che c'è?» domandò Aleph imbarazzato, sussultando appena. Non si era accorto che lo stesse guardando e si sentì improvvisamente uno scemo per essersi lasciato andare così tanto.
«Niente, ti stavo semplicemente osservando. Non posso?» si finse contrariato per prendersi gioco di lui.
«Sì, certo che puoi, non volevo dire questo.» Aleph, si affrettò subito a rispondere, non voleva indispettirlo.
Ludwig rise appena: lo aveva fatto ridere dopo tanto tempo; Aleph era riuscito a sciogliere un po' di quel gelo che, ormai, lo circondava da anni.
«Oh, adesso ridi anche.» Aleph mise il broncio. Si era dispiaciuto, pensava davvero che Ludwig lo stesse deridendo, ma poi dovette ricredersi, perché questi lo colse di sorpresa, gli carezzò il viso.
«Maine Schatz...» Ludwig lo aveva chiamato così per la seconda volta, sussurrandolo vicino alle sue labbra.
E Aleph, del tutto in balia delle attenzioni di Ludwig, vacillò. Lo guardò. I suoi occhi cerulei puntati su quelli neri di Ludwig. Attese. Il bacio di Ludwig arrivò presto. dapprima si posò dolcemente sulle sue labbra, poi si fece più profondo. Aleph, era ancora impacciato, ma poi riuscì a gestire meglio la situazione e ricambiò Ludwig senza difficoltà, lasciandosi andare a ogni sua carezza.
Lui si avvicinò, si fece largo tra le pesanti coperte, e Aleph si lasciò abbracciare, rimanendo serrato nella dolce morsa di Ludwig, che non gli lasciava scampo.
Ludwig continuò a baciarlo, certo di dover recuperare tutto il tempo perduto. Portò una mano ai suoi capelli, li accarezzò appena, poi prese a giocare con le punte mosse di questi. Aleph sospirò profondamente: i baci di Ludwig lo stavano sciogliendo attimo dopo attimo e lui sussultava a ogni carezza che sentiva contro il suo fianco.
Le mani di Ludwig erano grandi e leggermente fredde: questo non faceva altro che aumentare i brividi che già lo percorrevano da capo a piedi.
Ludwig continuava a farsi largo tra la stoffa, cercava di superare la biancheria da notte che lo stesso Aleph aveva portato con sé da casa; e nonostante la paura, Aleph lo lasciava fare. Percepiva ancora la chiara esitazione di Ludwig, probabilmente nata per non spaventarlo, per non rompere la magia di quella bolla.
Aleph si avvicinò ancora di più a lui. Erano stretti, e lui sapeva che il corpo di Ludwig aveva reagito a quel contatto, che si era irrigidito. Voleva incoraggiarlo.
Un ultimo avvertimento, però, scivolò dalle sue labbra. Disse: «Ludwig, io...»
«Lo so.» rispose prontamente. Aveva capito sin dal primo momento che Aleph non aveva mai avuto un'esperienza di quel genere.
Lo baciò, ancora, piano, lentamente, fino a rapirlo. La passione prese il sopravvento anche su Aleph, che reagì buttando le braccia al collo di Ludwig. Si staccò dalle sue labbra, e lo guardò per un breve istante. Le sfiorò appena e Ludwig lo lasciò fare. Sorrise, si sottrasse, poi lo ribaciò furtivo, di nuovo, e Ludwig sorrise.
Vedere quell'improvviso lato di Aleph lo eccitò più del dovuto, tanto che lo voltò con la schiena contro il materasso e si avventò su di lui, avvicinandosi alle sue labbra. Lasciò che fosse Aleph, ancora una volta, a prendere l'iniziativa, perché essere stuzzicato a quel modo non gli dispiaceva affatto. Gli tolse i pantaloni per la notte e li gettò in terra, poi gli tolse anche la camicia, lasciando che a coprirlo rimanesse solo la biancheria.
Un forte rossore apparve sulle gote di Aleph: in lui albergava un misto tra malizia e innocenza.
Ludwig sarebbe potuto impazzire. Lo baciò ancora, scivolando poi sulla linea delicata del mento. Lo stava riempiendo di baci, suggeva la delicata e diafana pelle del suo collo, distraendolo, mentre lo spogliava della sua biancheria. Gli portò una mano al sesso, lo strinse appena, lo accarezzò come se si volesse assicurare della sua struttura. Non voleva farsi sfuggire nulla del corpo di Aleph, volendolo imprimere perfettamente nella sua mente.
Aleph gemette, lasciando che quel suono si librasse nell'aria, libero di esprimere tutto il suo piacere.
Ludwig prese a massaggiandolo delicatamente, passando poi a strette più serrate. Vedeva Aleph inarcare la schiena, muoversi impulsivamente, come se si volesse ribellare o ancora come se volesse fuggire da quel piacere troppo intenso, mai provato prima. Poi, con un gesto veloce della gamba, gli fece divaricare le sue e si posizionò tra di esse.
Aleph trasalì spaventato, pensando che Ludwig volesse passare all'atto finale di punto in bianco; tuttavia Ludwig si liberò della sua biancheria, si mostrò nella sua interezza, lo fece avvampare.
Aderì al suo corpo, strusciandosi appena su di lui, e gli lambì il lobo dell'orecchio. «Aleph...» lo chiamò appena. Lo sentì, mentre gli si riversava addosso, e poi udì la sua voce che balbettava uno:
«Scusa...»
«Non ti devi scusare.»
Si allontanò, sparì dalla sua vista e si posizionò col capo tra le sue gambe. Prese a baciarlo lì, lambendo morbidamente la sua apertura e la sua intimità con la lingua. Non aveva fretta, poteva aspettare, e Aleph aveva tutto il tempo di rilassarsi, di farsi assalire dal piacere.
E d'un tratto lui non riuscì a contenere più la voce. Non sapeva se definire i suoi suoni osceni, oppure no. Le umide carezze di Ludwig erano le colpevoli, quelle che lo stavano facendo disgregare a poco a poco.
Solo allora Ludwig si ritirò su. Non abbandonò del tutto Aleph, ma fece scivolare un dito al suo interno e lo sentì contrarsi attorno a esso. Tuttavia sottovoce, cercò di rassicurarlo.
Il dolore, però, sembrava non volerlo lasciare andare. Una strana sensazione, quasi un piacere, cominciò a prendere piede. Aleph stava impazzendo, non sapeva più quale desiderio assecondare: se fuggire, oppure imboccare la via del dolore più profondo, felice di essersi unito con Ludwig. Sospirò, quindi, respirando a fondo e rilassando i muscoli del proprio corpo,.
Allora, quando Ludwig lo sentì più sciolto, fece avanzare un secondo dito, che lo colse impreparato; ma questa volta, Aleph decise di non contrarsi, quantomeno cercò di rilassarsi subito, senza ulteriori sofferenze. Ludwig sembrava essere delicato, almeno così si disse, per quanto in un primo momento tutto gli era sembrato così dannatamente doloroso. E in quella strana miscela di dolore, aveva preso piede il piacere.
«Se vuoi, possiamo smettere» gli disse Ludwig, il tono preoccupato. Vide Aleph scuotere la testa, sicuro di voler proseguire.
«No, Ludwig. Io ti voglio, non lasciarmi adesso» rispose.
Davanti a quella richiesta e ai suoi occhi ludici, alle sue guance rosse, al respiro affannato, Ludwig non riuscì a tirarsi indietro. Si sollevò, divaricandogli le gambe, e si posizionò di nuovo tra queste, ponendo le proprie mani sulle natiche per farsi spazio ed entrare meglio.
Aleph si ancorò dapprima alle lenzuola del letto, tirandole a sé, poi si aggrappò alla schiena di Ludwig. Il dolore era molto, nonostante le attenzioni ricevute. Aleph cercò di rilassarsi ancora una volta, mentre lo sentiva scivolare, a fatica, dentro di sé.
Ancora un bacio, e Ludwig pregò di vederlo più rilassato, ci riuscì, spinse fino in fondo. Aveva aspettato quel momento con ansia e trepidazione. Non si sentiva così emozionato, così felice da anni. Per lui Aleph non era un gioco, ma la persona per la quale il suo cuore aveva ripreso a battere forte.
Iniziò a muoversi lentamente, facendo in modo che si abituasse all'oscillazione del suo corpo, e tirò un sospiro di sollievo quando i sospiri di Aleph iniziarono a farsi sempre più vicini.
Si era abituato a lui, alla sua presenza, e cominciava a trovare piacevole anche quel calore avvolgente, perfino il membro di Ludwig, che lo riempiva totalmente.
Allora lui spinse più forte, quasi perse il controllo. A riportarlo alla realtà fu proprio la presa di Aleph, che si serrò sulla sua schiena. Fu in quel momento che riprese con ritmi più lenti e serrati.
E Aleph sollevò le gambe, gli circondò la vita, lo strinse a sé.
«Ich liebedich» sussurrò Ludwig, restando sul sul bordo delle sue labbra.
Aleph inarcò la schiena, perfino la testa alla successiva spinta. «Anche io» riuscì a dire tra un gemito e l'altro.
Ludwig lo baciò sulla bocca, quasi in maniera viscerale, come se avesse bisogno di lui adesso più di prima, più del legame stesso.
Le mani di Aleph sul viso, continuò a baciarlo; e lui sussultò quando percepì una nuova stretta sul proprio sesso.
Lo lasciò fare, ormai desideroso di approfondire quel piacere fino in fondo, fino al suo compimento. Lo baciò ancora una volta, e Ludwig ricambiò il suo bacio per qualche istante, prima di scostarsi e, dolcemente, baciarlo sulla punta del naso; una piccola tenerezza, forse più intima di tante altre. Lo sentì più diretto, mentre si faceva più veloce e riservava le stesse cure al suo membro. In poco tempo si riversò contro il suo addome. Annaspò e si vergognò con tutto se stesso. Tuttavia, la vera vergogna arrivò poco dopo, quando lo sentì liberarsi dentro di lui.
Aleph deglutì appena, con la gola asciutta e arsa. Si domandò quanto avesse dato sfoggio del suo piacere. Il torace che si muoveva ancora in maniera irregolare, mentre Ludwig si ritirava, scivolava piano all'esterno, lontano dal suo corpo.
Quella sensazione, per Alpeh, fu talmente strana da renderla quasi vuoto, triste. Aveva bisogno di lui, così si disse, e per questo si accucciò subito tra le sue braccia. Ludwig sorrise e gli baciò ancora la punta del naso.
«È vero quello che mi hai detto?» domandò Aleph, cogliendolo di sorpresa.
Poi Ludwig sorrise e annuì. «Certo che è vero, nella maniera più assoluta.»
Sventola bandierinaaaa (in questo caso direi arcobaleno haha) finalmente i miei ciccini adorati hanno una gioia <3
A voi è piaciuto il capitolo? Siete felici di questo risvolto? <3
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