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35. Attrazione e repulsione

Si lotta per conquistare qualcosa e quando lo si ottiene, ci si rende conto che non era come te l'aspettavi. Insorge la delusione, lo sconforto, e ti aggrappi alle poche briciole buone sostituendole con la pagnotta intera. Ma c'è chi delle briciole non si sazia, e quando non è possibile ottenere di più, ci si chiude in sé stessi, allontanando persino le persone care per non contaminarle con il proprio sangue amaro.
Era questo il sentimento che percepiva Agnese da quando era tornata alla villa, il suo sforzo era stato ripagato con la delusione di trovarsi un muro di cemento. Pensava alle cose che erano talmente vicine ma così fragili da dissolversi, alle speranza nate e morte subito, alle azioni incoerenti e dettate dalla tastardaggine che alla fine l'avevano ridotta in piccoli frammenti di cui non riusciva proprio a trovarne la colla.

Ci fu qualche piccolo cambiamento, anche se non particolarmente sconvolgente: decise di offrire la propria conoscenza in qualche lingua straniera a favore di isolani che volevano mettersi in contatto con il mondo esterno, sia per motivi commerciali che privati, allontanandosi in questo modo dal mondo bancario di suo zio, che per un po' di tempo le aveva affidato telegrammi da tradurre. Tentare di trovare un lavoro manuale era piuttosto difficile, non aveva esperienza in nessun campo e la gente non vedeva di buon occhio che la nipote dell'uomo più benestante della regione facesse mansioni piuttosto umili. Roberto la lasciò fare, principalmente perché si sentiva ancora in colpa per lo schiaffo che le aveva dato e che lei rinfacciava guardandolo con astio e diffidenza.
Si domandava distrattamente cosa se ne facesse in realtà di quei soldi in più  se viveva sotto il suo stesso tetto e la manteneva lui, ma la risposta la conosceva solo Agnese.

Un pomeriggio, la giovane decise di consegnare personalmente ai suoi clienti le lettere che aveva tradotto, e più di uno le domandò il motivo della sua assenza per così tanto tempo. Lei si limitava a scrollare le spalle e sorridere, senza mai dare una vera spiegazione. Nessuno osava domandare il motivo del suo leggero zoppicare, probabilmente perché pensavano fosse frutto di suo zio, ma lei non ci fece caso, poiché l'opionione della gente era un problema che non la accarezzava nemmeno.
Consegnò l'ultima lettera alla proprietaria della locanda in cui aveva dormito con Daario, e notò l'uomo intrattenersi  ad un tavolo distante da lei con qualche compagno di viaggio, ignorando totalmente la sua presenza. Da un lato ne fu sollevata, la vicinanza la turbava e confondeva, e forse il distacco era giusto per entrambi.

Camminò distrattamente per il paese, in solitudine, domandandosi cosa stessero facendo Graham e Dalia in quel momento, quanto rancore provassero per lei, quanto si sentissero delusi nuovamente dalla vita. Raggiunse la spiaggia, togliendosi i sandali ed affondando i piedi nella sabbia bagnata dal mare, mentre il sottofondo del mare la cullava in una musica che la portava lontano.
Il sole rosso cominciava a sparire lentamente, abbracciandosi alla distesa d'acqua salata per congiungersi in un bacio di colori e sfumature.
Rabbrividì quando il mare si scontrò contro i polpacci, e decise di accomodarsi sulla battagia, ricordando quando Graham, pur di consolarla e farle sparire il costante malumore, l'aveva portata in una spiaggia, dove avevano scherzato e giocato come se si conoscessero da sempre. Socchiuse gli occhi, cercando di placare quel fastidioso senso di colpa che non l'abbandonava mai.
Ed oltre a quello, c'era il suo organismo che la tradiva, che sembrava non funzionare, e il timore che una vita potesse crescere dentro di lei la impanicò. Era consapevole che una visita ginecologica avrebbe dato una risposta alle sue domande, ma la sola idea le creava un'ansia incredibile, soprattutto perché durante tutta la sua vita non aveva mai avuto bisogno di effettuare un controllo di quel tipo, e desiderava solo avere sua madre accanto a sé, che sicuramente l'avrebbe rassicurata in qualche modo. E poi lei non sarebbe mai stata pronta per crescere un figlio non voluto e non cercato, e poi...

Si irrigidì quando percepì dei passi, il cuore cominciò a martellarle fortissimo nel petto, e il timore che il suo sospetto fosse reale le tolse il fiato.

-Entri in una locanda, mi vedi e non mi saluti? Hai dimenticato le buone maniere?-

La voce di Daario era riconoscibile come quella di un familiare, e questo non fece che acuire il malessere che covava dentro.

Attrazione e repulsione.

-Credevo che non mi avessi vista-

-Infatti, è stato uno dei miei uomini a notarti- rispose lui, sedendosi al suo fianco.

Lei stava per dirgli qualcosa, implorarlo di lasciarla sola nelle sue inquietudini, ma tacque. Non poteva mentire a sé stessa: per quanto ci provasse, la presenza di Daario le regalava qualcosa che non aveva provato con nessun altro.

-Non ci vediamo da un po'- cominciò lui, puntando il carbone dei suoi occhi verso il mare, la sua casa.

Agnese notò un tono di rimprovero in quella frase, ma non aveva alcuna intenzione di litigare e discutere, era troppo stanca mentalmente per farlo.

-Ora mi dici questo, prima volevi un mio saluto. Non pensavo che un gesto così banale ti offendesse fino a questo punto- sorrise ironica lei, raccogliendo i capelli agitati dal vento in una coda piccola e piuttosto disordinata, che non impedì di lasciarle qualche ciocca riccia libera.

-Dipende dalla persona che lo fa- rispose allora lui, stavolta posando lo sguardo sulla ragazza, che rimase per un po' spiazzata da quella risposta.

Gli occhi di Daario, soprattutto negli ultimi tempi, sembravano scavarle dentro, fino ad arrivare alla cassa toracica, e nonostante lei tentasse disperatamente di fronteggiare quell'invasione, più di una volta si ritrovava sconfitta.

-Non guardarmi così- mormorò appena, chinando il capo, mentre il busto era ruotato verso l'uomo.

-Vorrei sapere cosa ti turba. Hai un'espressione affranta e nervosa per tutto il tempo, e mi piacerebbe sapere cosa ti passa per quella testa- disse il pirata, scostandole dal viso una ciocca di capelli, con una naturalezza tale da sembrare la cosa più ovvia da fare.

Ma non per Agnese, che ad ogni gesto si sentiva sprofondare in un vortice impetuoso, che la scaraventava da una parte all'altra.

-Parla con me, Agnese- quasi la supplicò, e l'espressione di lei si fece ancora più cupa.

-Stai pensando a quella famiglia, non è vero?- insisuò allora Daario, irrigidendosi e mettendo distanze immaginarie tra loro.

Lei saettò gli occhi verso di lui, mordendosi il labbro.

-Non riesco a pensare ad altro se non a loro- confessò, credendo di leggere rabbia e delusione nel viso dell'uomo, ma i suoi occhi sembrarono solo balenare di tristezza per un attimo.

-Dimmi la verità. I soldi che stai guadagnando hai intenzione di darli a loro?-

-Sì-

-Tutto ciò che stai facendo, tutti i tuoi pensieri,  sono rivolti a loro?-

-Sì. La maggior parte-

-Ti sei invaghita di uno di loro?- domandò allora il pirata, con un tono che nascondeva apprensione, timore, ansia.

Lei aggrottò la fronte, stupita da quell'ultima domanda. Ci pensò per qualche minuto di troppo, soppesando i pensieri, mentre lui temeva ad ogni secondo una risposta deludente.

-Non lo so-

-Non puoi darmi questa risposta, Agnese- scosse la testa lui, terribilmente serio, mettendosi quasi a nudo con lei come non aveva mai fatto prima.

La giovane forse non era pronta per quel faccia a faccia, per la brutale sincerità di quell'interloquire che non sapeva come gestire.

-Invaghita, affezionata, che importanza ha?-

-Ne ha-

-Per chi? Cosa mi cambia, in fondo?-

-Ne ha per me- affermò allora lui, e Agnese si sentì irrigidirsi, sconvolta dal turbine di emozioni che le aveva provocato quella stessa frase.

Cosa diamine stava succedendo? Cosa aveva fatto al pirata?

-Agnese- sospirò lui, socchiudendo gli occhi ed emettendo con un respiro l'aria pesante che gli comprimeva il petto -pensi che mi comporti con tutte le donne come mi comporto con te?-

-Non lo so, Daario. Io non so chi sei- rispose lei, e notò del tremore nella voce instabile.

Altro che tigre, pensò. In quel momento era solo un dannato agnello.

-Io non so davvero come comportarmi con te- confessò l'uomo, mettendo le braccia sulle gambe piegate e sporgendosi di più verso di lei, chiedendole in silenzio di guardarlo negli occhi, di cominciare quella danza di sguardi che sapevano ballare solo loro.

Lei lo fece, ma non fu difficile notare come i suoi occhi diventassero rossi, lucidi.

-La verità è che tu mi attiri, Daario- confessò lei, con un sorriso salato, mentre due lacrime scendevano lungo il viso -mi attiri, ma non riesci mai a trattenermi. C'è sempre qualcosa che ci spinge lontani-

Daario scostò il volto pur di non assistere a quel pianto e a quelle parole che l'avevano ferito, stringendo il cuore in un laccio sanguinante. 

-Probabilmente è così- replicò duro, deglutendo il boccone amaro.

-La mia mente è altrove in questo momento, e finché non sciolgo questo nodo, non riuscirò mai a pensare ad altro. Non so neanche perché sto piangendo- singhiozzò lei, asciugandosi le lacrime con il palmo della mano.

Lui la osservò, fragile, e capì che oltre alla maschera di donna senza peli sulla lingua e con un caratterino indomabile ci fosse ben altro che lui non conosceva, e forse non era nemmeno pronto a conoscere.

-Lo vedo come mi guardi, Daario. In questo momento stai conoscendo un'Agnese inedita. E forse questo è un problema: ti attira la mia parte forte, ma non riesci ad accettare quella fragile- singhiozzò lei, e lui non riuscì a contrastare quella frase, né a replicare, perché forse quelle parole erano dannatamente vere.

Quelle lacrime arrivarono come un uragano sulle sue spalle larghe, ma lui non era ancora pronto ad accoglierle.
Era vero, si attraevano ed allontanavano in continuazione.

Si impose di pensare che fosse solo una fase momentanea quell'interesse nei confronti della giovane, nulla di più.

-Ti aiuterò- disse ad un tratto, alzandosi ed osservando il mare.

Lei lo fissò con occhi sgranati, non capendo.

-Come?-

-Ti aiuterò a trovare quella famiglia. Conta pure su di me-

Se quelle parole la rassicurarono, dall'altra la destabilizzarono, perché Daario le aveva pronunciate con una tale freddezza da spiazzarla.

E la lasciò sola in balia del vento.

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