Capitolo 17
La gente mente. Tu urli di dolore e di disperazione, ma loro mentono.
ANNA'S POV
"Io voglio solo proteggerti. Voglio poter dire che ci sono io a proteggerti, a difenderti, a volerti bene e non un altro! Voglio avere la possibilità di viverti e poter viaggiare dentro di te!" Mi dice lui, ma io in realtà non lo sento da quando ha detto quel "volerti bene". Davvero ha detto questo? Davvero mi vuole bene?
Dopo baci che ci siamo dati, mi vuole bene?
-La gente non è sempre come te!- mi deride il subconscio.
-Lo so.- Rispondo rassegnata.
"Davvero per te è solo amicizia?" Chiedo con voce stanca.
Stanca di tutto questo casino che è la mia vita.
Più passa il tempo e più vorrei scomparire dal mondo.
E so che è così deprimente questa situazione ma non posso pensare...
-Non puoi di certo aspettarti che lui ti duca che ti ama da così pochi giorni?- Mi chiede il subconscio.
-No. Sono io che ora ho fatto la mia figura.-
Mi volto e cammino verso il primo stand che trovo, compro un piccolo snack che poi so vomiterò e quando mi volto per andare verso gli scogli, me lo trovo di fronte, con sguardo tra il confuso, l'irritato e lo sbalordito.
Lo guardo scettica, come a fargli capire che si deve spostare, ma lui non si sposta nemmeno di un centimetro quindi mi volto per camminare verso destra, ma me lo trovo davanti, nuovamente.
"Mi fate passare, signorino?" Gli chiedo ironicamente e in modo spazientito, ma con lui non attacca. Non si sposta.
"Andiamo almeno agli scogli e parliamone lì, seduti." Consiglio io, così andiamo e ci sediamo.
Chiudo gli occhi per godermi il rumore delle onde, tutto ciò mentre lui parla, ma ad un tratto smette di dire parole.
Mi sento osservata, così mi volto verso di lui e lo becco a fissarmi.
"Beh?" Chiedo scettica.
"Sei bellissima..."
"Smettila e parla.."
Mi sento lusingata dal complimento, ma si devono mettere a posto prima le cose, capire come stanno e poi permettersi altro.
Ho paura della sua risposta, più che altro ho paura di ciò che la risposta causerà.
Se sarà no avrà inizio un qualcosa, se sarà sì avranno inizio discorsi, riflessioni che non avranno fine.
Però, in tutto questo, sento che ho chiesto una cosa difficile, fin troppo. Voglio cambiare discorso, perché per la risposta ora è presto. Voglio solo passare la serata tra amici.
Uh, amici... dai, non suona male, no?
-Amico che si baciano. Capisco, capisco...- spara il subconscio, marcando la parola "amici".
-Taci. Tu non capisci.-
-Sono sempre dentro di te, ti capisco!-
-Forse, o forse no!-
Ad interrompere questo litigio con me stessa è il balbettare di Marco, incapace di dire nulla
Lo blocco, metto una mano sulla sua spalla e gli dico:
"Perdonami... sei divertente in difficoltà." E bello, vorrei aggiungere, ma mi trattengo. Non posso incasinarlo ancor di più.
"Ah sì? È divertente farmi balbettare?" Inizia a chiedere ridendo a più non posso. Bello, è sempre bello.
"Già." Affermo ed inizio a correre sulla riva della spiaggia.
Sento il vento scompigliarmi i capelli, la felicità e la spensieratezza farmi visita.
Corro ed è come se in quegli attimi dimenticarsi tutto: chi sono, cosa ho passato, cosa ho sofferto. Dimentico tutto.
Penso solo a questo vento, a questa luna, a queste onde che adoro sempre di più.
Penso alla felicità e alla gioia di vivere, ma so che questo durerà solo per questi momenti.
Mi fermo, mi siedo sulla sabbia a gambe incrociate e canticchiare una canzone di Mengoni, godendomi l'atmosfera da cui sono soggiogata.
"Oggi la gente ti giudica per quale immagine hai.
Vede soltanto le maschere, non sa nemmeno chi sei.
Devi mostrarti invincibile, collezionare trofei, ma quando piangi in silenzio scopri davvero chi sei."
Quando canto questa canzone penso subito a me e, pensando a me, inizio a piangere. Questa canzone, o meglio, questa strofa mi rispecchia tantissimo.
La musica però fa ancora parte di me: perché mi permette d'essere me stessa, senza mezzi termini.
Mi permette d'essere sì me stessa, ma anche pensare, fare, dire cose che mai avrei pensato, fatto, detto.
Preferisco fare un si bemolle al posto di si, sbagliare nota, fare un casino, sbagliare tutto, ma suonare è un qualcosa che devo fare per me stessa, sotto un certo punto di vista.
Piango e sento le braccia di Marco avvolgermi.
Piango e mi sento così vulnerabile.
Piango ancora di più e appoggio la testa sulla sua spalla, cosciente del fatto che la musica mi abbia reso così vulnerabile, cosciente del fatto che mi abbia scoperta, ma io non voglio essere scoperta, o meglio, non voglio far vedere il mio essere scoperta.
Ho bisogno di poche cose e una di queste è l'amore, quindi l'affetto.
"Se vuoi essere felice non pensare." Dice Marco, interrompendo il silenzio che ci circonda.
"La felicità è per me il buio." Sentenzio, però insicura.
"La felicità è la luce."
"Per te." Continuo io.
"Il problema è che tu hai sofferto molto.
Sai cosa disse Tolstoj?
Il segreto della felicità non è di far sempre ciò che si vuole, ma di voler sempre ciò che si fa.
E se vuoi sapere anche un'altra frase ti dico questa: ognuno è responsabile della propria felicità.
Quindi ti consiglio di cercare d'essere felice perché questo spetta solo a te, Anna.
La tua gioia non dipende dagli altri. Gli altri possono contribuire a donarti della felicità, ma non possono renderti felice." Risponde lui, guardando il mare e accarezzandomi i capelli.
Ha un effetto tranquillizzante su di me, ma sa anche capirmi come nessuno ha mai fatto, a parte mia madre e Rebecca.
"Voglio provarci. Voglio provare ad essere felice, ma sai che ho paura. Cioè, non voglio fare qualcosa senza pensare alle conseguenze. Potrei star male, potrei starci male, potrei..."
"Cos'è che ti fa dubitare di me, me lo spieghi?" Mi interrompe in modo brusco e so, lo sapevo che avrebbe reagito così.
"Ho paura, ok? Ho paura. Ho paura di questa paura. Capiscimi! Capiscimi!" Dico alzando la voce al principio, ma abbassandola sempre di più alla parola "capiscimi".
Perché è difficile comprendere; si può condannare, compatire, compiangere, ma è difficile comprendere.
Mi alzo, mi metto i tacchi e inizio a correre fino ad arrivare alla macchina.
Aspetto un minuto, due minuti, tre, quattro fino ad arrivare a dieci.
A quel punto inizio a preoccuparmi di brutto, già pensando a mille ipotesi riguardo a cosa possa essergli accaduto e dandomene la colpa.
Girovago per la spiaggia, andando in tutti i posti dove siamo stati stasera.
Solo questo sappiamo fare.
Ci sappiamo lasciare per poi cercarci.
Gridarci l'un l'altra per poi baciarci.
Siamo così strani.
Ad un certo punto sento strattonarmi per un polso, mi giro e lo guardo a malapena che mi ritrovo le sue labbra sulle mie. Lancio un urlo stranissimo, che viene attutito dalle sue labbra.
Si stacca dopo un po' e all'orecchio mi dice:
"Non avere timore, ci sono io con te." Sempre questa parole, queste benedette parole.
Con questo ci baciamo nuovamente, con la consapevolezza di essermi aperta, ma con la curiosità di sapere qualcosa in più su di lui, visto che non so niente.
"E tu? Ora che sai che non ho la forza di scappare, cosa mi dici di te?" Chiedo io, sorretta dalla speranza di una sua vita migliore della mia.
Dovremmo programmare meno la vita.
Lei non ha gli stessi piani della nostra mente.
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