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14. Un brutto presentimento

-Temo che quel boccale di birra non possa darti le risposte che cerchi, Daario-

La voce ironica e tagliente di Can interruppe i pensieri dell'uomo, che rigirava il bicchiere tra le mani più e più volte.

-Hai visto Roman?- gli domandò, nervoso.

-Roman? No, perché? Pensi ancora alla ragazza? Non credo che sia così stupido da farle del male, tutti saprebbero che la responsabilità è sua-

-E se invece commissionasse qualcun altro? Roman è scaltro e senza scrupoli, oltre che ricco. Non ha mogli né figli, e spende il denaro solo in locali e donne. Avrà sicuramente una somma da parte-

-Una somma per ingaggiare qualcuno?-

Daario annuì lentamente. Da quando aveva giocato quel brutto scherzo ad Agnese, spaventandola come mai prima, la ragazza si era rifiutata categoricamente di parlargli, sorridergli, provocarlo, guardarlo. Lo ignorava, come se non esistesse, e quella situazione lo infastidiva terribilmente.

-So che Margherita è sempre al suo fianco, non la lascia mai sola. Le vedo spesso al mercato insieme-

-Agnese ha una testa dura, odia avere qualcuno sempre attaccato a sé-

-Ah sì? Mi ricorda vagamente qualcuno- scherzò Can, e Daario sorrise debolmente.

Era vero, forse avevano molti più punti in comune di quanto entrambi credessero.
In fondo, non gli importava che lei lo odiasse, l'importante era che stesse sempre attenta. Se le fosse successo qualcosa, avrebbe risentito tutta la responsabilità addosso.

-Ho un brutto presentimento- disse Daario, dopo un lungo sorso di birra.

Can aggrottò la fronte, profondamente stranito dell'atteggiamento paranoico dell'amico.

-Perché tanto interesse per la principessa? Da quel che mi è parso di capire non c'è neanche questa granché di simpatia reciproca tra voi due-

-Perchè la rispetto, Can. E fidati, su quest'isola, ben pochi meritano rispetto-

-Le hai parlato in questi giorni?-

-No. Mi evita. Ma mi va bene così-

-Sicuro?-

Lui annuì, tentando di convincere più sé stesso che il suo amico.

Quella giornata di giugno era anomala, benché facesse come sempre un gran caldo, il sole era coperto da pesanti nubi grigie e bianche, che ne nascondevano i raggi. Non era ancora il mese delle piogge e tempeste, perciò quel cambiò risultò anomalo.

-Ti consiglio di non perdere mai la testa per una donna, amico. Se mai dovessi avere una relazione seria, fà che non sia con una donna che ami. Le relazioni d'amore non hanno mai un lieto fine- sentenziò Can, nostalgico e sofferente.

Era chiaro che stesse parlando di Margherita, quella donna che per tanto tempo gli aveva rubato il sonno e la ragione.
Daario aveva assistito per primo alle sofferenze dell'amico, e ciò che aveva visto l'aveva quasi sconvolto, non capiva perché una lama di pugnale facesse meno male di un cuore metaforicamente rotto.

-Ma che dici. E poi Agnese è troppo piccola per me, figurarsi- sentenziò il pirata, finendo la birra.

-Io non ho fatto il nome di Agnese- sorrise sornione Can, e Daario lo fulminò con lo sguardo, suscitando la sua risata.

Improvvisamente, si avvertì un gran baccano provenire fuori dal locale.
Era pomeriggio, mancava ancora qualche ora al tramonto, e i due uomini pensarono a qualche rissa tra ubriachi. Anomalo a quell'ora, ma ci poteva stare.
Le urla divennero però sempre più forti, potenti, cariche di ira.
Daario e Can si guardarono confusi, non capendo. Si alzarono per uscire e capire cosa stesse succedendo, ma il serbatoio di quell'ira entrò violentemente nel loro locale, sbattendo talmente forte la porta da formare una crepa.

Roberto Valli aveva le gote rosse ed una vena che pulsava sulla fronte, così tanto che sembrava potesse scoppiare da un momento all'altro. Aveva i vestiti sgualciti, gli occhi infuocati, e quando lo sguardo si posò su Daario, le iridi diventarono completamente nero pece.
E lì il pirata capì che fosse successo qualcosa di terribile.

Roberto avanzò verso di lui come una furia e lo prese per il bavero della camicia, sbattendolo al muro e ringhiando quasi.

-Cosa hai fatto ad Agnese, maledetto! Dimmelo o ti giuro che ti uccido, e penerai l'inferno prima che tu possa tirare il tuo ultimo respiro!- gli urlò in faccia.

- Che cosa è successo?- domandò Daario, cercando di spostare le braccia dell'uomo dal suo collo.

Can lo aiutò, spingendolo via.

-Agnese è scomparsa, e sono sicuro che voi sappiate qualcosa! Siete dei vigliacchi a prendervela con una donna!- urlò ancora, mentre Daario cercava di ragionare velocemente.

-Avevo messo in guardia Agnese, a quanto pare è stato inutile-

- Che diamine vorresti dire?-

-Che lei già sapeva che questo, prima o poi, sarebbe successo. E a quanto pare è successo proprio adesso-

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