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𝕮𝖆𝖕𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔 𝐈𝐗

Elker era un cavaliere dell'Ordo Solaris e un amico di vecchia data di Adhara. Era un uomo alto e imponente la cui armatura bianca e dorata gli conferiva un aspetto ancora più possente di quel che sembrava, esaltandone la carnagione olivastra. Tharanir fu subito colpito dall'espressione serena sul suo volto e dal suo sorriso benevolo. Vi era qualcosa in quella persona che ispirava protezione e sicurezza, ma il ragazzo non seppe discernere quale tra i mille dettagli superficiali gli infondeva tale sensazione.
Eppure, quando i suoi occhi di ossidiana incontrarono i due smeraldi dell'altro, comprese che quello non fosse soltanto un presentimento.

Uno strano moto di invidia e ammirazione lo pervase. Voleva essere come lui, un giorno, ed ispirare quella stessa fortitudine e calma con la sola apparenza.
Quel lungo contatto silenzioso fu interrotto all'improvviso quando la voce di Adhara ruppe il silenzio.

«Ho sentito dire che i contadini di Ëon hanno chiesto il tuo aiuto. La voce è arrivata persino ai pellegrini che hanno evitato di imboccare quelle strade appositamente. Vi ho portato qualcuno che potrebbe darvi una mano a risolvere il caso»

Tharanir spalancò gli occhi, incredulo. Inconsciamente, il suo sguardo tornò nuovamente al cavaliere e al sacerdote per osservarne la loro reazione; in che modo sarebbe stato loro utile? Faceva tutto parte del piano di copertura per fuggire da lì? Non gli restò che vedere come si sarebbe evoluta la cosa.
Dal canto suo Elker, che si permise una risata all'affermazione dell'elfa, non sembrava avere nulla in contrario, anzi, pareva piuttosto curioso dalla proposta altrui.

«Non ci si vede da tanto tempo, Adhara, eppure ogni volta che torni qui hai sempre qualcosa da proporre»

Il sacerdote, un uomo anziano dal gran sorriso, si avvicinò ai due con fare amichevole per intromettersi nella conversazione.

«E' sempre un piacere averti tra noi. Siamo contenti di vederti in un giorno così importante. l'Ordo non ti sarà mai grato abbastanza per la tua devozione»

Adhara sorrise all'anziano, scuotendo leggermente il capo.

«Sono devota solo al vostro ordine, non posso definirmi una devota del dio solare», specificò l'elfa che nel frattempo aveva posato il proprio sguardo sul ragazzo, incoraggiandolo ad avvicinarsi al gruppo per le presentazioni ufficiali.
Tharanir si fece avanti timidamente, percependo lo sguardo degli altri su di sé.

«Lui è Ceyl, è un alchimista che ho conosciuto in pellegrinaggio»

Per sua fortuna, nessuno dei due uomini sembrò farsi troppe domande sul suo nome. A quanto pare i due si fidavano ciecamente del bardo. A quel punto Tharanir si chiese che tipo di rapporto intercorresse tra lei e l'ordine, se non era né una devota né un cavaliere. Era una storia affascinante, ma immaginava che ne avrebbe saputo di più strada facendo: avevano ancora molto tempo a disposizione per conoscersi meglio.

«Abbiamo già mandato qualcuno dei nostri alchimisti sul luogo per risolvere la questione del raccolto che sta aggravando la già difficile situazione, ma finché non irretiamo il drago che ne infesta il territorio, non c'è molto che si possa fare»

Tharanir si voltò istintivamente verso il bardo.
A quanto pare, per una strana coincidenza del fato, Adhara era riuscita davvero a trovare una soluzione ad ogni problema, incastrando ogni elemento perfettamente. Si chiese se non fosse quello il talento che l'Ordine gli riconoscesse così tanto.

«Ceyl non è un alchimista qualsiasi», intervenne l'elfa, sorprendendo i due uomini, «Si dia il caso che sia anche un domatore di draghi. Infatti, è venuto qui per proporsi come volontario per risolvere il caso»

Le mani di Tharanir iniziarono a tremare sotto il lungo mantello nero.
Adhara lo stava cacciando in un bel guaio e non sapeva come dirle che anche la storia dei draghi fosse solo una menzogna: non aveva neanche effettivamente iniziato a imparare quell'arte. Quando era piccolo aveva così tanta paura che preferiva saltare le lezioni di volo se non era accompagnato da qualcuno. Fatte queste premesse, il ragazzo non poté fare a meno di chiedersi in che modo avrebbe approcciato un drago selvatico che, con tutta probabilità, non avrebbe nutrito altro che sentimenti ostili nei suoi confronti.

Intanto i due uomini lo osservavano impressionati, come se davanti ad essi si fosse davvero palesata la soluzione a tutti i loro problemi, ma Elker voleva accertarsi della sua identità prima di portarlo in viaggio con sé.

«Sono lieto di sapere che esistano persone così coraggiose e talentuose da voler prendere parte a una tale missione. Posso sapere dunque con chi ho a che fare? Non credo di aver mai sentito il vostro nome prima d'ora»

Gli occhi del ragazzo si spostarono sull'elfa, che cercò di infondergli coraggio col proprio sguardo. Il copione lo sapeva già, doveva solo cercare di correggere qualche errore per risultare più credibile.

«Non potevate sapere di me: sono un alchimista errante, viaggio per concludere delle ricerche personali ma, quando posso, mi metto al servizio delle persone che hanno bisogno»

Il sacerdote non sembrava pienamente convinto. A volte abbassava un po' il capo alla sua altezza per scrutarne meglio il volto.
Tharanir si ricordò di essere ancora nascosto dall'ombra del cappuccio, ma non si sentiva ancora pronto a mostrarsi così davanti a tutti.
Fortuna volesse che il senso di ospitalità del cavaliere interruppe quel momento di tensione, suggerendo al resto della compagnia di entrare nel monastero.
Soffiava un vento freddo, preludio di un gelido autunno, che arricciava i mantelli e le ciocche di capelli ribelli.
Tharanir non perse tempo a seguire il cavaliere. A quanto pare aveva ragione sul suo conto: doveva essere un eroe in tanti sensi, persino in situazioni così banali.

Messo piede all'interno del monastero, i quattro furono accolti da un calore invitante. Elker li condusse fino a una sala in cui i sacerdoti e i cavalieri si riunivano spesso: vi erano dei tavoli e delle sedie in legno, e gli stendardi dell'ordine appesi in tutta la loro opulenta gloria.
Prima di accomodarsi, il vecchio sacerdote riprese la discussione, sempre cercando con lo sguardo il volto del ragazzo.

«Sembrate molto giovane. Siete in possesso della licenza per esercitare il vostro esercizio di alchimista?»

Tharanir strinse i pugni fino a sbiancare le nocche. Doveva aspettarsi una domanda del genere: per diventare alchimista non bastava la mera conoscenza di tale disciplina. Bisognava superare un esame per entrare ufficialmente nell'albo del Consiglio degli Alchimisti.

Una volta fatto ciò, il candidato sarebbe entrato in possesso di una licenza che gli avrebbe permesso di prestare servizio dove e come gli pareva. Similarmente al Consiglio Supremo della Magia, quella degli alchimisti era un'organizzazione riconosciuta in tutto il Mondo Conosciuto, e per questo esigeva certe formalità per determinare l'operato rigorosamente neutrale dei suoi partecipanti. A maggior ragione, un Alchimista che ambiva a candidarsi all'esame doveva dimostrare, ancor prima della prova stessa, di essere degno di tale candidatura.

Generalmente parlando, esistevano due modi affinché un aspirante alchimista potesse essere raccomandato per l'ammissione all'esame.
Uno era quello di essersi attribuito il merito di aver scoperto o inventato nuove formule o soluzioni. Un altro era quello di essersi distinto per le proprie gesta, riconosciute dal popolo o da altri alchimisti.

Logicamente, Tharanir pensò di poter puntare su una delle due scuse per poter giustificare la mancanza di una licenza di fronte allo scettico sacerdote.
Finalmente, alzò lo sguardo per incontrare quello dell'anziano, con più coraggio.

«Non sono ancora in possesso della licenza, infatti sto lavorando per l'ammissione all'esame»

Sentite quelle parole, l'espressione del sacerdote sembrò rasserenarsi. Le rughe intorno al viso si distesero. Anche Elker, che fino a quel momento li aveva osservati discutere in silenzio, gli sorrise più genuinamente.

«Allora arrivate al momento giusto. Se mi aiuterete a risolvere la piaga che affligge le campagne di Ëon, faremo in modo di scrivere una lettera di raccomandazione affinché possiate candidarvi all'esame»

Il cavaliere rivolse lo sguardo al vecchio sacerdote, a cui spettava l'ultima parola.
L'anziano massaggiò il mento con le dita raggrinzite, assumendo un aspetto pensoso.

«Un alchimista in più non farebbe male qui al monastero. Non ve ne sono molti che risiedono a Kalkmar. L'Ordo, in effetti, ne conta soltanto di due al momento»

A quella affermazione, gli occhi di Tharanir iniziarono a brillare.
Gli si era appena palesata la più grande occasione della sua vita. Era come prendere due piccioni con una fava: lavorare per L'Ordo Solaris e sfruttare al meglio le proprie passioni. Gli sembrava troppo bello per essere vero e, in effetti, a ripensarci, convenne di non poterne affatto approfittare.

Era vero che a Kalkmar nessuno conosceva il suo volto, ma era anche vero che quello restasse un territorio sotto il dominio del padre. Se fosse restato, prima o poi, lo avrebbero ritrovato e rinchiuso nuovamente nella magione oscura.
Tharanir abbassò lo sguardo, grattandosi la nuca.

«Sarebbe un onore per me lavorare per voi, ma mi vedo costretto a rifiutare l'offerta»

Il sacerdote aggrottò le sopracciglia, confuso.

«Vi è qualcosa che vi trattiene?»

Le spalle di Elker si mossero a ritmo con le proprie risate, che interruppero la conversazione.

«Padre Andor, non lo ricordate? Ceyl è un alchimista errante. Costringere un viaggiatore in un singolo posto è come mettere un uccellino in gabbia. E poi, vi sono tante persone bisognose fuori da queste mura»

Ancora una volta, Tharanir si ritrovò sorpreso dall'incredibile empatia del cavaliere, che riuscì a sciogliere quella perplessità con una facilità disarmante.

«Avete ragione, Capitano, era un dettaglio che avevo già dimenticato. L'offerta rimane comunque valida, giovane alchimista»
Disse infine il sacerdote, rivolgendosi al ragazzo.

Calata la sera, Adhara e Tharanir furono invitati a condividere la cena con il resto dei monaci, che accolsero ben volentieri il bardo e il forestiero, pur manducando in religioso silenzio per via delle rigide regole del posto. Ogni tanto qualcuno gettava qualche occhiata al ragazzo, incuriosito. In tutta risposta, Tharanir si stringeva nel proprio mantello per nascondere le vesti scure.
Era partito con il guardaroba più semplice e comodo che avesse, ma a volte credeva che la gente potesse ancora svelare la sua vera identità con uno sguardo.

Finito di mangiare e scambiare quattro chiacchiere con Elker, Adhara annunciò che sarebbe andata via presto per cercare rifugio in qualche luogo vicino.
Il ragazzo, ingenuamente, o forse più per timore di restare solo con dei perfetti sconosciuti, la seguì fino all'uscita, chiedendole il perché.

Le labbra dell'elfa, rosse e sottili, si incresparono in un sorriso intenerito.
A differenza degli altri monasteri, abitati dalle sacerdotesse devote alle dee del cielo, quello della divinità crepuscolare, identificata come un principio maschile, ospitava solamente uomini. Adhara si fidava ciecamente di ognuno di loro, ma restava pur sempre un luogo di culto, e sebbene non fosse interessata alle divinità di Kalkmar, aveva ancora rispetto per le loro regole.

L'elfa rassicurò il ragazzo, dicendogli che avrebbero lasciato la città all'alba insieme. Tharanir allora annuì flebilmente, guardandola allontanarsi oltre il muro d'alberi che circondava il luogo.

Elker lo accompagnò nelle sue stanze senza aggiungere molto. Vi era una strana esitazione da parte sua, adesso che i due erano rimasti completamente da soli. Era come se il cavaliere volesse dirgli qualcosa, ma non vi riuscisse mai.
Infatti, finì per salutarlo con un semplice sorriso, raccomandandogli di farsi trovare pronto al sorgere del sole.

Tharanir annuì, indeciso se cogliere o meno l'occasione per porgli delle domande su quanto accaduto e su ciò che li avrebbe aspettati, ma finì per rimanere immobile al centro della stanza, dove sprofondò nei suoi pensieri e nei sensi di colpa.




- 𝕰𝖓𝖉 𝖔𝖋 𝖙𝖍𝖊 𝖈𝖍𝖆𝖕𝖙𝖊𝖗 -

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