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38. Intruso

Evitò il contatto con la ragazza come se fosse lava incandescente, pronta ad ustionarlo. Rimase interdetto nel vederla lì, al suo fianco, mentre spingeva via il tale che l'aveva aggredito, ma non si era lasciato sopraffare dalla sorpresa: tentò di rialzarsi, leggermente affaticato, mentre notava che i farmaci erano caduti assieme a lui.

-Graham, stai bene?- domandò la giovane, poggiando una mano sulla sua spalla, ma lui si scostò immediatamente, rivolgendole uno sguardo carico di risentimento.

-Non mi toccare! Sparisci dalla mia vista!- esclamò prontamente, allontanandosi e reggendosi la spalla dolorante a causa della brusca caduta.

Lei lo guardò affranta, ma non si lasciò convincere dagli occhi dolci che mostrava: gli stessi occhi l'avevano già fregato una volta, gettando sua madre in uno stato depressivo.

Il negoziante si avvicinò a loro, tenendo tra le mani un bastone di legno ed agitandolo, forse pronto per dargli una lezione. Stava per scappare nuovamente, ma la giovane si intromise, coprendolo con le braccia come se volesse fargli da scudo.

-Lo perdoni, per favore! Pagherò io tutto il necessario, è la disperazione che l'ha condotto a questo! Domani mattina avrà tutti i soldi, glielo assicuro!- lo supplicò, con tono lamentoso.

-Non voglio i tuoi soldi, non voglio niente da te!- gridò allora, nervoso e nello stesso tempo euforico per averla rivista.

-Graham, ci sono tante cose che devo spiegarti, non è come sembra!-

-Non voglio ascoltarti! Non so neanche come ti chiami- lo disse con un tono di voce più basso, deciso a non lasciarsi ancora prendere troppo dall'emozione.

-Mi chiamo Agnese- rispose lei, ripercorrendo quei giorni in cui non ricordava né il suo passato né nulla riguardo sé stessa.

Graham annuì lentamente, finalmente consapevole di associare un nome a quel volto che per un paio di settimane era stato protagonista delle sue giornate.

-Ascoltami, Graham...- cominciò lei, poggiando una mano sul suo braccio, ma lui la scansò violentemente per l'ennesima volta, facendola barcollare per la piccola spinta data.

-Agnese, ti ho detto che non voglio spiegazioni da te!-

-Ehi, ragazzino- si intromise allora l'uomo che l'aveva assalito, assottigliando gli occhi neri e trasudando ostilità -urlale di nuovo contro e giuro che in bocca ti resteranno meno di due denti!- lo minacciò, e dal suo tono Graham capì che fosse terribilmente serio.

-E tu chi diamine sei?!-

-Chi sarei io?! Chi diamine sei tu!- si agitò Daario, avvicinandosi pericolosamente a lui, ma Agnese si intromise tra i due uomini, guardando intimorita prima uno e poi l'altro.

-Daario, smettila! Graham ha tutte le ragioni del mondo per trattarmi così- disse, e il pirata restò quasi shockato da quelle parole, poiché non riconosceva più la ragazza che ammirava tanto, forte e con un carattere tutto pepe.

No, adesso era una bambola fragile, che lo guardava con freddezza e distacco, come se tutto ciò che avevano passato non solo quella sera, ma anche i giorni precedenti, fosse  un lontano ricordo. Si sentì tradito ed illuso, dandosi dello stupido per aver creduto di aver raggiunto un barlume di felicità.
Tutte illusioni.

-Voglio i miei soldi domani entro mezzogiorno, e niente scherzi!- si intromise il negoziante, rivolgendo un ultimo sguardo truce al ladro ed allontanandosi borbottando.

-Devo tornare da mia madre- disse allora Graham, raccogliendo le scatole dei farmaci, mentre Agnese si voltava verso di lui con apprensione.

-Adesso è tardi, sei sicuro di voler tornare? Posso ospitarti alla villa di mio zio, se vuoi-

-Stai scherzando?!- intervenne il pirata, sempre più sconcertato dalla perdita di senno della giovane, che gli rivolse un'occhiata di rimprovero.

-Non sto parlando con te!-

-Mi sembra che tu stia parlando con un ladro e uno sconosciuto, no? Ma si può sapere che diamine ti passa per la testa?! Sei in cerca di guai?- la riprese il pirata con tono accusatorio, mentre Graham li osservava entrambi in silenzio, notando che ci fosse una palese tensione tra di loro.

-Tranquillo belloccio, non ho alcuna intenzione di credere ancora alle sue parole- disse, voltandosi per andare via, ma Agnese lo inseguì, afferrandogli il gomito per fermare la sua avanzata spedita.

-Hai ragione ad essere arrabbiato con me, lo capisco. Lasciami solo dire che non ho passato un singolo giorno senza pensarvi, e che aspettavo il momento giusto per tornare da voi! Ti prego, credimi- lo supplicò quasi, non avendo timore alcuno di guardarlo dritto negli occhi per cercare un barlume di cedimento.

Graham tentennò, la mano di lei ancora stretta al suo gomito, e non poteva negare a sé stesso che desiderava con tutto il cuore crederle. Ma come poteva?

-Dice la verità- intervenne Daario, con tono mellifluo -immagino che tu sia l'uomo che l'ha salvata. Dice la verità. Non ha smesso mai di pensarvi e cercava un modo per tornare da voi-

Quella confessione costò tantissimo al pirata, che si sentì quasi privato della sua felicità, pur di permettere ad Agnese di non ridursi in quello stato di donna fragile e spezzata. Odiava vedere quella versione di lei, e nonostante disprezzasse l'idea di loro due insieme, sapeva che in fondo era la cosa giusta da fare. La ragazza gli rivolse uno sguardo di riconoscimento, troppo breve a suo parere, ed un sorriso che si spense subito.
Per Daario quel momento fu come lo scontro con un iceberg, la consapevolezza di aver scalato una montagna altissima e non essersi accorto di aver ancora molti altri chilometri da percorrere.
Notò come lo sguardo di quel tale, Graham, si addolcì, e notò anche che in fondo anche lui provasse attrazione per la ragazza, era palese dal modo in cui il suo corpo si era irrigidito quando l'aveva toccato.

Fu impossibile non constatare che avessero un legame speciale, fatto di silenzi, insicurezze, e una voglia indicibile di rivedersi.
Per l'ennesima volta, la consapevolezza di una magnifica e glaciale illusione.

-Hai i capelli un po' più lunghi- disse  Graham ad Agnese, facendola sorridere, e davanti a quel sorriso anche lui sembrò sciogliersi.

E Daario provò dolore, astio nel vedere che quel sorriso non era rivolto a lui ma ad un altro uomo, senza arte né parte, che nonostante l'avesse appena trattata in modo spregevole, la incantava con due semplici parole.
Si sentiva un intruso, la patina opaca di un quadro perfetto, ed un'oppressione si impossessò del suo petto, rendengogli difficoltoso il semplice respiro.

Li sentì mettersi d'accordo per reincontrarsi il giorno dopo, per chiarirsi, ed Agnese nemmeno si accorse che lentamente lui indietreggiava, abbandonando uno spettacolo a cui non era stato  invitato.

Buon sabato!
È un capitolo un po' di passaggio, forse noioso, ma... povero Daario, mi fa troppa tenerezza.
Che ne pensate?
Grazie come sempre per l'attenzione!

Nella foto, un Daario sconcertato che si chiede che caspita stia combinando Agnese.

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