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Il bar di Tony

Tra la quarantesima e la quarantaduesima c'è una vasta area. All'inizio del secolo scorso lì c'erano orti e giardini. Poi l'ampliamento della città rese necessario che al posto degli orti si costruissero delle case popolari per ospitare i lavoratori che stavano arrivando in massa.

Nel tempo questi, piano piano, si spostarono, un po' alla volta, verso altri quartieri. Le case popolari caddero in un degrado irreversibile. Così l'area divenne appetibile per la speculazione edilizia. Gli immobili vennero rasi al suolo e al loro posto sorsero delle palazzine destinate alle nuove classi borghesi emergenti. Il quartiere divenne molto ricercato, vivace ed elegante.

In seguito al boom economico del dopoguerra le famiglie borghesi, arricchitesi con il commercio e i servizi, cercarono nuove sistemazioni nei quartieri dall'altra parte del fiume. Rapidamente il blocco di case conobbe di nuovo il degrado. Alcuni appartamenti furono occupati abusivamente da poveri, altri, abbandonati, andarono in rovina diventando inagibili.

L'aspetto della zona divenne spettrale, finestre vuote, vetri rotti, barboni che si installavano nelle cantine e negli appartamenti rimasti senza luce e acqua. Ma ancora una volta intervenne la speculazione edilizia. L'area tornò ad essere appetibile perché il risanamento delle zone lungo il fiume richiedeva la vicinanza di nuove aree commerciali e di nuovi uffici.

L'intera area venne sgomberata, le costruzioni demolite e le macerie trasportate via. Rimase un'enorme spiazzo vuoto recintato da un alto reticolato ...

tranne...

nell'angolo tra la quarantesima e East Broadway dove c'era un edificio la cui proprietà era contestata tra gli eredi di un proprietario senza figli, il comune e una società immobiliare. Ad una schiera di avvocati non sembrò vero scatenare una guerra legale che li avrebbe fatti lavorare, e incassare laute parcelle, per un bel po' di anni.

L'immobile si salvò così dalla demolizione in attesa che si chiarisse di chi fosse la proprietà.

Si tratta di un brutto palazzotto di tre piani. Al piano terra c'è un bar, DA TONY, al secondo piano un appartamento, il terzo piano è chiuso.

Il bar

L'insegna del bar ha alcune lettere spente, altre che si accendono casualmente. L'aspetto esterno del bar è di brutto ma solo entrando ci si rende conto del livello di trascuratezza. L'arredamento, senz'altro bello cinquant'anni prima, è usurato. Il pavimento consumato e segnato. Il bancone e i separé sono lisi e macchiati. I sedili e le poltroncine dei separé sono rivestite da pelle una volta rossa ma ora sbiadita e sporca.

Stranamente l'impianto della birra è ancora funzionante, l'uso l'ha tenuto ben lubrificato anche se i pomelli di ceramica sono crepati e qualcuno rotto. Alle spalle una specchiera tutta macchiata che fa da sfondo alla rastrelliera dei liquori e dei bicchieri.

C'è un televisore perennemente sintonizzata su un canale sportivo ma manca l'audio che non è mai stato riparato. Del resto gli avventori non guardano mai il televisore né si conosce qualcuno che si sia interessato alle immagini che scorrono nel più totale silenzio.

Il barista

Tony, abita al piano di sopra al bar ma passa la giornata dietro al bancone leggendo un giornale sportivo. È un tipo robusto, di età indefinibile, di poche parole che, del resto, conosce le abitudini di quasi tutti gli avventori e li serve in silenzio come se anche una parola possa dargli fastidio.

Se non deve servire se ne sta seduto e riprende a leggere per l'ennesima volta lo stesso quotidiano sportivo. Nessuno sa che cosa lo interessi veramente, lo si vede di tanto intanto segnare qualcosa con la matita che tiene al sicuro sull'orecchio.

In questo bar entrano solo uomini. Qualche donna che si è azzardata ad entrare se ne è andata in fretta inorridita dall'ambiente e dai presenti. Per quanto possa sembrare strano questa è una piccola oasi lontana dai clamori e dalla folla.

Questo èil palcoscenico sul quale verranno recitate le nostre storie.

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