Capitolo 4
“Ma che...” non riesco a finire la frase dalla sorpresa.
“Cazzo!” non è stato lui a parlare, mi giro e vedo un altro ragazzo.
È alto, robusto, ha i capelli biondi rasati.
Torno a guardare il primo ancora immobile, è più alto dell’amico, ha un fisico asciutto, capelli neri ricci.
Avanza lentamente alzando le braccia e facendo cadere il coltello con cui mi ha ferita “Oh merda! Scusami! Scusami tanto davvero io non volevo farti del male credevo fossi uno di loro!” Dice tutte queste parole così velocemente che faccio fatica a capirlo, gli occhi sbarrati e le guance arrossate.
Sembra quasi imbarazzato, e la sua reazione mi confonde.
Si blocca ancora con le mani alzate e fa solo qualche passo incerto, forse per non spaventarmi, ma quando cerco di mettere più distanza possibile fra noi, si ferma.
“Davvero mi dispiace...Come stai? Fa tanto male?” Anche il suo amico si avvicina e mi guardano tutti e due con quella che sembra proprio preoccupazione.
Forse se fossi stata meno sotto shock e confusa gli avrei risposto con ironia, ma mi limito a guardarli incuriosita per qualche secondo prima di rendermi conto che forse non è il caso che io resti ferma a fissarli.
Li ignoro e passando accanto al moro gli do una spallata per poi raggiungere e recuperare la mia accetta.
Me ne vado in fretta raggiungendo l’atrio con l’altra macchinetta.
Sento che parlano ma mi sono allontanata troppo per comprendere le loro parole.
Continuo ad ignorarli anche quando i loro passi si avvicinano echeggiando nel corridoio “Hai affettato l’unica persona che incontriamo da settimane!” Dice uno dei due, credo il biondo “Sta zitto!” Intima l’altro.
Io mi muovo meccanicamente, non riesco a ragionare in modo lucido, la ferita pulsa ma non ci faccio caso.
Sono i primi esseri umani che vedo da due mesi.
I primi esseri umani che mi rivolgono la parola da due mesi.
Mi costringo a smettere di pensarci solo quando vedo la macchinetta e torno in me ricordando perché sono qui.
Il vetro è rotto, niente cibo.
Mi chino a raccogliere un frammento rigirandomelo tra le dita, poi lo lascio cadere e questo tintinna sopra agli altri.
I due si avvicinano, li vedo scambiarsi qualche occhiata mentre avanzano lentamente “Le avete svuotate voi le macchinette?” Faccio saettare lo sguardo da uno all’altro attendendo una risposta, ma sono immobili, ancora sorpresi.
Poi il moro scuote la testa, sbatte gli occhi un paio di volte, e infine parla “Questa e anche le altre due di là” Indica il corridoio da cui veniamo “Abbiamo sentito un rumore, ci siamo fermati e beh…Il resto lo sai” Gli rifilo un’occhiataccia e non distolgo lo sguardo dal suo quando mi accorgo della sua insistenza.
Lo fisso distaccata, incapace di comprendere cosa veda di così tanto interessante.
Il biondo prende la parola distraendomi dall’amico, del quale invece ancora avverto lo sguardo addosso.
“Io sono Luke” Allunga una mano verso di me e io la osservo indecisa prima di stringergliela, o meglio, lui stringe la mia. La agita energicamente e poi mi lascia andare “E tu sei....” Mi schiarisco la voce prima di parlare, improvvisamente consapevole del groppo che sento nella gola “Lily”.
Torno a guardare l’amico notando un movimento sul suo viso quasi impercettibile, per un momento giurerei di averlo visto sorpreso, ma poi torna a studiarmi facendo scorrere lo sguardo su tutto il mio corpo, soffermandosi sulle due ferite.
Mi sento esposta, a disagio e infastidita. Aggrotto le sopracciglia quasi senza pensarci.
“Io sono Ethan” Dice dopo qualche secondo tendendo la mano, gliela stringo tentennante cercando di ignorare la scossa che sento quando le nostre dita si sfiorano. La sua mano è calda a contatto con la mia, grande, ha una presa salda ma mi tocca delicatamente, quasi come se avesse paura di farmi male o che ad un suo minimo movimento potrei scappare via urlando.
Non che sia così improbabile che accada, ancora non so perché sono qui a parlare con loro.
“Che ci fai qui?” E’ sempre lui a parlare, quasi come se mi avesse letto nel pensiero, ma lui intende una cosa diversa.
Ha una voce profonda, roca, mi è mancato il suono di una voce diversa dalla mia.
Sbatto gli occhi un paio di volte sorprendendomi di averlo pensato davvero e rispondo sperando che non abbiano notato la mia confusione.
“E voi?” Ritraggo la mano rendendomi conto solo ora che ancora era stretta nella sua, che invece resta sospesa a mezz’aria.
Incrocio le braccia, ma sfioro la ferita scordando di averla e cambio idea portandole lungo i fianchi con una smorfia di dolore.
“Stiamo cercando del cibo” Comincia il biondo, Luke “Stiamo insieme ad altri amici a casa sua” Spiega indicando Ethan senza che io chieda nulla, non che avessi interesse nel farlo “Abbiamo fatto fuori tutti i musi-grigi che si trovavano qui” Continua passando da un argomento all’altro senza seguire un filo logico.
Tira fuori il petto, orgoglioso.
Musi-grigi? Creativo.
Chi direbbe tutte queste cose ad una perfetta sconosciuta? Li ho appena incontrati e di me conoscono solo il nome, senza contare che potrei avergli mentito su questo, come fa a fidarsi? È un trucco? Vedendo come si fidano di me, mi sentirò colta dall’improvvisa voglia di raccontare la mia vita a loro due?
Resto in silenzio, non sapendo bene come rispondere senza risultare estremamente acida.
“Tu sei sola?” Lo studio un momento cercando di cogliere un qualche segnale nel suo sguardo che mi dica che sono pericolosi e che devo liberarmene subito. Ma niente, solo...Curiosità.
“No” mento senza spiegare altro, non capisco ancora le loro intenzioni ma non voglio che sappiano che sono sola.
“Non li avete uccisi tutti comunque” Ora sono loro a sembrare confusi “Ce ne sono almeno tre di sotto, agli altri due ho pensato io” Il biondo fischia mentre il moro spalanca bocca e occhi.
Il fatto che siano così sorpresi che io possa cavarmela da sola mi infastidisce profondamente e per un momento sono quasi tentata di rivelargli che in realtà sono da sola e non ho bisogno di nessuno per andare avanti.
Decido che può anche bastare così, devo tornare al mio obbiettivo.
“Beh...Ciao” Gli faccio un cenno impacciato con la mano e li supero a disagio. Torno da dove sono venuta sentendomi terribilmente imbranata, ora voglio solo mettere distanza tra me e loro.
Il piano l’hanno ripulito loro, in tutti i sensi, ma potrei provare a controllare la mensa. Ho sicuramente meno provviste di quante speravo di trovare.
Scendo le scale ritrovando la concentrazione e sussulto quando sento qualcuno toccarmi la spalla, mi giro di scatto agitando l’ascia “Ehi! Ehi!” Luke si tira indietro mettendo le mani davanti a sé.
Ancora loro? “Calmati Thor!” Alzo un sopracciglio “Thor aveva un martello” Precisa Ethan che arriva in quel momento sorridendo. Apprezzo la conoscenza cinematografica ma distolgo lo sguardo per controllare il corridoio, stiamo facendo troppo rumore.
“Dove vai?” E’ Ethan “Mensa” Dico solo, sperando che recepiscano il messaggio, non ho voglia di perdere altro tempo.
Continuo per la mia strada illudendomi che questa sarà la volta buona in cui mi lasceranno in pace “Buona idea” Dice però Luke alla mia destra, Ethan mi affianca dall’altro lato. Sospiro e stringo la presa sull’accetta.
“Dove sono gli altri musi-grigi?” Insiste il biondo “Verso l’entrata principale” nemmeno lo guardo.
L’adrenalina di questa mattina mi scorre di nuovo nelle vene, affino i sensi, mi guardo spesso intorno.
“Come sai dov’è la mensa?” Mi permetto di girarmi verso Ethan solo per un attimo, non sembra un tipo pericoloso, ma resta il fatto che non mi convince “Venivo a scuola qui” Mi limito a dire, stanno cominciando ad infastidirmi un po’.
“Fico! Anche noi!” Faccio segno a Luke di stare zitto “Non puoi sapere se ce ne sono altri!”
“Scusa Thor” Accelero il passo mettendo distanza tra noi, frustrata.
“Sai noi siamo entrati dalla palestra, non abbiamo incontrato un’anima viva” Gli lancio un’occhiataccia e lui ride sottovoce “ok ok espressione sbagliata”.
Continuo a camminare non pensando al disagio che la loro presenza mi provoca.
La mensa si trova sul lato opposto alla palestra, vicino alla segreteria, ed è alquanto improbabile che sia libera, ma visto che Luke e Ethan si divertono tanto a darmi fastidio, potrebbero anche rendersi utili. Poi tutto come prima, io per la mia strada, loro per la loro.
Finalmente avanziamo in silenzio. I corridoi infiniti accrescono la mia impazienza e ad ogni angolo il mio stomaco si attorciglia finché non ho la certezza che ci sia via libera.
Le porte della mensa hanno delle finestrelle e mi metto in punta di piedi per guardare dentro ma sono troppo bassa e dopo poco mi arrendo.
“Spostati nanerottola ” Luke mi fa un occhiolino prima di spingermi delicatamente da parte, Ethan lo affianca con uno sguardo divertito. Che ha da ridere? E poi quanti soprannomi ha intenzione di rifilarmi il biondo?
“Ok via libera” Ethan apre la porta e si mette da parte per farmi passare sorridendo, io mi limito a ringraziarlo.
I miei occhi finiscono istintivamente sul tavolo in fondo a destra nella sala, quello vicino alla finestra e all’entrata della cucina. Il nostro tavolo.
Io, Noah e i nostri amici ci sedevamo sempre lì. Beh erano più suoi amici che miei, ma mi piaceva comunque stare con loro.
Non sarò mai più quella versione di me.
Noto con la coda dell’occhio Ethan che mi fissa, da quando l’ho incontrato è come se stesse studiando tutti i miei movimenti. Incontro il suo sguardo aspettandomi che distolga il suo, ma non accade mai.
Cerco di non pensarci dirigendomi verso la porta della cucina, e una parte di me si aspetta ancora che voltandomi troverò Noah seduto lì. Anche se la tentazione è forte, mi impedisco di guardare quel tavolo, ma la sua presenza grava su di me in modo insopportabile, e lo avverto, a pochi passi da me.
Sento l’improvvisa urgenza di andarmene e mi sbrigo ad appoggiare una mano sulla maniglia della porta lanciando un’occhiata ai ragazzi che annuiscono, allora apro.
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fatemi sapere cosa ne pensate
-emme <3
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