64. Meglio così
Lo rivide dopo un mese.
Accadde per caso, quasi per gioco, forse uno scherzo del destino.
Il destino, sì.
Ma era davvero opera del destino incrociare la vita con uno sconosciuto, un angelo nero, per salvarlo da un'idea funesta? Era sempre stato il destino a farlo reincontrare una notte, la sua ultima notte da artista, inducendolo ad aprirsi molto più di quanto potesse?
E poi, quando aveva creduto di aver accarezzato un fantasma simile a lui, questo era sparito oltre le mura, lasciandogli un inspiegabile vuoto dentro di sé.
Non comprendeva il motivo per cui durante il giorno cercasse una figura che gli assomigliasse, una voce vagamente familiare, un vago cenno che gli dicesse che quei momenti non li aveva creati la sua mente, ma erano davvero esistiti. Ma chi poteva essere il testimone di que incontri?
Un ponte? Qualche albero? Un tavolo di legno cigolante?
C'erano ancora le loro orme su quella strada rocciosa, o altri passanti l'avevano deturpata, rimuovendo la traccia di uno scontro fatale, enigmatico?
E più i giorni passavano, più Vincent si convinceva che Hassan fosse l'ennesima illusione della sua esistenza, la reincarnazione di un essere che aveva delineato ma che in realtà non aveva linee, solo sfumature.
Però successe. Lo rivide.
Una sera qualsiasi, dopo il lavoro al negozio, mentre intraprendeva la via più lunga per tornare a casa, quella che comprendeva il passaggio sul ponte dove aveva conosciuto l'uomo.
Non ne fu sicuro subito, aveva l'aria distratta, ma la fragranza che Hassan emanava gli era rimasta impressa sotto la carne, impossessandosi del suo olfatto.
Era lui, sì.
Ma Hassan non si fermò, lo ignorò, non lo degnò nemmeno di uno sguardo, nonostante il figlio di Valli potesse giurare che anche i suoi occhi l'avevano intravisto, riconosciuto.
La fitta di delusione si irradiò ben presto nel petto, negli arti, fino ad arrivare alle palpebre. Le mani cominciarono a pizzicare, talmente tanto da andare a fuoco, mentre la gola si fece secca.
E va bene, allora.
Non avrebbe rincorso nessuno. Non avrebbe arrestato la sua avanzata, non si sarebbe mostrato estremamente offeso, non avrebbe reagito.
Il vecchio Vincent l'avrebbe fatto.
Quello nuovo, invece, no.
-Solitamente è buona educazione salutare i conoscenti-
L'aveva detto. Un tono di voce tagliente, provocatorio, che non nascondeva un pizzico di delusione e fastidio. Erano uno di spalle all'altro, distanti qualche metro, ma era abbastanza convinto che Hassan si fosse fermato, poiché non sentiva più il rumore di passi.
Vincent si voltò, con estrema lentezza, ripose le mani nel cappotto ed attese di rivedere il volto dell'uomo, anche solo per un frangente.
-Non so di cosa tu stia parlando-
Sgranò gli occhi a quella risposta, gli sembrava che qualcuno gli avesse pizzicato all'improvviso il naso, costringendolo a ritirare il capo. Provava la stessa sensazione di fastidio ed irritazione.
Gli balenò in mente l'idea di lasciar perdere, di non insistere, che non valesse la pena per uno sconosciuto.
Ma lui non era uno sconosciuto qualsiasi, lui sapeva, lui era uguale.
Solo qualche minuto dopo si rese conto di un particolare. Hassan era ancora incollato lì, su quel ponte, non si era allontanato. E dal tono di voce che aveva usato, sembrava che avesse abbattuto quella gentilezza che puzzava di falsità.
E allora Vincent avanzò, ma solo di qualche passo.
-Sai benissimo di cosa sto parlando- sibilò quasi, una sicurezza e sfrontatezza senza precedenti.
Hassan si voltò, puntò gli occhi verso il volto di Vincent, ma non incrociando il suo sguardo.
-Che cosa vuoi?- allargò le braccia lui, scuotendo poi le spalle.
-Che cosa voglio?! Sei tu che sei entrato nella mia vita, ed ora non mi degni neanche di un saluto! Inoltre sei praticamente sparito dalla circolazione!-
-Non credo che debba darti spiegazioni-
-Spiegazioni magari no, ma sicuramente non merito questo atteggiamento da parte tua. Sei bipolare per caso? Perché altrimenti non me lo spiego!-
-Si può sapere che diavolo vuoi da me?! Ci siamo parlati al massimo due volte, non capisco tutto questo attaccamento nei miei confronti! Oh, ora che ci penso, forse lo capisco- sorrise maliziosamente Hassan, stavolta ferendo seriamente Vincent che si sentì colpito, quasi umiliato.
Il ragazzo indietreggiò, disgustato dal comportamento dell'uomo che che lo aveva invitato ad aprirsi, che gli aveva fatto capire che non era solo e nemmno diverso. Provò un forte senso di nausea, acidità.
Fece ancora qualche altro passo, prima di scuotere la testa ed allontanarsi. Si voltò, corse via, lontano da quella figura malvagia che lo aveva indotto a sentirsi nuovamente come prima, sbagliato.
Hassan lo osservò, e solo quando fu sicuro che Vincent si fosse completamente allontanato, tirò fuori un sospiro pesante, sofferto. Appoggiò le mani sul muretto del ponte, stese i muscoli, e si sorprese che i suoi occhi fossero diventati lucidi.
Si sentiva sporco, un verme strisciante.
Ripensò agli occhi color ambra del ragazzo, talvolta troppo puri per un mondo fatto di odio e vendetta, guardarlo come se volesse leggere qualcosa in più rispetto alle parole che la sua bocca aveva vomitato.
Ma era meglio così.
Aveva toccato il baratro dell'indecenza, e solo ora che aveva toccato il fondo, aveva compreso quanto fosse caduto in basso.
Ma per quel fosso c'era posto solo per una persona, nonostante avesse già coinvolto molti altri prima.
Si era vendicato, ma la sua parte sadica bramava di più.
Ma non con lui, non con Vincent.
Era meglio così, sì.
Allontanarlo, spingerlo via, tagliare quel filo invisibile che si era instaurato fin da subito, quasi inconsapevolmente.
Era meglio farsi odiare che conoscere la verità.
Era meglio vivere nel rancore, piuttosto che vivere un sogno che non sarebbe mai stato altro.
Mise una mano nella tasca, estrasse l'anello.
Un anello che non era il suo.
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