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33. Una carezza in uno schiaffo

-Non ti piacciono proprio, vero?-

Agnese emise uno sbuffo rumoroso. Si analizzava davanti allo specchio del bagno, afferrando le punte dei suoi capelli corti e guardandoli nostalgica. Daario la osservava appoggiato allo stipite della porta, con le braccia incrociate al petto e una velata espressione divertita sul volto.

-Affatto. Sembro una bambina. Il mio viso è troppo tondo, e questo taglio non fa che metterlo in mostra. Ho sempre considerato i capelli un mio tratto distintivo, ed ora sono così... anonima- si sfogò la ragazza, che non riusciva proprio a superare quel piccolo dramma.
Si mantenne al lavandino, con il piede sollevato pochi centimetri dal suolo.

Il pirata si posizionò dietro di lei, guardandola attraverso il riflesso dello specchio.

-D'accordo. Chiudi gli occhi- le disse, e lei aggrottò la fronte, rivolgendogli uno sguardo confuso.

-Perché?-

-Tu fidati-

Agnese sospirò e seguì il suo comando, serrando le palpebre. Sapere di averlo dietro di sé la metteva in soggezione, la agitava, nonostante il passionale bacio che si erano scambiati poco prima. Sentiva gli arti inferiori tremare, il cuore battere, così tanto che le pulsava la vena del collo.
Percepì qualcosa accarezzarle la fronte, probabilmente stoffa, che pian piano adagiava attorno al proprio capo, per poi stringersi completamente.

-Posso aprire?- sorrise allora lei, che aveva già capito.

-Ma quanta fretta- mormorò lui, affiancando il volto a quello di lei -d'accordo, apri gli occhi-

Le palpebre di Agnese si aprirono con lentezza, mettendo a fuoco l'immagine di sé stessa con una fascia nera attorno al capo. Daario se l'era tolta per darla a lei, ed aveva i capelli completamente sciolti ed adagiati sulle spalle.

-Ti piace?- le chiese con un sorriso affabile sul volto, mentre lei si osservava piegando il capo da un lato all'altro.

-Sta meglio a te- affermò Agnese, arricciando le labbra.

Daario le circondò la vita sottile con le braccia, posando il mento sulla spalla della ragazza. Era un gesto semplice, innocuo, ma lei ci vide complicità, intimità. Non riusciva a lasciarsi andare completamente a quel trasporto, sapeva che quel rapporto idilliaco sarebbe rimasto confinato in quella stanza, e ben presto la dura realtà sarebbe tornata a buttarle addosso tutti i problemi, dalla questione di Graham e sua madre all'ipotetica gravidanza.

-Sai cosa vedo io, invece? Due occhi da tigre. Uno sguardo deciso, determinato, che nasconde tante paure e tanto tormento. Vedo una ragazza, anzi, una donna che ha preso in mano la sua vita, che non si è spaventata davanti agli ostacoli, e che combatte ogni giorno-

-Vorrei vedere ciò che vedi tu-

Daario le lasciò un delicato bacio sulla guancia, che le fece provare un'eruzione vulcanica a livello del ventre. Non voleva essere così volubile, odiava che il corpo la tradisse in quel modo, e sapeva che quel momento non sarebbe stato che un minuscolo frangente della sua vita. Ebbe timore che, però, diventasse uno dei più importanti.

-Allora fallo. E per prima cosa, indossa questa fascia, te la regalo-

-Non lo so. È come se portassi sempre qualcosa di tuo con me-

-E non ti va?-

Agnese scrollò le spalle, chinando il capo.

-Non lo so-

L'uomo la invitò a voltarsi, lentamente, tenendo le mani forti e decorate con un vistoso anello nero sulle braccia della ragazza, che riusciva a stento a resistere a quello sguardo. Le riusciva meglio essere forte e combattiva, che fragile e volubile.

-So che hai paura, lo percepisco...-

-Non ho paura- lo interruppe prontamente lei, sulla difensiva -ma è una situazione troppo strana. So di essere paranoica, ma io non riesco a non pensare che fuori di qui tutto sarà diverso. Noi saremo diversi-

-Noi?- Daario sorrise, simulando un'espressione da birbante.

-Capisci cosa intendo- restò seria lei, dandogli un leggero pugno al petto.

-In realtà no, non capisco. Credo che ti stia facendo problemi che al momento non esistono. Agnese- si fermò, soppesando le parole, mentre lei notò come il suo nome avesse un altro suono pronunciato da lui, quasi enfatizzato -vivi l'istante. Ciò che succederà non potremo mai saperlo se non lo viviamo- le consigliò lui, e la ragazza si sentì piccola, una foglia minuscola che cadeva da un albero centenario.

Annuì semplicemente, incapace di rispondere, e lui l'abbracciò, come se volesse confortarla dai demoni che tenevano in ostaggio la sua stabilità mentale. Agnese socchiuse gli occhi, godendo gli ultimi istanti di quella vicinanza che si era rivelata più importante di un semplice rapporto tra conoscenti. Perché loro non erano amici, non erano di più, non erano nulla.
Nonostante questo, però, si sollevò sulle punte per stringerlo più forte a sé, per assorbire tutta l'energia che il suo corpo le trasmetteva, per trattenere a sé anche il minuscolo atomo di quello che forse sarebbe stato solo un ricordo.

Si scostò poco dopo da lui, stendendo il tessuto del vestito come per darsi un tono e voltandosi, osservando dalla finestra nubi grigie che però avevano smesso di ribellarsi.

-Dobbiamo andare- affermò Daario, e dal suo tono di voce la ragazza comprese che fosse alquanto contrariato.

-Andiamo- annuì però lei.

Era ora di tornare alla villa.

Margherita strofinava i vetri sporcati dalla pioggia, con gesti automatici e meccanici. Da quando la sua amica era sparita, le sembrava che quella casa troppo grande fosse silenziosa, che l'aria si appesantisse giorno per giorno, ed ascoltare le telefonate che il suo padrone faceva per acquisire eventuali notizie da clienti internazionali, la demoralizzava.
Sollevò lo sguardo per puro caso, notando due figure che si avvicinavano al giardino.

-Signore, signore! C'è qualcuno qui!- esclamò la ragazza, richiamando a gran voce Roberto, che giunse in soggiorno con aria seccata.

-Che ti prende? Sono molto impegnato- borbottò l'uomo, osservando la domestica che puntava ripetutamente il giardino.

Seguì la sua direzione, pietrificandosi quando riconobbe il pirata al fianco di una giovane donna. Trattenne il fiato, impaurito che la sua immaginazione giocasse un brutto scherzo, e si risvegliò da quello stato di trance solo quando avvertì la porta dell'ingresso sbattere violentemente e Margherita correre verso le due figure.
La seguì, accompagnato da suo figlio Vincent che fu attratto dalle urle.

-Agnese!- esclamò la domestica con le lacrime agli occhi, dopo aver riconosciuto la sua amica.

Corse verso di lei, e nonostante Agnese provasse delle fitte ogni volta che poggiava il piede, velocizzò il passo per raggiungerla, per poi congiungersi in un affettuoso abbraccio che odorava di casa.

-Sei viva! Non ci credo, tu sei qui!- ripeteva la ragazza, accarezzando i capelli della sua padroncina e stringendola nuovamente, ignorando completamente la presenza di Daario, Vincent e Roberto.

Si separò da lei solo quando avvertì il padrone della villa tossire innervosito, con l'evidente desiderio di salutare sua nipote.

I due parenti italiani si osservarono per qualche istante, l'uno difronte all'altra e quasi incapaci di avvicinarsi, di dirsi qualcosa.

Uno schiaffo improvviso le colpì in pieno il viso, facendolo ruotare dall'altra parte. Agnese avvertì un fastidioso bruciore impossessarsi della sua guancia, pungerle come spine, toglierle il fiato. Fu incapace di reagire, rimase inerme con la faccia ancora piegata, troppo stupita da quell'improvvisa reazione.
Quel colpo rappresentò la sua epifania: sembrò risvegliarsi dallo stato di torpore che l'aveva avvolta nelle ultime settimane, la bolla che la circondava era scoppiata.
Tutto era successo solo a causa sua: non aveva avvisato suo zio del pericolo che correva, si era addentrata da sola ed in piena notte nel giardino della villa nonostante sapesse che qualcosa potesse essere sulle sue tracce, aveva costretto Roberto a sporcarsi le mani di sangue, aveva causato preoccupazioni ed ansie, aveva ingannato le poche persone che sembravano preoccuparsi davvero di lei.
Desiderò tornare indietro, restare con Graham e sua madre ancora un po', lasciarsi coccolare da quelle premure che in fondo non l'avevano mai soffocata.

-Ma che diamine ti prende, sei impazzito?!- urlò la voce di Daario, posizionandosi tra lei e suo zio, allargando le braccia come se volesse farle da scudo.

Margherita si avvicinò a lei, scuotendola per le spalle con aria preoccupata.

-Stai bene?-

-Mai stata peggio- mormorò appena Agnese, portandosi una mano sulla guancia e guardando suo zio, che sembrava si fosse già pentito di quel gesto, infatti la sua mano tremava senza controllo, come le labbra.

La guardava con il suo sguardo duro, affilato, che lei affrontava, o almeno ci provava, poiché un alone copriva parzialmente la vista. Non avrebbe pianto, non avrebbe regalato quella soddisfazione, e nonostante in fondo sapesse che quello schiaffo fosse frutto di una reazione istintiva, in quel momento provò rancore, odio.

-Davvero bel modo di accogliermi, complimenti- affermò lei, la voce talmente tagliente da far rabbrividire.

Roberto si passò una mano tra i capelli, prendendo un profondo respiro per calmarsi. Vincent si avvicinò cauto a sua cugina, sorridendole appena, ma in quel momento lei era incapace di provare qualcosa che non fosse umiliazione.

-Entriamo, abbiamo molto di cui parlare- la voce roca di Roberto interruppe il silenzio, e si voltò per entrare nella villa, senza nemmeno vedere se sua nipote lo stesse seguendo.

Agnese aspettò qualche minuto, affiancata da Margherita e Daario.
Aveva le mani strette a pugno, la guancia che ancora pulsava e una sensazione di forte nausea.

Il pirata le strinse la mano, ma lei si staccò dalla presa, come se questa potesse causarle una violenta scossa.
Entrò in quella che era stata casa sua a grandi falcate, immaginando ad ogni passo che faceva di sparire completamente da quel luogo.

Ho scoperto che Daario esiste realmente! Tralasciando gli scherzi, ho sempre immaginato il nostro pirata come l'uomo nella foto, ma ovviamente voi siete liberi/e di immaginarlo come volete!
E niente, dovrei smetterla di innamorarmi dei miei stessi personaggi.

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