Capitolo 6
Teresa e Thomas erano tornati da poco tempo, e lei era a ferita ad una gamba. Li avevano scoperti, ma fortunatamente non li avevano visti in faccia.
Il problema era che sanguinava a fiotti, nonostante non l'avesse colpita in pieno.
La ferita era superficiale, ma qualcosa era riuscita a ferirla più gravemente di quanto sembrava.
Avevano cominciato a sparare praticamente alla cieca per via dell'oscurità che regnava nell'archivio, e Thomas la spinse via prima che un proiettile la colpisse in pieno. Nonostante quella fosse solo superficiale, era certamente preferibile quello piuttosto che un foro enorme che la trapassava da parte a parte.
Lui non voleva perdere più nessuno, e sopratutto, non voleva perdere lei. Era seriamente intenzionato a rimediare agli errori passati, e cercava di dimostrarlo ogni giorno attraverso i gesti. Era consapevole che le parole non bastavano.
O meglio, per lui non bastavano, perché si sentiva piuttosto sporco nell'animo e sapeva che aver preferito stare dalla parte di Brenda, non credendo a Teresa ed ignorandola fino alla fine, era stata la mossa più meschina del mondo. Teresa aveva sacrificato la propria vita e sé stessa per lui.
Aveva capito, col tempo - e quando ormai credeva di averla persa per sempre - che quello compiuto da lei, baciando Aris, l'aveva seriamente fatto solo per salvarlo, e ragionandoci più a fondo, aveva capito che probabilmente lui avrebbe fatto la stessa cosa.
La C.A.T.T.I.V.O., d'altronde, le aveva detto che se non avesse fatto ciò che le avevano ordinato, lo avrebbero ucciso. E Teresa non voleva rischiare una cosa del genere.
Insomma... chi non l'avrebbe fatto? Chiunque, probabilmente.
Nessuno era così sadico da sfidare la sorte, sapendo che la C.A.T.T.I.V.O. era stata - ed è - capace di cose ben peggiori.
Ed ero felice che finalmente Thomas l'avesse capito, e guardava Teresa nel modo in cui meritava.
Anche se lei cercava di far finta di niente, di fronte alla ferita, ogni tanto strizzava gli occhi infastidita dalla medicazione che le stava facendo Huan.
Il ragazzo era chino di fronte a lei, con la sua gamba poggiata sulle ginocchia per non farla sforzare troppo.
La stava semplicemente disinfettando, ma si era portato dietro delle pinzette metalliche.
Newt era direttamente dietro di lui e reggeva un rotolo di bende, guardando anche lui "l'amica" con aria preoccupata.
Dall'espressione concentrata di Huan, ma anche da tutto il sangue che fuoriusciva da una ferita così superficiale, si capiva chiaramente che c'era qualcosa di più preoccupante dietro.
La mano di Thomas era stretta saldamente attorno a quella di Teresa, e le aveva dato il permesso di stringere forte in caso il dolore diventasse eccessivo.
Il che era un rischio, c'era d'ammetterlo: Teresa aveva le unghie lunghe, probabilmente le avrebbe affondate nelle mani del poveretto.
Ma fino a quel momento non sembrava essere intenzionata a farlo. Sopportava in silenzio, come se ormai, d'altronde, la sua soglia del dolore si fosse alzata parecchio dopo tutto ciò che aveva passato.
‹‹ Questo non va bene ›› sussurrò Huan tra sé e sé, guardando il pannetto bianco col quale stava medicando la ferita di Teresa.
Io, Newt e Thomas ci sporgemmo appena, guardando la macchia sul panno.
C'era sangue. Parecchio sangue, ma in alcune zone era più scuro.
‹‹ Vedi qualcosa di strano? ›› chiese Newt, chinandosi all'altezza di Huan, e lui prese ad indicare i vari punti in cui il sangue era più scuro.
‹‹ Li vedi questi? La pigmentazione così scura non è dovuta alla presenza più abbondante del sangue, ma ad una sostanza chimica presente nei vari bossoli che si sono incastrati nella ferita ›› spiegò, e come se avesse dipinto a mano l'espressione di Thomas, questo sgranò gli occhi in modo stupito.
‹‹ Che significa "vari bossoli"? ››
‹‹ Che il motivo per cui sta sanguinando più del dovuto, per una ferita così superficiale, è che non è poi così superficiale. L'hanno sparata con un proiettile particolare che utilizzano le guardie per paralizzare gli invasori, o comunque qualsiasi forma vita cerchi di varcare la soglia della base senza autorizzazione e senza identificazione ›› poggiò il pannetto, dopo essersi accertato di aver pulito la ferita, e prese le pinzette, pizzicando l'aria per accertarsi del loro corretto funzionamento.
Le pupille di Teresa si dilatarono alla loro vista, ma si rassegnò subito all'idea che da lì a breve il ragazzo si sarebbe messo a "giocare" con la sua carne, in cerca dei maledetti bossoli.
Poco dopo, infatti, Huan si avvicinò e, dopo aver tastato un po' la ferita con le mani, avvicinò le punzette e cominciò il suo lavoro.
La mano di Teresa si stringe immediatamente a quella di Thomas, ma non emise un solo gemito di dolore.
‹‹ Siete stati fortunati che colui che ha sparato doveva essere un novellino, o comunque un emerito imbranato. I bossoli saranno al massimo tre o quattro, proprio perché la ferita è a bruciapelo.
Se avesse colpito come doveva, ne avrebbe avuto almeno una ventina in circolo, ed allora sarebbe rimasta paralizzata a terra per cinque o sei ore.
I bossoli sono fatti di un materiale che perfora la pelle e la carne, e dopo qualche minuto la superficie comincia a sciogliersi, fino ad arrivare ad un materiale che col calore del corpo si scioglie anch'esso e rilascia una sostanza chimica paralizzante. Possono essere letali in base alla zona colpita e la quantità.
Fortunatamente, Teresa, sia per il fatto che ti hanno colpita al polpaccio che per i così pochi bossoli ti disabiliteranno la gamba solo per qualche minuto ›› disse, assumendo un tono rassicurante mentre, finalmente, estraeva il primo bossolo e lo mostrava ‹‹ la superficie non è stata ancora sciolta del tutto, quindi la sostanza libera nel tuo corpo non è sufficiente a paralizzarti totalmente. ››
‹‹ A parte la deficienza di colui che mi ha sparata, è merito anche di Tom ›› si sforzò di dire lei, senza gemere dal dolore per via del fatto che Huan avesse ricominciato l'operazione "estrazione bossoli".
Thomas accennò un sorriso, abbassando lo sguardo dagli occhi di lei.
‹‹ Anche ›› concordò Huan, andando più a fondo con le pinzette.
‹‹ Come fai a sapere esattamente dove andare? ›› domandò Newt, che sembrava essere particolarmente interessato all'operazione.
‹‹ I fori di entrata sono parecchio evidenti, se visti da un occhio attento e vicino ›› disse con un tono di voce concentrato ‹‹ e sono abituato a vedere ferite del genere ››
‹‹ E la parte divertente della ferita di Teresa è che si è beccata una pallottola per nulla, visto che siete tornati a mani vuote ›› intervenne Minho, dal nulla e con una cosa che non c'entrava niente.
Commento che sembrò irritare particolarmente Thomas, data l'occhiataccia che gli rivolse.
Minho era distante da noi, seduto sulla sedia mentre faceva.... niente.
Non stava facendo proprio niente.
Fissava il nulla sul tavolo, come se stesse ammirando un quadro, piuttosto.
Di fronte a sé aveva diversi fogli bianchi, ed accanto a questo una matita.
Aveva insistito per mezz'ora buona per avere quei fogli e quella matita, ed avevamo messo a soqquadro la casa per cercarli. Ed ora che li aveva lì, non li aveva nemmeno toccati.
Dio solo sapeva a cosa gli servivano.
‹‹ Minho, non è il momento adatto per polemizzare su questa questione ›› gli fece notare Huan, estraendo due bossoli, uno dietro l'altro, per poi riprendere subito ad operare.
‹‹ Non sto polemizzando, sto mettendo alla luce la realtà ››
Newt chiuse gli occhi, ispirando profondamente, poi rivolse uno sguardo silenzioso a Thomas, pregandolo con questo di non rispondere alla provocazione dell'amico. Ma lui non sembrava essere intenzionato a farlo.
E poi, era vero: la loro ricerca poi risultò - quasi - totalmente inutile.
Sì, avevano trovato la cartella di Evangeline, ma non c'era nessun tipo di aggiornamento riguardo lei.
Segnava solo la sua data di nascita, poi s'interrompeva tutto dopo la sua entrata alla C.A.T.T.I.V.O.. Non c'era nemmeno il luogo di nascita, o un albero genealogico.
Era come se la C.A.T.T.I.V.O. avesse cancellato ogni singola traccia di lei, lasciando solo la data di nascita e il nome completo. Ayako Evangeline Mi sun Chang. Ed oltretutto era una cosa che già sapevamo. Un buco nell'acqua, e Thomas non riusciva a perdonarsi il fatto che avessero rischiato la vita per una semplice data di nascita. Non c'era bisogno che Minho accrescesse i suoi sensi di colpa.
‹‹ Non è colpa loro se non hanno trovato niente nell'archivio ›› gli feci notare, ma dall'espressione che assunse, intuii che non gliene poteva importare di meno.
Al contrario, si preparò per dire qualcos'altro, ma quando Teresa emise un gemito - parecchio forte - si zittì.
‹‹ Ahia ›› commentò Huan, corrugando la fronte ‹‹ questo è parecchio incastrato, mi tocca farlo ruotare. Ci credo che ti fa male ›› mormorò, quasi come un bambino con i sensi di colpa.
Teresa, infatti, si lamentò più e più volte, muovendo a scatti la gamba, ogni tanto, mentre Huan si sforzava per tirare il bossolo mentre ruotava. Non la riprendeva nemmeno mentre tirava, anche se lei muoveva la gamba, perché sapeva che le faceva male e non poteva farci granché.
Non avevamo qualcosa per anestetizzarla, ed era già tanto se aveva cominciato a lamentarsi solo in quel momento, considerando che, da una ferita piccina, ora si era allargata parecchio con tutto quell'infilare le pinzette ed estrarre i bossoli - che erano anche piccoli quanto un unghia mangiucchiata -.
Passarono cinque minuti buoni prima di riuscire ad estrarlo, e dopo altri cinque minuti in cui Huan controllò e tastò la ferita, confermò di aver terminato l'estrazione di tutti i bossoli e disinfettò tutto ancora una volta, prima di cominciare a bendare la gamba.
La fronte di Teresa era imperlata di sudore, e gli occhi erano lucidi per lo sforzo di non lamentarsi troppo del dolore.
Si era totalmente accasciata contro lo schienale del divano, mentre Thomas le accarezzava i capelli, senza dire niente se non un "sei stata brava", come per complimentarsi e rassicurarla.
Sì, decisamente, Thomas non era il massimo nel fare i complimenti, ma Teresa sembrò apprezzarlo comunque.
‹‹ Non camminare o sforzare la gamba per nessuna ragione per almeno un ora, o comincerai a sanguinare come una dannata ››
Teresa annuì, aprendo appena gli occhi, che aveva chiuso pochi istanti prima.
Aveva tutta l'aria di chi desiderava solo riposare, e non di certo di chi aveva intenzione di correre come un pazzo.
‹‹ Vuoi andare a letto? ›› le sussurrò Thomas, ma lei scosse la testa. Avrebbe significato essere presa in braccio.
Accennai un sorriso di fronte a quella scena, ed istintivamente mi girai verso Newt, che a sua volta, si girò a guardarmi con un sorriso.
Se pensava a ciò che pensavo io, si stava ricordando della radura.
Attimo quasi tenero, se non fosse che Minho schioccò la lingua in modo rumoroso, si alzò, prendendo i fogli e la matita ed andò nella camera da letto.
‹‹ Si può sapere perché caspio è così nervoso? ›› domandò Thomas, digrignando i denti per il nervoso represso.
‹‹ È stressato.
Abbiamo visto un bambina, quando eravamo in giro per la città. È stata rapita da una sorta di robot e non ha potuto fare nulla per salvarla. E poi Jorge non è tornato, è stato preso ››
‹‹ Cosa? E ce lo dite così?! ››
‹‹ Beh, caspio, se preferivi uno striscione all'entrata della casa con su scritto "Ehi Tommy, hanno rapito Jorge!" temo che avresti dovuto avvisarci almeno un ora prima, visto che dovevamo cercare il lenzuolo bianco adatto e una bomboletta rossa con cui scrivere ›› ironizzò Newt.
Thomas fortunatamente non se la prese per quell'ironia, capendo da solo che in effetti non c'erano grossi modi per dare una notizia del genere.
‹‹ Credete che lo giustizieranno o qualche caspiata del genere? ››
‹‹ No ›› intervenne Huan ‹‹ non credo, almeno. Penso piuttosto che lo terranno come ostaggio e lo costringeranno a dare loro chissà quale genere d'informazione ››
Thomas annuì, ma la sua espressione preoccupata di certo non cambiò.
‹‹ Comunque, perché hanno rapito una bambina? ››
‹‹ Non ne abbiamo idea. Ma aveva un'aria strana ›› risposi, guardando Newt per cercare uno sguardo che confermasse le mie parole, indicandolo, poi, con un cenno del capo ‹‹ lui si avvicinato di più di noi, e ha detto che aveva i polsi violacei o qualcosa del genere ››
‹‹ Aveva la stessa faccia sconvolta dei pive che si svegliavano all'interno della scatola ›› aggiunse Newt, concordando con le mie parole.
‹‹ Quindi era una fuggitiva? ››
‹‹ Probabile ››
E cadde il silenzio.
Erano troppe informazioni e tutti scompigliate, non sembrava esserci nessun filo conduttore tra loro... eppure sentivo che ci stava sfuggendo qualcosa.
Potevo capire, sotto un certo punto di vista, il "rapimento" di Jorge.
Huan stesso aveva previsto una cosa del genere, e sapevamo già che l'Hae non si fidava della C.A.T.T.I.V.O..
Ma la domanda che a tutti sorgeva era una ed era ovvia: cosa sarebbe successo a Jorge, una volta che quelli dell'Hae finivano il suo interrogatorio?
Sempre se quello a cui era sottoposto fosse effettivamente un interrogatorio.
‹‹ E se Jorge fosse sotto tortura? ›› domando Newt, come se mi avesse letto nella mente.
Ma nessuno ebbe il coraggio di rispondere. Nemmeno Huan, che teneva la testa bassa con lo sguardo rivolto verso il pavimento.
In quel momento non sapevamo cosa fare, o come aiutare il nostro amico.
Ora camminavamo veramente su un filo di seta in tensione.
‹‹ Mettiamo in conto la probabilità che non lo vedremo mai più ›› disse Huan, poi, con un filo di voce.
Probabilmente nemmeno lui voleva pensare a quell'eventualità, ma aveva ragione: era da mettere in conto.
Passarono due ore quando Minho si degnò di uscire dalla stanza.
Nessuno, nonostante il sonno premesse sulle palpebre, entrò in camera.
Preferimmo tutti lasciargli il suo spazio. Avevamo capito com'era la situazione, e Newt ci aveva aiutato a capirla meglio, essendoci passato in prima persona con l'esperienza dell'eruzione.
Potevo spiegarla anche io, ma a quanto avevo capito - col tempo - le de situazioni erano paragonabili fino ad un certo punto, poiché il cervello di Newt era stato decisamente più danneggiato, e le sue sensazioni erano molto più forti delle mie.
Anche se Minho non stava passando l'eruzione, probabilmente stava comunque affrontando l'inferno in terra.
Dovevamo solo lasciarlo sfogare e sbollire ogni volta che una crisi di rabbia prendeva possesso del suo corpo. Minho era un tipo orgoglioso e di rado ammetteva le sue colpe, per cui, probabilmente, l'ultima cosa che dovevamo aspettarci era un suo chiedere scusa ed un suo ammettere le proprie colpe.
Quando uscì dalla stanza, si poggiò al tavolo senza attirare l'attenzione di nessuno.
Poggiò sulla superficie del tavolo i fogli con la matita, e cominciò ad ordinarli in un modo ben preciso.
Noi, seduti sul divano, lo guardavamo con aria incuriosita da quel suo trafficare.
‹‹ Dovremo cambiare abitazione il prima possibile ›› disse Minho, dopo qualche minuto, capendo da solo che quel silenzio era inutile ‹‹ ho sentito i vostri discorsi ›› aggiunse, rivolgendoci lo sguardo.
‹‹ E cosa risolveremo? Tutta la città è tenuta sotto controllo. E poi, perché dovremmo? ›› chiesi, a bassa voce. Tra noi quattro solo Teresa si era addormentata, con le gambe poggiate su quelle di Thomas, e non volevo svegliarla.
‹‹ Rischiamo solo di dare nell'occhio con uno spostamento improvviso. Seok ci avrà puntato tutti i controlli addosso ››
Minho tirò indietro la testa, annuendo tra sé e sé.
In effetti Newt aveva ragione, e non aveva modo per controbattere ‹‹ bene così ›› borbottò infine, riportando la concentrazione sui fogli che aveva poggiato sul tavolo.
Huan, poi, uscì dal bagno.
Nemmeno lui aveva chiuso occhio. Voleva assicurarsi che Teresa si riprendesse senza complicazioni, per cui doveva stare sveglio.
Quando vide che Minho era seduto al tavolino, si avvicinò e guardò i fogli con aria incuriosita.
‹‹ Che cosa sono? ››
‹‹ Le mappe ››
‹‹ Di cosa? ››
‹‹ Del labirinto ››
Newt corrugò la fronte, ma non solo lui.
Anche io e Thomas.
Perché aveva mappato il labirinto? A cosa potevano servirgli, ora come ora?
‹‹ Ti stavi annoiando? ››
Minho si limitò ad annuire.
Quindi, tutti quei fogli, gli servivano per mappare i vari movimenti del labirinto?
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