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52. La famiglia non si tocca

Fu Margherita a chiedere aiuto.
Fu lei a chiamare i soccorsi, a far in modo di controllare che fosse rimasta qualche somma di denaro per recuperare i danni, e fu sempre lei a scoprire l'entità indicibile del guaio in cui tutta la famiglia si era cacciata.
Non si lasciava abbattere, lottava, andava avanti ed indietro, voleva essere utile.

Agnese non era come lei.
Lei giaceva sull'erba del giardino della villa, con lo sguardo fermo immobile sulla casa, o meglio, su ciò che ne rimaneva. Riusciva a scorgere delle figure che passavano accanto a lei come fantasmi, ma non ne avvertiva le voci.
Aveva la mente isolata, distante, e un'unica frase che bruciava come fuoco sulla pelle: per Roman.
C'era qualcosa di nuovo che bolliva nelle vene, un sentimento che pensava non potesse appartenerle: l'odio.

Sentì la pressione di una mano scuoterle il braccio, la spalla, ma non si mosse. Allora vide avanti a sé due occhi neri, i suoi preferiti, che vagavano lungo il suo viso per scuoterla dallo stato di shock in cui si trovava.

-Agnese! Agnese, dannazione, rispondimi!-

Tornò a sentire. La voce di Daario, l'acqua che spegneva il fuoco, il vocio degli operatori, le istruzioni di Margherita.

-Tuo zio e Vincent sono in ospedale. Sai niente di Dalia e Graham?-

Lei scosse la testa, un movimento appena percettibile.

-Pensi che fossero in casa?-

-Non credo-

-Agnese, vuoi un bicchiere d'acqua? Qualcosa?-

-Ho bisogno che tu mi fornisca un'arma- affermò la ragazza, con un tono sconosciuto al pirata, che non la riconobbe.

Lo sguardo cupo e furioso, il volto livido dalla rabbia, la rigidità del corpo.

-Ma che stai dicendo?-

-Li ucciderò, Daario. Ucciderò chi ha causato tutto questo. Se qualcuno della mia famiglia muore, giuro che lo farò-

-Agnese, l'odio soffoca e non porta a nulla di buono. Devi credermi. Avanti, devi alzarti, allontaniamoci da qui- le disse, stringendola per le braccia con l'intenzione di sollevarla, ma la giovane non si mosse di un centimetro, sembrava incantenata al suolo.

-Tu credi che non riesca a farlo, vero? Che non sono in grado?-

-Uccidere un uomo non è una cosa di cui andarne fieri. E no, non ne saresti in grado perché sei troppo pura per farlo. Agnese, guardami- la supplicò, afferrandole il viso tra le mani e inchiodando lo sguardo nel suo -ti avevo promesso che potevi aggrapparti a me. Lasciamelo fare-

Lei lo osservò a lungo, gli sfiorò appena il viso, e in quel momento di debolezza Daario ne approfittò per sollevarla, e il corpo della ragazza si accasciò immediatamente tra le sue braccia.

-Non ce la posso fare- mormorò lei, con la voce rauca, prossima al pianto.

-Ce la faremo insieme- le sussurrò il pirata all'orecchio, e da una parte ci credeva davvero, ma dall'altro sapeva che il danno economico sarebbe stato molto difficile da rimarginare, oltre che per le precarie condizioni di salute di Roberto e Vincent.

Agnese si aggrappò alle spalle dell'uomo, lo strinse a sé per risucchiare un po' della sua forza, spostò il naso verso i suoi capelli per respirare il suo profumo. Daario ricambiò quel bisogno di essere abbracciata, e non si accorse che la mano di lei avanzava lesta verso la sua cintura, in direzione del pugnale.
In un attimo, si ritrovò una lama appuntita appoggiata sull'addome, mentre lei si staccava fredda come un robot da lui.

-Voglio che mi procuri un'arma da fuoco. Non sto scherzando Daario, io non ho paura. So che puoi benissimo procurartela-

-E se non lo facessi? Avresti il coraggio di spingere la lama qui, nel mio addome? Avresti il coraggio di uccidermi?- la provocò lui, alzando il tono della voce, ma nonostante questo nessuno sembrava prestare ascolto al loro dialogo, che fu inteso come un banale litigio.

-Io non ti ucciderei mai, ma posso ferirti. Voglio che mi porti alla locanda, dai tuoi compagni. Tutto questo è successo a causa della scoperta della morte di Roman. E chiunque abbia creato questo, ha le ore contate- affermò Agnese in tono minaccioso, irriconoscibile,  con l'aria da bambina ingenua gettata chissà dove.

Daario sollevò le mani in segno di resa, e si avvicinò piano a lei, che nel frattempo aveva posto una certa distanza dal pirata. Aveva ancora il pugnale nella mano, e non tremava. 

-Ti porterò dal resto della squadra, ma abbassa quella dannata arma, per favore- le disse, e lei acconsentì -ho preso in prestito la macchina di Can, è poco distante da qui, vuoi seguirmi?-

-Daario, se fai passi falsi o mi inganni non avrò dubbi a puntarti il pugnale nella schiena-

L'uomo deglutì. Era consapevole che quelle parole fossero pronunciate in nome dell'esasperazione, della rabbia, dello shock,  ma quella freddezza lo destabilizzava.

La condusse verso la macchina, la fece accomodare e prese un profondo respiro prima di metterla in moto.

-Faremo una scorciatoia- affermò, partendo.

Agnese aveva la vista accecata dall'odio, dalla vendetta. Le mani erano strette attorno al pugnale, lo sguardo era dritto, non si guardava attorno.
La tensione era palpabile, e il pirata era sempre più preoccupato.
Se davvero Agnese voleva trovare i colpevoli, doveva riprendersi, restare con la mente lucida, pensare agli affari di famiglia.
Sentiva già la mancanza della ragazza dolce che l'aveva spronato a visitare  sua madre, la ragazza alla quale si era confidato, che l'aveva sostenuto.

-Questa non è la strada per andare al paese- mormorò ad un tratto lei, sentendosi tradita.

-È una scorciatoia-

-Mi stai mentendo! Torna subito indietro! Subito!- esclamò Agnese adirata, gettandosi su di lui e deviando il volante, ma Daario ebbe la prontezza di spegnere la macchina in tempo e di bloccare le porte, ritrovandosi solo con la giovane in prossimità del bosco.

-Fammi uscire! Portami immediatamente in paese! Daario, non farmi commettere cose di cui potrei pentirmi!- lo minacciò rossa in volto, puntandogli contro il pugnale.

-Avanti, sfoga la tua rabbia su di me. Colpiscimi, graffiami, fà ciò che vuoi! Non ti lascio uscire di qui finché non ti sarai calmata-

-Ok, sono calma. Metti in moto la macchina-

-Pensi che sia stupido? Non ce ne andremo di qui finché non ti sarai realmente calmata. Ho tutto il tempo del mondo, non c'è fretta-

La ragazza digrignò i denti, inferocita dall'atteggiamento dell'uomo che la guardava con aria di sfida.
Non capiva che per lei non fosse un gioco, che doveva trovare subito i colpevoli, che non c'era tempo da perdere!

Senza rendersene nemmeno conto, puntò la lama al collo del pirata, che sussultò al contatto.

-Avanti Agnese, spingi. Feriscimi. È la vendetta ciò che vuoi? Sfoga pure la tua rabbia su di me- le disse, con il collo tirato il più possibile.

Poteva notare chiaramente il turbamento di lei, la sua fragilità, la mano che adesso tremava.

-Ti prego Daario,  ascoltami, io non voglio farti del male. Non costringermi a farlo- mormorò lei, mentre gli occhi cominciavano a pizzicarle.

-No Agnese. Ti impedirò di diventare un mostro. Sei tu che mi hai insegnato che l'odio e la vendetta non servono, che non fanno altro che logorarti. Non permetterò che un sentimento del genere ti rovini, hai capito?-

-Zitto!- esclamò lei, stavolta conficcando con più forza la lama sulla pelle, dalla quale uscì del sangue.

A quella visione, Agnese sgranò gli occhi e lasciò il pugnale, cominciando a tremare e diventare bianca come un lenzuolo.

-Che cosa ho fatto...- mormorò, mettendosi le mani sul viso e tremando come una foglia, mentre le lacrime scorrevano lungo le guance pallide.

-Nulla, non è successo nulla- la rassicurò lui, tentando di avvicinarsi a lei per toccarla, per mostrarle che stava bene, ma lei si appiccicò allo sportello, come se volesse diventare minuscola, invisibile.

-Ti ho ferito...-

-Sto bene-

-Sono un mostro- singhiozzò lei, lasciandosi andare ad un pianto disperato e trattenuto per troppo tempo, e Daario finalmente si rilassò, consapevole che quel pianto avrebbe consentito ad Agnese di riprendere controllo su sé stessa.

Tentò nuovamente di avvicinarsi a lei, ma la ragazza lo bloccò con una mano, scuotendo la testa.

-Sono pericolosa. Potevo farti del male-

-Non lo avresti mai fatto- affermò sicuro lui, ignorando quella richiesta di non avvicinarsi e stringendola a sé, lasciando che le lacrime gli bagnassero la camicia.

Sapeva che il suo posto era lì, nella macchina di Can, con Agnese tra le sue braccia. Nonostante sua madre fosse tra la vita e la morte, nonostante non si sapesse nulla delle condizioni di Vincent e Roberto, in quel momento l'importante era far riprendere totalmente la giovane che si aggrappava a lui, rifiutando di guardarlo perché si sentiva profondamente in colpa.

-Sono un mostro- continuava a ripetersi Agnese, nascosta nella camicia del pirata, che nel frattempo le accarezzava la schiena.

-No, non lo sei. Ma sono contento che la mia Agnese sia tornata-

Ammetto che mi è piaciuto descrivere questa parte psycho di Agnese!😂
Ora che Vincent e Roberto sono in ospedale, Graham e Dalia non si sa dove siano, Margherita e Agnese sembrerebbero al momento le uniche responsabili della casa...
Spero che  il capitolo vi sia piaciuto almeno un po'!

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