Capitolo 34
ANNA'S POV
Quella di ieri sera è stata una bellissima e felice serata per tutti. Per me è stata una conferma: andrò da Marco e, nonostante lui abbia detto che non mi vuole né sentire né vedere, io so che ciò che vuole è solo la mia presenza lì a Long Beach.
Ora sono su un aereo che mi sta portando a Sacramento: voglio assolutamente parlare con Marco perché non sopporterei perderlo o magari rivederlo tra anni ed anni. No, non permetterò che ciò accada.
Decido di andarmi a sciacquare il viso, sarà un lungo volo e non voglio pensare solo a Marco, benché io sta sorvolando l'oceano solo per lui. Mentre percorro il piccolo corridoio, mi scontro con qualcuno.
Mi viene in mente il giorno in cui io e Marco ci siamo scontrati, così alzo lo sguardo, con l'illusione che possa essere lui, però non è lui che vedo. È un ragazzo conosciuto... Stefano.
Gli sorrido e lo oltrepasso. Non ho voglia di parlare con lui, non ho voglia di parlare con nessuno in realtà, se non con Marco. Ho l'impellente ed assoluto bisogno di parlargli per chiarire.
Apro la porta del bagno e mi serro dentro.
Cos'è che mi ha portato ad incontrare Marco?
Forse il destino? O le scelte fatte? Devo dire che quando ci siamo scontrati, di scelte non ce ne sono state, semplicemente è capitato.
Mi sciacquo il viso e lascio che l'acqua percorra tutto la pelle del volto e cadere, silenziosamente, all'interno del lavandino. Vorrei che tutto ciò che mi accadesse, passasse silenzioso e velocemente nella mia vita, senza fare troppi danni e senza lasciare tracce troppo permanenti. Mi appoggio un po' alla porta, chiudo gli occhi e rimango così per un po', cercando di rilassare la mente e svuotarla di ogni pensiero.
Esco dal bagno, mi dirigo al mio posto e, alla sua destra, vedo Stefano.
Mi siedo, inserisco le cuffie, chiudo gli occhi ed ascolto un notturno di Chopin. La sua musica è in grado di colmarmi l'anima di tranquillità in modo sublime ed intenso, delicatamente.
"Chopin, ottima scelta." Dice Stefano ed io muovo il capo indifferente, troppo impegnata a rilassarmi per poter stare davvero a sentire le sue parole. In queste ore di volo, voglio solo rilassarmi, non pensare troppo, chiudere gli occhi e sentire la musica della mia playlist.
"Non ti ricordi di me, eh?" Continua a parlare e io, per dargli il contentino, annuisco.
Sono acida, emozionata o, semplicemente, troppo nervosa e triste.
Sono rimasta troppo scossa da quello che Marco mi ha detto ieri: ha detto di amarmi, ma di non volermi vedere. Qualcuno ha detto che fare una cosa del genere è il miglior modo per far soffrire e lui c'è riuscito alla perfezione a colpirmi nella parte più debole di me. Lui vuole lasciarmi, ma non mi permetterò di lasciarlo per poi ricordarlo per sempre. Io non voglio ricordarlo, voglio viverlo.
"Sai, potrei aiutarti, cara." Continua Stefano ed io inizio a ridere nervosamente, attirando gli occhi di molti, ma non interessandomene particolarmente.
Mi volto, gli rispondo un gelido: "Pensa per te", cambio notturno e chiudo gli occhi. Appoggio la testa sul sedile e mi lascio inebriare l'anima dalla musica lirica, dolce e lenta di Chopin.
Due ore dopo
"Hei." Mi richiama Stefano, mi volto e, esausta gli dico:
"Ma dico io, leggi un libro, ascolta musica, dormi e non darmi fastidio!"
"Com'è che stai andando a Sacramento?" Chiede lui. Non credo ci sia altra scelta se non rispondergli, così, insicura, lo informo e questo solo per sentirmi porre altre domande a cui rispondo, sperando che questo suo interrogatorio finisca.
"E tu, perché stai andando a Sacramento?" Chiedo, spostando l'attenzione su di lui.
"Ah, ehm... questioni di lavoro." Risponde vago, così, per approfondire, mi tolgo gli auricolari e nel mentre gli chiedo che lavoro svolge.
"Lavoro in un'azienda informatica a Roma e, in veste di suo rappresentante, sto andando a Sacramento per presentare un nuovo modello." Dice fiero, orgoglioso del suo lavoro.
"Deduco che ti piaccia il lavoro che fai."
"Hai pensato bene, Anna." Afferma ed io sorrido. Sposto lo sguardo fuori dal finestrino e vedo le nuvole.
È come se avessi l'opportunità di farlo, di toccare le nuvole, ma è come se me la stessi facendo scappare tra le mani quest'opportunità. Tra le nuvole si è formato un buco, uno spazio dove non c'è neppure un piccolo resto di nuvola. Si vede l'azzurro del cielo e mi ricorda il mio cadere, sempre e comunque, nel baratro del dolore. Ho un brutto presentimento, sento che qualcosa oggi andrà maledettamente storto. È come se le nuvole mi stessero avvisando.
"È aria, non puoi toccarle ed oltretutto non puoi uscire di qui, lo sai." Afferma Stefano, ma lascio che le sue parole volino nel vento, senza risposta da parte mia.
"Perché credo che andrà tutto storto, Stefano?" Sussurro, triste al pensiero che possa accader qualcosa di tremendamente brutto, debole e stanca delle mie emozioni e del mio pessimismo.
"Perché sei troppo pessimista." Appunto.
Poco dopo, però, sentiamo la voce di una donna al microfono dire queste parole:
"Attenzione signore e signori, l'aereo sta avendo dei problemi, ma vi chiediamo la massima calma, cosicché il pilota possa riflettere con calma. Grazie dell'attenzione."
Un brusio si innalza in questa immensa stanza ed io, preoccupata mi giro verso uno Stefano alquanto terrorizzato.
"Lo vedi?" Chiedo io e lui, con voce sottile, sussurra:
"Io ho sempre avuto un po' di paura degli aerei. Non voglio che la mia vita finisca così, no..." Vorrei dire qualcosa per tranquillizzarlo, ma la verità è che qui dentro tutto siamo preoccupati.
Guardo le nuvole e, in lontananza vedo un altro "buco" nel cielo. Mi soffermo a guardarlo, cercando di capire se questa è davvero la fine, cercando di immaginare ciò che ho lasciato a Roma e ciò che spero di riuscire a raggiungere.
"Il mio sesto senso non sbaglia mai." Il tempo di dire questo che l'aereo si capovolge ed inizia a perdere quota, cadendo in obliquo.
Una miriade di urli fanno da sfondo al casino e al dolore che provo al costato, alla testa, ma soprattutto al cuore.
"Stai bene?" Urla Stefano e io, urlando, gli dico di no, troppo terrorizzata per dire qualcos'altro, in preda al dolore e alla paura che oggi possa finire tutto per davvero. L'aereo continua a perdere quota, i dolori si fanno più intensi e il ricordo di chi più amo inizia a farsi sempre più presente. Sto dicendo sommessamente addio a ciò che mi teneva legata a questo mondo.
"È finita." Il tempo di pensarlo che uno schianto fa chiudere i miei occhi, causandomi un dolore atroce, un dolore che non mi da neanche il tempo di rendermi davvero conto di cosa mi è accaduto perché la verità è che tutto è accaduto troppo in fretta. È proprio così che doveva finire?
Ecco cosa sarò: un'anima eternamente morta
Per quanto bella sia stata la commedia in tutto il resto, l'ultimo atto è sempre sanguinoso. Alla fine, con una vanga si getta della terra sulla testa. Ed ecco fatto, per sempre.
(Blaise Pascal)
Questo paese sconosciuto da cui nessun viaggiatore è tornato.
(William Shakespeare)
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