𝕮𝖆𝖕𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔 𝐈𝐕
L'Oscuro Signore lasciò la magione presto, quando il sole non si era ancora liberato dall'abbraccio del mare a est. Il suo temibile drago spiegò le ali, fendendo l'aria e scuotendo le cime degli alberi. Ella si diresse verso sud-ovest, dove il regno di Hedra si nascondeva oltre le verdi colline e un immenso tappeto di foreste. Quando la colossale Ledha si ridusse a un piccolo puntino lontano, tra la vastità del limpido orizzonte, i servi tornarono al loro lavoro, e nella Torre di Loran riecheggiò il solito ritmo di passi e di voci.
Già da un po' il ragazzo sentiva bisbigliare i servitori circa l'organizzazione del suo compleanno. Avrebbe raggiunto l'età adulta qualche settimana più tardi, ed era certo che la festa si sarebbe prospettata più sontuosa del solito. Il pensiero di compiere quel misterioso rito di iniziazione, di cui nessuno osava parlare se non in presenza di altri iniziati, lo intimoriva.
Quando era ancora un bambino viveva spensierato, girando sicuro tra le mura della torre, ma adesso che era cresciuto si sentiva in trappola e iniziava a preoccuparsi del futuro, guardando con malinconia il passato. Si sentiva vecchio, anche se non fosse ancora ufficialmente adulto, e riusciva già a percepire il peso di ogni anno, di ogni candelina che soffiava sulla torta, e di ogni tramonto che sanciva la fine del giorno. Nonostante i Drow vivessero di norma una vita più lunga rispetto a quella degli uomini, Tharanir la concepiva comunque come una grande corsa. Aveva già un traguardo che gli era stato segnato dalla famiglia, e tutti loro non vedevano l'ora di osservare il ragazzo tagliarlo come da programma. Era come se la sua intera esistenza si basasse su quel momento esatto.
A proposito di corse, dopo essersi destato da questi pensieri angoscianti, al giovane tornò subito in mente del piano di fuga. Dopo essersi assicurato che la servitù fosse troppo indaffarata con le sue faccende per prestargli attenzione, e che il precettore non fosse in giro per la magione, il ragazzo discese la Torre di Loran attraverso i suoi passaggi segreti e raggiunse il giardino, dove Fendir lo stava aspettando dall'altra parte del muro d'edera. Una volta arrivato, il ragazzo si arrampicò e scavalcò il muro, aggrappandosi a quei pochi centimetri di ringhiera scoperta.
«Siete in ritardo», gli ricordò il drow più anziano, che si era rifugiato dal sole sedendosi all'ombra del muro.
«Mi dispiace, ho dovuto perdere un po' di tempo»
«Spero che quel tempo non l'abbiate impiegato a ricordarvi di venire qua, anche perché vi ricordo che è tutta una vostra idea»
«Ti dispiacerebbe non commentare ogni cosa che faccio?»
Fendir non riuscì a nascondere un sorriso, «Perdonatemi, mio signore, ma mi pare solo che abbiate bisogno di un buon consigliere che vi aiuti a non tralasciare nulla di importante; indaffarato come siete, posso ben capire le vostre dimenticanze»
Tharanir storse la bocca, guardandolo in modo circospetto, «E tu dovresti farmi da consigliere?»
«Se permettete, mio signore, vorrei dimostrarvi quanto il sottoscritto sia adatto a questo ruolo, facendovi soltanto notare una cosa: scavalcare il muro d'edera è troppo rischioso per voi, forse sarebbe stato opportuno aprire il cancello a est della fontana, che porta direttamente a questo vialetto. Dopotutto, a quest'ora del giorno, non vi è nessuno a fare da guardia a questo posto abbandonato»
Il volto pallido di Tharanir sembrò colorarsi di un colore più vivido. Era imbarazzato, ma non nascondeva di essere irritato dai modi di fare del guardiano, che non aveva il minimo rispetto per il suo signore.
«Sì, sei un buon consigliere, ma ciò non ti esenta comunque da una punizione per i tuoi modi inappropriati di rivolgerti al tuo signore».
Chiuso il discorso, i due si diressero verso la tana dove il padre di Fendir, il vecchio Galad Khadùl, stava a guardia. Incontrandolo dopo tutto quel tempo, Tharanir si accorse di quanto il giovane guardiano assomigliasse incredibilmente al padre, avendo ereditato da lui la maggior parte dei tratti: pelle scura come la notte, zigomi molto alti, lunghe orecchie affilate e lunghi boccoli bianchi che ricadevano morbidi sulle spalle. Anche l'avere i capelli ricci era una rarità per i drow. Era una particolarità della famiglia Khadùl, da sempre vassalli e servitori dei Renol'Anon, e domatori di draghi. Quando era piccolo, Tharanir non sembrava averci fatto molto caso, ma adesso che poteva osservare padre e figlio da così vicino non poté fare a meno di notarlo. In un velo di genuina invidia, si chiese come mai non assomigliasse anche lui al proprio padre.
Il vecchio Galad si inchinò alla vista del giovane signore e raccomandò al figlio di eseguire con dovizia ogni ordine che gli sarebbe stato imposto. Galad Kadhùl era un uomo ligio alle regole, ma non per questo irragionevole o burbero. Aveva una tale eleganza nel parlare da conferirgli un naturale carisma. Era anche un uomo fidato del Gran Consigliere, a cui aveva spesso affidato la protezione della magione in sua assenza. Compito che gli fu poi affidato in via definitiva quando la moglie, e matrona della Torre, venne a mancare tre anni prima. In effetti quel giorno, Galad Khadùl era pronto a lasciare il proprio compito ordinario al figlio, che si sarebbe preso cura dei draghi e delle lezioni di volo al posto suo.
«Mio signore, per qualsiasi evenienza o incomprensione di sorta», si interruppe, volgendo lo sguardo severo verso Fendir, «Non esitate a chiamare»
«Non preoccupatevi, vecchio padre», gli rispose il figlio, «il nostro signore è in ottime mani, lo sapete anche voi» .
Congedatosi dal genitore, Fendir accompagnò il ragazzo fino alla tana, dove Elettra camminava avanti e indietro, in attesa del curioso sconosciuto.
«Persino tuo padre non sopporta la tua mancanza di rispetto», commentò Tharanir, mentre si avvicinava con più sicurezza al drago, «Prima non scherzavo: se un giorno dovessi diventare signore della Torre di Loran, non ti permetterò di trattarmi così».
Fendir sembrò non dare molto peso alle sue parole, preferì piuttosto cambiare discorso.
«Avete già organizzato le vostre cose per lasciare la Torre?».
Il ragazzo annuì distrattamente, preso com'era dall'accarezzare il lungo collo del drago verde, le cui scaglie erano più dure e lucenti di quelle della vecchia madre. Elettra era un drago un po' diffidente e difficile da avvicinare, ma sembrava piuttosto felice di rivedere il giovane signore, con cui si sentiva molto affine.
«Certo, e tu sai che percorso dovremmo intraprendere per arrivare indisturbati fino a Kalkmar?».
Il guardiano si allontanò, chiedendo al suo signore di seguirlo fino all'uscita della tana, che si affacciava su un burrone, alla cui estremità vi era il fiume che scorreva violento, separando l'alta collina dal confine del paese.
«Planeremo verso la Foresta Bianca, quella che vedete stagliarsi di fronte a voi. Una volta arrivati, seguiremo un sentiero che porta alla strada principale per il paese, a sud, e cammineremo fino al tramonto... »
«Fino al tramonto?» ripeté il ragazzo, «Ma io devo arrivare fin lì molto prima, a mezzogiorno almeno!»
«Mio signore, dovete mettere in conto il tempo che impiegheremo per arrivare fino alle mura di Kalkmar senza destare alcun sospetto: ci vorrà almeno un giorno per raggiungere la meta, considerando che questo è l'unico modo per non farci scoprire»
«Ma non vi è un'altra scorciatoia? Se staremo fuori tutto questo tempo i servitori potrebbero insospettirsi!»
«Mi dispiace, non vi è altro modo».
Tharanir si fermò a riflettere, tentando di fare appello alle sue conoscenze geografiche per cercare una soluzione.
«E se planassimo fino alla strada principale, evitando di passare in mezzo alla foresta? Potremmo ingannare la gente dicendo di essere dei domatori di draghi o qualcosa del genere; ho sentito dire che ve ne sono molti che popolano i confini»
Le labbra di fendir si incresparono in un'espressione poco convinta.
«Sì, potrebbe funzionare, in fondo la gente non conosce la vostra identità. L'unico problema sarebbe che qualcuno noterà sicuramente il volo di un drago attorno alla Torre di Loran»
«In tal caso potremmo partire ad un'orario più sicuro, magari all'alba, quando la nebbia e la foschia sono ancora troppo fitte. Così facendo riusciremo ad arrivare in città per mezzogiorno».
Fino a quel momento Fendir aveva cercato di contenere la propria curiosità, ma il suo desiderio di capire cosa il vecchio amico avesse davvero in testa lo tormentava; un tempo il ragazzo non gli nascondeva nulla e vederlo così distante gli faceva un certo effetto. Certo, era pienamente consapevole che quel bambino, con cui passava ore e ore a giocare, fosse adesso il suo signore. Tuttavia era convinto che che quel suo strano sottomettersi ai suoi insulti – gli insulti di un misero servo – fosse un segno che lo considerasse ancora suo pari e amico. Forse, pensò il guardiano, non tutto era perduto.
«So che non vi fidate più di me», affermò il guardiano all'improvviso, «so anche che non mi considerate più vostro amico, ma in quanto vostro futuro compagno di viaggio, vorrei almeno sapere perché esigete così tanto arrivare entro mezzogiorno, se avete detto di voler solo passare un po' di tempo fuori dal castello».
Tharanir abbassò lo sguardo, incerto se rivelargli o meno la verità.
Avrebbe potuto ancora fidarsi di lui?
Gli aveva voltato le spalle e aveva smesso di parlargli dopo il rito di passaggio, senza un evidente motivo. Era l'unico amico che avesse, l'unico di cui si fidasse ciecamente. Come avrebbe potuto aprire nuovamente il suo cuore a qualcuno che non riconosceva più?
Il giovane mezzo drow si maledisse per il suo essere così chiuso con lui e iniziò a pensare che in fondo doveva valerne la pena: dopotutto anche lui voleva capire le ragioni che lo avevano portato a smettere di essergli amico.
«Vedi, Fendir, è da anni che osservo gli abitanti di Kalkmar dall'alto delle mie stanze... »
«lo so» lo interruppe l'altro, con un tono più sereno, «me ne ricordo».
«Ebbene vi è qualcosa che non puoi sapere, poiché sei stato assente in questi anni: ho scoperto dell'esistenza di riti a cui la gente comune prende parte ogni anno, in onore di un dio che adorano come noi adoriamo l'oscura danzatrice. Voglio vedere di cosa trattano questi riti, voglio vedere di quali credenze vive Kalkmar».
Il guardiano non sembrò entusiasta riguardo l'eretico desiderio dell'amico ritrovato, ma in fondo non poteva più opporsi alle sue volontà.
«E' giusto che voi sappiate di più circa il vostro futuro popolo, ma non credete che mescolarsi con essi, in una festa dedicata a un altro dio, sia pericoloso?»
«Ritengo sia più pericoloso non conoscere un futuro ostacolo».
Fendir rimase a fissarlo immobile, sbalordito dall'incredibile coraggio del giovane.
«Non avete paura che l'Oscuro Signore vi scopra? Insomma, troverete altre occasioni per uscire dalla Torre di Loran, una volta diventato adulto»
«Sì, ne ho molta, ma voglio vivere un ultimo attimo di libertà prima del rito di passaggio».
Il guardiano non ebbe altro da dire; era d'accordo, in fondo era comprensibile commettere le ultime sciocchezze infantili prima di dire addio alla propria gioventù. Tra l'altro, avendo affrontato il rito prima di lui, si convinse che in fondo non dovesse essere un male: Tharanir non aveva idea di quello che lo aspettava.
«Allora sapete che vi dico?» Tharanir ed Elettra si fermarono ad osservare curiosi il guardiano, mentre prendeva tra le mani l'imbracatura per cavalcare da un angolo della parete rocciosa della grotta, «partiremo stasera stessa».
- 𝕰𝖓𝖉 𝖔𝖋 𝖙𝖍𝖊 𝖈𝖍𝖆𝖕𝖙𝖊𝖗 -
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