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Inferno

E caddi come corpo morto cade (Inferno, canto V, verso 142)


Le mani, rese scivolose dal mio stesso sangue, m'impedivano di allontanare quella viscida bestia, il mio assassino, dal mio collo.

Mi aveva morso ed io ero la sua preda. Lei era la mia morte.

Il veleno entrò in circolo e invase il mio fisico: lo sentivo scorrere nelle mie vene, pompato dal mio cuore, ultimo sforzo di muscolo morente. Il mio corpo, la tomba della mia anima distrutta.

Dovevo lottare. Lo volevo davvero?

Suo figlio era ormai salvo grazie al mio sacrificio. Avevo giurato che avrei protetto quel ragazzo, arrogante e presuntuoso come il padre che ho tanto odiato. Ma quegli occhi... lei era ancora viva in lui attraverso quel verde chiaro.

Dovevo durare ancora un po', giusto il tempo di riuscire a passargli quelle informazioni.

Il veleno bruciava il mio sangue e l'aria non raggiungeva più i miei polmoni.

Stavo morendo.

Quel viscido serpente mollò finalmente la presa dal mio collo dilaniato. Portai una mano alla gola, per tentare inutilmente di fermare l'emorragia che si era creata.

Girai la testa e lo vidi. Lui era lì. Il colore dei suoi occhi non m'ingannava.

Sentii il Signore Oscuro e Nagini allontanarsi. Potter saltò fuori dal suo nascondiglio e mi raggiunse.

Con la poca forza rimasta, lo tirai vicino a me.

"Prendi... Prendi..." dissi in un rantolo.

Fili argentei uscirono dai miei occhi, dalla mia bocca e dalle mie orecchie: erano le informazioni che dovevo passargli e che Potter raccolse, con l'aiuto della Granger, in una fiala. 

Lo guardai. La vista iniziava a offuscarsi: erano i miei ultimi istanti.

Tutto attorno si stava facendo terribilmente scuro e avevo bisogno della luce dei suoi occhi...

"Guar...da...mi" gridai con la voce roca, quel poco di fiato che era rimasto nei miei polmoni.

Lily mia adorata, mi hai fatto un gran dono potendo rivedere tuoi occhi ancora una volta...

Pochi istanti, un'attesa durata quasi vent'anni.

Il cuore mi stava abbandonando... non respiravo più... ma il verde dei tuoi occhi continuava ad accecarmi, a tenermi in vita.

Poi, il buio.

Tutto attorno.

E il gelo.

Freddo, inanimato.

Solitudine e tristezza. Era quella la morte?

Il tunnel si spalancò: verde intenso, come i tuoi occhi e, in fondo, c'eri tu, il tuo solito sorriso. Mi stavi aspettando.

Sto arrivando, Amore.

La felicità mi pervase. La pesantezza del mio corpo non c'era più. Stavo fluttuando verso la tua sagoma, la tua immagine, che diventava sempre più nitida man mano che mi avvicinavo a te.

Poi, ti sentii...

...sentii il tuo tocco su di me, il tuo profumo. La tua voce, la tua risata...

E fu allora che vidi il tuo viso, angelico come sempre.

"Severus" la tua voce pronunciava il mio nome: armoniosa melodia.

Sorrisi, come facevo sempre quando ero con te. Avrei voluto abbracciarti e baciarti e stringerti... ma quell'anello al dito della mano sinistra mi fece tornare immediatamente alla realtà.

Ero uno spirito tanto quanto te ma le cose non erano cambiate. Anche qui, tu appartenevi ad un altro.

Mi prendesti per mano e me portasti in un luogo che conoscevo: Spinner's End.

"Perché qui?"

"Rivedrai la tua vita."

Frammenti d'immagini. Felicità e tristezza: tutto era mescolato assieme.

E così ti rividi, giocare sul prato, e io, nascosto dietro quel cespuglio, imbarazzato da me stesso. Le nostre lunghe chiacchierate, la nostra prima lite. Poi, Hogwarts: i Malandrini, le lezioni di pozioni, i complimenti che ricevevi grazie al mio aiuto, le ore di studio passate insieme. A Natale, il nostro primo regalo. Le ore trascorse in riva al lago a discutere di sciocchezze. Il primo bacio sulla guancia e poi quello vero, per scherzo... ma fu un disastro. Poi, gli anni erano passati e le nostre strade iniziarono a dividersi: le nostre sempre più frequenti liti, la sofferenza, la solitudine. L'odio e il rancore nel vederti con un altro. E l'Inferno: Voldemort e i Mangiamorte, i miei crimini, le mie mani sporche del sangue di innocenti. La profezia. Il pentimento. La mia morte nella tua morte. La resurrezione: tuo figlio. Gli ultimi anni.

Mi resi conto che avevo passato la mia vita intera vivendo attraverso te.

Tu eri la mia esistenza.

Non sono morto oggi ma sedici anni fa, quella notte di Halloween, a Godric's Hollow.

Ora, avevo solo ricevuto la liberazione. La mia anima si era definitivamente staccata dal mio corpo e adesso, posso stare qui con te. Per sempre.

Nulla mi avrebbe più separato da te.

L'anello al tuo dito brillò ancora.

Perché? Perché ancora tormento?

Improvvisamente, le immagini scomparirono. La tua figura iniziò a dissolversi. La mia amata Lily stava scomparendo dai miei occhi ancora una volta.

Una luce accecante m'immobilizzò.

Chiusi gli occhi per non rimanerne ferito.

* * *

Quando li riaprii, mi ritrovai disteso su un letto, al caldo, con morbidi cuscini dietro la testa. La luce accecante proveniva dal lampadario sopra di me.

Ero in ospedale. Ero ancora vivo.

Era stato tutto un sogno?

Tastai il collo. La ferita era completamente avvolta da uno spesso strato di bende.

No, era tutto vero. Ero morto e ora sono vivo. La mia cara, oscura e funerea amica, che per anni ho cercato, non mi ha voluto con sé. Ha voluto dividermi ancora una volta dal mio Amore perduto. Era il mio contrappasso? La stanchezza mi pervase e chiusi ancora gli occhi.

Verde chiaro fu il mio risveglio. "Lily" sussurrai appena.

"Professore? Sono io, Potter." La mia speranza crollò. La tristezza strinse forte il mio cuore alle sue dita scheletriche. Era solo suo figlio. Non era lei. Lo guardai rattristato, sconfortato.

Il ragazzo, interpretando la mia reazione come un semplice smarrimento dovuto alle circostanze, mi raccontò ciò che era successo dopo la mia "apparente" morte: mi disse che ero stato in coma per quasi due mesi, che Voldemort era stato sconfitto e tutto era tornato alla normalità. Poi, quasi timidamente, aggiunse:

"È solo grazie a lei se sono qui a raccontare tutto questo."

Non dissi nulla. Anzi, non diedi peso alle sue parole. Non stavo affatto ascoltando la sua voce. Nella mia mente avevo ancora il ricordo del viaggio del mio spirito verso l'Eternità e una domanda, una sola, irrisoluta questione: perché ero ancora lì?

"Professore tutto bene?"

Potter mi guardò con fare preoccupato. Non lo avevo mai visto comportarsi così con me. A lui non era mai importato nulla del Professor Piton. Perché era ancora lì?

Avrei voluto gridargli di andarsene, per terminare lì quell'imbarazzante situazione, ma la voce non usciva dalla mia bocca. Non avevo ancora recuperato l'uso della parola: d'altronde, era inevitabile dopo che quel serpente aveva dilaniato la mia gola.

Voltai lo sguardo dall'altra parte della camera: trovavo irritante che lui si interessasse di me, che fosse li a farmi da "infermiere" dopo tutti quegli anni passati ad odiarmi e a tirare conclusioni sbagliate al mio indirizzo.

Come se mi avesse letto nel pensiero (cosa di cui dubito fortemente), mi disse:

"Mi dispiace per aver... diciamo... per aver sempre dubitato di lei in questi anni... per aver pensato che mi odiasse..."

"Non saresti figlio di tuo padre, Potter" pensai d'impulso incrociando il suo sguardo.

Improvvisamente, l'espressione del ragazzo cambiò: mi accorsi che era riuscito a leggermi nel pensiero, che quella frase gli era entrata in testa. Il solito vecchio sguardo di rancore e odio si dipinse sul suo volto. Strinse i pugni, si alzò dallo sgabello e senza proferire parola, usci dalla camera sbattendo fortemente la porta. Lo sentii inveire, fuori, con i suoi amici:

"E' tutto inutile, lui non mi vuole vedere, non vuole le mie scuse. I suoi occhi continueranno a vedermi come una persona da odiare!"

"Harry, stai calmo, si è appena risvegliato... dagli il tempo di rendersi conto della situazione..."

"No, Hermione. Con lui non c'è nulla da fare."

Già, non riuscivo proprio a essere cortese con lui.

* * *

Solo più tardi, la storia che Harry mi aveva raccontato sulla morte del Signore Oscuro, mi fece prendere atto che l'incarnazione del Male non esisteva più. L'idea che Voldemort non fosse più in vita risuonava strana nella mia mente: colui di cui ero stato schiavo, che decideva il ritmo del mio respiro e il battito del mio cuore, colui che teneva la mia vita appesa a un filo e che avevo rinnegato, avendo compreso troppo tardi quanto la scelta di essergli fedele mi sarebbe costata, era diventato un'ombra, un ricordo sbiadito. Era morto. Il dolore era cessato, non avrei provato più alcun tormento fisico.

Lo sguardo cadde immediatamente sul mio braccio sinistro: esisteva ancora quel segno, il tatuaggio del mio patto con il Demonio? Sollevai la manica della camicia: quasi non riconoscevo quella pelle che, fino a qualche mese prima era sfregiata dal marchio e ora, era tornata immacolata, come vent'anni prima, quando ero ancora un ragazzo. Tastai quella parte di pelle, che per metà della mia vita avevo odiato, privato di qualsiasi cura. Quel lembo di carne capace di trasmettermi il dolore e la rabbia, con la stessa intensità di quella notte in cui divenni Mangiamorte, ogni volta che lo guardavo. Ora era tutto finito.

I segni della mia esperienza di Mangiamorte, di servo infedele del Signore Oscuro, erano rimasti solo dentro di me, tele imbrattate dal sangue e dal dolore, intagliate dal rimorso e dalle lacrime, che scendevano lungo il mio viso, a ricordare cosa avevo perso e cosa avevo fatto.

* * *

Nei giorni successivi ricevetti alcune visite da parte dei membri sopravvissuti dell'Ordine e dai professori di Hogwarts. Ma di Harry nessuna traccia. In compenso, venne a farmi visita il suo 'seguito', Weasley e la Granger, comportandosi in modo diverso dal solito, proprio come il loro amico.

"Lo scusi Professore, ma Harry si è ritrovato all'improvviso tra le mani tutta la verità sul suo conto e, sebbene sono passati più di due mesi, è ancora sconvolto. Avrebbe così tante cose da chiederle e dirle..." disse la ragazza, urtando il braccio di Weasley per esortarlo a parlare.

"In effetti, abbiamo anche noi tante cose da chiederle e dirle..." aggiunse, lanciando poi uno sguardo alla Granger.

"Vogliamo dire..." la ragazza prese un respiro "... che non pensavamo ci fosse una... diciamo... storia così complicata dietro di lei..."

"Noi non pensavamo che lei servisse davvero Silente..." terminò Weasley.

Non avevo proprio voglia di stare ad ascoltarli... volevo solo essere lasciato in pace; mi era già bastato Potter, non era necessario che anche i suoi "fedeli" mi facessero lo stesso discorso pieno di buone parole e buoni propositi. Lanciai uno sguardo alla lavagnetta, che mi era stata data, posta accanto al letto, e il gesso iniziò a scrivere, riportando i miei pensieri: "Avete per caso fatto indigestione di Cioccorane per diventare tutti più buoni e disponibili nei miei confronti?"

Vidi il fuoco salire dentro gli occhi di Hermione:

"Sa che le dico? Harry avrebbe dovuto lasciarla nella Stamberga e non chiamare immediatamente i soccorsi. Non meritava di essere salvato!".

Hermione si portò le mani alla bocca, sconvolta da quelle orrende parole che, dettate dalla rabbia, aveva pronunciato.

La guardai sconvolto: imbarazzata e con un timido "mi scusi Professore" uscì dalla stanza accompagnata da Ron.

Rimasi a riflettere su quelle parole che mi avevano così sorpreso: Potter mi aveva salvato? E proprio quella notte, probabilmente dopo aver visto la mia storia nel Pensatoio... anzi, certamente dopo quell'episodio.

Ma io non volevo essere salvato. Io non meritavo la vita. Volevo solo la morte, così a lungo attesa...

Lily... ti ero vicino, ti ho sfiorato ma ancora una volta sono stato separato da te. Ancora una volta, qualcuno che tu ami ci ha allontanati. Tuo figlio.

* * *

Passarono altri mesi e finalmente venni dimesso. Ripresi il perfetto controllo della mia voce, anche se, le ferite che avevo riportato l'avevano resa leggermente più roca. Riflettei: che uso ne avrei fatto della mia voce? Chi l'avrebbe ascoltata? Un futuro di solitudine e silenzio mi attendeva. O almeno è quello che pensavo.

Fuori dall'ospedale, fotografi e giornalisti erano mescolati ai professori della mia vecchia scuola e a volti a me sconosciuti, probabilmente appartenenti al Ministero.

Minerva, la mia vecchia amica venne a trovarmi in camera, mi prese sottobraccio e mi aiutò ad attraversare il mare di folla, conducendomi verso una carrozza trainata da Thestral, parcheggiata lì vicino.

Le grida e i flash mi stordivano: "Come si sente a essere considerato colui che ha aiutato Harry Potter a sconfiggere Voldemort?" "Come era essere una spia? Come ha fatto a non farsi scoprire in tutti questi anni?" "Seguimi Severus e non dire una parola" mi esortò Minerva.

Grazie all'aiuto di Hagrid, che bloccava quegli invasori, raggiungemmo presto la carrozza e vi salimmo a bordo. Poco dopo partimmo librandoci in aria, nel cielo.

Guardai sorpreso Minerva, in cerca di una risposta a tutto quel fracasso là fuori. Lei capì al volo il mio sguardo e mi spiegò:

"Erano tutti là per te. Tutti hanno saputo la verità sul tuo conto. Potter ha deposto a tuo favore nel processo contro i Mangiamorte e ha detto a tutti..."

"Potter mi ha difeso?" la interruppi incredulo.

"Si, ha detto che eri una spia per conto dell'Ordine e che hai sempre seguito alla lettera tutte le le istruzioni di Silente. Ha rivelato la verità sul tuo conto, trasformando così la tua reputazione di traditore in quella di eroe. I giornali hanno atteso questo giorno per tanto tempo...".

Le parole di Minerva si affievolirono mentre io mi richiudevo nei miei pensieri: Potter mi aveva salvato la vita, mi aveva difeso in tribunale... non potevo crederci. Quel ragazzo si era completamente trasformato...

Abbandonai i miei pensieri e feci a Minerva altre domande sul processo.

"Si, quasi tutti i Mangiamorte sono stati condannati. Oltre a te, Potter ha deposto anche per i Malfoy, anche se qualche mese ad Azkaban non è stato risparmiato ugualmente a Lucius. Suo figlio, Draco, invece è stato completamente scagionato".

Ero felice che Draco se la fosse cavata. In fondo non aveva commesso nessun reato, se non quello di essere stato erroneamente arruolato, contro la sua volontà, tra le file dei Mangiamorte.

"A proposito Severus" Minerva mi prese le mani tra le sue e aggiunse "ti chiedo perdono per averti dato del codardo e insultato in quel modo. Purtroppo non conoscevo i fatti, non sapevo del tuo accordo con Silente" le risposi con un cenno del viso e lei ricambiò con un sorriso.

"Dove stiamo andando?" chiesi guardando fuori dal finestrino.

"Stiamo tornando a Hogwarts. È giusto che tu riprenda il tuo mandato di preside. E poi, là saresti al sicuro dai giornalisti e soprattutto da qualche sostenitore di Voldemort, casomai ne esistessero ancora in libertà".

E così stavo tornando a Hogwarts. La ragione? Apparentemente la carica di preside. Lo sai anche tu, Minerva, che non mi importa nulla di quel titolo. Ma ancora di più, sai che non ho nessun altro posto dove andare e soprattutto, che potrei essere in pericolo: ecco quindi che mi offri rifugio in quella gabbia di pietra e magia. 

Lo hai appena detto: i possibili Mangiamorte scampati al processo, mi farebbero fuori volentieri. Pensi veramente che la morte potrebbe arrivare per mano di un essere umano? Sono tornato, Minerva, dal mondo delle ombre per un motivo a me ancora sconosciuto. Non so se passerò il resto dei mie giorni sulla Terra o se presto, la morte tornerà da me... non so se, quella che mi è stata concessa, è un'opportunità per risolvere le questioni insolute, nient'altro che una parentesi, il battito di un istante. 

Già, come accadeva in quel film che vidi quando ero ancora bambino, in quell'oggetto babbano chiamato televisione. Sarebbe capitata anche a me la stessa sorte?

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