27. Pisciarsi addosso ✓
Il cuore prese a battergli all'impazzata, in un misto di disagio, imbarazzo, senso di colpa e pura, semplice infatuazione. Era la prima volta in vita sua che Simone lo chiamava.
Si schiarì la voce.
Come rispondo? Pronto?
No, pronto è da nonna col telefono a rotella.
Ehi, ciao!
Daje, come butta?
Sta squillando da trenta secondi, devo muovermi!
«Sì?» disse.
Banale.
«Oh, ce ne hai messo... ma non lo leggi mai Whatsapp?» La voce di Simone era seccatissima.
«No, scusa, il mio telefono è rotto. Sto usando un vecchio...»
Simone non lo lasciò finire. «Senti, devo fare veloce, mi sono allontanato un attimo dal gruppo con la scusa che dovevo pisciare.»
Anch'io devo pisciare! pensò Tiziano, di nuovo improvvisamente consapevole del pizzicore in mezzo alle gambe. Mentre Simone gli parlava, si ricordò che doveva anche lavarsi i denti. Recuperò dal beautycase spazzolino e dentifricio, li infilò nella tasca posteriore dei pantaloni e uscì dalla stanza per andare ai bagni.
«Ieri sera non hai detto niente a Claudio, vero? Sugli alcolici in cucina» gli chiese Simone.
«No... cioè, si è accorto che ero ubriaco.»
«Eccerto che se n'è accorto!» Tiziano dovette allontanare il telefono dall'orecchio per non farsi assordare dalla voce alterata di Simone. «Perché cazzo sei uscito dalla stanza?!»
«Scusa, io...»
«Ti avevo detto di metterti a dormire! Che cazzo t'è saltato in mente?»
«Non...» Tiziano si sentì mortificato. «Scusa.»
Tiziano udì Simone sospirare. «Ok, ok, ormai è fatta. Comunque, per tua fortuna la palla dell'influenza intestinale ha funzionato, gli altri sono tutti in paranoia che gli prende il cagotto da un momento all'altro.» Simone ridacchiò e Tiziano annuì senza rispondere, ancora a disagio per l'umore nero dell'altro ragazzo.
«Stammi a sentire e prendi appunti» proseguì Simone. «Ho detto a Claudio che sono riuscito a comprare una bottiglia di tequila al supermercato del paese, che mi hanno preso per maggiorenne e non mi hanno chiesto il documento.»
«Ma lui non sapeva che hai bevuto anche tu. Cioè, io non gli ho detto niente.»
E se invece l'avessi fatto? E non me lo ricordassi?
E comunque Claudio lo sospettava...
«Devi avergli detto qualcosa perché l'ha capito. Ma non importa, mi sono preso tutta la colpa. Ok?»
Tiziano si dovette fermare, sopraffatto dalla bontà di Simone. «Non dovevi...» disse in un soffio.
Lui è così perfetto. Così puro. Pensa sempre agli altri.
E io, invece, sono così egoista.
«Non importa, dico davvero» ribadì Simone. «Comunque, gli ho detto che l'avevo comprata per berla insieme a Karen, poi tu mi hai sgamato con la bottiglia in mano e mi hai convinto che non era una buona idea e abbiamo finito per farci un paio di shottini insieme. E io non avevo idea che tu reggessi così male l'alcol. Poi la bottiglia l'ho svuotata e buttata perché non volevo che la trovasse Valerio. Hai capito tutto?»
«Sì» disse Tiziano.
«Ripeti.»
Tiziano ricapitolò tutti i punti della storia.
«Ok, perfetto. Mi raccomando, il punto fondamentale è che la bottiglia l'ho comprata. Ok? Claudio non deve sapere per nessun motivo degli alcolici in cucina. Non deve saperlo!»
«Va bene» disse Tiziano. Si stupì di quanto si preoccupasse Simone.
«È capace di raccontarti una marea di cazzate, per tirarti fuori informazioni su quegli alcolici. Tu non credergli e rimani fedele a questa storia. E se ti chiede particolari aggiuntivi digli che non ti ricordi. Tanto è credibile, eri ubriaco.»
«Una marea di cazzate, tipo?»
«Lascia perdere...» disse Simone in un tono sconsolato.
Tiziano ricordò lo scambio di battute che già l'aveva insospettito quella mattina: Quante volte ti sei trovato in questa situazione? Ho perso il conto.
Forse Claudio aveva dei problemi con l'alcol? Non l'avrebbe mai immaginato. Non gli sembrava il tipo. Non ricordava di averlo mai visto ubriaco, alle feste della squadra.
Tiziano arrivò finalmente ai bagni. Non avrebbe resistito un minuto di più.
«E tutto questo casino perché non sei capace di reggere due cazzo di shottini» disse Simone.
Tiziano sentì il cuore sprofondargli nel petto: Simone sembrava così amareggiato. «Scusa...»
«Ma non me lo potevi dire, cazzo? Che non reggi l'alcol?»
L'ho deluso. Pensa che sono uno sfigato.
«Io non credevo... volevo solo...»
Volevo solo stare con te. Volevo solo ridere con te.
«Volevi solo rovinare una bella serata... Va be'. Devo andare.»
«Io volevo solo...»
Tiziano non finì la frase. Sentì la linea cadere.
Simone aveva chiuso la chiamata. Senza nemmeno salutarlo.
Tiziano ebbe l'impulso di sbattere il cellulare a terra, ma si trattenne: ci manca solo che rompo anche questo.
Entrò nel primo loculo per pisciare. Non chiuse la porta dietro di sé. Gli scappava talmente tanto che fece fatica a cominciare.
Sono un coglione. L'ho deluso. Mi odia.
E per giunta lui sa che sono gay. Siccome è un gentiluomo, in questa chiamata non ha detto niente, ma quasi sicuramente ha capito che mi piace.
Che cosa penserà di me?
Si vergognava tantissimo. Sentiva che non avrebbe avuto mai più il coraggio di guardarlo negli occhi.
E potrei avergli sconvolto la vita col mio stupido desiderio. Se ha funzionato, ho cambiato il suo orientamento sessuale. Non avevo il diritto di farlo.
Il desiderio.
Non riusciva ancora a credere di averlo fatto. Non riusciva ancora a credere che si fosse realizzato. Per lo meno, non come temeva. Non era sicuro di ricordare bene quello che aveva chiesto. E se avesse sbagliato qualcosa nel formularlo? Tiziano pregò di aver sbagliato qualcosa. Pregò di non aver fatto un danno irreparabile.
Improvvisamente avvertì una sensazione di umido sulla gamba.
Mentre era distratto dai suoi pensieri, un rivoletto della sua stessa pipì aveva finito per formare una chiazza sui pantaloncini abbassati.
«Ma che cazzo...» Si sgocciolò. «Ma quanti cazzo di anni ho?»
Diede un calcio alla tazza, facendosi male all'alluce. Sopprimendo un grugnito di dolore, prese della carta igienica e si pulì alla meno peggio. Guardò l'alone bagnato sui pantaloni.
Se mi vede qualcuno penserà che mi sono pisciato addosso.
Che è esattamente quello che è successo.
Aveva voglia di piangere. No, anzi, di frignare. Come il bambino seienne che si sentiva in quel momento.
Si diresse verso un lavabo, insaponò e strofinò vigorosamente le mani e infine prese dalla tasca spazzolino e dentifricio.
Mentre si spazzolava i denti il telefono squillò di nuovo, facendolo spaventare.
Simone?
Lo spazzolino gli cadde di mano, finì sul pavimento, in mezzo a una pozza di fanghiglia sciabattata. Tiziano lo guardò sconsolato per qualche secondo, prima di sputare schifato un bolo di saliva e dentifricio.
Che gli finì sulla maglietta.
«Ma che cazzo ci ho stamattina?!» urlò guardandosi allo specchio.
Ciò che vide nel riflesso lo disgustò: le labbra bianche di dentifricio, le occhiaie, i capelli spettinati e ciliegina sulla torta quelle maledette, onnipresenti orecchie a sventola.
Faccio schifo.
Prese il cellulare per vedere chi era.
Mamma.
Rispose con la bocca ancora mezza piena di dentifricio. «Che c'è?»
«Alla buon'ora! T'ho mandato dieci Whatsapp, perché non li hai letti?»
Tiziano resistette all'ennesimo impulso di disintegrare il cellulare.
«Ci ho un Motorola de quindici anni fa, cazzo! Lo sai da quanti anni esiste Whatsapp? Eh?»
«Ma che ne so?»
«Tipo quattro!» Credo. «Come cazzo fa secondo te un cellulare di quindici anni fa ad avere Whatsapp?!»
«Ehi, stiamo calmini! Non urlare così a tua madre. Non lo puoi downloadare e poi...»
«Ma allora non capisci proprio un cazzo! Non si può installare Whatsapp su un cellulare vecchio! Ma perché devo avere una madre così stupida?!»
«Abbassa i toni, Fiorellino!»
Fiorellino.
Tiziano vide nero. Letteralmente. Il mondo diventò buio per qualche secondo.
«Non mi chiamo Fiorellino!» gridò nel ricevitore con tutto il fiato che aveva in gola. Poi scaraventò il Motorola contro la parete.
Il suo sguardo incrociò di nuovo il suo riflesso. Identico a prima, solo che adesso aveva il viso tutto arrossato e un rivolo di bava schiumosa che colava sul mento.
«Smettila di essere così ridicolo!» si gridò.
E tirò un pugno fortissimo allo specchio.
«Ah!»
Lo specchio si ridusse in frantumi e il sangue cominciò a colargli giù dalle nocche e dal dorso della mano.
Tiziano si lasciò cadere contro la parete e cominciò a piangere. «Sono proprio un frocio!»
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