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43. Vicini ma irraggiungibili

-San Daario da Stendhal, protettore dei casi disperati-

Fu con quella battuta che Can accolse la notizia che il suo amico, che non solo era stato diffidente nei confronti di Graham, ma aveva persino sfiorato una lotta certa, gli aveva concesso un impiego. Scosse la testa, mentre un ghigno divertito si dipingeva su un volto diffidente.

-Quella ragazza ti ha proprio fatto perdere il lume della ragione- continuò, sorseggiando la sua birra, mentre Daario incassava quelle frecciatine ironiche.

-Non l'ho fatto per lei. Quel ragazzo aveva bisogno di un lavoro, nulla di straordinario. Mi reputi peggiore di quanto non sia in realtà-

-Ti sbagli, amico. È proprio perché so perfettamente come sei che temo che tu possa restarci davvero male. Hai parlato con Agnese in questi giorni?-

-No. Ho anche detto a Graham di non dire che sono stato io a offrirgli un lavoro-

-E perché mai?-

-Preferivo che fosse un gesto genuino, senza avere per forza un tornaconto. Probabilmente hai ragione, mi sto rammollendo- scosse la testa il pirata, contrariato delle sue stesse azioni e degustando la bevanda ghiacciata, che dissetava un minimo i corpi dal caldo opprimente di fine luglio.

-Per me dovresti parlarle-

-Perdonami, ma credi che prenda consigli da te, che non riesci ad avere un minimo di stabilità con Margherita?-

-Beh, sì- sghignazzò Can, per poi tornare serio -Daario, il problema è che noi siamo due anime destinate al mare. E per quanto io vada pazzo per quella ragazza, non credo di essere sufficientemente adeguato per lei- disse con rammarico, incupendosi.

-Io non credo che Margherita la pensi così. Dovresti parlarle-

-E credi che prenda consigli da te?- scherzò allora Can, suscitando una risata spontanea, tipica di due vecchi amici che non avevano segreti fra loro ed erano pronti a dirsi la verità, pur se questa non era dolce.

Si salutarono, ma prima di andare a casa, Daario preferì passeggiare lungo il piccolo ponte che separava il centro abitato dal mare, in modo tale da godersi il panorama naturale che appariva solo come un manto scuro.
Viaggiare, girovagare per i paesi, affrontare le onde, gli mancavano come se non avesse in tasca una parte di sé. Eppure, qualcosa lo tratteneva a terra, nella sua isola, una questione che era affiancata da un punto interrogativo.

-Ciao-

Sentì una vocina alle spalle, forse in quel momento troppo acuta, che lo portò alla realtà. Si voltò spaesato, incrociando la figura di Agnese che si muoveva impacciata sulle gambe, quasi come se dondolasse. Pensò seriamente che fosse un miraggio, poiché da quando l'aveva conosciuta, non aveva mai cercato alcun tipo di contatto, a differenza di lui. Si sentì strano, agitato.

-Ciao principessa, onorato di ricevere un vostro saluto- si burlò di lei, fingendo un maestoso inchino.

Lei scosse la testa, trattenendo però un accenno di sorriso divertito.

-Come stai?-

Daario rimase interdetto da quella domanda. Perché glielo chiedeva? Cosa le prendeva? Cos'era successo?
Tentennò più del dovuto, non sapendo nemmeno lui cosa rispondere.

-Bene- optò per la più ovvia, la più rassicurante -e tu? La caviglia mi sembra che vada meglio-

-Oh sì, decisamente, non provo più dolore- confermò lei, per poi guardarsi.

Erano visibilmente a disagio, non sapevano cosa dirsi, come comportarsi, ed entrambi immaginarono che quella fosse solo una delle tante barriere che vi erano tra loro.

-Ehm... come mai in paese a quest'ora? Sei con Margherita?- interruppe il silenzio Daario, tentando di affrontare una conversazione normale, tranquilla.

-Sono uscita con la mia famiglia- lo informò, per poi bloccarsi, stupita lei stessa per aver usato quelle parole -cioè, ci sono anche Graham e Dalia. Mio zio ha deciso di festeggiare il nuovo lavoro di Graham portandoci a cena- spiegò, chinando il capo e disegnando dei semicerchi con il piede.

-Gentile da parte sua. Sono contento che quel ragazzo abbia trovato un lavoro-

-Già, in realtà non me l'aspettavo, non così presto almeno. Fatico più io a trovare un vero impiego che lui... chi gliel'ha offerto deve essere davvero una persona magnanima, ho saputo che lo pagano piuttosto bene-

-Per fortuna esistono persone così- annuì il pirata, preferendo non confessare la verità.

Stavano per cedere nuovamente al silenzio, quando lei fece un profondo respiro e decise di affrontarlo.

-Senti, Daario, io... in realtà non so se dirtelo o meno- iniziò, mordendosi l'interno della guancia e torturandosi le mani con le unghia corte.

Daario le rivolse la sua più completa attenzione, inchiodandola con gli occhi neri che le fecero perdere il fiato. Scostò lo sguardo da lui, rivolgendolo al mare.

-Io e Graham ci siamo baciati- lo disse con un unico sospiro, veloce, violento, così tanto che ebbe timore che il pirata non l'avesse sentita.

Ma lui, la capì eccome.
Si irrigidì, contorcendo il volto in un'espresione di disapprovazione, e rivolse lo sguardo verso il cielo stellato, tentando di reprimere un urlo di esasperazione e tormento.
Vide avanti a sé la ragazza e Graham baciarsi, e non potè fare a meno di percepire spine affilate ed insidiose in tutti i muscoli del corpo, una sensazione di amaro in bocca e un'instistente nausea diffondersi nel suo stomaco.

-Non avete perso tempo- gli sfuggì, duro e cruento, senza nemmeno rivolgerle un'occhiata. Semplicemente, non ce la faceva.

-Ascoltami, mi è sembrato giusto dirtelo, dopo che noi...-

-Dopo che noi niente, Agnese. Niente. Non devi chiedermi il consenso per stare con un uomo- replicò lui, improvvisamente infastidito dalla sua presenza.

-Non te lo sto chiedendo, infatti. Mi sembrava giusto essere sincera-

-E solo perché me l'hai detto ti reputi sincera? Te lo dico io cosa sei, Agnese, perché forse non te ne rendi conto: sei un vortice di confusione, incoerenza, testardaggine. Coinvolgi chi ti circonda in questo tunnel, e non ti rendi nemmeno conto di quali conseguenze potresti avere sugli altri. Ma in fondo ti capisco, sei ancora una ragazzina- sputò, adirato con lei e con sé stesso, soprattutto per le parole che uscivano senza controllo, e che a stento ricordava.

La vide indietreggiare, le mani strette a pugno e gli occhi ridotte in due fessure.

-Non sei nessuno per giudicarmi! E non merito tanta cattiveria gratuita! Non sarò perfetta, me ne rendo conto, ma non avrei mai avuto alcuna intenzione di farti del male! Tu ci riesci benissimo, invece. Và al diavolo, Daario- lo congedò, rivolgendogli un'ultima occhiata di fuoco e fuggendo via.

Lui la osservò a lungo, anche quando sparì completamente dalla sua vista, e vagò verso il porto, trovando la sua nave. Decise di salirci, di rifugiarsi nel suo posto sicuro, e l'odore del legno e del mare immediatamente lo accolsero.
Si accomodò al suolo, appoggiato ad un fianco robusto dell'imbarcazione, mentre osservava le stelle che brillavano, al contrario di lui.
Chiuse gli occhi, constatando con rammarico che piccole goccioline tentavano di uscire.
Allora vagò con la mente, pensò ad altro, e si concentrò su una canzone che aveva ascoltato in uno dei suoi viaggi, di cui non ricordava nè il titolo nè il cantante, ma cominciò a canticchiarla come se questa potesse risollevarlo.

Hey Jude,
Don't be afraid,
You were made to go aut and get her
The minute you let her under your skin
Then you begin
To make it better

Si fermò, deglutendo.

Hey Jude,
Don't let me down,
You have found her, go out and get her
Remember
To let her in your heart

Si bloccò. Aveva capito cosa fare.
Semplicemente, doveva partire.

Eccoci qui!
La canzone ovviamente è "Hey Jude" dei Beatles.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto almeno un po' ❤

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