45. Bolla di sapone
Non si sentiva comoda. La gamba destra era indolenzita, la spalla sembrava atrofizzata, il collo era teso, ed era sicura che avrebbe accusato fastidiosi dolori nelle ore seguenti, ma proprio non riusciva a cambiare posizione.
Ingenuamente, pensava che se si fosse staccata da quella delicata stretta che il pirata le stava offrendo, si sarebbe rotta la bolla di sapone in cui erano avvolti.
-Com'è l'Italia?- domandò improvvisamente Daario, interrompendo il silenzio con la sua voce calma e profonda, a tratti roca.
-Com'è l'Italia? Hmm, vediamo. L'Italia è... bellissima. Complicata, a volte. Talvolta ti delude ed altre ti sorprende. È una sfida-
-Sembra che tu stia parlando di una persona- sorrise l'uomo, notando che la ragazza aveva una certa enfasi nel parlare della sua patria.
-È difficile spiegare. È completamente diversa da Stendhal. Abbiamo la tecnologia, condomini altissimi, le persone vanno sempre di fretta. C'è un patrimonio storico da togliere il fiato, ed ogni città sembra conservarne un pezzetto. È colorata, atipica, può offrirti tutto o niente. C'è il cibo migliore che tu possa assaggiare, e dei paesaggi da lasciarti senza parole-
-Ti manca molto, vero?- chiese Daario, stavolta chinando il capo per poter guardare la sua espressione, che sembrava essere distante.
-Mi manca ciò che ho lasciato. La quotidianità. Persino la routine scolastica. Le uscite con gli amici, talvolta anche quei messaggi sul cellulare che non avranno mai una risposta. È come se mi trovassi in un'altra dimensione a Stendhal- provò a spiegarsi lei, con difficoltà.
-E questa dimensione ti piace?-
Agnese finalmente incrociò gli occhi del pirata, che non si erano staccati da lei durante quel breve discorso. Indugiò nelle sue iridi, come se potesse trovare la risposta, ed infine sorrise.
-Mi piace e mi spaventa- affermò, stavolta scostando il capo dalla spalla dell'uomo e mettendosi dritta, senza però allontanare il suo corpo di un centimetro. Il braccio di Daario scivolò, poggiandosi casualmente dietro la schiena della giovane, che non lo contrastò.
-Io a Stendhal ho vissuto emozioni che mai ho provato in ventidue anni della mia vita in Italia- confessò Agnese, quasi in un sospiro, rivolgendo l'attenzione alla luna che assisteva in silenzio ai loro discorsi, illuminando debolmente i loro volti -mi sono sentita viva. Paura, terrore, sgomento, gioia, gratitudine... il tutto amplificato. Ho conosciuto persone con cui sono entrata subito in sintonia e di cui non vorrei mai fare a meno. Qui... sono rinata, in un certo senso-
Arrossì appena, sentendosi sciocca nel dire quelle frasi proprio al pirata che spesso aveva temuto e diffidato, ma adesso confessarsi le sembrava talmente naturale che la ruota dei pensieri girava autonomamente, disinibita dal suo controllo.
-Immagino che ti riferisca a Margherita- dedusse l'uomo, tralasciando volontariamente l'allusione a Graham per evitare di rovinare quel momento di piacevole intimità.
-Non solo. Chiunque abbia avuto riguardi verso di me, mi ha regalato qualcosa. Non posso che provare ad imparare dagli altri, e magari correggere qualche mio difetto di troppo- ridacchiò appena, chiaramente riferendosi alla testardaggine e velato egoismo a cui sia il pirata stesso che Vincent avevano accennato.
-E tra queste persone ci sono anch'io?- azzardò a chiedere Daario, titubante, provocando un sussulto sorpreso nella ragazza.
Si guardarono, o meglio, si osservarono, nel modo in cui solo loro sapevano fare l'uno con l'altra, tra determinazione ed attrazione, ma entrambi sapevano che nuovi fattori si stavano addizionando: l'insicurezza, il timore, forse la tenerezza.
Agnese boccheggiò, per poi liberarsi in un sospiro, socchiudendo appena gli occhi.
-Certo che ci sei anche tu- disse appena, imbarazzata e paonazza in volto, afferrando un mucchietto di sabbia tra le dita e rilasciandolo distrattamente.
Daario osservò quei movimenti e sorrise appena, trovando adorabile ed irresistibile che la donna che tante volte usciva fuori gli artigli con lui, poi diventava una bambina insicura, timida. Cominciava a conoscere varie sfumature di lei, e si chiedeva quante altre ce ne fossero ancora e se le avrebbe mai sfogliate tutte. In cuor suo, sperava di sì, nonostante un campanello di allarme suonava nella sua mente, ovvero la testardaggine e l'orgoglio che entrambi avevano manifestato in più occasioni, allontanandosi.
-A cosa pensi?- domandò lei, chinando il capo da un lato e studiando l'espressione stramba che Daario indossava in quel momento.
-Niente- scosse le spalle lui, come se volesse scrollarsi di dosso anche i pensieri funesti.
-Bugiardo- sorrise lei, mostrando l'accenno di due fossette e uno sguardo volutamente accusatorio.
-Ti è mai capitato di vivere questo?- le chiese allora, poggiando le mani sulle sabbia, mentre lei era circondata dalle sue gambe.
-Questo cosa?-
-Il chiaro di luna, il mare, la sabbia. Due persone diverse che si ritrovano a parlare e a conoscersi. È talmente banale e al contempo mi sembra assurdo-
Agnese si sorprese di quella sincerità schietta, e senza capire realmente il motivo, percepì il cuore martellarle più forte nel petto. Non riusciva a dare una reale spiegazione ai sintomi che talvolta il suo corpo manifestava, dando vita ad una pseudo reazione di ipersensibilità verso Daario.
-Non mi sembra assurdo- disse lentamente, come se potesse affermare qualcosa di errato -mi sembra piacevole-
Il pirata si aprì in un sorriso dolce, che non fece che acuire la reazione patologica di Agnese, che cominciò ad avvertire un'onda anomala al ventre.
Non riusciva davvero a capire, per quanto ci provasse.
Se lo conosceva da ormai tre mesi, perché quelle sensazioni improvvise? Perché non prima, ma solo ora che poteva affermare di conoscerlo un po' meglio?
-E a te è mai capitato?- chiese, con un po' d'affanno nella voce.
-No- rispose lui, serio, osservandola minuziosamente, facendo una fotografia mentale alla giovane.
Agnese rimurginò sulle parole che Daario le aveva riferito, ed effettivamente, la situazione era assurda. Un uomo ed una donna lontani dalla movida del paese, nel giorno del festa del Mare, soli e sotto il chiaro di luna che neanche si erano sfiorati. Si chiese se il pirata provasse un qualsiasi tipo di attrazione per lei, se gli piacesse almeno un po', e si spaventò nel constatare che aveva paura delle risposte. Probabilmente no, forse nessun uomo attratto da una donna non avrebbe usufruito di un'occasione del genere, e non seppe come interpretare quel tumulto di pensieri.
Perché essere in costante paranoia?
-Forse è meglio tornare. La tua famiglia ti starà cercando- disse lui, in maniera distaccata, probabilmente contrariato dalle sue stesse parole.
Lei annuì appena, dispiaciuta di tornare nuovamente tra la confusione.
-Come vuoi- borbottò appena, con il volto chinato e cupo.
Percepì la figura di Daario alzarsi e porgerle la mano per aiutarla. Lei non l'accettò, fece da sola, scrollandosi la sabbia dal vestito adocchiata dal pirata, che le rivolse uno sguardo torvo.
-Bene, possiamo andare- affermò lei infastidita, perché aveva interpretato quel gesto come la volontà di tornare al più presto dalla folla, ed evitare di rimanere ancora a lungo con lei.
-Agnese?- la richiamò Daario, tentando di recuperare la sua attenzione.
-Hm?-
-Mi guardi un attimo?-
-Che c'è?- sbottò lei, sollevando gli occhi verso il pirata.
-Non rovinare tutto- la rimproverò, come se l'atmosfera della bolla di sapone fosse già sparita.
E forse era proprio così.
Agnese boccheggiò, come se volesse ribattere con la solita sfrontataggine, ma per quella volta decise di restare in silenzio, spaesando persino il pirata. La vide annuire appena, con espressione triste.
Lui le rivolse una lunga occhiata, ed infine portò una mano sul volto della giovane, richiamando il suo sguardo. Agnese lo guardava con gli occhioni leggermente lucidi, le guance rosee, le labbra che tramavano appena.
-Me lo fai uno sorriso?- le chiese, tentando di scorgere un barlume di vivacità che però non ci fu.
-Non ci riesco se non è spontaneo-
-Agnese- disse Daario, occhi negli occhi -sarei rimasto tutta la notte qui con te, ma non voglio che tu abbia altri problemi a causa mia. È chiaro adesso? Hai la testa così dura che potresti pensare che non voglia restare con te-
-È quello che ho pensato, infatti- ammise la ragazza, con il cuore leggermente più leggero.
-Come devo fare con te- scosse la testa l'uomo, esasperato ma divertito, lasciandole un bacio sulla fronte, che riuscì comunque ad innescare una catena di brividi nella ragazza, che sembrò irrigidirsi.
-Sei proprio un gentiluomo, eh- sorrise finalmente lei, meno triste ma con il boccone amaro ancora incastrato nello stomaco.
-Faccio del mio meglio- scrollò le spalle, per poi porgerle la mano.
Davvero voleva tornare in paese mano nella mano?
Non le importava.
Un po' titubante, la strinse.
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