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53. La polizia postale ✓

Scarpini, calzettoni, parastinchi, maglietta, pantaloncini.
C'è tutto.
Tutto per il mio addio al calcio.

Tiziano, seduto sul letto, il letto su cui aveva trascorso la notte con Claudio, si sforzò di sorridere. Come se sorridendo potesse levarsi di dosso la tristezza che lo stava consumando.

Aveva deciso: avrebbe giocato. Anche se Simone non aveva espresso il desiderio. Anche se avrebbe fatto l'ennesima figuraccia. Avrebbe giocato. Voleva provare per l'ultima volta quella sensazione.

Indosserò per l'ultima volta questa divisa che sembra il tarocco di quella del West Ham.

Guardò la maglietta. Sua madre l'aveva aiutato a rammendare la manica strappata, lo strappo che si era formato quando era caduto in bici, investendo la fattucchiera. Aveva fatto un buon lavoro, quasi non si notava.

Affonderò per l'ultima volta i tacchetti su un prato.

Tiziano si rese conto di avere un groppo in gola. Lo ricacciò giù.

Si lanciò il borsone in spalla e uscì dalla stanza. Claudio stava rientrando proprio in quel momento. Quando i loro sguardi si incontrarono Tiziano notò che quello di Claudio era turbato, quasi angosciato. «Tu vorresti giocare, ma... non so come dirtelo...»

«Se ti stai riferendo al desiderio di Simone: so che ha chiesto di tornare etero.»

Claudio sembrò stupito.

«Non ci voleva un genio per capire che è di nuovo innamorato perso di Karen»  aggiunse Tiziano.

Claudio tirò un calcio a una delle colonnine del porticato. Il legno fece crack, ma la colonnina fortunatamente rimase integra. «Non ci posso credere, cazzo! Dopo che ci è stato male per due anni... Non... Io... Pensavo fosse meglio di così.»

«Non biasimarlo» disse apaticamente Tiziano. «Forse essere gay lo faceva stare talmente male che...» Sospirò. «Io non posso biasimarlo del tutto. Non possiamo sapere che effetto ha avuto veramente quel...»

«La vuoi finire di fare il santerellino puro di cuore, cazzo?!» gridò Claudio. «E poi parli dell'essere gay come se fosse una specie di disgrazia!»

«Non dire cazzate! Vuoi capire o no che c'è una differenza tra l'esserlo sempre stato e diventarlo all'improvviso da un giorno all'altro? Immagina se...» Tiziano abbassò la voce. «Immagina se oggi all'improvviso diventassi etero... come ti sentiresti?»

Claudio fece spallucce. «Boh', non credo che mi farei troppi problemi...»

Tiziano si irritò leggermente, a quella risposta. E io non conto niente? pensò. «E comunque,» continuò cercando di soprassedere, «non sono un santerellino. Vuoi sapere perché voglio giocare oggi?»

«Perché sei scemo?»

Tiziano ignorò l'insulto. «Una delle ragioni è che voglio provare per l'ultima volta la sensazione di correre su un campo da calcio. Ma c'è un'altra ragione... e cioè... che un po' ci godo, all'idea che starà male, vedendomi schiappa. Perché ci starà male, è ovvio. Come ci è sempre stato male. E magari si pentirà pure del desiderio espresso. Ti sembro ancora un santerellino?»

L'espressione sul viso di Claudio si fece triste. Poi accennò un sorriso. «Mi aspetti per favore? Ci metto un attimo a prendere il mio borsone. Facciamo la strada insieme» disse.

Tiziano non rispose, ma si sentì stringere il cuore, a quella richiesta. Rimase in piedi fuori dalla porta ad aspettarlo.

«Non hai paura di farti vedere insieme al frocio?» gli chiese quando tornò fuori col suo borsone da calcio. Si morse la lingua. Anche quello era un colpo basso. Era stato Tiziano a fare di tutto per salvare la reputazione di Claudio, e ora glielo stava facendo pesare.

Claudio lanciò un'occhiata in giro. «Insieme a me stesso, dici?»

Tiziano sorrise.

Camminarono in silenzio per qualche minuto.

Fu Claudio a parlare di nuovo, mentre erano già nei paraggi del campo sportivo. «A me stanno sul cazzo, i cavalieri in armatura scintillante. Te avviso.»

«Anche a me» ribatté Tiziano, aprendo il cancello del campo.

Claudio scosse la testa. «E allora perché ci hai sempre l'istinto di salvare tutti? Prima Simone... oggi me...»

Tiziano fece spallucce. «Se non mi costa niente farlo...»

«Stamattina, quando Teresa mi ha baciato... per qualche secondo ho pensato: wow, so' talmente figo che l'ho fatta diventà etero!»

Tiziano rise.

«Sei troppo bono, Tizia'. Devi stà attento, ché poi te se inculano.» Claudio rifletté qualche istante. «Disse quello che stanotte è stato inculato.»

Tiziano rise di nuovo.

Claudio scosse la testa sorridendo. Affrettò leggermente il passo e infilò l'ingresso degli spogliatoi. Tiziano rimase fermo. Guardò Claudio sparire nel buio del tunnel.

Dimmi di nuovo la prossima volta, come ieri sera, pensò Tiziano.

Dimmi che ci sarà davvero, una prossima volta.

Con il cuore che gli batteva forte si decise a entrare anche lui.

Percorse il corridoio d'ingresso e fece un cenno di saluto generico con la testa ai compagni, quando entrò nello spogliatoio.

Poggiò il borsone sulla panchina e lo aprì, per tirare fuori la divisa e cambiarsi.

Intorno a lui, silenzio.

Un silenzio strano.

Tiziano alzò lo sguardo.

I ragazzi lo stavano guardando. Tutti.

Alcuni avevano in mano il cellulare. Erano seri, quasi preoccupati. Altri avevano uno strano sorrisetto sul viso.

Cosa succede?

Guardò Claudio. Aveva appena appoggiato il suo borsone e stava tirando fuori il telefono dalla tasca dei jeans.

Tiziano cercò uno sguardo amico, e trovò quello di Andrea: stava fissando Tiziano e suotendo debolmente la testa, come incredulo.

No.

Risate. Da fuori. I beta. Stavano arrivando anche loro.

No. No. No.

Claudio stava guardando il telefono, adesso. Tiziano vide il suo viso deformarsi in un'espressione turbata.

«Che è 'sta roba?» bisbigliò Gennaro. Fu il primo a parlare. Guardò Tiziano come se avesse appena scoperto che aveva la peste bubbonica.

«E la cosa più divertente,» disse Stefano entrando in stanza, «che nel video non si vede, è che c'era un goldone usato per terra! Sto coglione s'è fatto pure sverginare!» Tirò una pacca sulla schiena di Tiziano. Poi ritrasse la mano, come avesse appena toccato del metallo incandescente: «Oddio che schifo!»

«Stai attento che è contagioso!» disse Federico. I beta risero. Qualche altro compagno di squadra rise. La maggior parte di loro, però, guardava Tiziano con un'espressione che sembrava quasi... delusa?

Andrea, accanto a Tiziano, aveva di nuovo abbassato lo sguardo sullo schermo del suo telefono.

Tiziano glielo prese di mano, per avere conferma di quel che già sapeva. Gli bastò vedere un fotogramma per riconoscere il video.

Era stato condiviso da Federico sul gruppo Whatsapp della squadra e aveva una didascalia: Fiorellino si fa spompinare da un capo scout.

A quanto aveva detto Simone, Claudio aveva cancellato il video dal telefono di Stefano. Ma evidentemente non aveva pensato che Stefano potesse averlo già condiviso con gli altri due beta.

«Ma allora sei gay veramente?» gli chiese Andrea. Non sembrava sconvolto o preoccupato dalla cosa, sembrava semplicemente sorpreso.

«Ma era davvero un uomo?» chiese qualcuno.

«Ma sì che era un uomo! Sono piedi da uomo, quelli.»

«Hai capito Fiorellino...»

«Ma secondo me potrebbe anche essere una donna, dai... Le ragazze che giocano a calcio secondo me ce l'hanno i piedi un po' da uomo.»

«Ma che stai a dì? È 'n omo.»

«Io ho avuto la sfortuna di vederlo dal vivo» disse Stefano. «Era un uomo.»

«E scommetto che ti stavi tirando una sega, fuori dalla finestra, mentre guardavi.» Tiziano si sorprese di se stesso e della nonchalance con cui aveva fatto quella battuta.

Si sorprese, perché dentro si sentiva morire dalla vergogna.

Alcuni compagni risero alla sua battuta. Rise anche Andrea, accanto a lui.

«Ma che schifo! No!» protestò Stefano. Poi si guardò in giro, terrorizzato all'idea che qualcuno pensasse che era gay anche lui. «C'ero capitato per caso! Volevo vedere se Claudio aveva trombato con Teresa! Volevo sapere se avevamo vinto la scommessa!»

«A proposito, ma Claudio dov'era?» chiese Michele.

«Non è che era Claudio quello?» disse qualcun altro.

«No, stanotte Claudio ha veramente...» ma Paolo non riuscì a finire la frase, perché Gianluca entrò nello spogliatoio urlando.

«Ma sei completamente rincoglionito?!» stava indicando il proprio telefono. Poi si avvicinò a Federico e gli diede una piccola spinta con la mano. «Sto parlando con te, coglione idiota.»

«Che cazzo ti piglia?» gli disse Federico.

«Vuoi farci denunciare tutti per detenzione di materiale pornografico ottenuto illegalmente?» Si guardò intorno. «Oh, ma siete scemi o cosa? State ancora guardando quel video di merda? Il reato di coercizione pornografica aggravata comporta reclusione dai tre ai sei anni! Cancellatela immediatamente. Io per sicurezza mi sono pure disiscritto dal gruppo.»

«Coercizione pornografica? Ma che sta a dì?» commentò qualcuno.

«Ti sei dimenticato che mio padre fa il poliziotto? Io le conosco bene le leggi! È un reato gravissimo!»

«Cazzo! Ci ha ragione!» esclamò Andrea. «Ridammelo subito!» disse a Tiziano prendendogli il telefono di mano. Poi si mise ad armeggiare freneticamente con il dito. «Cazzo, come si fa a cancellarlo? Me l'ha scaricato da qualche parte in memoria? Ha una cache 'sto telefono?»

«Oh, ma siete impazziti?» disse Federico guardando lo schermo del proprio telefono. «Perché vi state disiscrivendo tutti dal gruppo?»

Nella stanza volavano bestemmie e imprecazioni. Stavano tutti cancellando il video. Tutti! Tiziano non riusciva a crederci. Era troppo bello per essere vero. Gianluca probabilmente stava esagerando, con quella storia del reato di coercizione pornografica (esisteva qualcosa di simile?), ma le sue paranoie avevano avuto effetto istantaneo su tutti.

«Paolo? Ste'? Pure voi?» disse Federico. «Ma è palese che se sta a inventà 'na cazzata!»

«Io di Gianluca mi fido» disse Michele.

«Cazzo, io per sicurezza formatto il telefono» rincarò la dose Marco.

Tiziano guardò Gianluca con riconoscenza.

Grazie a lui, la diffusione di quel video si sarebbe fermata lì.

«E tu che l'hai postato sul gruppo sei messo pure peggio» disse Gianluca, parlando sempre con Federico. «La condivisione è un reato più grave della semplice detenzione.»

Tiziano glielo lesse in faccia: Federico stava cominciando a crederci. «Ma io...» tentennò. «Eddaje, non si capiva quasi niente dal video, era sotto la coperta! Non era pornografia.»

«Vuoi rischiare?» lo provocò Gianluca. «Lo sai che alla postale hanno un'unità dedicata solo a 'sta roba? Mio padre è poliziotto, le so, 'ste cose.»

«Cazzo!» imprecò Federico, digitando qualcosa sul suo telefono, che quasi gli scivolò di mano per la concitazione.

Tiziano guardò Claudio, per vedere come stava reagendo al trambusto.

Sorrideva.

Gianluca scosse la testa, lanciò un'occhiata enigmatica a Tiziano e si sfilò la maglietta dalla testa.

«Mica glielo dici? A tuo padre?» gli chiese Federico terrorizzato.

«Ma sei scemo? No, che non glielo dico.»

«Ao', Gianlu', che stai a fà?» si intromise Stefano.

Gianluca, che si stava sfilando i pantaloni, rimase fermo con l'elastico a metà coscia.

«Che sto a fà?» chiese Gianluca.

«Andrea, pure tu?» disse Stefano.

Andrea lo guardò perplesso, stringendo in mano la maglietta che si era appena tolto.

Stefano indicò Tiziano con una mano.

«Prima di cambiarci dobbiamo risolvere questo problema, non pensate?»

Tiziano guardò gli altri ragazzi. Non se ne era reso conto ma erano ancora tutti vestiti. Tranne Andrea e Gianluca.

E Claudio che si era, anche lui, appena tolto la maglietta.

Stefano si guardò intorno. «Io non mi cambio davanti a lui. Alzi la mano chi è d'accordo con me.»

Inizialmente alzarono la mano solo Paolo e Federico. Poi, timidamente, anche Gennaro e Michele. Pian piano si sollevò una selva di mani, chi con maggiore chi con minore convinzione, e alla fine tutti, in stanza avevano una mano sollevata in aria. Tutti tranne Gianluca, Andrea e, ovviamente, Tiziano.

E Claudio.

Tiziano deglutì a fatica.

Bene. È arrivato. Il momento che ho sempre temuto.

«Ho capito. Vado a cambiarmi di là.» disse.

Raccolse il borsone, ma un richiamo alle sue spalle lo fermò.

«Rimani qua.»

Per qualche istante Tiziano sperò che fosse stato Claudio, a parlare. Ma non era stato lui.

Era stato Gianluca.

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