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34. Sindrome di Stoccolma

Si riunirono attorno al tavolino con la superficie in vetro che si posizionava al centro del soggiorno. Agnese e Margherita erano sedute sul divano bianco, Vincent sulla poltrona accanto a quella del padre, mentre Daario preferì restare in piedi, con la schiena appoggiata ad una colonna della casa.
Si guardavano in modo silenzioso, nessuno sembrava avesse il coraggio di spezzare quel momento di profonda tensione. Roberto osservava con insistenza sua nipote, che non aveva la minima intenzione di ricambiare quello sguardo, e notò come lo schiaffo avesse lasciato un'impronta rossa sul volto della ragazza. Si vergognò di quel gesto vile, nato dalla rabbia e le preoccupazioni accumulate, che aveva sfogato sulla persona sbagliata.

-Allora- cominciò Vincent, che non riusciva più a tollerare quella situazione imbarazzante -partiamo dalla domanda più importante: come stai, Agnese?-

La giovane rivolse uno sguardo velatamente truce a suo cugino, chiedendosi mentalmente se fosse serio o se la stesse prendendo in giro. Riportò gli occhi in un punto qualsiasi della stanza, ponderando seriamente sulla risposta. Si morse l'interno della guancia, assaggiando il sapore metallico del sangue.

-Sto bene- disse infine, nonostante dal suo tono di voce si distinguesse la menzogna, l'aridità della risposta.

-Cos'è successo alla gamba?- domandò Margherita, osservando con profonda serietà il quadro di ematomi ancora presenti sull'arto.

-Ah, questi? Ognuno ha una sua storia. Questo è dovuto probabilmente  a qualche calcio, forse di Roman. Quest'altro credo che sia frutto di qualche caduta, magari dal modo in cui mi hanno gettata al suolo, chi può saperlo. Oh, questo poi...-

-Smettila Agnese- la interruppe Roberto con durezza, non tollerando di sentire e vedere le cause di tutte quelle ferite che nonostante il tempo passato, restavano come cicatrici.

-Cosa c'è? Non riesci a sentire ciò che mi è successo? Ti senti per caso in colpa in questo momento?- lo provocò Agnese, ancora adirata per lo schiaffo.

-Agnese, smettila di fare la bambina- la riprese Daario, infastidito anche lui da quell'atteggiamento ostile.

-Tu non mi dici cosa devo fare o cosa non devo fare, è chiaro?!- la ragazza gli puntò il dito contro, rivolgendogli uno sguardo di fuoco.

Com'era prevedibile, fuori dalle quattro mura affittate alla locanda, erano tornati ad attaccarsi come se nulla fra loro fosse successo.

-Siamo tutti molto nervosi, è palese- intervenne allora Vincent, temendo il peggio -ascoltami cugina, tu ne hai passate tante e sei colei che ha sofferto senz'altro più di tutti, ma anche per noi non è stato facile, non sapevamo se fossi viva o morta. Ti abbiamo cercato, noi tutti assieme a Can, ma le nostre ricerche sono state pressoché inutili. Solo mio padre e Daario sono riusciti a trovare Roman, ma da allora siamo rimasti all'oscuro di tutto. Cerchiamo di calmarci, per favore- disse pacatamente, e la ragazza sospirò, passandosi una mano sulla fronte.

-Scusatemi, ho esagerato- mormorò allora, stupendo i presenti.

-Anch'io devo scusarmi. Non volevo colpirti, ma dannazione Agnese, perché non mi hai avvisato del pericolo che correvi?- chiese allora Roberto, non riuscendo a farsene una ragione.

-Non volevo essere fonte di ulteriori preoccupazioni. È evidente che non sia riuscita nel mio intento- spiegò lei, e suo zio si placò, stendendo la schiena alla poltrona.

-Quando siamo andati alla grotta, il complice di Roman ha urlato, poco prima di morire, che tu eri sparita. Com'è possibile? Cosa diavolo è successo?- domandò allora il pirata, dando voce al suo dubbio più grande.

Agnese tentennò, e Margherita notò immediatamente quel cambio improvviso di espressione, come se volesse proteggere qualcosa, o meglio, qualcuno.

-Che cosa ti tormenta? Hai paura di qualcuno?- chiese la domestica, poggiando la sua mano su quella dell'amica, che la guardava come se volesse chiederle il permesso per spiegare.

-C'è qualcun altro dietro, vero?- intuì Roberto, che si domandò come fosse possibile che quella situazione avesse infiniti tasselli.

-È stata una piccola famiglia a salvarmi. Mi sono svegliata qualche giorno dopo, priva di memoria. Sono stati loro a curarmi, a spiegare cosa fosse successo-

-Loro chi?- indagò Daario, assottigliando lo sguardo come se volesse mettere a fuoco le persone di cui la ragazza stava parlando.

-Loro- scrollò le spalle Agnese, nuovamente presa in ostaggio dai sensi di colpa.

-Gran spiegazione- sbuffò il pirata, non capendo il motivo di tutto quel mistero.

-Come hai fatto a tornare da sola qui, in paese? Ti hanno aiutata loro?- domandò Roberto, sporgendosi verso sua nipote.

-Sono scappata-

-Ti hanno fatto del male?- si agitò allora suo zio, ma lei scosse prontamente la testa.

-No, affatto, ma desideravano che restassi con loro finché non mi fossi ripresa del tutto-

-Che vigliacchi, e con quale intenzione? Avevano uno scopo, no?- intervenne Daario, quasi sputando quelle parole.

-Sì, volevano un aiuto da me, ma...-

-Un aiuto?! Possono scordarselo! Non avranno un bel niente!- protestò Roberto, piegando le gambe nervosamente ed emettendo uno sbuffo dal naso.

-Voi non capite, loro hanno bisogno di me! Io non posso non aiutarli- si ribellò la giovane, con gli occhi lucidi -devo tornare da loro, devo far capire che non sono scappata perché avevo paura-

-Tu non vai da nessuna parte! Resterai qui,  sotto il mio controllo, sono stanco di tutti questi problemi!-

-Ma...-

-Tuo zio ha ragione, quella famiglia ti avrà fatto il lavaggio del cervello! Non capisci che, non portandoti subito in paese, ti hanno tenuta in ostaggio anche loro?!- disse Daario, che provò confusione e turbamento alle parole di Agnese.

-Voi non capite, loro vivono una situazione delicata, e...-

-E questo te l'hanno detto loro? Credi a tutto ciò che dei sconosciuti ti dicono? Non ti facevo così sprovveduta!- la interruppe nuovamente il pirata, suscitando stavolta la rabbia della ragazza.

-Ma vuoi ascoltarmi quando parlo?!- urlò lei, rossa in volto -tu non hai la minima idea di quanto loro siano stati gentili con me, ed io non posso non ricambiare!-

-Sono stati gentilissimi infatti a trattenerti a casa loro, chissà con quale scopo. Forse denaro? Ma questa faccenda non ti ha insegnato nulla?!- la riprese Roberto, che sembrava essersi coalizzato con Daario.

Agnese si sentì esasperata, non compresa e trattata come una pazza capricciosa. Mise le mani tra i capelli, nascondendo il viso tra le braccia.

-Magari ha ragione, se l'hanno salvata non possono essere persone così orribili! Perché non le credete? Agnese non è una sprovveduta- la difese Margherita, avvolgendole le spalle e guardando con ostinazione sia il suo padrone che Daario.

La giovane si sentì confortata dalle parole dell'amica, l'unica che in quel momento dimostrasse una vicinanza palpabile.

-Voi donne avete il cuore troppo debole- scosse la testa Roberto, poggiando il mento sulla mano.

-Questa donna dal cuore debole è riuscita a tornare da sola a casa, quando voi non siete stati in grado nemmeno di trovarmi!- esclamò allora la nipote, stavolta al limite della sopportazione.

Sulla sala calò nuovamente il silenzio, ed Agnese capì di essere arrivata al culmine.

-Marghe, portami nella mia stanza- mormorò -non ho più voglia di condividere l'aria con loro-

-Non abbiamo ancora finito!- esclamò Roberto, ricevendo uno sguardo ostile.

-Invece sì- rispose prontamente la giovane, lasciandosi accompagnare nella sua stanza.

-Ma che diamine le prende, come si può essere così ostili!- intervenne Daario, mettendosi una mano tra i capelli.

-Si è affezionata a questa famiglia, mi sembra evidente- rispose Vincent, come se tutta la situazione fosse perfettamente chiara.

-In che senso affezionata?-

Il ragazzo allargò le spalle, sollevandole.

-C'è un motivo se si ostina a proteggerli, così tanto da voler perfino tornare da loro-

-E quale sarebbe questo motivo? Illuminaci- il pirata incrociò le braccia al petto, mentre l'espressione di Roberto era quella di un uomo che lentamente cominciava a mettere a fuoco la situazione.

-Per come la vedo io- affermò Vincent, soppesando le parole -potrebbe essersi invaghita di uno dei membri della famiglia. Una specie di... sindrome di Stoccolma, avete presente?-

-Santo cielo- disse Roberto, passandosi  una mano sulla fronte.

Daario, invece, rimase pietrificato da quelle parole. Qualcosa, dentro di lui, sembrò fermarsi come le tacchette di un orologio rotto.

Probabilmente dovrei smetterla di pubblicare così spesso, sembra che non abbia nulla fare durante la giornata. In realtà ho ancora una sessione d'affrontare, ma niente, la voglia di scrivere è più forte di tutto. E non riesco ad aspettare dal pubblicarlo, mannaggia a me!

Comunque, che ne pensate della teoria di Vincent?

Grazie mille per l'attenzione❤❤

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