Capitolo 3
SARAH
Rivedere Napoli è strano. Ricordi che si rincorrono frenetici, bramosi di venire fuori, per fotterti un po' il cervello, e far uscire qualche lacrima dai tuoi occhi perfettamente truccati. Ogni vicolo, ogni palazzo, ogni negozio, fa battere il mio cuore un po' più veloce. Perché ogni angolo di questa città mi appartiene. La piazzetta dietro casa mia, a Torre. Le coste colorate di Sorrento. I palazzi con le lenzuola stese fuori dei quartieri spagnoli. I ragazzini in motorino. San Gregorio. Piazza del Plebiscito. Ogni luogo ha un ricordo, che custodisco con cura. Perché Napoli è casa mia. E, nonostante non ci torni da anni, lo sarà sempre. Riuscirà sempre a scaldarmi il cuore.
«Dolcezza, ma quindi tu non sei di Napoli, Napoli?!» chiede per l'ennesima volta.
«Torre Annunziata, periferia di Napoli. Un posto abbastanza tranquillo, nonostante quello che dicono» spiego ancora.
«Manca molto?» scuoto il capo.
«Siamo arrivati, alla prossima a destra» affermo, prima di poggiare lo sguardo sulla panchina di fronte a me. La nostra panchina, quella mia e di Vivi. Ci abbiamo passato pomeriggi interi, mentre provavamo le prime sigarette, e non solo. E anche serate intere, fregandocene del gelo, della pioggia, o di qualsiasi altro problema meteorologico che, per noi, non è mai stato un vero problema. Era seduta lì anche quando ci ho parlato per l'ultima volta. Quando quella pugnalata al cuore mi ha fatto capire che le uniche persone di cui potevo davvero fidarmi erano i miei genitori e mio fratello. Ricordo ogni singola parola di quella nostra ultima conversazione. Come se fosse ieri. Come se non fossero passati due anni.
FLASHBACK
«Vivi, ciao! Non sei morta vero? Perché sono giorni che non ti fai sentire» la ammonisco, mantenendo però un tono allegro e goliardico.
«Lo so, scusa» risponde lei, fin troppo seria per essere davvero in se.
«Che succede?» Ormai non ho più nemmeno bisogno di guardarla in faccia per capire che qualcosa non va. Sono esperta a decifrare i suoi toni.
«Devo dirti una cosa, Sa'» mugugna mentre, sicuramente, si mangiucchia l'unghia del pollice sinistro.
«Beh spara! Sembra quasi che tu abbia paura»
«Mi vedo con una persona... cioè, stiamo insieme» sibila.
«Ma dai, è fantastico! Finalmente il tuo cuore di pietra si è sciolto» scherzo, ma lei non ride. «Da quanto tempo?» provo a spronarla ad andare avanti.
«Un mese e mezzo, forse qualcosa di più... non te l'ho detto prima perché volevo capire quanto fosse seria la questione... insomma, sai, per non affrettare i tempi» spiega titubante.
«Ma certo figurati... e lui chi è? Lo conosco? Sei innamorata?» chiedo, sempre con la stessa euforia. Conosco Vivi, so che se parla in questo modo è perché gli interessa davvero. Se ha aspettato a dirmelo significa che per lei è davvero una cosa seria, altrimenti già me l'avrebbe detta, come ha sempre fatto. Anche se, il fatto che non si sia fidata di me abbastanza da confidarsi subito, mi rattrista un po'. Ma non posso darle torto del tutto, insomma... viviamo a chilometri di distanza, e, per quanto ci sforziamo di sentirci sempre, esistono gli imprevisti, e le telefonate spesso non sono d'aiuto.
«Sì, ecco... è Joseph» afferma, abbassando notevolmente il tono della voce.
«Joseph, Joseph... mi dispiace Vivi, ma devi essere più precisa perché non conosco nessuno Joseph, a parte...» mi blocco, come se qualcosa dall'interno mi stesse soffocando. «Ti prego, dimmi che non è vero, dimmi che non è lui»
«Si... è Joseph, Joseph... Joseph Carta» le esce finalmente. Rimango in silenzio. Impietrita sul mio divano di finta pelle, mentre la televisione continua a propinarmi immagini che non seguo da un po'. Sento il suo respiro. Sento il mio. E poi la mia mano bagnata da lacrime di cui non mi ero accorta.
«Sarah, dì qualcosa»
«Che devo dirti? Spero siate felici» affermo fredda.
«Lo hai lasciato tu» risponde arrabbiata e velenosa.
«E cosa c'entra? Allora perché io l'ho lasciato, ti senti in diritto di scoparti il mio ex? Quello che ho amato come nessun altro? La persona per cui darei la vita?»
«Daresti la vita per lui, eppure non ci hai messo molto a spezzargli il cuore» continua, vomitandomi addosso una cattiveria che non merito. Non da lei.
«Non permetterti di giudicare la mia storia con Joseph, non la conosci!» urlo.
«Sì che la conosco! Chi credi che abbia asciugato le sue lacrime negli ultimi mesi?»
«Quindi ora sei una crocerossina? Ho sempre sospettato che fossi invaghita di lui, ma non pensavo fossi una stronza! Divertitevi comunque, e goditelo, finché potrai! Ma sappi che amerà sempre me, e tu sei solo la mia brutta copia! Spera che non voglia mai riprendermelo, perché potresti rimanerci male» e senza aspettare una sua risposta, butto il telefono con forza, che inevitabilmente si rompe. Ne comprerò un altro, forse.
FINE FLASHBACK
Quella notizia mi ha tormentato per mesi, e forse ancora lo fa, eppure non ho mai deciso di riprendermelo. Perché quando l'ho lasciato ero sicura della mia decisione, di voler stare sola. E perché, come ho detto, non sono una stronza. Lui merita di meglio, meritava di meglio, e non avrei mai fatto qualcosa che potesse ferirlo ancora, perché l'ho amato, perché probabilmente lo amo ancora, in un modo o nell'altro. È normale, no? Il primo amore non si dimentica. E il nostro è stato troppo travolgente. Quindi non ho mai fatto nulla, se non evitare di tornare a Napoli, e sperare che Vivi lo rendesse più felice di quanto avessi fatto io. E il tempo è passato.
Due anni. Due anni in cui non ho più avuto notizie di Joseph, nonostante mia madre agognasse per darmele. Io non ho mai voluto sapere niente, comunque. Per non soffrire, forse. O per non tornare sulla mia decisione, e capire di aver fatto una cazzata immane. Odio pentirmi. Non lo faccio mai. Eppure qualche volta, ripensando a Joseph e alla nostra storia, il pentimento ha fatto capolino dentro di me. L'ho sempre rispedito in fondo, nei meandri bui del mio essere e sono andata avanti. Grazie a qualche distrazione. Grazie a molte distrazioni, piacevoli e insignificanti.
E ora sono qui, con un ragazzo. Il primo vero ragazzo dopo Joseph. Si chiama Andrea. Dice di lavorare nel mondo dello spettacolo. Non è un attore, non è un cantante, non è un ballerino. È stato un tronista, dalla De Filippi, ma il suo trono è durato un mese, non è arrivato mai alla scelta. Ora fa il modello e, grazie a quel mese in TV, guadagna con qualche serata in discoteca. È amore? No, per niente. Però stiamo bene. Stiamo insieme da poco, comunque, qualche mese. Però sembra una relazione stabile, tanto stabile da farlo conoscere ai miei. Lui rimarrà un paio di giorni, perché deve tornare a Milano per lavoro. Io ho due settimane di ferie, che passerò qui con la mia famiglia. Mi sono mancati troppo, e mi è mancata troppo Napoli. Con molte probabilità, queste due settimane diventeranno tre.
«Sarah, gioia mia!» Mia madre mi si butta addosso stritolandomi, subito seguita da Francesco.
«Sorellina, certo che Milano fa miracoli» afferma guardandomi, e accompagnando con un fischio di approvazione le sue parole. Sì perché, se prima ero tutta jeans e felponi, e quando ho iniziato la storia con Joseph sono passata a jeans attillati e magliette che valorizzassero un po' di più la mia femminilità, dopo la rottura il mio stile è cambiato radicalmente. Tacchi, vestiti alla moda, borse abbinate, trucco sempre perfetto, e capelli sempre come se fossi appena uscita dal parrucchiere. La mia carriera avanzava, e doveva farlo anche il mio look. "Nessuno si affiderebbe ad una arredatrice di interni sciatta!" o, almeno, così dice il mio capo!
«Family, lui è Andrea!» dico sorridendo. Si presentano, stringono la mano al mio ragazzo, eppure non tolgono mai lo sguardo da me. Entriamo in casa, e mio padre rapisce subito Andrea trascinandolo sul terrazzo, per farsi aiutare non so in che lavoro di casa. Credo sia tutto premeditato, comunque, perché ora mia madre e mio fratello mi guardano in modo truce.
«Ti sei messa con un tronista!» sbotta mio fratello, attento a non farsi sentire.
«Non è durato nemmeno un mese» provo a giustificarlo.
«Bene, quindi stai con un tronista fallito! Ma che ti dice il cervello?» rincara lui la dose.
«Fra', calmati! Sarah, che succede?» chiede mia madre, visibilmente preoccupata.
«Niente, che deve succedere? Ci siamo conosciuti, ci siamo trovati... non ci stiamo per sposare, ma stiamo bene» dico tranquilla, bevendo un generoso sorso d'acqua che agognavo ormai da ore.
«Il fatto è che... insomma... è così diverso» azzarda lei mentre sembra camminare sulle uova.
«Che significa?»
«Diverso... diverso da Joseph» ammette. Sbuffo provando a mantenere la calma. Sono passati due anni!
«Mamma, Joseph è acqua passata... non torniamo sempre sull'argomento, per favore» la imploro. Mi guarda, prima di guardare mio fratello. Io li osservo. È come se stessero parlando con uno strano linguaggio mentale.
«Mi dite che diavolo succede? Perché sembrate due pazzi»
«Joseph si sposa» esordisce mio fratello.
«France'! Ti ho detto con calma, che cazzo!» lo ammonisce mia madre. Che ha appena detto cazzo!
«Mamma» la guardo allibita.
«Scusa... è che... è una situazione così strana» mormora addolorata.
«Non è strana affatto... sono felice per loro! Vivi camminerà tre metri sopra il cielo, che carina» dico sprezzante.
«Perché hai rovinato tutto, Sarah?» chiede mia madre implorante.
«Ne abbiamo già parlato! Non tutti gli amori durano tutta la vita, fattene una ragione» pontifico e vado in camera mia; mi chiudo la porta alle spalle, prima che qualcuno veda le lacrime di nervosismo che coprono il mio viso e le interpreti in modo sbagliato.
***
«Tesoro, non ci sono locali più movimentati?» chiede Andrea guardandosi intorno. Fingo di non sentirlo, e continuo a parlare con Clarissa, la fidanzata storica e dolcissima di mio fratello. Un'uscita a quattro col mio fratello maggiore e la sua ragazza non è il massimo per una che non torna nella città dove è cresciuta da anni, ma io ho sempre avuto pochi amici, e quei pochi che avevo li ho sempre condivisi con Joseph. Credo che, a questo punto, siano soltanto amici suoi. Non li ho più sentiti, comunque.
«Allora, Sarah, raccontami qualcosa. Tuo fratello e i tuoi mi parlano sempre delle tue avventure milanesi, ma meglio sentirle da te» sorrido a Clarissa.
«Non capisco perché, in tutti questi anni, tu non sia ancora mai venuta a trovarmi»
«Hai ragione» ammette colpevole «Il fatto è che il lavoro mi assorbe completamente e quando ho qualche giorno di ferie, preferisco passarlo con lui» afferma, guardando mio fratello adorante. Sorrido e una strana invidia mi attraversa. Non un'invidia cattiva. Sono felice per loro, vivono un amore idilliaco dai tempi del liceo, che non si è mai scalfito. A volte appaiono monotoni, soprattutto agli occhi di chi non li conosce. Io li ho trovati sempre favolosi. E avrei sempre voluto vivere un amore come il loro. Pensavo di averlo trovato, ad un certo punto, ma si è scalfito, come cristallo, troppo fragile, troppo debole, forse.
«Sarah Toscano!» Una voce più matura, ma fin troppo familiare, mi arriva alle orecchie, distraendomi da ogni pensiero. Mi volto, sorrido e corro verso questo ragazzone biondo e sempre uguale, come se per lui il tempo si fosse fermato al liceo.
«Filippo!» Filippo è il migliore amico di Joseph e, pensavo, quello che mi odiasse di più, quello che non mi avrebbe più guardata in faccia, nonostante l'amicizia decennale che lega le nostre famiglie. Ovviamente mi sbagliavo, perché il sorriso che ora colora la sua faccia è un sorriso sincero, uno di quelli che ti fanno capire quando davvero una persona è contenta di vederti. E lo stesso sorriso lo vedo anche sui visi degli altri: Daniele, Matteo, Gianluca e Diego. Tutti mi abbracciano, tutti mi salutano, e tutti si fanno promettere una rimpatriata, un'uscita di gruppo, per ricordare i bei vecchi tempi. Sapevo di stargli simpatica, non sono mai stata la ragazza rompicoglioni che non permette al suo uomo di uscire e loro lo hanno sempre apprezzato. Non mi sono mai messa tra loro e Joseph, non mi sono mai intromessa nella loro amicizia.
Finito il giro di saluti, qualcuno si sposta e, inevitabilmente, il mio sguardo cade dietro di loro. Li vedo per la prima volta insieme. Mano nella mano. Le gambe ballano, fregandosene completamente di quello che ordina loro il mio cervello.
«Sarah». Sentirlo sussurrare il mio nome è un colpo al cuore. Quando Joseph mi vede, si blocca e, automaticamente, stacca la mano. Libera quella presa. Ci fissiamo per attimi che non so bene quantizzare. Potrebbero essere tre secondi come tre anni. I nostri occhi si incontrano, dopo due anni di lontananza. E la sensazione è strana. Molto strana.
«Ciao, Jo» dico, sorridendo appena. Sorride anche lui. Poi si avvicina ed è un attimo. Sono di nuovo tra quelle braccia. Ricambio l'abbraccio. Ne avevo bisogno. Dopo anni, i suoi abbracci mi erano davvero mancati. Lo stringo, e stiamo ancora così per un po'. Nessuno parla. Sento gli occhi di Andrea, di Clarissa, di mio fratello, degli amici di Joseph, tutti su di noi. E anche quelli di Vivi. Puntati su di noi come un serpente velenoso. Non ci faccio caso. Non faccio caso a nessuno di loro. Ora c'è solo questo abbraccio. Un abbraccio gentile. Un abbraccio che serve a ricordare quel bel passato che abbiamo, che condivideremo per sempre.
«Amore, andiamo. Dobbiamo festeggiare» scornacchia Vivi, rompendo la magia e tirando Joseph a sé. Lui si stacca. Lo facciamo entrambi, senza però perdere il contatto degli sguardi. «Dai, andiamo. Abbiamo il tavolo prenotato» aggiunge piagnucolante.
«Non voglio trattenervi» quasi balbetto.
«Sì, beh... magari ci vediamo» mormora lui. Annuisco.
«Magari» sussurro.
«Magari no» conclude lei, sprezzate. Evito di guardarla. Non voglio condividerci più nulla, nemmeno uno sguardo. Nemmeno un saluto. Mia madre mi ha sempre insegnato che il saluto non si nega a nessuno e io ho custodito quell'insegnamento per tutta la vita, considerandolo prezioso. Mi perdonerà se, per una volta, le disubbidisco.
«Sai», riprende lei guardandomi. «Dobbiamo festeggiare. Tra qualche mese ci sposiamo». Le sorrido stanca, ma non sorpresa. Fortunatamente ho avuto tutto il pomeriggio per metabolizzare la notizia.
«Congratulazioni, sono felice per voi» affermo fingendo contentezza. Una grande prova di attrice.
«Sarah», mi volto al richiamo di Filippo, ancora qui.
«Non vai a festeggiare?» lo schernisco, poco divertita.
«Non c'è niente da festeggiare» borbotta. «Sono anni che Joseph si convince che la ama. Non è così. Ama te, amerà sempre te»
«Fili, mi dispiace. Non so come aiutarti» sussurro a mezza bocca, trattenendo le lacrime.
«Non lo sai o non vuoi?» chiede, conficcando un coltello immaginario in una piaga che pensavo chiusa da tempo.
«Tra noi è finita. Lui ha già sofferto troppo a causa mia» dico perentoria.
«Ma ora sei cresciuta, sei cambiata... non dirmi che vuoi davvero al tuo fianco il tronista per tutta la vita» esclama drammatico. Ridacchio amara, alzando leggermente solo l'angolo destro della bocca.
«Andrea durerà poco. Non è quello il problema...»
«Puoi risolvere ogni problema, volendo...» Alzo le spalle, incerta e, senza aggiungere altro, torno al mio tavolo.
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