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La prima volta

Io e Virginia instaurammo un rapporto prima di compassione e poi di totale sintonia. Eravamo le due fette della stessa mela che si completavano. Peccato che quella mela si stava avviando verso la fine dei suoi giorni. Eravamo in fuga da tutto pur non sapendo dove andare e come andare. Eravamo quell'aquilone a cui si spezza il filo e svolazza senza controllo in balia delle correnti. Molto presto saremmo finiti per terra in maniera violenta. Vi salterò la ramanzina dei giorni, dei dialoghi e di quante volte i nostri sguardi si siano allineati. Non tutto va raccontato. Certe cose per quanto io possa essere un bravo oratore non riuscirei minimamente a renderle immagini nella vostra mente. Il vostro primo bacio? Stupendo o no, non riuscireste a descriverlo in maniera corretta. Magari vi batte il cuore, provate un pò di nostalgia o d'imbarazzo, ma questo a parole non rende l'idea. Provate a descrivere un quadro di Monet ad un cieco e vi licenzierà con un semplice "wow". In questo caso noi tutti siamo non vedenti, non udenti e privi di tatto. Non sempre le parole fotografano un attimo. Gli attimi migliori della nostra vita sono ricolmi di emozioni che non trovano luogo al di fuori della nostra testa.

Iniziammo ad avere un rapporto malato basato sulle poche parole, sulla droga e infine sul sesso.

Avevamo dipendenza da entrambe le cose ed entrambe non facevano altro che portarci solo guai. Ricordo di averle affibbiato il nomignolo  "Unica" e di averle dedicato un murales difronte il suo balcone con scritto: "Unica, la stella dentro me". Era la mia stella nel buio e me ne innamorai follemente, in maniera ossessiva e subito dopo possessiva.

Soffriva di attacchi di panico e una sera mi chiamò in lacrime dicendo di volermi vedere.

-Pronto, Virginia sono le 3:00 cosa è successo?

- Ho paura, mi manca l'aria. Mi sento sola.

- Ci sono i tuoi in casa, non aver paura.

- Mi sentirei da sola anche se mi trovassi in uno stadio pieno di gente.

Misi giù la cornetta e la richiamai dopo 15 minuti. Mi feci di corsa quelle centinaia di metri che da casa mia portavano a casa sua, forse un chilometro o poco più. Pioveva e la strada sembrava un quadro astratto con le pozzanghere che riflettevano in maniera distorta i palazzi con le insegne colorate. Ovviamente non pensai minimamente a prendere un ombrello. In quel caso la testa d'accordo con il cuore decise di farmi fiondare giù per le scale senza aver timore di nulla.

 Una volta arrivato sotto casa sua, mi arrampicai senza far rumore come un ladro esperto. Cercando di non scivolare e di non far rumore.

Una volta compiuta l'impresa la chiamai sul cellulare per non farle prendere un colpo.

-Pront...

La interruppi subito.

-Vieni in balcone e porta una coperta.

Una volta aperti gli infissi del balcone mi vide e mi abbraccio come una morsa. Quella sera stetti con lei fino alle 8 del mattino in balcone tenendo le mie braccia attorno a lei. La struttura del balcone sopra ci protesse dalla pioggia sempre più incessante. Sentivo il ticchettio delle gocce che battevano sulla ringhiera mischiarsi al suo respiro. Forse me ne innamorai in quel momento. Il cielo era nero e di tanto in tanto un fulmine lasciava il posto a un tuono. Virginia non fece mai sobbalzi, penso si sentisse nel posto giusto con la persona giusta. Una sensazione che ci rende immortali per quei pochi seppur infiniti minuti. 

Da li a poco diventammo uno la spalla su cui piangere dell'altro. Sostegno, amore, amicizia e tanta follia. La vita era troppo corta e ingiusta per non creare casino ogniqualvolta che se ne presentasse l'opportunità. Per la prima volta in vita mia mi sentii utile a qualcosa o utile per qualcuno. La mia prima volta fu con lei. Fu uno tsunami di emozioni, di passione e di dolore.

Liberai tutto il dolore represso che mi portavo addosso da quando ne ho memoria, proprio come fa uno tsunami, ritirarsi per poi abbattersi con una ferocia inaudita.

Ci trovavamo in casa mia, fatti di codeina e pieni di alcol come una molotov pronta a scatenare l'inferno. I baci sul collo divennero morsi sempre più duraturi, da lasciare un segno fisico e morale. Si tolse la maglia, il reggiseno e lanciò tutto via. Mi tolsi anche io la maglia e la gettai sul tavolo facendo cascare a terra un sacchetto di patatine. I baci dal collo passarono alle labbra e ogni tanto mi mordicchiava il labbro inferiore tirandolo un po. La distesi sul divano e le misi le mani sotto la sua schiena inarcata, mentre con le mie labbra la sfioravo leggermente dal seno in giù verso l'ombelico. Quando mi stava sopra poggiava la sua testa sul mio petto per sentire il mio battito ed entrarne in simbiosi. Il suo ansimare saziava la mia parte più sconosciuta e perversa, nascosta fino a qual preciso instante. Le sue unghie graffiavano la mia schiena distraendomi da tutto ciò che stava accadendo.

Avevo appena conosciuto un nuovo tipo di dipendenza, la droga più forte di tutte, l'adrenalina più pura. Intrecciammo così tanto i nostri corpi da aggrovigliare le nostre anime in un unica matassa. Quella sera conobbi la sua parte più intima e profonda, la sua vera natura, fragile.

Virginia odiava legarsi alle persone, odiava calare l'ancora e stabilirsi sulla terra ferma. Il giorno dopo non ebbi più sue notizie e non riuscì più a contattarla in nessun modo. Mi ricordai di Azzurra quando sparì dalla mia vita da un giorno all'altro. Lasciando l'amaro in bocca come un digestivo dopo una cena dai sapori imponenti. Stava accedendo la medesima cosa con Virginia. Pensai che la vita non voleva vedermi innamorato. Pensai che forse era un indizio a non lasciarmi andare. Pensai di non meritare l'amore e che tutto fu colpa mia. 

Quanti di voi non hanno mai pensato di avere la colpa? La colpa è mia, se tutto è finito. La colpa è mia se lei se n'è andata. La colpa è mia se mi ha tradito. La colpa è mia se non le ho mai detto ti amo. Viviamo circondati da una cinta di colpe che poco alla volta si avvicinano fino a schiacciarci. La colpa è delle donne se vengono stuprate, per via di un abito che a detta delle persone è troppo scollato, provoca! La colpa è di Mohamed perché è nato nella parte povera della terra e perché ha la pelle scura, deve per forza essere sua! La colpa è di Claudia perché ama una donna e di Luca perché si veste da donna. Non fate come me, non datevi colpe inutili. Non date colpe agli altri. Non fatevi incolpare di nulla. Ognuno ogni giorno lotta contro qualcosa, è già abbastanza dura così. 

Il mio è solo uno sfogo, non vogliatemi male per questo. Devo pur parlare di qualcosa per tenermi impegnato. Io di colpe addosso ne ho. Non fate come me, siate più clementi con voi stessi. Tornando a Virginia non ho molto da dire.

Partì con tutta la sua famiglia e andò a vivere lontano da me, 800 km se non sbaglio. In una città di quelle per cui organizzi un viaggio almeno una volta nella vita. Piena di musei e con la malavita circoscritta nella periferia. Unica divenne una stella cadente. 

Con lei partì una parte di me, quella legata al fattore umano, al sesso opposto. Anni dopo venni a scoprire che lei si sposò con un avvocato ed ebbe un bambino che chiamò Emil. Non voglio essere spocchioso e dire che sia stato chiamato così per ricordarsi di me, seppur infondo lo spero. Da Emiliano ad Emil passa una strada di emozioni che non si spiegano a parole. Forse il quadro che dipinsi nei suoi ricordi non fu un semplice "wow".

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