Non dimenticare chi sei
Estate, 1740
Il sole del mattino stava tingendo di un rosso acceso il paesaggio circostante, che piano piano si accendeva di luce, mentre le prime vampate di calore si diffondevano per la regione.
Sotto un cielo solcato solo da qualche nuvola solitaria, si estendeva una verdeggiante pianura, risplendente della rugiada mattutina e costellata da un grazioso laghetto, da cui provenivano i versi delle anatre. Proprio vicino a quest'ultimo, si apriva un lussureggiante bosco, colmo di alberi slanciati, dalle chiome folte e dalle radici nodose, al centro del quale si allargava alla vista dei visitatori un immenso piazzale, nel quale troneggiava una fontana a più livelli. Di fronte ad essa, le prime luci del mattino si riflettevano sulle finestre che adornavano elegantemente un maestoso castello, sobrio all'esterno, ma imponente nella sua forma.
Ed è proprio qui che comincia la nostra storia, una storia di segreti, amori infelici, matrimoni forzati ed emozioni travolgenti e forti, come i cuori instancabili e sempre pronti alla battaglia dei nostri protagonisti.
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Con lo scroscio dell'acqua che zampillava allegra, cadendo nella grande vasca, una donna sedeva tranquillamente vicino alla fontana, intenta in una lettura che pareva assai interessante.
Come non ammirare i suoi capelli rosso sangue, tenuti in un morbido raccolto che le incorniciava il bel viso; oppure, i suoi occhi di un azzurro così limpido da sfidare persino il colore del mare; o, ancora, la sua pelle nivea, eccetto per il colore rosato delle sue guance, che si alzavano ritmicamente, all'apparizione di un sorriso pieno e gioviale che, di quando in quando, le increspava le dolci labbra?
Eppure, c'era qualcosa nella figura di questa nobildonna che da mesi ormai faceva girare immediatamente le teste dalla sua parte, attirava sguardi indiscreti che malcelavano una profonda disapprovazione: la pancia prominente.
Proprio lì, in quel corpo così minuto e delicato, si nascondeva una vita, una bellissima creatura che avrebbe ammantato di gioia la casa dei genitori. Ma, purtroppo, non era così. Non è questo il genere di storia che devo raccontarvi. Almeno, non lo è in tutto.
Perché, infatti, la gioia della ragazza nel venir a sapere la lieta notizia era stata assai pura e sincera, senza alcuna emozione che potesse adombrarla. Quel cuore che batteva dentro di lei con forza, con il palese desiderio di venire alla luce, di vivere, era la testimonianza più grande dell'amore, della passione travolgente che ancora avvolgeva il cuore della ragazza. Eppure, la notizia non aveva rallegrato nessun altro, se non lei.
Ma come dar torto ai pettegolezzi, ai rimproveri, alle delusioni che il suo stato aveva provocato? Nonostante fosse stata accecata dall'amore, la giovane fanciulla non era un'ingenua, conosceva benissimo le regole che governavano il suo mondo, le aspettative che gli altri avevano di lei, i ruoli ben divisi che permettevano di redigere un ordine delle cose preciso, ordine che garantiva l'armonia della società. O almeno, questo era ciò che la madre le aveva sempre insegnato. Era cresciuta pensando che le differenze di classe e le naturali conseguenze fossero semplicemente un risultato dello stesso volere del Cielo, affinché tutto fosse al suo posto. Ecco, le parole fatidiche: ordine, tradizione, abitudine, consuetudine. La sua vita era stata programmata, fin da piccola, secondo questi termini, cosicchè alla fine, all'età di diciotto anni, si ritrovava imprigionata nell'immobilità, senza che vi fosse alcuna possibilità di cambiare, di alterare la conformazione di quegli argini che avevano contenuto per troppo tempo quel fiume in piena, che era il suo spirito.
E lei davvero aveva provato a farlo, a correggere lo stile di vita che aveva avuto fino a quel momento, per gettarsi nell'ignoto a capofitto, senza pensare alle conseguenze. E così, l'amore l'aveva catturata, imprigionata con le sue spire e da quel momento, nulla era più stato come prima. Il sole era divenuto più caldo, il cielo più azzurro, la brezza più rigenerante. D'un tratto, avrebbe voluto strapparsi con veemenza quegli abiti di seta che indossava, per poterli liberamente sostituire con abiti più semplici, comodi e confortevoli. In tal modo, avrebbe potuto cavalcare o passeggiare per i campi, senza il timore di sgualcire quei bei vestiti.
Così, improvvisamente, aveva cominciato a trascorrere sempre più tempo ai campi, dove i braccianti ogni giorno lottavano contro il caldo afoso, per cercare di mantenere il ritmo di lavoro. Vestivano quasi tutti con camicie leggere e pantaloni provvisti di cintole, nelle quali trovavano posto vari tipi di attrezzi; stivali tutti infangati e consunti, cappelli di cui si munivano per proteggersi dai violenti raggi del sole ed un fazzoletto al collo, utile per detergersi il sudore dalla fronte, completavano l'abbigliamento. Tuttavia, nonostante lei provasse una grande stima per il lavoro che, giorno dopo giorno, quegli uomini portavano avanti a beneficio tanto della propria famiglia, quanto della sua, lei non avrebbe mai raggiunto quei luoghi senza un motivo preciso.
Ebbene, il fine non poteva che essere qualcuno, un contadino per la precisione.
La prima volta che l'aveva incontrato, quasi una anno prima ormai, era una giornata estiva molto calda. Con il sole che batteva senza pietà sui campi, senza che il suo calore potesse essere attutito da una qualche brezza, quel giorno, lei aveva deciso di rinfrescarsi nelle acque del lago, nascondendosi a sguardi indiscreti, grazie ad alcune rocce sporgenti. Ad un certo punto, mentre immergeva il suo corpo delicato in quelle acque così frigide, dei passi tra gli alberi che circondavano il laghetto, l'avevano messa in allarme.
Fu in quel momento che lo vide: un giovane alto, con un fisico minuto, ma, allo stesso tempo, ben strutturato. Dalla camicia leggera, si intravedeva il busto tornito e la sua agilità era descritta maggiormente dal guizzo dei suoi muscoli, ad ogni minimo movimento. Ma, ad ammaliarla completamente furono i suoi occhi, che si resero più visibili solo quando egli si avvicinò. Erano di un marrone molto scuro, ma recavano con sè una vivacità mai sopita, neanche dalla durezza del lavoro che conduceva. Sembrava quasi che la vita, pur non avendogli offerto grandi possibilità, gli avesse destinato una forza d'animo imbattibile, una grande intelligenza e astuzia, come testimoniavano quegli occhi vispi e sempre in movimento, pronti a catturare ogni minimo dettaglio. E, in quel momento, catturarono lei.
Si trattò certamente di un incontro inaspettato e anche inconsueto, perché quel giorno non si scambiarono nemmeno una parola. Rimasero lì, a guardarsi intensamente negli occhi, mentre l'acqua fresca del lago lambiva le loro gambe. I minuti passavano, ma nessuno dei due sembrava intenzionato ad allontanarsi: non sentivano più alcun rumore, nè il frusciare dei rami, nè il cinguettio incessante degli uccelli; i loro occhi non vedevano nulla, se non la persona che stava loro di fronte, mentre cercavano di fissare nella memoria ogni forma e piccola imperfezione del corpo dell'altro; le bocche erano aride come le dune del deserto, dune imperversate da violente tempeste. Perché sì, in quei cuori, era avvenuto qualcosa. Sembrava quasi che tutte le emozioni provate precedentemente nella loro vita si mescolassero, fino a trasformarsi in una sorta di apatia, perché null'altro era importante, se non quella passione disarmante che oramai albergava in loro.
Ma quel giorno fu solo il primo di tanti che i due giovani trascorsero insieme, mano nella mano, passeggiando per i campi, abbracciandosi e innamorandosi sempre di più con il passare del tempo. Il loro fu davvero amore a prima vista, fu una forza a cui dovetterero abbandonarsi, pur non avendolo premeditato, ma, mentre i mesi si susseguivano, entrambi fecero la scelta di amarsi, di donarsi all'altro, pur con le loro differenze. Certo, erano consapevoli delle lotte che avrebbero dovuto affrontare, dei pregiudizi da superare, ma ciò non avrebbe potuto separarli. Più volte si giurarono, sotto la luce delle stelle, che le convenzioni non li avrebbero separati, ma sarebbero andati contro tutto e tutti, pur di stare insieme.
E così, sotto il segno di un grande amore, lei, la marchesina Adelaide Van Necker, rimase incinta dell'unico uomo che avrebbe mai amato: Giacomo Tagliavini. Lei, giovane nobildonna destinata ad un matrimonio che avrebbe dovuto accrescere i beni familiari, si innamorò perdutamente di un uomo qualunque, offrendosi interamente a lui, quasi fosse la sua ancora di salvezza.
Lui, un uomo cresciuto troppo in fretta offrì il suo cuore ad una donna che mai avrebbe pensato di amare.
E così trascorsero mesi, durante i quali i due giovani si dedicarono al loro sentimento in segreto, aspettando il momento del parto per poi poter fuggire e cominciare finalmente a vivere la loro vita.
Qualcosa però era andato storto: la Marchesa, venuta a conoscenza della gravidanza della figlia, le aveva proibito di vedere Giacomo, facendola sorvegliare ogni ora del giorno e della notte. Ma a nient'altro erano serviti questi metodi se non a rafforzare ulteriormente l'amore dei due giovani che, grazie all'aiuto di una serva, riuscirono comunque ad incontrarsi, premeditando ogni minuto passato insieme la loro prossima fuga.
Proprio in quel momento, seduta nei pressi della fontana che adornava il giardino del castello, la marchesina fu interrotta nella sua lettura, a causa dell'arrivo di una serva.
"Perdonate, marchesina. La vostra signora madre chiede di voi nella biblioteca", esordì la ragazza, che solo da qualche tempo lavorava per la prestigiosa famiglia.
"Grazie, Maria. La raggiungerò subito", rispose lei, alzandosi e sistemandosi il vestito, mentre la ragazza la salutava, inchinandosi brevemente. Di sicuro, la richiesta della madre non la entusiasmava, ma non poteva compromettere la sua serenità, in vista dell'imminente parto, così si rassegnò, percorrendo a grandi passi il giardino. Una volta dentro, salì la lunga scalinata, fino ad arrivare ai piani superiori, dove si trovava la biblioteca.
La madre era seduta con compostezza ed eleganza nella sua poltrona abituale, con uno sguardo fermo, ma tutt'altro che rassicurante.
Non appena la marchesina varcò la soglia, lei si alzò, per porsi alla sua stessa altezza.
Sapeva quanto era importante il contatto visivo nelle discussioni, per cui si preparò mentalmente.
"Avete chiesto di me, madre", esordì educatamente.
"Mi fa piacere che, per una volta, tu abbia ascoltato una mia richiesta. Questo mi fa capire che, quando vuoi, sai ascoltare i suggerimenti di tua madre".
"Se si trattasse solo di suggerimenti e non di imposizioni, forse reagire diversamente", rispose, distogliendo lo sguardo.
"Guardami negli occhi quando ti parlo e non essere insolente. Non desidero scoprire di aver cresciuto non solo una figlia ingrata e svergognata, ma anche un'impertinente."
"Non cercate delle giustificazioni, perché non ne avete. Sarò insolente fino a quando non mi permetterete di vedere l'uomo che amo", rispose lei, ponendo una mano in grembo, quasi a voler proteggere il suo bambino da quella realtà così ostile.
"Bene, visto che hai tirato tu fuori l'argomento, ancora meglio. Volevo semplicemente informarti che ho pagato un'ingente somma di denaro alla famiglia di quel disgraziato e ho avuto una grande soddisfazione: se n'è andato, insieme a quei quattro poveracci, e non tornerà mai più ", disse la Marchesa con un sorriso beffardo, mentre girava attorno alla figlia.
"Mentite, non può essere vero. Noi ci amiamo, in una maniera cosi profonda che voi non potrete mai arrivare a comprendere! Ci amiamo cosi tanto da dimenticare tutto, quando siamo insieme. Lui non avrebbe mai barattato un'intera vita con me e suo figlio, per qualche spicciolo in più", le rispose la marchesina, con gli occhi avvampanti di odio nei confronti della madre.
A quel punto, quest'ultima scoppiò in una risata arcigna, ponendosi di nuovo di fronte alla figlia.
" Oh, mia cara, sei una giovane fanciulla dal cuore così tenero che ti sei lasciata ammaliare dal primo giovanotto che hai incontrato. Davvero avresti rovinato la tua vita, abbandonando la tua famiglia e i tuoi averi, macchiando per sempre il nome dei Van Necker, per un contadino? Ma soprattutto, come puoi anche solo aver pensato di fuggire via, senza che io provassi a fermarti?"
"Io non vi credo, non lo farò mai! Voi non sapete niente, niente dei miei sentimenti!"
"Non mi credi? Bene, allora vai, vai ai campi e chiedi a tutti del tuo amore perduto. Di certo, in loro avrai riposto la tua fiducia.
Ma ascolta bene, quando tornerai a casa, una volta saputa la verità, guardati attorno e cerca di capire. Cerca di non dimenticare chi sei".
Detto questo, uscì dalla stanza, mentre Adelaide si lasciava cadere sulla poltrona. Con gli occhi arrossati e le mani tremanti, improvvisamente comprese dove doveva andare.
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Adelaide aveva imparato a cavalcare quando era solo una bambina, ma, con il passare del tempo, era divenuta qualcosa di cui non poteva fare a meno. Mentre era in sella al suo cavallo preferito, un destriero dal manto nero di nome Bell, si sentiva libera, poteva perdersi nel vortice dei suoi pensieri senza che nessuno venisse a disturbarla. Certo, la gravidanza rendeva tutto più difficile, ma non le importava.
In quel momento, voleva solo correre via, fuggire dalla realtà, perché se le parole della madre si fossero rivelate giuste... No, non poteva essere. Era impossibile. Se c'era qualcosa di cui era sicura in questa vita, era l'amore incondizionato di Giacomo per lei. Le aveva giurato più e più volte la sua volontà di lottare, per vincere quella battaglia contro le tradizioni che li tenevano separati. Avrebbero trascorso una vita felice, all'insegna dell'amore, una volta superate tutte le difficoltà incontrate sul loro cammino. Le sue parole non potevano essere false, non potevano nascondere ipocrisia, viltà; i suoi occhi così vivi non avrebbero potuto ingannarla fino a tal punto. Lui la amava incodizionatamente, così come lei.
Non poteva essere vero.
Dopo qualche minuto, finalmente giunse ad una casetta che non distava molto dal laghetto. Era il loro nido d'amore, il luogo dove si rifugiavano per fuggire dalla realtà che per il momento li teneva separati. Lì, non erano altro che Adelaide e Giacomo, due cuori che battevano all'unisono, seguendo il ritmo dell'amore.
Una volta scesa da cavallo, Adelaide legò Bell al recinto ed entrò al suo interno, raggiungendo l'edificio. Si trattava di una catapecchia usata dai contadini come una sorta di magazzino per gli attrezzi vecchi, che non venivano mai buttati, in quanto potevano essere riutilizzati come pezzi di ricambio.
Proprio al centro dell'unica stanza della casetta si trovava uno scrittoio, nel cui comodino erano conservate tante poesie d'amore che Giacomo aveva ritagliato da vecchi libri di poesie per dedicargliele, declamandole poi, con voce soave, all'ombra di un grande albero.
Adelaide aprì proprio uno di questi cassetti e lì trovò una lettera con su scritto il suo nome. Fu in quel momento che lacrime calde cominciarono a rigarle le guance. Non c'era più alcun dubbio. Quella era una lettera d'addio.
~Spazio autrice
Eccoci qua al termine del primo capitolo! Spero vi sia piaciuto.
In questa prima parte, avete conosciuto la storia di due giovani molto travagliata e difficile, anche se ancora non è finita! Nel prossimo capitolo, avrete molte più informazioni su di loro, quindi continuate a seguire la storia.
Mi raccomando, fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate e, se ne avete, datemi dei suggerimenti. Sono sempre ben accetti.
-Alla prossima! ❤️🌟
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