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21. Chiarimento finale

Spalancò gli occhi.
Osservò il soffitto.
Respirò. Sapeva ancora come si facesse.
Mosse la bocca, era asciutta ed impastata.
C'era odore di resina.
Le faceva male la testa.
Aveva caldo.
Scese dal letto in cui si trovava, barcollando come un'ubriaca.
Non si domandò dove fosse, le sembrava che il capo non funzionasse.
Però forse una domanda doveva formularla: era viva?
Cercò uno specchio, e lo vide vicino ad una porta di legno, corrosa dal tempo.
Era scheggiato, ma sarebbe andato bene lo stesso.
Sì avvicinò, trascinando i passi, e vide una ragazza davanti a sé: capelli corti, tendenzialmente ricci, piena di lividi e ferite.
Si toccò il viso, e notò che il riflesso fece lo stesso.
Se davvero quella lì nello specchio era lei, perché non si riconosceva? Perché le sembrava una figura estranea?
Si allontanò, le girava la testa.
Aveva la nausea.
Sentì a stento la porta aprirsi, e una figura incappucciata sorridere, seguita da un'altra più alta.
Ben svegliata, addormentata.
Disse la figura più piccola, una donna a quanto pare.
Lei non rispose, non ricordava come si usasse la voce. Cosa doveva fare, premere sul diaframma? Inspirare e lasciare il fiato?
Le sembrava tutto troppo complicato.
Portò una mano ai capelli, e le sembrò come se in un tempo passato fossero stati più lunghi, più setosi.
Sbattè più volte le palpebre, il nero che la avvolgeva prepotentemente.
E svenne.

Il corpo pesante di Roman crollò su quello esausto di Daario, sporcandolo di sangue. Il pirata restò agghiacciato, incapace di muoversi e parlare.
Roberto aveva ancora gli avambracci tesi, la pistola tra le mani, le labbra che tremavano.
L'aveva ucciso.
Si lasciò cadere sul pavimento, abbandonando l'arma, e puntando lo sguardo su un punto inesistente.
Daario si levò il corpo di Roman di dosso, mettendosi seduto e sospirando.
Colui che aveva assassinato suo padre, gli aveva appena salvato la vita, perdendo qualsiasi possibilità di sapere più informazioni su dove si trovasse Agnese.

Entrambi rimasero in un religioso silenzio, quasi come se fosse proibito proferire parola.
Il labirinto odorava di polvere da sparo, sangue e sudore, ma anche di sconfitta e morte.
Roberto osservava Roman senza espressione sul volto, e non provò nulla, assolutamente nulla.

-Agnese è viva- interruppe il silenzio Daario, non resistendo ulteriormente -il ragazzo, poco prima di morire, ha detto che il suo corpo non c'era più. Una morta non può scappare-

-Qualcuno l'ha presa, Daario. Qualcuno che ormai sarà già lontano da qui- affermò Roberto, alzandosi a fatica a causa del dolore alla gamba.

Si strappò una manica della camicia e si curò la ferita, impedendo di perdere troppo sangue.

-Chi può averla presa?! Siamo nel bosco, da soli!-

- Non siamo così soli a quanto pare- rispose l'uomo atono.

Il pirata tacque, non credendo possibile che tutto quello sforzo non fosse servito a nulla. Cercò l'uscita del labirinto, e quando la trovò, non gli fu difficile trovare la fossa.
Si avvicinò a passi veloci, capendo che quella era l'improvvisazione di una tomba. La tomba di Agnese.

Cercò di controllare l'istinto della rabbia, della disperazione,  della furia.
Cacciò l'idea che Agnese fosse morta, ma allora perchè scavare una fossa per lei?
No, non poteva essere.
Quella ragazza era troppo forte, troppo in gamba, non poteva aver abbandonato quella terra in quel modo.
Ma era anche impossibile che la terra avesse risucchiato il suo corpo: dov'era?

Fece un'ispezione nei dintorni, ma gli alberi alti e rigogliosi impedivano di avere una strada, un indizio, qualsiasi traccia che portasse alla giovane.
Si mise una mano tra i capelli, liberando un urlo doloroso, come un leone nella foresta.
Cadde in ginocchio sul fango, dando dei pugni al terreno e sentendosi privo di speranza.
Il destino si stava prendendo gioco di lui e della sua psiche, e ogni minuto che passava era un rischio maggiore per Agnese.

Si rialzò, cercando di non darsi per vinto. Rientrò nel labirinto con l'intenzione di trovare qualsiasi cosa potesse essere utile, ma quando tornò vide Roberto puntarsi la pistola alle tempie, mentre le labbra tremavano e gli occhi erano rossi.

-Stà fermo!- accorse subito da lui Daario, strappandogli l'arma dalle mani e gettandola via.
Quella pistola aveva causato fin troppo dolore.

Valli sembrò riprendersi momentaneamente dallo shock, ed osservò il pirata con occhi sgranati. Tremava come una foglia, i capelli erano disordinati, la barba ispida.
Era quasi impossibile riconoscere il ricco bancario che aveva il monopolio su parte dell'isola.

-È tutta colpa mia, è tutta colpa mia- ripeteva, con le mani tra le guance e poi tra i capelli, quasi dondolando su sé stesso.

-Stiamo facendo del nostro meglio- mormorò il pirata, stupendosi lui stesso della dolcezza e comprensione del tono: in quel momento non vedeva un nemico, un assassino, ma solo un uomo disperato che voleva trovare sua nipote.

-L'ho condannata. L'ho spinta tra le braccia della morte. È colpa mia- ridisse Roberto, scuotendo violentemente la testa, come se volesse rimuoverla con quei scatti bruschi.

Daario lo afferrò per le spalle, impedendo i movimenti violenti, ed inchiodò gli occhi ai suoi.

-Agnese è viva e noi la troveremo. Ed io ti aiuterò. Perché tu mi hai salvato la vita- affermò serio e determinato, stupendo l'uomo che sgranò occhi e bocca.

Lo vide annuire lentamente, e riprendersi. Tentò di alzarsi, e con l'aiuto di Daario ci riuscì.

-Tuo padre tentò di violentare una donna. È morto perché ho cercato di difenderla- disse improvvisamente, gelando il corpo e la mente del pirata che non seppe cosa dire.

Era il momento peggiore per una dichiarazione del genere, cercata e bramata da anni, ed ora che l'ascoltava era incapace di assimilare quelle informazioni.

-Dov'è successo?-

-In uno dei passaggi sotterranei. Tuo padre ed io avevamo cominciato ad avere degli screzi a causa dei suoi scatti violenti.  Credo che li abbia notati anche tu-

Daario annuì lentamente, e i suoi ricordi andarono agli schiaffi che riceveva di notte, mentre riposava in una cuccia della nave. Suo padre, sempre troppo ubriaco, sfogava qualsiasi malessere su di lui, ma si sentiva così debole da non odiarlo. Tentava di giustificare la sua rabbia, ma la verità era solo una, terribile: suo padre era un violento.

-Una notte avevamo esagerato un po' troppo con l'alcol. Diciamo pure che non eravamo affatto in noi. Unai condusse una donna con l'inganno verso uno dei passaggi sotterranei. Ero ubriaco, si, ma non tanto da non comprendere il disagio della ragazza e le sue urla spezzate, così li seguì. Ciò che vidi mi lasciò senza fiato- Roberto tacque per qualche secondo e chiuse gli occhi, con i ricordi ancora troppo vividi -la donna era in preda ad uno stato di shock, non aveva il coraggio di parlare e di muoversi. Intimai più volte tuo padre di lasciarla stare, ma lui mi colpì al viso con un pugno violento, e tentò di continuare ciò che io avevo interrotto. Stanco del suo atteggiamento, lo colpì alla testa con un bastone di legno abbandonato lì, sicuramente da un altro pirata. Lui cadde a terra, e quello fu il suo ultimo respiro-

Daario rimase senza fiato, con un vortice che gli ronzava in testa.

-E la donna?-

-Sparì nel nulla, sconvolta e senza parole. Non l'ho più rivista. Però...-

-Però?-

-Quella donna era incinta-

Daario impallidì, e al tempo stesso gli fece schifo che nel suo sangue ci fossero tracce di un uomo così terribile.

- Mi dispiace non averti detto prima la verità. Non volevo che odiassi tuo padre più di quanto non facessi già... l'odio corrode. E spero che tu mi creda-

-Ti credo- annuì semplicemente il pirata, incapace di dire altro.

Silenziosamente, aiutò Roberto a riprendere il cammino, ad uscire da quel labirinto.

Quella fine non era altro che un nuovo inizio.

Ecco qui una nuova parte!
Ci tengo a dire che questa storia non sta prendendo la piega di una classica storia d'amore, e spero che non vi stanchi o annoi!
Grazie a coloro che hanno ancora la pazienza di leggerla!
Un bacio!

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