Capitolo 1: Un nuovo inizio
*SBAM*
"Cosa è successo?" Mi chiedo, mentre il mio udito inizia a rientrare e la vista sfocata lentamente si schiarisce. Con un mal di testa pulsante, cerco di fare ordine nella mia mente e capire dove mi trovo e come mai sono ridotto in questo stato.
<<Ehi, ti sei svegliato finalmente>> mi saluta una voce dall'oscurità. Inizio a cercare la fonte della voce e distinguo una figura seduta su un letto, che sembra essere all'interno di una cella.
La realizzazione mi colpisce: una prigione?
<<Ti hanno dato una bella botta e, a quanto pare, ti hanno anche tagliato la lingua per caso?>> continua la voce.
Scuoto la testa, cercando di connettere la bocca al cervello prima di iniziare a pronunciare qualche parola.
<<Dove mi trovo e perché sono sdraiato sul pavimento?>> domando, sperando che quel tizio misterioso possa chiarirmi le idee.
Lo vedo alzarsi e venire verso di me, un ragazzo di colore intorno ai 25 anni, molto più alto di me, sono pronto a scommettere che sia quasi due metri, sembra un armadio per quanto è grosso, ha i rasta e una barba folta.
<<Siamo nel penitenziario di San Quintino, in California, e sei sdraiato sul pavimento perché ti hanno lasciato lì, privo di sensi>> mi spiega il ragazzo.
Continuo a non capire come mai mi trovo in una prigione. La confusione e l'ansia crescono.
<<Privo di sensi? Chi mi ha lasciato lì?>> domando, ansioso di ottenere ulteriori dettagli.
Sta per rispondere quando con un cenno della mano lo fermo e domando
<<Tu chi sei?>>.
Lo vedo scuotere la testa con un ghigno sul volto
<<Sono Geoffrey e prima che tu mi riempia di domande lascia che ti spieghi cosa ti è successo e del perché non ricordi nulla, prima però alzati e siediti sul tuo letto a meno che non ti piaccia stare sul pavimento come un cane, ricordi come ti chiami?>>
Faccio come dice, mi alzo con non poche difficoltà e mi sforzo di ricordare ma avverto immediatamente un forte mal di testa
<<Non so cosa mi succeda ho la testa che mi scoppia>> dico lamentandomi per il dolore
<<Capisco...>> dice a voce bassa
Lo vedo con la testa china, le braccia conserte e resta in quella posizione per qualche secondo
<<Bene, iniziamo con il raccontare l'accaduto. Ma prima eccoti uno specchio, questo sei tu nel caso non ricordassi il tuo aspetto>>
Mi porge lo specchio così che possa osservare il mio riflesso
Capelli neri rasati, immagino mi siano stati rasati all'arrivo qui, occhi castani con sfumature verdi, nemmeno un pelo di barba. Tutto sembra così diverso e sconosciuto, come se fossi estraneo a me stesso.
Geoffrey continua a parlare come se avesse letto i miei pensieri.
<<Sei alto più o meno 1,80 m, non so quanto pesi, ma sembri troppo magro. Non so come tu possa sopravvivere qui dentro>> dice, come se cercasse di riportare alla mia attenzione il mio aspetto trascurato. In effetti, mi guardo nel riflesso e vedo un uomo emaciato, forse avrei davvero bisogno di allenarmi.
<<Bene, ora che hai finito di osservarti, direi che possiamo incominciare per davvero>> prosegue Geoffrey.
<<Il tuo nome è Dustin Watson, sei stato condannato per omicidio un paio di settimane fa; mi dicesti di avere poco più di 20 anni. Quando ti portarono qui non eri di molte parole, il poco che so di te ho dovuto tirartelo dalla bocca con le pinze, non so se sei davvero un assassino, non hai proferito parola a riguardo.>>
Mi ascolto con attenzione, incredulo. Sono accusato di omicidio? Non riesco a immaginare come sia possibile.
<<Arriviamo al punto>> prosegue Geoffrey.
<<I primi giorni ricordo che di tardo pomeriggio passavano le guardie per farti fare un giro fuori dalla cella, non so dove ti portassero, ma dal modo in cui ti riducevano non credo si trattasse di una passeggiata per passare del tempo in compagnia. Ti riportavano in cella conciato davvero male, probabilmente ti riempivano di calci e pugni e chissà cos'altro. Ultimamente le visite sono diminuite, ma è sempre la stessa storia, non ricordi mai nulla, parli poco e anche quando usciamo per le ore d'aria di mattina e pomeriggio te ne stai sempre in disparte.>>
Le parole di Geoffrey mi fanno riflettere. Non ho alcun ricordo di quello che mi è successo prima di svegliarmi in questa cella. Non so nemmeno se sono davvero colpevole o innocente.
<<Non saprei dirti del perché ti facciano questo>> conclude Geoffrey
<<Quello che non capisco è, come mai non ricordi nulla? E perché proprio a te? Non che mi interessi provare l'esperienza, ma non è una cosa usuale torturare un ragazzo solo perché è detenuto, tutti qui siamo detenuti. Quindi quello che mi chiedo è, cosa mi nascondi, Dustin?>>
Sono senza parole, confuso e spaventato. Condannato per omicidio? Sarei davvero capace di uccidere qualcuno?
Troppe domande ancora senza risposta, avrò bisogno di tempo per riacquistare la memoria di quanto accaduto, ma prima devo evitare di essere ridotto in quello stato pietoso, altrimenti rischio di ricominciare da capo o peggio.
<<Non so cosa dirti, Geoffrey, non ricordo nulla sinceramente, ma prometto che, se mai riuscirò a ricordare e a capire cosa sta succedendo, te lo dirò. Grazie.>>
Geoffrey sembra sorpreso. <<In due settimane non ti ho mai sentito parlare così tanto, sono piacevolmente sorpreso>> ammette, cercando di nascondere un sorriso.
<<Voglio darti una mano, capire cosa ti fanno e perché.>> aggiunge, sperando di ottenere la mia collaborazione.
<<Va bene>> rispondo, accettando la sua richiesta di aiuto. In fondo, non mi farà male avere un po' di compagnia e qualcuno di cui fidarmi in questo posto infernale.
Sentiamo un rumore, come se qualcuno picchiettasse su un qualcosa in ferro. Dall'altra parte delle sbarre della cella, vediamo una guardia con il manganello avvicinarsi e urlare
<<Forza muovete il culo, femminucce, è ora di prendere un po' d'aria>>
Senza aspettare ulteriori istruzioni, io e Geoffrey ci dirigiamo verso l'uscita della cella per raggiungere il resto dei detenuti e il cortile. Arrivati lì, noto subito che tra i detenuti si sono formati dei gruppi, e mi rendo conto che la situazione funziona un po' come nei film: è meglio stare alla larga da alcuni per evitare problemi.
Geoffrey mi fa segno di seguirlo, così faccio e ci fermiamo vicino a una panca. Inizia a darmi alcune informazioni importanti: <<Ti avverto, amico, nelle due settimane che sei stato qui, non ti sei fatto molti amici. Non so se ricordi, ma il fatto di starne per conto tuo ha dato fastidio a molti. Per quanto ne so, pensano che tu ti creda migliore di loro.>>
La notizia non è delle migliori, ma rispondo con decisione, <<Sinceramente me ne frego di cosa pensano questi tipi. Ho già i miei problemi e non voglio crearne altri. A tal proposito, dovresti uscire anche tu dalla cella per scoprire dove mi portano.>>
Geoffrey sembra preoccupato e mi chiede <<E come dovrei fare? Sentiamo...>>
Io sorrido leggermente e rispondo <<Forse ho qualcosa in mente...>>
Mentre stiamo discutendo, notiamo un gruppo di detenuti avvicinarsi a noi con espressioni minacciose. Geoffrey nota l'arrivo degli imprevisti e si preoccupa. Mi giro e vedo uno di loro, un tipo alto poco più di me, capelli lunghi castani e barba folta e lunga, occhi azzurri come il ghiaccio, braccia tatuate quasi completamente, sulla trentina, il solito spaccone insomma. Si avvicina a me, mi guarda dall'alto verso il basso con una faccia disgustata e poi decide di aprire bocca.
<<Pivello, hai commesso un grave errore a ripresentarti in cortile, torna nel tuo buco di cella>> mi dice con tono minaccioso.
Io lo guardo come se stesse parlando una lingua sconosciuta, non capendo cosa intenda con "grave errore."
Lo scopriremo presto...
La situazione nel cortile si fa tesa quando il detenuto, John, comincia a minacciarmi. Riesco a provocarlo con un sorriso finto e delle parole affilate, facendo leva sulla sua arroganza. La tensione sale quando decide di attaccarmi, spintonandomi violentemente contro il muro.
<<Da oggi sarò il tuo peggior incubo, ragazzino>> ringhia con determinazione, a pochi passi dal mio volto. Geoffrey cerca di intervenire, ma viene bloccato dagli scagnozzi di John.
In un istante, decido di fare la mia mossa, insultandolo con uno sguardo beffardo. Lo spingo, cercando di provocare una sua reazione. E la reazione arriva veloce e brutale. Mi trovo a terra, cercando di proteggermi da calci e pugni, mentre lo stesso destino tocca a Geoffrey, che non riesce a difendersi nemmeno con la sua imponente stazza. Le guardie intervengono con i manganelli, scacciando gli aggressori e riempiendoli di botte, ma non possono fare a meno di punire anche noi due.
Io e Geoffrey veniamo portati in infermeria, come pianificato, dove passeremo la notte. Geoffrey mi chiede perché ho fatto tutto questo, e io spiego che era parte di un piano. Geoffrey sembra incredulo, ma alla fine scoppiamo a ridere.
<<Cazzo Dustin tu sei pazzo, avrebbero potuto ammazzarci>>
Sembra che questo ragazzo sia folle quanto me.
Mi informa che John è un mafioso che fa affari anche da dentro la prigione ed è molto pericoloso. John voleva conoscere la storia di ogni detenuto per evitare brutte sorprese, capire chi potesse sottomettere e chi eliminare.
<<La prossima volta fa più attenzione, non esporti troppo>> conclude serio
La mattina seguente, mentre siamo in infermeria, la guardia mi fa segno di seguirla. È arrivato il momento di scoprire dove mi hanno portato e cosa mi hanno fatto in questi giorni. Spiego il piano a Geoffrey, e lui accetta di seguirmi e intervenire quando necessario.
Mentre mi dirigo verso il capanno seguendo la guardia, l'incertezza cresce, e l'odore sgradevole proveniente dal bancone carico di sostanze illecite riempie l'aria. I detenuti lì presenti sembrano far parte di un gruppo, e alcuni di loro li ho già notati nel cortile il giorno prima. Potrebbero essere una sorta di banda mafiosa.
Il capo della banda sembra riconoscermi e mi chiama, dicendo
<<Ciao, ragazzino, ci si rivede, di nuovo. Su, forza, avvicinati.>>
"Di nuovo?" mi chiedo, confuso.
Mentre il capo si allontana per parlare con la guardia, questa riceve dei soldi e se ne va, lasciandoci soli. Sembra che la guardia sia corrotta. La mia ansia cresce, e con voce nervosa chiedo
<<Cosa sta succedendo qui?>>.
Il capo della banda sembra divertito dalla mia confusione e mi assicura che vogliono solo "divertirsi un po'" promettendomi che alla fine non ricorderò nulla.
Mi chiedo se la sostanza che ha in mano possa essere una specie di droga che cancella i ricordi. Chiedo loro cosa vogliano da me, ma la risposta è inquietante. Vogliono la mia rovina, farmi credere di aver commesso un crimine che non ho mai commesso, e che la storia finirà una volta per tutte.
Mentre il capo e i suoi scagnozzi si avvicinano a me, esclama
<<Questa storia finirà una volta per tutte>>
Continuano a ronzare nella mia testa quelle parole. Cosa intende esattamente con "questa storia"? Quale storia?
Ma proprio quando sembra che non ci sia via d'uscita, una voce improvvisamente grida
<<Fermi tutti, non fate un altro passo.>>
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