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48. L'ultimo desiderio ✓

Pelle. Dita. Una mano.

Nelle sue mutande.

Tiziano aprì gli occhi.

Sopra di sé c'era un ragazzo biondo e spettinato, la barba sfatta di due giorni che lo guardava con un ghigno furbo.

«Mmm» mormorò Tiziano. Si stropicciò gli occhi.

«Non è colpa mia se te svegli sempre co'r cazzo a piramide. Dovevo fà quarcosa, no?»

Tiziano rise. «Mica mi sto lamentando.»

Risveglio con masturbazione. Tiziano avrebbe voluto fermare la sua vita in quel momento e ripeterlo all'infinito. Senza problemi, senza preoccupazioni.

I raggi del sole mattutino filtravano dalla finestra e illuminavano le particelle di polvere nell'aria, dando alla stanza un'atmosfera incantata. Claudio si morse un labbro e aumentò leggermente il ritmo. Tiziano chiuse gli occhi, godendosi la mano dell'altro che si muoveva su e giù.

Poi Claudio si fermò. All'improvviso.

Staccò la mano.

Tiziano riaprì gli occhi preoccupato. «Be'?»

«Se non te dispiace vojio fà 'na cosa che ho sempre sognato de fà, ma nun ho mai potuto fà pe' mancanza de materia prima.»

«E cioè?»

Claudio si leccò le labbra. Poi si immerse sotto il sacco a pelo che faceva da coperta.

«Oh!» esclamò Tiziano. «Tu... cioè... hai sempre sognato... ma che... davero?»

Claudio si fermò a metà strada e si tirò su con le braccia. Tiziano sollevò il sacco a pelo: lì sotto, l'imbottitura illuminava la scena di arancione.

«Ti stupisce?» disse Claudio sollevando un sopracciglio.

«Be'...» disse Tiziano in tono perplesso.

Claudio. Claudio il coattone maschio alfa. Claudio i cui insulti preferiti sono "frocio" e "checca".

Claudio con cui ho scopato appassionatamente giusto qualche ora fa.

«Be'...» ripeté, con un tono di voce più comprensivo.

«So' frocio,» disse Claudio, con l'aria di chi stava sottolineando l'ovvio, «me piace er cazzo. E mo' se nun te disturbo troppo...»

Tiziano rise. Si tirò su a sedere, si appoggiò con la schiena contro il muro per venirgli incontro. Poi sollevò di nuovo il sacco a pelo per guardarlo.

Claudio fece scendere i pantaloni e le mutande di Tiziano fino a metà coscia. Poi, inaspettatamente, chiuse gli occhi e gli strusciò il viso sul cazzo.

«Uh» disse Tiziano «la barba corta è un po' fastidiosa.»

«Ah, nh, già» disse Claudio in un sospiro. «Dici che la bocca è meglio?» Passò la bocca su tutta la lunghezza facendo scorrere contemporaneamente anche la lingua.

«Mmmh» mugolarono i due ragazzi contemporaneamente.

Claudio lo prese finalmente in bocca. Spinse con violenza, poi si staccò e si mise a tossire.

«Li mortacci...» tossì. Tiziano rise. Claudio si schiarì la voce. «Come cazzo fanno quelli che se lo infilano tutto fino in fondo?»

«Non ne ho idea. Magari prova più piano?» Tiziano si prese in mano l'erezione e spinse la punta contro la bocca di Claudio, che rimase fermo per qualche istante a guardarlo sottecchi. Poi tirò fuori la lingua e lo leccò, sempre guardandolo.

Non riuscì a trattenere una risata. Rise anche Tiziano, che gli mise una mano tra i capelli, come aveva fatto Claudio con lui la sera prima. Gli accarezzò la guancia col pollice. Claudio lo guardò per qualche istante con un'espressione nuova, che Tiziano non aveva mai visto sul suo viso, un'espressione che comunicava dolcezza.

Avrebbe voluto dirgli che era bello, ma si trattenne.

È pur sempre Claudio. È pur sempre uno stronzo. Se glielo dico poi mi prenderà per il culo in eterno.

Claudio chiuse gli occhi e cominciò a succhiare.

Si aiutava con la mano, si muoveva lentamente, ogni tanto si fermava a prendere fiato e ogni volta sollevava lo sguardo verso Tiziano, che lo ammirava estasiato da sotto la coperta sollevata. Tiziano non diceva niente, Claudio sembrava, ogni volta, soddisfatto di quello che vedeva sul suo viso e ricominciava. A un certo punto staccò la mano, la infilò nelle proprie mutande e cominciò a masturbarsi, mentre continuava a lavorare Tiziano solo con la bocca. Tiziano leggeva il godimento sul suo volto e il piacere di Claudio riverberava nel suo, aumentandolo. Fu Tiziano a venire per primo, stavolta. Gli venne in bocca, Claudio ingoiò ma un po' di sperma colò giù dal suo labbro, e quasi contemporaneamente venne sulle gambe di Tiziano.

«Mmm» disse Claudio pulendosi la bocca con il dorso della mano, poi strizzò gli occhi e tirò fuori la lingua. «Fa abbastanza schifo. E tu te ce sei pure fatto er calippo, ieri sera.»

Tiziano rise.

Quant'è grezzo.

«Non ti è piaciuto?» chiese Tiziano.

«A te sì?»

«Un po' amarognolo...»

«Un po' amarognolo? Tipo... la cicoria a confronto è 'na torta alla panna.»

Tiziano rise, lasciò cadere la coperta sulla testa di Claudio.

La finestra sul retro entrò nella sua visuale.

Gli sembrò di scorgere un movimento. Strinse gli occhi. Vide i rami di un albero poco distante muoversi al vento.

Che scaga. Per un attimo mi era sembrato ci fosse qualcuno.

Claudio emerse dalle coperte.

«In realtà a me piace, la cicoria» disse Tiziano. «Con la salsiccia.» Riflettè un istante. «Non volevo fare il doppio senso, giuro.»

Claudio si guardò in giro, identificò la confezione di Fresh and Clean sul pavimento e si allungò per raccoglierla.

«Sì, pure a me.» Tirò fuori un fazzoletto e pulì la coscia di Tiziano. «E pure er caffè non zuccherato.» Si grattò il mento. «Probabilmente è un gusto acquisito. 'N artro paio de pompe e divento 'n sommelier.»

Tiziano rise. «Un sommelier de sborra?»

«Un sommelier de sborra. Che lavoro stupendo.»

«Quanto sei grezzo...»

«Te faccio notà che io avevo detto solo "sommelier", sei tu che hai aggiunto "de sborra".»

Tiziano rise di nuovo. Com'era possibile che dicesse quelle cose? Claudio? Claudio il coattone maschio alfa? Claudio i cui insulti preferiti erano "frocio" e "checca"?

«Che ci hai mo'?»

Tiziano scosse la testa. «No, è... è che... non... mi sembra ancora assurdo pensare che sei gay, ecco.»

Claudio allargò le braccia e sollevò le spalle.

«Cioè... a dire il vero la cosa che mi sembra più assurda è che non sembri avere alcun problema a riguardo» precisò Tiziano.

«E perché dovrei avecce quarche problema a riguardo?» Claudio si mise a sedere sul letto ed emise un gemito di dolore. «Ah! Fanculo il tuo cazzo...» si massaggiò la schiena. Poi si voltò verso Tiziano. «Cos'è, dovrei passare le giornate chiuso nella mia cameretta a farmi le pippe guardando un poster di David Beckham con tormento» Claudio mimò una pippa con una mano e si portò il dorso dell'altra sugli occhi in una posa drammatica. «Ah, no! No!» disse in tono lacrimevole. «Oh David, cos'è questa sensazione che provo quando ti guardo? Perché non provo lo stesso quando guardo il sorriso di una ragazza? Che ne sarà della mia mascolinità, David?»

Tiziano rise per l'ennesima volta.

«Ovvio che non lo vado a dì in giro. Voglio passare indenne l'adolescenza e voglio esse rispettato... Però, boh, a parte quello no, non me ne frega un cazzo. Me piace er cazzo, m'è sempre piaciuto, non me n'è mai fregato un cazzo.»

«Sempre? Quando l'hai capito?» Tiziano si mise a sedere accanto a lui.

Claudio roteò gli occhi. «Cos'è, vuoi sapere la storia della mia vita? Che palle.»

«Va be', scusa. Hai ragione.»

Claudio si alzò in piedi e rimase piegato a novanta gradi per qualche secondo. «Li mortè. Ja 'a farò a camminà?»

Tiziano ridacchio.

«Ride, lo stronzo.» Ma fece una risatina anche Claudio. Drizzò la schiena e con passi incerti andò a prendere il suo cellulare che era appoggiato sul tavolo. Rimase qualche secondo a digitare qualcosa sullo schermo, dando le spalle a Tiziano.

Quando parlò di nuovo quello che disse sorprese Tiziano. «L'hai vista la foto, no?»

Tiziano capì subito a cosa si stava riferendo.

Si è accorto che ho curiosato nel suo telefono?

«La dovevi chiude, la galleria di immagini, prima de spenge lo schermo. Quanno l'ho sbloccato me so' trovato davanti l'ultima foto che avevi visto.»

Claudio e Simone da bambini, che si abbracciavano felici.

Tiziano non trovò le parole per rispondergli. Claudio continuava a dargli le le spalle, in piedi accanto al tavolo.

«Nun me so' arrabbiato» disse con voce tranquilla. «Avrei fatto la stessa cosa cor tuo telefono, se fossi riuscito a sbloccarlo. Comunque, mo' che l'hai vista... Se devo esse sincero pensavo che avessi capito, vedendola.» Fece una breve pausa. «Intendo dire... capito che razza de patetico tristone che so'.»

Il respiro di Tiziano si fece improvvisamente pesante, faticoso.

«Sai, quando ero piccolo... io e Simone... eravamo tipo convinti che avremmo passato tutta la nostra vita insieme» disse Claudio.

Ci fu una lunga pausa di silenzio, in cui il peso sul petto di Tiziano aumentò fino a farsi doloroso.

«Era tutto così facile, quando eravamo pischelli. Io non è che sapevo de esse gay o cosa... però sapevo che volevo stare con lui, e che avrei voluto stare sempre con lui, anche da grandi. Pensavo: compreremo una casa, e andremo a vivere insieme, io e lui, da soli, e la cosa più assurda sai qual è? Che lo pensava pure lui! Ne parlavamo sempre. Figurati, eravamo migliori amici, e sai che i maschi a quell'età le bambine le schifano, anche quelli che poi crescendo diventano etero. Simone pensava solo a giocare con me, a guardare insieme Dragonball e Naruto e le partite della Roma, a quando esce il prossimo GTA, o la prossima versione di PES e quanti gol mi avrebbe fatto con la nuova combinazione segreta che aveva imparato e pensava di conoscere solo lui, il cretino... Avevamo persino fatto un progetto della casa.»

Claudio ridacchio e si passò il dorso della mano sulla fronte. «Ce l'ho ancora, infilato in qualche libro. C'era la piscina, e una stanza videogame con tutte le console esistenti al mondo e tutti i videogiochi di calcio e sparatutto, e poi il parcheggio per le nostre macchine, lui voleva una Ferrari, io una Bentley o una Lamborghini, perché la Ferrari per me era troppo plebea. E un campo da calcetto sul retro e due cucce per due cani che io volevo chiamare Stica e Meco, ma Simone non era d'accordo, voleva chiamarli tipo Bubu, Fido, nomi stupidi da cane.» Rise ancora, ma era la risata più triste del mondo. «Che bambino palloso. Vuoi mettere Stica e Meco?»

Tiziano sentì la commozione inumidirgli gli occhi. L'idea del piccolo Claudio perdutamente innamorato del suo migliore amico gli straziava il cuore.

«E poi è arrivata la pubertà, e so' arrivate le ragazze, e io, cojone, pensavo, che se ne famo delle ragazze? Ce semo noi, ce bastamo e avanzamo da soli.»

Claudio scrollò le spalle. Guardava fuori dalla finestra, adesso.

«E so' stato pure tanto coglione da dirglielo, una sera che ci eravamo ubriacati, l'unica volta in vita mia che me so' 'mbriacato. Il giorno dopo me lo ricordo come il giorno più umiliante e deprimente della mia vita, con lui che mi spiega tutto imbarazzato perché no, io che cerco di negare, ma è talmente evidente, e mi metto a piangere come il patetico coglione che sono.»

Claudo sbatté un pugno sul tavolo, per sottolineare quella frase. «Ma dai Cla', te prego, restiamo amici, te vojo bene, nun te vojo perde come amico. E cosa deve fare un patetico coglione senza speranze se non accettare e rimanergli attaccato al culo sperando che magari, forse, un giorno, forse cambia idea, forse a forza di starmi vicino, così, all'infinito. E poi... poi vederlo che si autodistrugge per la sua stessa idiozia, stare male, cercare di aiutarlo, ma sempre col retropensiero che forse si accorge di me, forse l'amicizia si trasforma magicamente in qualcos'altro, e farmi schifo perché, penso, lo aiuto solo perché ho un secondo fine, lo aiuto solo perché quando è ubriaco marcio sono gli unici momenti in cui dipende totalmente da me. Non sono disinteressato e mi faccio schifo. E l'unica cosa che mi rimaneva, quando ero depresso e scoglionato, e lui era lì ubriaco, o sobrio ma avvolto nella sua bolla di egocentrismo, l'unica cosa che mi rimaneva era guardare quella foto, di quell'estate a dodici anni, quando ancora pensavamo tutti e due che avremmo passato tutta la vita insieme, poco prima che tutto finisse nel cesso per colpa della merdosissima pubertà.»

Tiziano inspirò lentamente per trattenere le emozioni. Commozione, ma anche qualcosa di diverso.

Mi fa star male. E mi dà fastidio. Perché? Sono geloso? 
Sono davvero così volubile? Mi basta così poco per...

Ma non era poco. Aveva conosciuto un ragazzo diverso, durante quella settimana. E quello che era successo la sera prima? Quello che aveva provato? L'aveva provato anche Claudio?

Claudio sospirò. E si voltò, finalmente. Guardò Tiziano negli occhi.

«Poi però uno se rompe pure er cazzo. E me so' detto: basta. Perché a me, la verità, è che i tipi come lui nun me piacciono. Lui è un codardo, un passivo, un rosicone, non prende mai una decisione, si fa trascinare ed è buono solo a lamentarsi e a commiserarsi. L'altro giorno, quando tu mi hai spinto dentro l'armadietto, ci ho avuto 'na specie de illuminazione. Ecco, me so' detto, questo è un tipo con le palle. Come ho fatto a non accorgermene? È uno stronzo rompicoglioni e me sta sur cazzo come pochi, ma ci ha le palle de venì ogni giorno ad allenamento nonostante tutti lo prendiamo per il culo, e ci ha le palle di rispondere alle prese per il culo, e di provare a spingermi dentro l'armadietto nonostante sia grosso il doppio di lui. E ieri sera ho avuto la conferma, cazzo! E non sto parlando della scopata, dico prima, quando hai detto cotica a Simone. Dio che momento! Come gli hai sbattuto in faccia la merda che è. Con che orgoglio gliel'hai sbattuto in faccia!»

Gli occhi di Claudio erano accesi, sembrava quasi febbricitante. Sul suo viso c'era di nuovo quell'espressione. Quel grumo di emozioni che Tiziano aveva visto il giorno prima, dopo il confronto con Simone. Quelle emozioni che il giorno prima non era riuscito a identificare e ora aveva paura di identificare. Paura che fosse troppo bello per essere vero.

Sentì lo stomaco contrarsi.

Claudio fece un sospiro e scrollò la testa, come per liberarsi dalla pesantezza del discorso che aveva appena fatto.

Fece qualche passo in avanti, con aria pensosa. «E tu? Ci hai pure tu qualche tragica storia d'amore infantile?» Disse con un sorriso sarcastico. Poi si batté la fronte. «Ah no, m'ero dimenticato che tu da piccolo eri etero.»

Tiziano sorrise. Sentì il bisogno di fare una battuta, per stemperare. «In verità ero innamorato di Mark Lenders.»

Ma pronunciare quella frase fece scattare qualcosa nel suo cervello. Una catena di ricordi. Di sensazioni. Di confusione.

La confusione nel non capire cos'è che tutti trovavano eccitante nel corpo femminile.

La confusione dei sogni coi suoi compagni di squadra.

La confusione del cuore in gola ogni volta che il suo compagno di banco gli sorrideva. In quinta elementare.

In quinta elementare.

E le maniche arrotolate di Mark Lenders. E come si era emozionato quando Karen gli aveva regalato il disegno.
Era così figo Mark Lenders.

In quinta elementare.

Tiziano si alzò in piedi, di scatto, prese Claudio per le spalle, lo scosse.

«Mark Lenders!» esclamò.

Claudio si lasciò scuotere, con aria perplessa. «Be', sì, era fico, Mark Lenders.»

Tiziano scosse la testa. «No, ma non capisci? Io... io... sono sempre stato gay!»

L'espressione sul viso di Claudio si fece seria.

«Stai a dì...»

«Il desiderio! Il desiderio di Simone! Io non sono diventato gay per colpa sua! Simone ha ancora il suo ultimo desiderio!»

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