Capitolo 16
JOSEPH
Le prime luci dell'alba mi svegliano, fastidiose. Non sono nel mio letto. Non sono solo. In questo momento, sapere dove sono mi importa poco. Quello che importa davvero, è che ci sia lei, stretta a me, che dorme tranquilla. Sorride, ed io spero che quel sorriso sia per me.
Mi perdo a osservarla. È bella. Bella come sempre. Sarah è di una bellezza così naturale e spontanea, che riesce a disarmarmi. La guardo e mi sento indifeso, inerme, pronto a tutto per quelle labbra che sembrano disegnate da Dio. In questo momento, se possibile, è anche più bella del solito. Nuda, coperta solo dal lenzuolo e stretta tra le mie braccia. Un po' di trucco colato, i capelli arruffati ma sempre morbidi e l'espressione serena.
Avete mai pensato di avere davanti la perfezione? Qualcosa di talmente bello, che niente potrebbe superarlo? No? Allora non avete mai visto Sarah. Perché Sarah è davvero perfetta. Minuta, nonostante sia alta quasi quanto me, con forme perfettamente proporzionate. Un viso dai lineamenti delicati, quasi angelici. Lentiggini sparse per tutto il volto, due occhi marroni penetranti, un naso piccolino e una risata che sa far perdere la testa, tanto è coinvolgente e spontanea. Una donna forte, risoluta, matura, che continua a nascondere le stesse fragilità di quando, a diciotto anni, l'ho vista per la prima volta.
Sarah è sempre stata bellissima, e io l'ho sempre saputo, anche quando fingevo di non vederla e di non conoscerla. Non lo facevo per un qualche stupido senso di superiorità, comunque. Era lei, in effetti, ad essere superiore a me. In tutto. Sarah è sempre stata diversa. Diversa dalle ragazze con cui avevo a che fare al liceo, diversa da tutte quelle che ho ancora intorno. Sapevo che ci avrei perso la testa e il sonno, dietro una così. Ed ero spaventato, terrorizzato, perché avrei potuto farla soffrire davvero e perché avrei potuto, altrettanto, soffrire io.
Ecco perché, per quattro anni, non l'ho mai nemmeno guardata. Non ero alla sua altezza, non lo sono mai stato, e forse lo sa anche lei. Lo ha capito, dopo anni persi dietro di me. Sarah è forte, determinata, attenta, estroversa, simpatica, sagace. E io sono semplicemente io. Merita sicuramente di meglio. Merita sicuramente di più.
Ma io la amo. La amo davvero. La amo così tanto che potrei uccidere per lei. La amo da sempre, dalla prima volta che ho sentito quella risata farsi spazio nel cortile della scuola, attirando l'attenzione di tutti. Quel giorno, quando si è accorta che l'intero corpo studentesco era girato verso di lei, attirato da quel verso, si è messa sulla bocca entrambe le mani, provando a frenarla senza successo, e continuando a ridere di gusto senza riuscire a fermarsi. Sarah è questo. È spontanea e vera.
Sarah è la donna della mia vita, ne sono certo. Ora devo scegliere. Scegliere tra fingere di amare un'altra donna, sapendo di non potere avere lei, e lottare per tornare a quello che eravamo. Per tornare a ciò che è giusto.
Sono stato un codardo per anni. Prima, quando non volevo nemmeno avvicinarmi. Poi, quando mi ha lasciato e non ho fatto nulla per rimediare, lasciando semplicemente che gli eventi mi trascinassero. E, alla fine, quando ho scelto Vivi per non avere troppi problemi. Viviana è sempre stata una scelta facile. Perché è facile stare con chi non ami. Non potrà mai farti soffrire.
Ora devo decidere se essere ancora un codardo. Voglio davvero continuare a essere il ragazzino che scappa? O, forse, è arrivato il momento di diventare un uomo? Un uomo vero, adulto, conscio di quello che vuole e pronto a lottare per ottenerlo, anche se ci vorranno anni.
Conosco già la risposta alle mie domande. Il mio cuore me la urla da mesi. Forse da anni. È arrivato il momenti di esternarla, di farla sapere anche a lei.
«Da quanto sei sveglio?» mugugna, con la voce roca impastata dal sonno. La osservo e le sorrido.
«Da un po'» ammetto. Annuisce e si stropiccia gli occhi, mentre sbadiglia appena.
«Vuoi andare a casa?» chiede e, ma forse è solo la mia immaginazione condita da un po' di speranza, sembra impaurita dalla mia risposta.
«Voglio rimanere qui, esattamente in questa posizione» affermo. Lei sorride appena, sembrando piuttosto pensierosa. La sprono a dirmi che succede e, senza guardarmi, sussurra che forse dovrei chiamare Vivi. Che c'entra adesso? «Non voglio» sussurro tranquillo. «Vuoi che la chiami?» La sento rilassarsi, mentre torna a sorridermi.
«Non particolarmente» confessa, spostandosi verso di me e facendo incontrare le nostre labbra. Ed è così bello, svegliarsi insieme, come una coppia normale. Amarsi, come una coppia normale. Condividere le piccole cose quotidiane, come una coppia normale. La penserà così anche lei?
«Sa', devo dirti una cosa...» borbotto nel bacio, che subito interrompe per guardarmi confusa.
«Finisce qui, vero? Per sempre, stavolta» sussurra, un po' amareggiata. Nei suoi occhi, una tristezza che non vedevo da tempo e una consapevolezza inquietante.
«No», la smentisco subito, sadicamente divertito da tutta la sua preoccupazione. «In realtà...»
«Che vuoi dirmi?» chiede, spronandomi. Ed è ancora terrorizzata. E consapevole.
«Che ti amo» sbotto. «Ti amo da sempre e ti amerò per sempre. Ne sono così certo che quasi mi fa male. Non ho mai amato prima di te e non credo di saper amare un'altra che non sia tu. Ti amo con ogni fibra del mio essere, con ogni cellula. Ogni gesto è rivolto a te, ogni pensiero, ogni»
«Basta» urla, interrompendo il mio flusso di coscienza e alzandosi dal letto. La guardo sbigottito.
«Basta? Perché basta?»
«Perché non voglio ascoltarti» balbetta col fiatone mentre inizia a rivestirsi. Mi alzo anche io, ancora nudo, e provo a fermarla.
«Ma che significa? Ti sto dicendo che ti amo, che hai il mio cuore, che voglio stare con te. Perché continui a uccidermi così? Ti diverti?» Ridacchia amara, prima di buttare fuori un sospiro esausto ed esasperato.
«Sposerai Vivi. È lei che ti ama, non io. Io non so amarti, forse non ho mai saputo farlo» ammette.
«Ah no? A me non sembra. Mi hai sempre amato, mi hai aiutato a migliorare, mi hai cambiato» la sprono.
«Erano secoli fa, Jo. Sono successe troppe cose, siamo cambiati entrambi»
«L'amore non è cambiato, però» insisto. Sprofonda sul letto, prendendosi la testa tra le mani. Poi alza lo sguardo, quasi sfidandomi.
«Io non ti amo, Joseph» sibila, apatica e dura. Quella frase mi arriva dritta, come un colpo di pistola in pieno petto.
«Quindi per te è stato solo un gioco? Un divertimento? Che c'è, ti mancavano i vecchi tempi?» Non riesce a rispondere, troppo presa a trattenere quelle lacrime che non vuole assolutamente farmi vedere. Non riesco a riconoscerla. Perché continua a mentirmi? Perché non vuole lasciarsi andare?
«Vai via» urla a denti stretti.
«E se non volessi?» la sfido ancora.
«Non mi importa» e dicendolo, inizia a raccattare i miei vestiti, me li mette in mano e mi spinge verso la porta. Aspetta che io mi vesta e la apre. «Sparisci dalla mia vita. Sposa Vivi, sii felice con lei, fate tanti figli. Dimenticami, Jo» e con quell'ultimo ordine, mi chiude la porta in faccia.
Amarezza, delusione, rabbia, frustrazione, disgusto, lottano dentro di me, come in un episodio speciale di Inside Out. Come fa ad essere così fredda? Così cinica? Così razionale? Guardo la porta del suo appartamento per l'ultima volta e poi salgo verso il mio. Questa volta è davvero finita per sempre.
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