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49. Mi basta davvero così poco? ✓

Claudio lo prese per i polsi. «Ok, calmati. Sei sicuro al cento per cento che eri frocio anche prima di due anni fa?»

«Ma sì, sì! Ero innamorato del mio compagno di banco, alle elementari! E... e poi...» improvvisamente gli tornava in mente tutto. «Mi ricordo una volta che mi sono fatto una pippa con una foto di Brad Pitt che mia madre aveva appeso nel ripostiglio.»

«Tua madre aveva...»

«Sì, lascia perdere. Comunque sì. Sono sicuro. Non sono mai stato così sicuro. Ieri quando Simone mi ha detto di aver desiderato che diventassi gay, lì per lì mi ha confuso le idee... sai, la coincidenza di aver mollato Beatrice due giorni dopo il desiderio... e poi li ho avuti anch'io i miei dubbi di eterosessualità. Era per quello che mi ero messo con Beatrice, avevo pensato: magari è una fase, magari se mi metto con questa bella ragazza divento etero. Capisci? Avevo pensato divento etero. Perché ero gay!»

Claudio annuì. «Be', se te devo dì la verità, mo' che ce ripenso, uno dei motivi per cui non ho mai creduto alla cazzata dei tre desideri è che anch'io l'ho sempre pensato, che fossi gay. Cioè... non è che fossi sicuro, ma ci avevo il dubbio... Insomma, sai... tra simili ci si riconosce no? No, non dovrei fare questo discorso a te che sei evidentemente ignaro dell'universo che ti circonda. Comunque, hai capito.»

«Dobbiamo dirlo a Simone... forse può... può...» Tiziano non voleva crederci. Simone poteva rimediare al suo torto?

«Aspe', aspetta un attimo, nun te fà i firm in anticipo. Perché, pensace: anche se 'sta cosa è vera, non è detto che sia andata come dici tu, col desiderio. Ragiona: deve esse successo qualcosa, dopo che Simone l'ha espresso. Deve avè funzionato in quarche modo. Magari non come pensi tu.»

«No, invece» Tiziano si sentiva sicuro. Si mise a camminare freneticamente su e giù nello stretto corridoio tra il letto e la parete. «Ragiona: ha desiderato una cosa che già era! È come se io desiderassi, che ne so, voglio che Claudio diventi bello come un dio norreno, tu sei già bello come un dio norreno. Fai finta che non ti abbia appena fatto il complimento più imbarazzante della storia. Ecco, diciamo, voglio che Claudio diventi biondo. Tu sei già biondo, ok? Perché non ho detto subito biondo?»

Claudio sfoggiava un sorriso a trentadue denti, ma glissò sul complimento. «Magari succedeva che diventavo ancora più biondo» disse. «Tipo albino.»

Tiziano scosse la testa. «No, no... è o non è, giusto?» Ma non era più tanto convinto, un dubbio cominciava a insinuarsi nella sua testa. Il dubbio che fosse solo una speranza vana. Ma proseguì il ragionamento: «Tipo, ecco, voglio che Claudio diventi maschio! Oppure, voglio che Karen diventi femmina. Lo sei già! Io ero già gay, il desiderio non è stato esaudito, perché il desiderio non aveva senso. Ne ha ancora uno! E...» Tiziano si portò l'indice alla fronte, illuminato da un ricordo improvviso: «Ed è per questo che il cellulare incantato è ancora sigillato e indistruttibile. L'ho lanciato contro il muro, l'altro giorno, ed è rimasto intatto. C'è ancora della magia, dentro. Forse percepisce la vicinanza di Simone... se io dico la mia formula ovviamente non succede niente, ma forse se ci prova lui...»

Claudio incrociò le braccia e contrasse le mandibole. «Non saprei... non sono convinto. Come ha fatto Simone a non accorgersi di avere un altro desiderio? Possibile che non ci abbia mai provato? Col suo orologio, dico.»

«Ma non ti ricordi? Ha detto che sua madre aveva buttato via l'orologio magico perché pensava fosse rotto! Non ha mai potuto provarci!»

Claudio strinse le labbra e annuì. «Ma come fai a sapere che dire una cosa non valida non annulli comunque il desiderio? Cioè... non è che... il genio, come vuoi chiamarlo, interpreta qualsiasi frase come desiderio?»

Tiziano scosse la testa con decisione. «No. Di questo sono sicuro al cento per cento. Quando dici frasi senza senso la luce sullo schermo si spegne e puoi ricominciare da capo. Puoi dirne un'infinità, di frasi senza senso, io l'ho fatto, all'inizio, quando ancora non ci credevo. Parola magica, luce che si accende, frase senza senso, luce che si spegne. Parola magica, luce che si accende, eccetera. La cosa interessante è che quando esprimi il desiderio succede esattamente la stessa cosa: parola magica, luce che si accende, desiderio, luce che si spegne. Solo che poi, dopo il desiderio, quando pronunci di nuovo la parola magica, cambia il colore della luce. E dopo l'ultimo desiderio il cellulare semplicemente non si accende più. Ma questo Simone non lo sa, perché per sua stessa ammissione non ha mai più potuto provarci, col suo orologio. Quindi hai capito? Secondo me ci sono buone probabilità che il genio abbia interpretato quel desiderio di Simone come una frase senza senso.»

Il viso di Claudio di distese. «Quindi... secondo la tua teoria... lui potrebbe...»

«Potrebbe esprimere il desiderio e...» Tiziano esitò. Non aveva il coraggio di rivelare la sua speranza ad alta voce.

Tiziano vide l'espressione di Claudio cambiare. Sorrise. Un sorriso felice, speranzoso. «...restituirti il talento!» Fu lui a terminare la frase.

«Oppure potrebbe chiedere al genio di tornare etero...» riflettè Tiziano, senza riuscire a trattenere la tristezza nella voce.

«Lo convinco io a fà la cosa giusta, a costo de convincerlo a pizze 'n faccia» disse Claudio battendosi un pugno sul palmo.

«No» disse Tiziano. Fece un sospiro. «Non funziona così.»

Claudio strinse entrambi i pugni e chiuse gli occhi, come se stesse trattenendo un attacco di rabbia. «Quanto me stai sui coglioni quanno fai er santerellino moralista puro di cuore.»

«Non sto facendo il santerellino puro di cuore!» sbottò Tiziano. «Sto dicendo che se lui vuole tornare etero... non c'è pizza in faccia che possa convincerlo, perché il desiderio è suo. È lui che lo esprime. Non capisci?» Sospirò. «Anzi, se insisti magari ottieni solo di indispettirlo e fargli fare il contrario.»

Claudio incrociò le braccia davanti al petto.

«E comunque» continuò Tiziano, «nonostante tutta la merda che mi ha fatto, continuo a sentirmi in colpa di averlo fatto diventare gay.»

«Adesso sì che stai facendo il santerellino puro di cuor» disse Claudio. Ma non sembrava più arrabbiato.

Tiziano fece una smorfia. «Se bastasse il senso di colpa, per essere puri di cuore, Simone vincerebbe il campionato...»

Claudio accennò un sorriso.

«E quindi che voi fà? Je porti er cellulare maggico e provate a vede se funge?»

«Dio... non so se riesco a guardarlo in faccia. Glielo puoi portare tu?»

Tiziano vide il volto di Claudio rabbuiarsi. «Riuscirai mai a perdonarlo?»  Sembrò quasi essersi pentito di ciò che aveva appena detto. «Cioè» aggiunse «se lui esprimesse il desiderio giusto, e rimettesse a posto le cose, se davvero potesse farlo, se davvero lo facesse... riusciresti a perdonarlo?»

Sembrava davvero desideroso che le cose si mettessero a posto. Tiziano avvertì una stretta allo stomaco. Perché aveva ancora troppo rancore nei confronti di Simone, mentre, evidentemente, Claudio gli voleva ancora bene.

Ma cosa pretendo? Sono amici da una vita. È stato persino innamorato di lui...
Forse lo è ancora?

«E la risposta è no» disse Claudio, evidentemente notando l'espressione cupa di Tiziano.  «Ed era una risposta ovvia. Perché cazzo te l'ho chiesto?»

«Ci tieni molto, a lui» constatò Tiziano. Claudio non rispose.

«Non sopporti di vederlo stare male. È per questo che vorresti che lo perdonassi. Vero?»

Claudio continuò a rimanere in silenzio.

«Sei ancora innamorato di lui.» La conclusione del ragionamento uscì dalla bocca di Tiziano quasi in modo inconsapevole. Non era riuscito a trattenersi. L'aveva detto. L'aveva detto ad alta voce.

Si odiò per averlo detto. Si odiò per aver reso così evidente quello che provava. Si odiò perché si sentiva di nuovo volubile. Volubile e sciocco.

Mi basta davvero così poco?

Claudio storse la bocca in un sorrisetto. Il suo solito, tipico sorrisetto da stronzo. Il suo sorrisetto da bullo. Quel sorrisetto che Tiziano aveva imparato a disprezzare. Sentì l'aria mancargli nei polmoni.

«Sei geloso?» chiese Claudio.

«No!»

Claudio ebbe persino il coraggio di ridacchiare. «Sei geloso!» Era un'affermazione, adesso.

«E va bene, sì! Contento?» sbottò Tiziano. «Sbattimelo in faccia. Prendimi per il culo!»

Si voltò per non doverlo guardare negli occhi, per non dover guardare la sua espressione trionfante.

Perché mi aspettavo che fosse cambiato? È la seconda volta che faccio lo stesso errore.
È Claudio. Il solito stronzo bullo.

«Ok. Lo so. Sei stato sincero. Me l'hai detto che volevi solo scopare. È colpa mia che sono un sentimentale del cazzo.» Deglutì, ma aveva la bocca asciutta. «E adesso se non ti dispiace vado da Simone. Ci vado io. Glielo porto io, il cellulare. Anche se non ho nessuna voglia di vederlo.»

Tiziano si chinò accanto al letto per recuperare l'oggetto dal suo borsone.

«Tiziano...» sussurrò Claudio.

Ma Tiziano non aveva intenzione di guardarlo in faccia. Non l'avrebbe fatto.

«Non dire niente. Lo so che sono un volubile sfigato. Non serve che me lo dici.» Tiziano strinse il cellulare in mano.

«Non sei uno sfigato. Sei un coglione. E come ar solito nun capisci un cazzo» disse Claudio.

«Hai proprio ragione» disse Tiziano. «Non imparo mai.»

Così dicendo uscì dalla stanza, sbattendogli la porta in faccia.

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