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𝕮𝖆𝖕𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔 𝐕𝐈𝐈

Tharanir confessò al bardo di essere piuttosto di fretta. Lui e il maestro sarebbero partiti presto per dirigersi al mercato prima delle celebrazioni al dio solare. Adhara, dal suo canto, non sembrò insistere oltre, ma voleva ancora conoscere meglio la sua storia. Aveva trovato una nuova musa per la sua ispirazione, e non poteva permettersi di lasciarla andare via così. Le parole di Fendir tornarono subito in mente al giovane signore. Forse credeva di aver capito come mai il guardiano non simpatizzasse particolarmente per i bardi.

«Per quanto ancora vi tratterrete a Kalkmar?», chiese l'elfa, la cui cena ormai si stava raffreddando sul piatto.

«Lasceremo il paese dopo mezzogiorno»

«E poi dove andrete?»

La sua insistenza non faceva che peggiorare la situazione, fortuna volesse che lo gnomo avesse una natura impicciona, e che si intromettesse sempre nei discorsi quando trovava un po' di spazio.

«Il maestro di Ceyl è un servo dell'oscura magione, con molta probabilità è lì che resteranno»

Quell'ultima esclamazione lasciò Adhara talmente sorpresa da dare la giusta occasione al ragazzo per congedarsi e sciogliere la morsa in cui le sue mani erano state costrette.

«Sì, è proprio così», disse, iniziando a fare strada verso le proprie camere, «le regole lì sono estremamente rigide, non possiamo permetterci di ritardare ulteriormente. I miei ossequi» e fuggì oltre la scalinata, nonostante i richiami del bardo.

Caleb se la rise di gusto. Non aveva mai assistito ad una scena così divertente in vita sua.

«Una storia davvero affascinante. È un peccato che il ragazzo sia così timido!»

Adhara riportò lo sguardo al pasto che aveva abbandonato per prestare attenzione alla storia del giovane. Aveva capito sin dall'inizio che il ragazzo stesse mentendo palesemente, ma era questo ciò che l'affascinava di più: dietro grandi menzogne si celavano sempre incredibili verità.

Alle prime luci dell'alba, Tharanir era già in piedi, pronto per partire. Non era riuscito a chiudere occhio per via di tutte quelle cose che erano accadute. Eppure non era affatto stanco. Si sentiva in forma, anche se in quei pochi attimi in cui era riuscito a sprofondare in un sonno leggero, aveva sognato il padre cercarlo per tutta la torre. Era così preso da tutte le novità che ogni pensiero negativo sembrò passare in secondo piano. Quel breve attimo di libertà sarebbe passato in fretta, e avrebbe fatto bene a fare tesoro di ogni secondo speso al di fuori della sua abituale prigionia. Anche Fendir si alzò presto dal proprio giaciglio. Rimesso lo zaino in spalla, concesse al ragazzo qualche attimo in più per prepararsi, prima di saldare il conto con lo gnomo al bancone.

Abbandonata la taverna, i due imboccarono una delle vie principali per circumnavigare i cancelli meridionali ed entrare da quelli orientali. Tharanir, incuriosito, si rivolse a Fendir, che non tardò a spiegare la sua scelta di allungare il percorso.

«Oggi è un giorno di festa. Durante i riti sacri le guardie badano bene a chiudere tutti i cancelli. Eccezion fatta per quelli ad Est ed Ovest»

Il giovane signore chiese all'altro se fosse a conoscenza di tale motivo. Fendir, dal suo canto, non sembrava molto convinto.

«Credo sia un'usanza per non mancare di rispetto al dio o qualcosa del genere. Non sono ferrato in materia».

A ripensarci, il giovane signore pensò che quanto affermato avesse abbastanza senso. Ciò spiegherebbe come mai ogni anno la calca si concentrasse così ordinatamente lungo una processione che procedeva in quella esatta direzione.

«Tu l'hai mai visto con i tuoi occhi?»

Fendir aggrottò le sopracciglia, confuso.

«Che cosa?»

«Il rito»

Il guardiano scosse il capo.

«Non mi interessa»

Tharanir abbassò lo sguardo, deluso.

«Neanche per curiosità?»

«È solo una processione»

«Io non ne ho mai vista una da vicino»

I primi raggi del sole illuminarono la valle di un caldo oro. Tharanir non poté fare a meno di alzare lo sguardo per osservare le nuvole tingersi dei colori del mattino. Guardare il cielo stagliarsi sopra di lui in tutta la sua immensa beltà, senza alcun muro a fargli da cornice, era uno spettacolo a cui non credeva di poter mai assistere nella propria vita. C'erano tante cose che non aveva visto, e tante altre che probabilmente non vedrà mai. La consapevolezza di avere un tempo così ristretto a propria disposizione per assaggiare un briciolo di libertà gli lasciò un po' di amaro in bocca.

Non era giusto.

Erede o meno di un titolo reale, era anch'esso una persona, e in quanto tale non meritava di passare la sua esistenza in catene.

«Restatemi sempre vicino. Da adesso in poi ci sarà parecchia confusione per le strade».

Le parole del guardiano lo riportarono alla realtà. Non appena ebbe abbassato lo sguardo ad osservare il sentiero dinanzi a sé, Tharanir notò presto il flusso di persone che già affollavano la via. Viste da quella prospettiva, tra l'altro, il ragazzo fu sorpreso nel constatare quanto alte fossero le mura che cingevano la città-stato. Era abituato a vederle dall'alto, dove tutto appariva immensamente più piccolo e insignificante, per cui il primo impatto lo lasciò senza fiato.

Attraversati i grandi cancelli in legno e ferro, gli occhi del giovane signore si posarono avidi su ogni cosa che gli si presentò al cospetto. Era tutto esattamente come se lo era immaginato: il suono delle fontane che zampillavano limpide per le strade, il rumore di passi e zoccoli di cavallo che riecheggiavano confusi, mescolandosi al parlottare della gente e alle grida dei mercanti, e i lisci pavimenti in roccia, che scoprì essere anche più scivolosi di quel che credesse. Inspiegabilmente, Tharanir si sentì a casa. Una casa che era ancora tutta da esplorare, ma che l'aveva già accolto in tutto il suo chiassoso calore.

Fendir non poté fare a meno di notare come l'amico stesse osservando quel mondo con gli occhi di un bambino. E se da un lato ciò gli sciolse il cuore, dall'altro non fece altro che alimentare le sue preoccupazioni. Aveva una grossa responsabilità sulle spalle, ed era certo che vi fosse almeno una probabilità che qualcuno avrebbe potuto scoprire della loro assenza nell'oscura magione. Senza pensarci troppo, arpionò le proprie dita sul braccio altrui, per riportarlo al proprio fianco.

«Non vi allontanate. State vagando troppo con lo sguardo: se non guardate per terra finirete per perdere la strada».

A poco a poco, i due drow abbandonarono la coda che si stava già formando all'entrata del paese per dirigersi verso il mercato, nella zona a sud della linea in marmo che separava la parte antica da quella moderna del paese. Sebbene Tharanir avrebbe voluto restare ad osservare più attentamente l'affascinante differenza architettonica tra le due facce di Kalkmar, non poté fare altro che seguire il guardiano addentrandosi in una di esse. Gli edifici lì erano ben più alti e spaziosi, e le strade erano talmente grandi da permettere di poter camminare più distanti dal resto della folla. Il pavimento in roccia era meno scivoloso della zona marmorea dal quale i due si erano introdotti, e Tharanir camminò con più sicurezza al fianco del guardiano, il cui passo veloce lo lasciava spesso e volentieri indietro. Aveva fretta, ma Tharanir non sembrò voler seguire il suo ritmo. Rapito com'era dal panorama cittadino non si rendeva neanche conto di rallentare, il più delle volte.

L'atmosfera vivace che aleggiava intorno gli mise addosso un'allegria inspiegabile: le urla dei venditori udibili ad ogni angolo della strada, i bambini che giocavano spensierati per le strade e una folla di persone che camminava assorta nelle proprie faccende, sorridenti. Tra di questi, notò il ragazzo, ogni tanto si poteva notare qualche guardia cittadina in armatura compiere dei giri di pattuglia. I loro mantelli scarlatti e i fregi dorati risplendevano alla luce come gemme al sole, e Tharanir fu subito rapito dalla loro figura, tanto da fermarsi pur di poterli osservare più nel dettaglio. Le guardie cittadine facevano parte di un ordine cavalleresco noto come Ordo Solaris, fedele alla corona e facente parte della Chiesa di Laodeo. Essi, infatti, rispondevano ai comandi del Ghunar, il sacerdote supremo del culto che presiedeva i riti più importanti, tra cui lo stesso che avrebbe avuto luogo quel giorno nell'antica città devota al dio solare. Tharanir fu più volte sul punto di avvicinarsi a loro per potergli rivolgere la parola, ma Fendir non sembrava affatto intenzionato a lasciargli fare il passo più lungo della gamba: era visibilmente preoccupato, ed era comprensibile.

Arrivati nel luogo in cui Fendir avrebbe fatto compere per conto del padre, Tharanir ebbe finalmente l'occasione di liberarsi dal suo giogo per potersi concedere un attimo di pura libertà. Inizialmente il ragazzo si appoggiò contro il muretto all'entrata del negozio per riprendere fiato e rassicurare il guardiano. Poi, non appena vide un altro cavaliere passare per quelle zone, si guardò due volte le spalle prima di avvicinarsi a quest'ultimo. Stretto nelle sue vesti scure come la notte, Tharanir andò incontro all'uomo che, percepite le intenzioni altrui, rallentò il passo per concedergli le sue attenzioni. I due si fermarono l'uno di fronte all'altro, ma Tharanir a quel punto si rese conto di non sapere cosa dire. In effetti voleva soltanto avere una scusa per poterlo vedere da vicino, ma una volta incontrati, non aveva idea di come iniziare il discorso. Fino ad allora, non aveva mai avuto l'occasione di parlare con gente sconosciuta. Se non fosse stato per Caleb Occhiotorvo, era certo che avrebbe riscontrato lo stesso problema la sera prima in taverna. Per sua fortuna, il cavaliere fu lesto a rompere il ghiaccio per primo, con professionalità.

«Avete bisogno di aiuto?»

Rinvenuto da un'iniziale timidezza, Tharanir scosse il capo, trovando il coraggio per poter rispondere al quesito dell'uomo in armatura.

«Volevo sapere quando il rito avrebbe avuto inizio. Sono un forestiero, è la prima volta che vengo qui»

Il cavaliere rivolse un sorriso all'altro, poi si grattò il mento con le mani guantate.

«Il rito dovrebbe iniziare tra un'ora. Se volete potete già unirvi al corteo. Se siete qui solo per assistere, potete anche fermarvi a guardare ai lati della strada con la vostra candela»

«Dove posso prenderne una?», chiese il ragazzo, che non era affatto a conoscenza di quest'ultimo dettaglio; visto dall'altro, vi erano molte cose che non poteva osservare chiaramente.

Il cavaliere indicò una strada alle spalle del ragazzo.

«Potete richiederla ad ogni santuario. Il più vicino è quello di Surtu. Basta andare sempre dritto e lo vedrete con i vostri occhi»

Tharanir si voltò in quella direzione, notando in lontananza, al centro dell'unica strada circolare, un santuario che giaceva silenzioso in una zona meno trafficata.

«Se chiedete al sacerdote locale, sarà lieto di poter offrirvene una per seguire il corteo».

Gli occhi del giovane si ancorarono colmi di speranza a quell'edificio lontano, poi tornarono a posarsi sul negozio in cui Fendir stava per finire le sue commissioni. Con tutto quel tempo a disposizione, Tharanir era sicuro di poter approfittare dell'occasione per visitare il santuario, l'unico problema era capire se il guardiano glielo avrebbe concesso o meno. Nonostante i due ragazzi fossero cresciuti insieme, la religione era un argomento su cui non si erano mai confrontati. L'ultima volta che si erano parlati da amici, Tharanir aveva soltanto tredici anni, ed era ancora troppo giovane per discutere di certi argomenti se non in sede di studio. Eppure qualcosa dentro di lui gli suggeriva che Fendir non fosse poi così fedele all'Oscura Madre come il resto dei drow che abitavano e frequentavano la Torre di Loran. Erano sempre stati due spiriti liberi, e avrebbe stentato a credere che il suo essere restio fosse propriamente legato a preoccupazioni di natura religiosa.

Quando lo vide uscire dall'edificio in legno, Tharanir si ritrovò combattuto. Lo guardò dritto negli occhi, nella speranza che l'altro potesse magicamente leggergli nel pensiero. In effetti, quando si fermò a pochi passi dall'altro, il guardiano alzò un sopracciglio all'espressione tormentata del giovane signore.

«C'è qualcosa che non va?»

Istintivamente, Tharanir si girò a cercare il volto del cavaliere, ma scoprì che quest'ultimo lo avesse già abbandonato da un pezzo per completare il suo giro di pattuglia. Era la sua occasione per scoprire se Fendir fosse ancora il vecchio spirito avventuriero di una volta, o se fosse davvero cambiato come sembrava.

«Io... »



- 𝕰𝖓𝖉 𝖔𝖋 𝖙𝖍𝖊 𝖈𝖍𝖆𝖕𝖙𝖊𝖗 -

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