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L'ultima volta

È strano da credere ma io non ero affatto una di quelle persone che viveva nel passato. Molti non sarebbero daccordo con questaffermazione, eppure è così. Io cercavo sempre di vivere la mia vita giorno per giorno, compiendo le mie scelte senza mai guardarmi indietro. Eppure quella volta non riuscii a farlo. In quellattimo il passato tornò a perseguitarmi con una potenza tale che io non potei fare niente per evitarlo.

Era una giornata come unaltra, quel pomeriggio dovevo uscire con i miei amici e mi stavo dirigendo tranquillamente al nostro solito punto dincontro, percorrendo quella strada che avevo attraversato centinaia di volte nei miei diciotto anni di vita. Ma poi la vidi e capii subito che quella volta non sarei riuscita a sfuggire al passato che in quel momento stava bussando prepotentemente alla mia porta.

In quegli ultimi anni non mi era capitato spesso di pensare a lei, anzi mi ero imposta di non farlo. Avevo cercato di riporre quel pezzo della mia vita in un angolo nascosto del mio cuore che però ogni tanto si rifaceva vivo come unombra davanti ai miei occhi riproponendomi spezzoni passati. E ogni volta era la stessa storia: prima cera sempre quel sorriso malinconico che aleggiava come uno spettro sul mio volto mentre mi tornavano in mente tutti i bei momenti passati insieme, ma poi quel dolore che avevo provato allora riemergeva e mi costringevo a rivolgere i miei pensieri altrove. Ma facciamo un passo indietro. Chi era lei? Chi era quella persona che aveva sconvolto così tanto la mia vita per poi tirarsene indietro, lasciando solo un vuoto a testimoniare il suo passaggio? Una brutta cicatrice, direi io. Unamicizia finita male, direbbero i miei genitori. Ma per quanto mi riguarda queste definizioni non si avvicinavano nemmeno lontanamente al dolore che provavo ogni volta che sentivo il suo nome; un nome che col tempo era quasi diventato un tabù a casa mia. Allinizio è stata dura, lo ammetto, i miei genitori la nominavano in continuazione quasi come se nulla fosse cambiato. Ma quel nome mi pesava sul cuore e ogni volta faceva più male della precedente. Lei era sempre stata una persona molto riservata, timida ed estremamente ligia alle regole, quasi insopportabile oserei dire. Era quel tipo di persona che si limitava ad osservare piuttosto che esprimere la sua opinione, che parlava solo quando era necessario, a bassa voce, perché solo io potessi sentire. Una che ti ricordava sempre che ad ogni cosa cera un limite, che non alzava mai troppo il volume della musica, perché poteva fare male. Era abitudinaria e faceva molta fatica a fare nuove amicizie. Ma per quello cero sempre stata io. Eravamo complementari. Non avevo idea nemmeno io di come avessimo fatto ma ceravamo trovate. Siamo praticamente cresciute insieme, abbiamo condiviso esperienze uniche: il primo giorno di scuola, il primo pigiama party, il primo amore, la prima fuga, il primo giorno di liceo. Quando eravamo insieme, era come se avessimo una bolla attorno a noi, esistevamo solo noi. Noi due contro il mondo.

Mi sono accorta troppo tardi che quella bolla aveva un timer che non accennava minimamente ad arrestare la sua corsa. E alla fine è scoppiata. Ho cercato in qualche modo di ricostruire quello scudo protettivo attorno a noi, inutilmente. Di solito non mi piace tenere le cose in sospeso ma quella volta non riuscii ad affrontare il problema seriamente, non fui mai diretta, probabilmente non affrontai mai il discorso perché non volevo che questo distacco si concretizzasse, profanato dalle parole, e lasciai correre nella speranza di un riavvicinamento ma lei si allontanò sempre di più. E alla fine si concretizzò davvero, anche senza le parole di mezzo. Rimarrà sempre una questione in sospeso per me.

Più avanti mi accorsi che si era trovata nuovi amici, più simili a lei, e tutto ciò che sembrava tenerci unite si era ormai spezzato come una corda logorata nel tempo che, sfinita, si rompe.

Capii che a volte succedeva, due persone che un tempo stavano bene insieme semplicemente si perdevano, forse per nuovi interessi, nuove passioni. Ciò che una volta le accomunava passava in secondo piano. Non contava più nulla. Nessuno rimane mai lo stesso di sempre. Tutti prima o poi cambiano, e questo cambiamento ci fu fatale.

Me nero fatta una ragione, certo, ma restava il fatto che ogni volta che riparlavo di lei sentivo un dolore al petto che non accennava ad affievolirsi. Speravo che un giorno sparisse, come lei era sparita dalla mia vita. A volte mi ritrovavo a chiedermi cosa pensasse adesso quando mi guardava, quando mi incontrava per strada, e ci limitavamo a guardarci come due sconosciuti, due sconosciuti che avevano una miriade di ricordi in comune.

In quel momento, mentre la vedevo ridere davanti a me, insieme ad altre persone, mi sentii quasi come Ulisse che dopo un lungo viaggio durato dieci anni torna in patria, a casa sua, trovandola diversa, invasa dai Proci. Ma io non sono Ulisse. Nemmeno lontanamente. Io non gareggerò con loro per riaverla, non mi metterò ancora in discussione. Lo avevo già fatto abbastanza. Il nostro tempo è scaduto. Allo stesso tempo, mentre mi volto per tornare sui miei passi, vedo Ulisse che si allontana con la sua barca per andare alla scoperta del mondo, unaltra volta, non sapendo che quella sarebbe stata lultima volta che avrebbe visto la sua patria, la sua Itaca. Io invece lo sapevo bene, quando mi voltai, che non lavrei più rivista, la mia Itaca, ma era stato bello per quella volta tornare a casa.

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