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13. Passione e sentimento ✓

Claudio e Tiziano entrarono insieme in spogliatoio, e furono i primi ad arrivare. 

Non si erano dati appuntamento, non si erano messi d'accordo. Ci avevano impiegato più o meno lo stesso tempo a fare colazione e lavarsi, finendo prima di tutti gli altri, e si erano ritrovati, senza volerlo, a fare la strada insieme verso il campo sportivo. 

La passeggiata era stata silenziosa: Claudio sembrava completamente assorto in qualche preoccupazione e non aveva rivolto mezza parola a Tiziano che, dal canto suo, non si era preoccupato del silenzio potenzialmente imbarazzante. 

Aveva avuto ben altro a cui pensare. Simone era ancora vittima del primo desiderio. Escludendo i pochi minuti di distrazione durante la bizzarra conversazione a tre con Claudio e sua madre, Tiziano, dal momento in cui aveva capito cos'era successo, non aveva fatto altro che rimuginare su come avrebbe potuto formulare il secondo desiderio, se valeva la pena tentare di includere anche se stesso nella richiesta, o se era meglio non rischiare. Aveva ormai pensato a mille possibili diverse formulazioni, analizzando ogni sillaba e ogni parola per paura di sbagliare. Si era portato dietro il cellulare magico, in tasca, e ogni tre secondi lo stringeva in mano.

Lo spogliatoio era piccolo, piuttosto spoglio. Tiziano si sentiva spossato e nervoso. Lasciò cadere stancamente il proprio borsone a terra, accanto a una delle panchine.

Notò che non c'erano nemmeno armadietti per i giocatori, il che era una buona notizia per lui. Erano presenti, però, due grossi armadi di metallo, uno a fianco all'altro, in un angolo della stanza. Uno dei due era aperto. Vuoto.

«Perché stai a guardà l'armadio?» gli chiese Claudio.

Tiziano, impegnato com'era a pensare ancora al desiderio, non ebbe la prontezza di capire che la domanda era una provocazione. Vide un sorriso lampeggiare sul volto del ragazzo e in men che non si dica se lo ritrovò addosso.

«Inutile che resisti!» gridò Claudio spingendolo verso la fila di armadi. Ma Tiziano riuscì in qualche modo a reagire: puntò caparbiamente i piedi a terra e si oppose all'attacco.

Per una volta le angherie di Claudio gli fecero quasi piacere. Aveva bisogno di sfogarsi in qualche modo, e quella lotta sarebbe servita allo scopo. Avrebbe riversato su di lui tutta la frustrazione covata nelle ultime ventiquattr'ore.

Rimasero lì, le mani puntate uno sulle spalle dell'altro, per qualche secondo. Claudio rideva come il cretino esaltato che era. Poi, quasi impercettibilmente, diminuì la forza di spinta. A Tiziano non parve vero, e spingendo con le gambe riuscì a sbilanciarlo un po' all'indietro.

Si accorse troppo tardi dell'errore. Claudio usò la spinta come molla e col movimento di ritorno franò addosso a Tiziano con tutto il suo peso (che era parecchio, vista l'altezza).

Pochi passi, e Tiziano sbatté con la schiena contro la porta dell'armadio di sinistra, quello chiuso.

Ma usò anche lui l'impatto come spinta. Rotolandosi su un lato riuscì, non capì nemmeno come, a ribaltare le posizioni e si ritrovò sopra Claudio.

«Oh oh oh, questo sì che è uno sviluppo interessante!» esclamò Claudio, quasi esaltato dall'improvvisa difficoltà.

Il cuore di Tiziano accelerò i battiti per l'emozione. Un sentimento quasi primitivo di competizione si impadronì di lui. Tutto lo stress che aveva accumulato stava trovando sfogo in quella improvvisa e inaspettata sfida. 

Si appoggiò al petto di Claudio con gomito e avambraccio, e spinse il ginocchio sulla sua anca. Claudio cercò inutilmente di muovere le braccia e liberarsi, Tiziano, dalla sua posizione di vantaggio, lo bloccò con facilità.

«Tu non ti arrendi mai, vero?» chiese Claudio, lo sguardo stupito, più che spaventato. «Che vuoi fare?»

«Voglio farti capire come ci si sente a stare sotto, per una volta» disse Tiziano.

«Mmm... è una proposta indecente?» ribatté Claudio sollevando un sopracciglio. Poi rise.

Non devo farmi distrarre dalle sue battute, pensò Tiziano. Abbassò la testa per non guardargli il viso, per non guardare le sue stupide faccette canzonatorie, e cominciò a spingerlo verso destra, verso l'armadio aperto. 

Ci riuscì. Claudio sprofondò nel cassone con un tonfo, e anche Tiziano ci entrò quasi interamente.

Era un armadio molto ampio. Le loro gambe erano ancora fuori, appoggiate sul pavimento, incrociate tra loro.

Anche Tiziano rideva, adesso, una risata rabbiosa, non divertita. Ma si sentiva così bene! Bloccò di nuovo Claudio con il gomito, come aveva fatto prima. Claudio lo fissava con uno sguardo febbrile, ansimando.

Con la mano libera, Tiziano agganciò una delle due gambe di Claudio e cercò di tirarla sù, per farla entrare nell'armadio. Claudio non oppose resistenza, anzi, seguì la spinta di Tiziano, che capì solo alla fine cosa voleva fare l'altro ragazzo con quella gamba: agganciargli a sua volta le cosce e tirarlo a sé, dentro l'armadio. Le ginocchia di Tiziano si piegarono sotto la spinta, il suo viso affondò nell'incavo del collo di Claudio: gli era franato completamente addosso. Improvvisamente avvertì un senso di calore. Un'emozione inaspettata si impadronì di lui, era eccitato, adesso, sia dalla lotta che dalla vicinanza col corpo dell'altro. Le mani di Claudio gli strinsero la schiena.

No! No! Sta cercando di dominarmi. Sta cercando di chiudermi dentro!

Tiziano infilò un braccio tra i loro corpi, si tirò su per liberarsi da quella stretta, lo guardò in faccia. L'espressione di Claudio era seria, la bocca socchiusa, gli occhi fiammeggianti.

Dio, come ansima. Come mi stringe!

Lo sguardo di Tiziano si fissò sulla bocca dell'altro. Sui denti che spuntavano scintillando debolmente nell'oscurità dell'armadietto.

Sentiva il suo odore. Di pelle accaldata, deodorante e un leggero accenno di sudore.

Gli mancò l'aria, non capiva più dove finiva il desiderio di lotta, dove iniziava quello di puro e semplice contatto fisico.

«Ah, ehm... disturbo?» fu la voce di Simone, alle sue spalle, che riportò Tiziano alla realtà.

«Aiutami!» gridò Claudio, cambiando repentinamente la sua espressione in un sorriso divertito.

Tiziano decise di staccarsi, di lasciare Claudio in pace, anche per far sbollire l'eccitazione. 

Maledetto Cherubino in crisi ormonale!

Fece un paio di passi indietro e Simone li raggiunse. Claudio rimase appoggiato sul fondo dell'armadietto, a riprendere fiato.

«Lo stavi chiudendo dentro?» chiese Simone a Tiziano, con un mezzo ghigno.

«C'ero quasi riuscito» rispose Tiziano, ansimando leggermente. Si piegò e si appoggiò con le mani alle ginocchia.

«Quasi» precisò piccato Claudio, ansimando anche lui. Si passò una mano sulla fronte.

Poi Simone, mentre Claudio non guardava, lanciò un'occhiata complice a Tiziano. Fece un cenno della testa a indicare il suo amico nell'armadio.

Non ci credo. Vuole aiutarmi?

Simone mimò con le labbra, mute: «Uno, due, tre.»

E al tre, i due ragazzi scattarono insieme, verso Claudio. Lo afferrarono per le gambe, Tiziano a destra, Simone a sinistra, perfettamente coordinati. Se Tiziano fosse stato bravo a calcio, avrebbero agito così, sulle fasce, in attacco.

Claudio gridò, provò a resistere, ma contro due non poteva farcela. In pochi secondi le sue lunghe gambe furono infilate nell'armadietto e Tiziano sbatté con soddisfazione la porta di metallo, per chiuderla.

«Stronzi bastardi!» gridò Claudio da dentro. Prese a pugni la porta. «Aprite! Subito!»

Tiziano e Simone scoppiarono a ridere.

«Avete chiuso Tiziano nell'armadietto?» chiese Gianluca entrando in spogliatoio. «Originali.» Poi guardò Tiziano e, con un gesto teatrale, lasciò cadere a terra gli scarpini che stava tenendo in mano. «Ah» disse. «Chi c'è là dentro?»

«Bastardi!»

Gianluca spalancò gli occhi e scoppiò a ridere. «Nun ce credo!»

Tiziano, ridendo, guardò Simone, che gli rimandò l'occhiata. 

Sembrava felice. Felice come raramente l'aveva visto, lui che aveva sempre quell'aria un po' malinconica.

È felice per me?

Lo sguardo di Simone era così dolce, così complice. I compagni di squadra, che stavano entrando a manciate, si facevano spiegare la situazione, Claudio continuava a gridare da dentro l'armadietto, volavano risate e battute, ma per Tiziano erano tutti rumori confusi. Vedeva solo Simone, sentiva solo la sua risata cristallina.

La confusione emotiva e quel vago senso di eccitazione che aveva provato poco prima, mentre lottava con Claudio, avevano lasciato il posto a un sentimento più puro, bello. Tiziano si sentì innamorato come non lo era mai stato.

E improvvisamente tutti i suoi dubbi, le sue paure, le titubanze che aveva avuto sul desiderio si sciolsero.

Non ho bisogno del secondo desiderio, pensò, Ne ho un terzo, che posso usare per me.
Non posso rischiare di sbagliare di nuovo. Non posso complicare la formulazione cercando di inserire anche la mia abilità nell'equazione.

Simone rideva, rideva ancora. E rideva con Tiziano.

Ho tutto quello che voglio. Posso conquistarlo. Lo sto conquistando?

Sentì delle mani afferrarlo, apparvero delle facce in primo piano, le facce di Paolo, Stefano e Federico. Ma erano sfocate. Tiziano vedeva solo Simone, sullo sfondo. Che lo guardava, e rideva. 

Com'è bello!

Non gliene fregava più niente, lo stavano trascinando dentro l'armadietto, per vendicare il loro alfa, Claudio, che nel frattempo era stato liberato (quando?). Ma a Tiziano non interessava, continuava a ridere. E anche Simone rideva, diceva no, dai, lasciatelo in pace. E rideva. Era così bello vederlo ridere.

Ma fu il viso di Claudio, l'ultima cosa che Tiziano vide prima che l'armadietto si chiudesse. L'ultima cosa che vide senza vederla davvero.

Non me ne frega più niente. Il desiderio è tuo, Simone. Tutto tuo, solo tuo.

«Questa te la sei proprio cercata» disse Claudio.

Stava sorridendo.

Ma non era un sorriso cattivo.

Non chiuse nemmeno la serratura dello sportello.

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