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20. Orizzonti di gloria ✓

Se fosse stato un film, la scena sarebbe stata montata a rallentatore.

Visi distorti da espressioni di esultanza, dettagli di bocche che si spalancano, braccia che si allargano, piedi che calpestano l'erba e le foglie, che spezzano i rami sparsi sul tappeto boscoso. Dettagli sulle magliette che si sollevano nella corsa, stoffa stretta tra le mani, ciuffi di capelli che rimbalzano sulla testa, scintille di sudore nella luce gialla che filtra tra i rami.

Ma era la realtà, e Tiziano, per qualche minuto, non riuscì a capire nulla. C'era solo un'enorme confusione, intorno a lui, una confusione di corpi che gli si calcavano addosso, quasi soffocandolo, voci di ragazzi e di ragazze che urlavano il suo nome, visi, braccia, mani, gambe, petti, fianchi. Lampi di sguardi, squarci di cielo, alberi e sole. La prima percezione chiara, che emerse dalla confusione, fu il viso di Simone, felice, sorridente, diceva qualcosa, le labbra si muovevano ma Tiziano non riusciva a sentirlo. 

Mi hai visto, Simone? Hai visto l'impresa? 

Tiziano voleva piangere. Piangere dalla felicità. Il fazzoletto. L'ultimo trofeo era ancora nella sua mano. Lo sollevò in cielo e urlò di gioia.

Poi vide gli altri. C'era Karen, c'erano Giulia Uno, Gennaro, Claudio, tutti i membri della squadra rossa, gli ultimi rimasti in gioco avevano ancora la bandana legata in fronte. Beta Stefano, persino quel bullo troglodita di Stefano stava acclamando Tiziano.

Karen e Simone erano vicini, si abbracciarono nell'esultanza.

Ma prima ancora che la visione gettasse un'ombra di tristezza su quel momento magico, qualcosa fece voltare Tiziano. Qualcuno. Claudio, che si avvicinò al suo orecchio. «Goditela finché dura. Goditela, perché tra qualche minuto sarà tutto finito.»

Poi, con un'espressione di puro trionfo in volto, agitò i pugni in cielo e lanciò un grido: «Dajeeeee!» Tiziano decise di lasciarsi trascinare dall'entusiasmo e gridò insieme a lui. Fu un grido folle, un grido contro tutto quello che aveva dovuto sopportare fino a quel giorno, un grido per vendicare tutte le sciocchezze che aveva fatto: i desideri sprecati, il suo amore mal riposto, le turbe psicologiche.

«Ho un problema nella testa, funziona a metà! Ogni tanto parte un suono che fa...» gridò Andrea.

«Bom bom bom» risposero tutti in coro, imitando i suoni del tormentone dell'estate.

Odio questa canzone, pensò Tiziano. Ma la cantò anche lui, e si stupì di ricordarne le parole. In quel momento gli sembrò Il miglior pezzo che avesse mai ascoltato.

Tutti applaudivano, tutti cantavano, mentre iniziavano a procedere verso il villaggio, alle baite, da vincitori. Cantavano anche Karen e Simone. No, Tiziano non voleva sapere dov'erano, cosa stavano facendo, cosa stavano cantando, quanto profondamente e appassionatamente si stavano baciando, si piazzò in cima al corteo, insieme a Claudio e Andrea. Voleva pensare solo alla vittoria, solo all'esultanza, e cantare quella canzone coatta che aveva detestato ogni singola volta in cui era apparsa sulla sua bacheca Facebook, quell'estate.

«Col trattore in tangenziale, andiamo a comandare!»

«Ho un problema nella testa, funziona a metà! Ogni tanto parte un suono che fa:...»

«Batti le ali, muovi le antenne, dammi le tue...» Karen si intromise con quella ridicola canzoncina scout facendo levare un coro di nooo e di risate. Anche Tiziano rise. Rise, anche se sapeva che Simone probabilmente la stava ammirando con aria assolutamente deliziata. Lo sapeva, non gli serviva guardarli, lo sapeva. Tirò un calcio a un sasso, il sasso colpì un ramo e lo staccò.

«Daje Tizio! Te riesce tutto oggi!» Claudio rise. Rise anche Tiziano. Rise anche Karen. La sentiva, era lì, dietro di lui, sentì una mano sulla spalla, era quella della ragazza.

Non poté evitare di voltarsi verso di lei.

«Daje Tiziano!» le disse. E come sorrideva, com'era felice. 

E guardandola sorridere provò un moto di affetto per lei, ricordò la sua amica di infanzia, dimenticò la gelosia, vide solo la bambina che si allenava di nascosto per fare colpo su di lui, e che adesso, anche grazie a quegli allenamenti, era diventata il miglior portiere del campionato femminile. Non poteva non ammirarla, non poteva non volerle almeno un po' di bene. Anche se le stava rubando il ragazzo.

No. Non me lo sta rubando. Simone non è mai stato mio. E mai lo sarà.

Doveva rinunciare a lui. E nel mezzo del vociare allegro prese quella decisione: l'avrebbe fatto. Avrebbe cambiato obiettivo, come gli aveva consigliato Claudio.

Sì, ma chi? Non un ragazzo etero, tanto per cominciare. Tiziano guardò Claudio: era facile, per lui. Aveva trovato Teresa, che era bella come lui, alta come lui, bionda come lui. Esteticamente sembravano fatti l'uno per l'altra.

Mentre pensava a queste cose un braccio si appoggiò sulle sue spalle.

«Che giornata!» disse Simone. 

Tiziano sentì lo stomaco ribaltarsi, e tutti i buoni propositi di cambiare obiettivo dissolversi nel nulla. Il braccio di Simone continuava a rimanere appoggiato a lui. E il viso del ragazzo era così vicino.

Il peso sulla spalla di Tiziano aumentò. Qualcuno si era affiancato dall'altra parte.

«Già, che giornata!» disse Claudio.

Tiziano, quasi senza rendersi conto di quello che stava facendo, allargò le braccia e cinse i due ragazzi per la vita.

Ok, sono impazzito, pensò dopo averlo fatto. Ma per qualche istante, mentre procedevano in avanti allegramente abbracciati, si godette la sensazione di quei due corpi caldi premuti contro il suo.

«C'è solo una cosa che può rovinare questa splendida giornata» disse Simone.

«Cioè?» chiese Tiziano.

Simone fece un'espressione comicamente disgustata. «Stasera siamo di corvée.»

Tiziano sorrise. Se n'era completamente dimenticato. Era un'incombenza che tutti i ragazzi si dividevano, a turno: aiutavano Valerio e Gianfranco a cucinare e servivano ai tavoli. Perciò, entro poche ore, lui e Simone avrebbero passato la serata insieme in cucina, lui e Simone. E qualcun altro, ma quest'ultimo era un aspetto secondario. Avrebbe certamente avuto qualche occasione per parlare con lui. Per non esprimere le proprie troppo ovvie emozioni a Simone, voltò il proprio viso verso Claudio e lui, dall'alto dei suoi dieci centimetri in più, gli rimandò uno sguardo che esprimeva totale disapprovazione.

Mi legge nel pensiero? pensò Tiziano. Poi si rassicurò: Ma no, Claudio crede che sto dietro a Karen.

***

«A Simo', quanto ce stai a mette? L'hai trovato 'sto mestolo?» gridò Gennaro.

Era la terza volta che Simone si perdeva in dispensa. La prima volta ci era andato per prendere i barattoli di pelati, la seconda perché erano finiti i piatti di plastica, ora stava cercando un mestolo pulito, dopo che ne aveva maldestramente fatto cadere uno a terra mentre riempiva i piatti con l'orrido spezzatino acquoso preparato da Valerio e Gianfranco. Gli altri ragazzi di corvée erano Michele e Andrea, che in quel momento si trovavano in sala con dei vassoi.

«Va' un po' a vedere che sta a fà quel cojone, intanto che finisco di riempire 'sti piatti» disse Gennaro.

Tiziano infilò il corridoietto che portava alla dispensa, voltò l'angolo e trovò Simone in piedi su una sedia, il mestolo pulito in una mano, il collo allungato a guardare l'interno di un armadio a ridosso del soffitto.

Appena si accorse della presenza silenziosa di Tiziano, Simone fece uno scatto all'indietro e quasi cadde dalla sedia per lo spavento, un'espressione terrorizzata sul viso.

L'espressione, però, si trasformò subito in un sorriso. Incerto.

No, non era incerto. Era amichevole.

Affettuoso?

Non sognare troppo, si ammonì Tiziano.

«Hai trovato il mestolo? Che ci fai lì?» disse Tiziano, sorridendo a sua volta.

Fu allora che decise di guardare dentro l'armadietto con cui stava armeggiando Simone. Inclinò il busto un po' all'indietro per riuscire a vedere e riconobbe il contenuto: alcolici.

Simone, sollevandosi in punta di piedi sulla sedia, chiuse rapidamente l'anta, scese e fece cenno a Tiziano di stare zitto.

Tiziano aveva la bocca spalancata. Cosa ci faceva lì in cucina un armadietto pieno di alcolici? E sembrava ben rifornito: nei pochi istanti che aveva avuto per sbirciare aveva notato una bottiglia di Jack Daniels, una di Baileys, una tequila, pacchi da sei di Warsteiner stipati su un lato. E c'era parecchia altra roba che non era riuscito a identificare.

«Non. Dire. Niente.» Simone gli sorrise di nuovo.

Era un sorriso complice.

Tiziano sentì tutti i muscoli contrarsi per l'emozione.

Vuole tenerlo segreto? 

I due ragazzi tornarono in cucina, da Gennaro, per aiutarlo a finire, e mentre percorrevano il corridoio Simone fece cenno a Tiziano, per la terza volta, di stare zitto.

«Oh, ce ne hai messo! Abbiamo quasi finito, qua. Portate i piatti in sala, voi due. Adesso.»

Simone e Tiziano riempirono rapidamente gli ultimi piatti rimasti e presero un vassoio a testa. Appena oltrepassata la porta a molla della cucina Simone, che precedeva Tiziano, si fermò ad aspettarlo.

«Oh, senti...» Simone si guardò intorno con aria circospetta. Tiziano avvicinò la testa a lui. «Mi raccomando non dirlo a nessuno. In particolare a Claudio» disse il ragazzo sottovoce. «Quel coglione se viene a saperlo è capace che poi si fa una gita in cucina con Paolo e quegli altri due e rubano tutto per fare un festino.»

«Non glielo direi mai!» rispose Tiziano. Ma per chi l'aveva preso? Non era mica stupido!

Simone gli fece un sorriso e un occhiolino, prima di avviarsi verso le tavolate per portare i piatti.

Tiziano dovette fermarsi qualche istante per assaporare il momento: mi ha fatto l'occhiolino!

E condividiamo un segreto.

Il bacio a stampo che Karen aveva dato a Simone, solo quel pomeriggio, gli sembrava un ricordo lontano, ora, un ricordo quasi insignificante. No, Tiziano ne era sicuro: Simone non aveva mai dimostrato una complicità simile nei confronti di Karen.

C'è qualcosa tra di noi, non me lo sto immaginando.

Sospirò.

Sono l'eroe della giornata, Simone mi ha sorriso, mi fatto l'occhiolino e condividiamo un segreto.
Posso essere più felice di così?

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