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5. Innocenza e arroganza

L'attese.
L'attese per ore, giorni. Sperava di scorgere, mentre riforniva i negozi delle migliori stoffe e tessuti, una chioma riccia e chiara, facilmente distinguibile dal resto delle isolane.
Ma la ragazza, sembrava essere scomparsa nel nulla, e lui ebbe la fastidiosa sensazione che, in qualche modo, cercasse di evitarlo.
Era prematuro pensarlo, in fondo non si erano visti che per un paio di volte, ma scoprire il motivo per cui la principessa Europa fosse lì era importante. I dissapori con suo zio erano affievoliti negli ultimi due anni, ma ciò non significava che quell'uomo non fosse una mina vagante, e temeva che la nipotina tanto apparentemente ingenua fosse una sua spia per chissà quale assurdo piano.
Forse era paranoico, stava esagerando, cercava di aggrapparsi a qualcosa per scappare dalla noia che lo costringeva a restare su quell' isola, ma sentiva lo strano bisogno di sapere di più su quella stramba famiglia.

La vide un venerdì mattina, passeggiava con la sua domestica. Aveva i capelli legati, ma i riccioli erano visibili ugualmente per quanto erano voluminosi, e comunque la pelle ancora troppo bianca risaltava come una lampada laser tra tante lucciole.

Si diresse verso di lei, addentrandosi nel mercato e respirando l'afa e il sudore dei corpi appiccicosi. Avvicinandosi a lei, però, percepì un profumo delicato, fresco.
Lei sollevò lo sguardo e lo vide, ma spostò il capo facendo finta di nulla.
Era evidente che non avesse alcuna intenzione né di salutarlo, né tanto meno di parlare con lui.

- Toglimi un dubbio, principessa, nel tuo paese non si rivolge un saluto? E questo sarebbe il tuo modo di integrarti tra noi? Hai ancora molta strada da fare, mi sembra- le si avvicinò lui, con la solita aria tra lo sbruffone e il divertito, tenendo le mani dietro la schiena e il viso vicino all'orecchio della giovane, che si scostò infastidita.

- Non saluto chi non mostra rispetto per me o peggio, tenta di smascherare qualcosa di inesistente. Ora, se non ti dispiace, vorrei continuare a morire di caldo in santa pace- affermò dura lei, mentre Margherita osservava i due profondamente stupita.

Da quando avevano quell'aria di confidenza? Cosa non le aveva detto la sua padroncina?

-Vorrei parlarti, solo questo. Ammetto di non essere stato un gentiluomo...-

-No, infatti- lo interruppe secca lei, voltandogli le spalle.

Daario alzò gli occhi al cielo e fece un enorme sforzo per non rispondere in malo modo a quella ragazzina impertinente.

-Voglio solo scambiare due parole con te. Sono molto influente qui, lo sai, potrei evitare che gli altri isolani ti guardino sempre con quell'aria sospettosa. Sarebbe un bel passo avanti, no?-

Agnese si bloccò, distanziandosi leggermente da Margherita che continuava ad acquistare gli alimenti necessari per la villa.

-Cosa vuoi da me?-

-Solo parlarti- le fece un gran sorriso lui, che alla giovane non convinse.

Tuttavia, accettò.

Avvisò Margherita per il suo allontanamento, si diedero un appuntamento per il reincontro e si allontanò con Daario, camminando ad una certa distanza da lui.

-Guarda che non ti mordo mica se ti avvicini un po' di più- rise lui, notando il palese nervosismo di lei.

-Ah no?-

-Non fare la scontrosa. Piuttosto, raccontami un po' di te. Perché sei qui?-

-Ancora con questa storia?! Sei noioso, pirata-

-E tu misteriosa, principessa-

-Mi innervosisci se mi chiami così-

-A te innervosiscono un bel po' di cose-

Agnese si fermò e lo guardò. Si erano allontanati dalla folla, da quel punto del paese potevano scorgere il mare da una parte e la pianura verdeggiante dall'altra, dove spiccava in lontananza la villa dove la giovane viveva.

-Ascoltami, pensi che per una giovane di ventidue anni sia facile abbandonare la propria vita, la famiglia che ama e venire in un posto dimenticato dal Signore senza nemmeno avere la possibilità di poterli sentire? Ti rispondo io: no, non è facile. Non è facile perché mi sento persa, non ho una stabilità e mi sento rifiutata da tutti. Sei contento ora? Mi auguro di sì, non vorrei averti deluso- quasi sbraitò lei, incrociando le braccia al petto ed osservando il mare, così uguale ma diverso da quello a cui era abituata.

- Mi dispiace- mormorò Daario, osservandola.

Aveva le gote rosse, forse per il calore forse per l'esplosione di quelle emozioni così intime. Con quel sole così forte, la chioma riccia risultava ancora più chiara, apparendo tra il biondo e il ramato.

-No, non ti dispiace. A te non importa nulla- rispose lei, per poi puntare gli occhi castani dritto nei suoi.
Innocenza e arroganza fusi.

-Sai, non è esattamente questo lo sguardo che mi hai riservato la prima volta che ci siamo visti- sorrise lui, sornione, decidendo di cambiare argomento.

-A cosa ti riferisci?-

-La sera in cui sono tornato a Stendhal. Credevi che non me ne fossi accorto? Mi hai guardato con due occhioni innamorati che era difficile non notare- la prese in giro, mettendola sulla difensiva.

- Ma che dici? Sono solo bugie, è evidente che tu sia un tipo di cui non ci si possa fidare-

-L'uomo di cui non puoi davvero fidarti abita sotto il tuo stesso tetto-

Agnese tacque, mordendosi il labbro.
Era chiaro che quella situazione non poteva restare all'oscuro ancora a lungo, doveva chiedere spiegazioni a suo zio su tutto quel disprezzo nei suoi confronti. Non era sicura, però, che le avrebbe risposto sinceramente.

-Mio zio mi ha accolto senza porre obiezioni, e non mi aveva mai visto in vita sua, se non forse quando ero solo una neonata. La verità è soggettiva, pirata, e non puoi costringermi a plasmarmi nella tua, come lui non può farlo con la sua. E ti prego, smettila di cercarmi per fare domande su mio zio, perché io non ti dirò nulla, semplicemente perché non mi interessa. Stammi bene, pirata, e cerca di migliorare le tue abilità nel socializzare, ne sei un po' carente-

Agnese si allontanò da lui senza aspettare una risposta, come era stata solita fare anche in precedenza.

Ma più lei lo respingeva e si faceva ostile, più la sfida eccitava Daario.

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