55. L'amore non è sempre puntuale
-Hai proprio una brutta faccia oggi, è da tempo che non ti vedevo così brutto. A cosa stai pensando?-
Daario non riuscì a sorridere alle parole del suo migliore amico, a stento era in grado di deglutire la birra ancora mezza piena del suo boccale.
Picchiettava le dita sul tavolo di legno della locanda, graffiato e ciondolante, per poi guardarsi intorno.
-Oh, no. Adesso? Ne sei sicuro?-
Can sembrava leggergli costantemente nel pensiero, talvolta lo inquietava. Gli rivolse uno sguardo colpevole e sospirò.
-Credi che sia il momento giusto? Insomma, sono cambiate un bel po' di cose in questi mesi- continuava il pirata, finendo la sua birra ed asciugandosi le labbra con il polso.
Daario non rispondeva, era troppo concentrato sui discordanti pensieri che tenevano in ostaggio il suo cervello.
-E Agnese...?- si permise di accennare Can, provocando un involontario irrigidimento del corpo del suo amico, che gli puntò gli occhi addosso, come se dovesse giustificarsi.
-Agnese cosa?- si mise sulla difensiva, aggrottando la fronte.
-Non pensi che possa rimanerci male?-
-Agnese sa perfettamente che lavoro faccio. Inoltre non abbiamo nessun vincolo noi due- lo disse con apparente indifferenza, ma nonostante quelle parole provenissero dalle sue labbra, non riuscì a soccombere una fitta al livello dello stomaco.
Teoricamente era vero, nella pratica tutt'altro.
-Non puoi negare che abbiate costruito un rapporto particolare-
-Non lo nego-
-Ecco, appunto. Credi che sia davvero il caso di partire in questo momento, mentre quella poverina ha perso quel po' che aveva?-
-Sa cavarsela, Can. Se l'è sempre cavata da sola- sembrava volersi autoconvincere.
-Possibile che tu non riesca a provare nulla?!- si agitò allora Can, alzando la voce.
Gli sembrava di non riconoscere più il suo amico.
-Can, dannazione, ma credi che sia facile per me? Credi davvero che l'idea di partire non mi spaventi? So che significherebbe perderla, ma alla luce dei fatti, la perderei comunque. Perché apparteniamo a mondi diversi, perché prima o poi lei ritornerà in Italia, ed io non lo sopporterei davvero-
-Avrei tanto voluto che tu non commettessi i miei stessi errori- affermò rammaricato l'uomo senza una mano, scuotendo la testa. Persino le sue iridi sembravano più cupe.
-Mi sto solo illudendo. La sto illudendo. Io so che ciò che prova lei per me è sincero. Ma sono un pirata, e i pirati non sono destinati ad avere relazioni durature. E se ciò dovesse accadere, la costringerei ad un'esistenza di lontanza, di cui dovrebbe accontentarsi. Non so cosa dirti, Can, davvero. Con te posso parlare di certe cose, con lei no, non capirebbe-
-È ovvio che non capirebbe. Lei ha un cuore-
-Ed io no?-
-Anche tu, ma stai dimenticando di usarlo perché sei spaventato dalle azioni degli altri. Tu non sei i tuoi genitori, Daario. Perché tu hai paura di questo, di commettere i loro stessi errori. Ma dannazione, hai tu le redini della tua vita! Tu!-
-No, Can. Certe cose non possono cambiare. Ed io ho estremo bisogno di staccare per un po', andare via di qui. La morte di Roman, che in un certo senso mi ha cresciuto, la morte di mia madre, l'ansia e le preoccupazioni mi hanno condotto a questo eterno stato di paranoia-
-Come pensi di dirlo ad Agnese?-
-Non lo so-
-Mettiamo il caso che quella ragazza non voglia più tornare in Italia. Mettiamo anche il caso che, per ironia del destino, la bella nipotina di Roberto abbia così perso la testa da voler restare con te, nonostante tutto, nonostante tutti. Cosa faresti?-
-Non accadrà mai, Can, credo che un minimo l'abbia conosciuta anche tu. Non si sacrificherebbe mai così tanto per me, o per un uomo in generale-
-Tu non sai un bel niente, Daario. E se lo facesse? Rifiuteresti la possibilità di provare ad avere un bel legame con lei? Perché, amico mio, quella ragazza è l'unica che ha saputo tenerti testa-
Daario battè una mano sul tavolo.
-Mi capirà, ne sono sicuro. È una ragazza intelligente, sveglia, sa che è necessario-
-Già, già. Fammi sapere quando ti rivolterà la faccia con uno schiaffo. Quando le parlerai?-
-Ah, non so, c'è tempo...-
-Quando vorresti partire? Anzi, quando dovremmo partire? Perché ovviamente non posso lasciarti solo-
Il pirata sorrise sincero.
-Tra due settimane-
-Corri a parlarle, prima che sia troppo tardi. E la stessa cosa dovrò fare anch'io con Marghe... lo sai che Agnese dorme da lei adesso?-
-Non lo sapevo-
-Eh, ti pareva. Stasera andremo da loro. Mi preparo già al peggio. Un'altra birra!-
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-Siamo ancora in tempo per tornare indietro- mormorò Daario, davanti alla porta di Margherita, con la luna già alta.
-No, siamo uomini e dobbiamo affrontare le nostre possibilità- rispose convinto Can, nonostante le sue sicurezze cominciassero a vacillare.
-D'accordo, bussa tu-
-Assolutamente no, bussa tu-
-Ed è così che pensi di affrontare le tue responsabilità?-
-Sei tu che hai avuto l'idea di partire, capitano-
-Se tu fossi una donna non ti sposerei mai-
-Questo lo dici tu- sorrise sornione Can, mentre il suo amico bussava.
-Ricorda una regola, Daario: mai lasciarsi trascinare dagli ormoni-
-Te lo ricorderò, con Margherita vai fuori di testa-
-Zitto, zitto, sento dei passi-
Fu Agnese ad aprire.
Sussultò leggermente quando vide i due uomini davanti a lei, e arrossì appena incrociando lo sguardo di Daario, che le sorrise complice.
Can scosse la testa e roteò gli occhi davanti a quella scena.
-Ciao- li salutò la ragazza, mentre Margherita la affiancava curiosa.
-Can? Ciao, Daario. Che ci fate qui?-
-Eh... allora, noi...- iniziò il pirata gentiluomo, cercando le parole giuste.
-Avete già cenato?- lo interruppe Can, con un sorrisone sul volto.
-No, perché?-
-Abbiamo pensato che potremmo passare la serata insieme. Io e Daario abbiamo delle cosette da dirvi, ma meglio a stomaco pieno, no?-
-Io non vi ho invitato- disse seria Margherita, per poi liberarsi in una risata e far entrare i due uomini.
Agnese rimase un po' in disparte, imbarazzata da quella situazione, e corse in camera per cambiarsi e indossare un vestito leggero, più accettabile del pigiama che indossava.
Tornò nella sala che i due pirati stavano già parlando animatamente fra loro, e sorrise nel vedere gli occhi di Can illuminarsi ad ogni movimento di Margherita. Desiderò anche lei essere guardata in quel modo, e si soffermò sulla figura di Daario, che in quel momento ignorava la sua presenza.
Si sistemò un po' i capelli e ricomparve, aiutando la sua amica in cucina.
Mangiarono, bevvero e risero in allegria, mentre Can raccontava vecchi aneddoti divertenti e stuzzicava Margherita, che ricambiava lanciando qualche sporadica oliva.
Agnese ascoltava quei racconti con un volto sereno. Si sentiva di essere in famiglia quella sera, accolta in un'intimità difficile da creare.
E non riusciva a non guardare Daario, a pensare a quanto rappresentasse una pericolosa calamita per i suoi occhi. Le tremavano un po' le gambe nell'averlo davanti, allo stesso tavolo, come se si conoscessero da una vita.
Si sentiva strana, lei era sempre stata quel tipo di ragazza che si stancava di una situazione o di una persona che non le suscitasse un minimo di brio, e quell'uomo le iniettava dose continue.
Avrebbe voluto che il tempo si fermasse in quel momento: quattro amici, un po' brilli, che ridevano, e l'amore timido che bussava fra loro, forse troppo camuffato per essere riconosciuto.
Non parlò molto durante la cena, preferì ascoltare, ed aiutò Margherita nel pulire tutto una volta finito.
Notò immediatamente che l'aria fosse già mutata una volta finita la cena, e questo la preoccupò leggermente.
-Agnese, ti andrebbe di uscire per una passeggiata in spiaggia? Vorrei parlarti-
La voce alle sue spalle le provocò la pelle d'oca. Si passò una mano sulla fronte, accertandosi che quei brividi non fossero dovuti ad una temperatura corporea troppo alta.
Deglutì, e si voltò ostentando un sorriso.
-Certo- annuì, mentre Margherita le fece l'occhiolino -dammi solo il tempo di andare un secondo in bagno-
Si lavò il viso, i denti, si spruzzò il profumo. Voleva essere anche solo decentemente carina, sperava in cuor suo che Daario le dicesse ciò che tanto si aspettava, che volesse mettere un punto fermo al loro rapporto.
Lo raggiunse con una febbrile tachicardia, lo affiancò e si sentì mancare l'aria anche al solo pensiero di restare sola con lui.
Perché ormai non erano più due persone che si fiutavano, si studiavano, ma un uomo ed una donna che si piacevano, ma forse non avevano ancora trovato il modo per incastrarsi tra loro.
Camminarono in silenzio sotto un manto blu ricoperto di stelle lucenti, ed Agnese percepì che fosse la serata giusta. Tentava di nascondere un'inebriante euforia, e trasportata dal suo entusiasmo, non si accorse della preoccupazione e della serietà del volto di Daario.
L'uomo la condusse verso la spiaggia, sotto una palma, e la invitò ad accomodarsi accanto a lui.
Lei lo fece, obbediente, ed attese.
Il pirata la osservò, troppo intensamente per reggere con indifferenza quello sguardo, e decise di prenderle le mani.
Incastrarono le dita, quelle della ragazza erano fredde, le sue calde.
-C'è una cosa importante che devo dirti, Agnese- cominciò lui serio, e lei ricambiò quello sguardo, che sembrava indossare un sentimento diverso, di speranza e tenerezza.
-Dimmi- lo incitò lei, notando quel silenzio di troppo, arrossendo al pensiero di quello che avrebbe potuto confessarle.
-Ho deciso di partire-
Agnese non capì immediatamente se, nello stesso momento che Daario aveva pronunciato quelle parole, qualcuno l'avesse pugnalata al petto.
Chinò lo sguardo, accertandosi che non sanguinasse, mentre il rossore defluiva rapidamente dalle sue guance, sostituito dal grigiore lunare.
-Quando?- riuscì solo a dire, la bocca amara come un veleno.
-Tra due settimane-
La ragazza staccò prontamente la stretta da lui, come se questa la scottasse. Si abbracciò le braccia, avvicinò le ginocchia al petto e rimase in silenzio, poggiando il viso sulle gambe.
Si morse le labbra, dandosi della stupida per aver sperato in qualcosa che evidentemente non esisteva.
Avrebbe voluto reagire, urlare, affrontarlo, ma la verità è che non ci riusciva.
Se l'avesse fatto, le lacrime avrebbero offuscato il tutto, lui l'avrebbe trattata come una ragazzina immatura e lei si sarebbe sentita perdere un po' la dignità.
Respirò a grandi boccate, mentre l'aria le mancava nei polmoni.
Perché faceva così dannatamente male?
-Agnese... non hai nulla da dirmi?- le chiese Daario, preoccupato, poggiando una mano sulla sua spalla.
-Sì, certo. Buon viaggio- rispose lei, alzandosi e pulendosi il vestito, costringendosi di non piangere.
-Agnese, ti prego... parliamone- la supplicò quasi lui, fermandola, ma lei si liberò dalla stretta delle sue mani sulle braccia.
-Mi perdonerai se non verrò a salutarti, ho parecchio da fare in questi giorni. Te lo ripeto, buon viaggio- lo congedò, voltandosi e cominciando a camminare, sempre più veloce, arrivando a correre pur di non vedere più la figura del pirata dietro di sé.
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