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La cena.


Disteso al sole ZAFFIRO si leccava il pelo arruffato. Osservava Grange, il vecchio guercio, con il secchio in mano che nascondeva i bocconi di carne.

Il GATTO nero, con due striature chiare sulle zampe, lo seguiva con gli occhi verdi. Aveva imparato a sue spese che quei teneri pezzi di cibo erano letali. Uno malauguratamente lo aveva addentato e aveva dovuto inghiottire dell'erba per vomitare. Era stato per tre giorni sotto al vecchio TRONCO a smaltire il veleno, da allora si era tenuto lontano dalle esche polpose.

Quegli stupidi topi se li divoravano in un boccone e schiattavano contorcendosi per il dolore. Grange rideva e li lasciava imputridire nel campo il TEMPO necessario per concimare la terra.

Aveva fatto lo stesso anche con i suoi cuccioli dopo averli affogati tutti, compresa la madre dal pelo rosso. Il vecchio li aveva lasciati marcire nel terreno e il nero felino aveva scavato fino a ferirsi le zampe per coprirli con la terra.

Lo odiava, il micio nero, ma rimaneva per tormentarlo. Sapeva dove aveva il cibo buono e lo rubava.

"Ti ammazzerò, prima o poi, bestia nera."

Il vecchio guercio lo rincorreva, ma finiva per fermarsi esausto. Lo aveva fatto anche oggi e rantolava sulla porta di casa con il badile in mano fissandolo con l'unico OCCHIO che gli era rimasto.

"Bestia di satana!" Gli urlò adirato.

Il vecchio ritornò dentro sbraitando. Il micio lo vide in cucina che si arrabattava ai fornelli. Al peloso nero venne un'idea. Beh, una mortale idea. 

Aspettò che Grange se ne andasse in bagno e corse ad afferrare un boccone di carne avvelenato, fu attento a non stringerlo. Salì sul fornello e lo lasciò cadere nella pentola. Lo ripeté altre due volte.

Quel vecchio bastardo non si sarebbe accorto di niente.

Il peloso nero rimase alla finestra a guardare.

 "Brutta palla di pelo, ne vorresti vero? È la mia cena ed è tutta mia." Lui miagolò serafico. Il guercio fece un breve SOSPIRO maligno. 

"Ti farò morire di fame, bestia malefica."

Il vecchio Grange preparò la tavola e divorò tutto. "Era buonissimo, bestiaccia."

Con un TOCCO della forchetta, fece tintinnare il bicchiere.

 "Alla tua salute, diavolo nero."

Fu l'ultima cosa che disse. Il felino si allontanò, in fondo aveva un cuore debole, non voleva vederlo morire come i topi che smaniavano senza sosta.

Miagolò all'indirizzo del campo, dove la terra era tutt'uno con i suoi cuccioli: avevano avuto vendetta.

Il corpo stecchito di Grange rimase due settimane steso in cucina, in mezzo al suo vomito.

Lo ritrovò il postino. Mezzo paese si chiese come diavolo avesse fatto a mangiarsi i bocconi avvelenati per i topi.

"Povero piccolo, sei rimasto solo." Una mano accarezzò la testa del nero felino.

"Ti porto con me. Che ne dici?" Miagolò, si strusciò sulle gambe della vecchia signora, un RIFLESSO mesto apparve sul musetto.

"Sei proprio un micetto devoto, non soffrire per la perdita del tuo amato padrone." Lo prese in braccio e lui approvò.

Non avrebbe sofferto di certo. 

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