Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

15. Bûche de Noël

Adrien si svegliò costretto dai muscoli che tiravano dolorosamente su collo e spalle, restituendogli la sensazione che il cuscino fosse scomodo tanto e più di un sasso.

Aprì gli occhi a un nuovo giorno massaggiandosi il collo. Si trovava nel suo appartamento a Parigi, da solo.

La stanza, a eccezione del letto, sembrava rinchiusa all'interno di un ordine perfetto, ma sonnacchioso.

Scrollò il capo, si alzò e si diresse verso il bagno, mentre i fumi dei sogni si diradavano. Ciò gli permise di ricordare di non essere andato a letto da solo, la notte precedente.

Aggrottò la fronte, Dorian. Aprì la porta del bagno e sorprese il principe dei suoi pensieri davanti al lavabo, intento a lavarsi i denti. Le rughe sulla fronte si fecero più profonde. «Avevi il tuo spazzolino con te?» chiese con voce ancora impastata dal sonno.

Dorian gli rivolse uno sguardo saturo di burla. «Siamo stati sei giorni in Provenza insieme, ricordi?» e agitò una mano davanti al suo viso. «Sveglia!» Adrien trasalì appena, imprecò, si avvicinò al water per urinare.

Dorian riprese a lavarsi i denti. Tornò da lui poco dopo, per lavarsi le mani, ancora abbastanza stordito. C'era troppa normalità, in giro.

Si sciacquò il viso, Dorian gli passò lo spazzolino. «Il mio l'ho dimenticato in Provenza.» e sorrise birbante.

«Ti sei lavato i denti col mio spazzolino?!»

L'uomo ridacchiò, annuì e iniziò a spogliarsi davanti a lui senza alcuna esitazione. «Avrei dovuto farmene un problema?»

«Non è igienico...» borbottò poco convinto, rigirandosi lo spazzolino tra due dita, tentando di ignorare l'altro che girava ancora nudo per il bagno. Sospirò di sollievo quando Dorian si chiuse dentro la cabina della doccia.

«Dopo che ho bevuto pure i tuoi... fluidi corporei?»

Imprecò ancora, ma il suo amante aveva aperto il rubinetto e il rumore sordo del getto d'acqua gli impedì di controbattere. Riportò l'attenzione sullo spazzolino, si strinse nelle spalle e prese a lavarsi i denti. La sensazione che tutto fosse troppo normale si aggravò nel momento in cui si rese conto che era anche semplice, troppo semplice.

Svegliarsi insieme, dopo aver dormito insieme. Condividere il bagno senza alcun imbarazzo.

Si asciugò le labbra, ripose lo spazzolino e rimase qualche istante a fissare il proprio riflesso nello specchio sopra al lavabo.

Troppo facile. Sentire Dorian muoversi intorno a sé. Percepire la sua presenza, dentro la doccia, come qualcosa di normale. Ma non avevano ancora mai, neppure per sbaglio, sfiorato l'argomento – preso in considerazione l'ipotesi che quello che c'era tra di loro potesse diventare parte di una normale routine. Scrollò il capo, si tolse i vestiti e lo raggiunse dentro la doccia.

«Stavo rischiando di farmi spuntare le branche.» disse Dorian e sorrise, compiendo un passo indietro per fargli spazio.

Tutte le nubi che avevano riempito i suoi occhi, il giorno prima, sembravano essersi dissipate. Si fece contagiare dal suo buon umore, accostò le labbra alle sue e lo baciò, mentre il getto d'acqua gli bagnava i capelli, la pelle, lo obbligava a chiudere gli occhi. «Mi stavi aspettando?»

Dorian gli circondò le spalle con le braccia, protese il bacino verso il suo. Prese un suo lobo tra i denti, iniziò a succhiare, a mordere piano. «Sì.» soffiò, facendolo rabbrividire.

Adrien chiuse il rubinetto, prese una spugna, iniziò a insaponarlo con estrema cura, assumendo un'espressione seria, come se si trovasse in procinto di compiere una missione di vitale importanza, e Dorian ridacchiava, ogni tanto sussultava per il solletico, altre volte si faceva teso, le sue guance si arrossavano, ansimava. Gli piaceva il contrasto tra il candore della schiuma e quello del suo incarnato; i movimenti giocosi e maliziosi. I sorrisi da birbante e i sospiri tremuli di piacere.

La spugna cadde a terra, risalì sul suo corpo, esplorando con attenzione ogni più piccolo centimetro della sua pelle, che si coprì di brividi. «Mi sei mancato.» tre parole in grado di sconvolgere ogni equilibrio, l'ammissione di una mancanza che soltanto Dorian poteva soddisfare.

Gli aveva appena donato un potere troppo grande e lo sapeva: fargli capire di essere diventato importante per lui; fare il primo passo.

«Anche tu.»

Sorrise, ma non poté aggiungere altro, perché l'uomo riprese a baciarlo, a far aderire il suo corpo al proprio. E questo era sbagliato, lo sapeva. Di certo, aveva scelto il momento meno opportuno per dare il via alle proprie inquietudini per il loro futuro, ma si domandò pure se per Dorian ci fossero inquietudini a riguardo, se provava lo stesso che sentiva lui, oppure, se stava cercando di distrarlo per non dover affrontare quel punto. Per non deluderlo.

Ma la sua bocca restava così invitante – e sapeva di dentifricio, del suo dentifricio –, il suo corpo così caldo. Scese con le mani a esplorare la sua schiena, poi più giù, saggiando la morbidezza dei suoi fianchi, poi i glutei. Lo spinse contro una parete della cabina, il bacio si fece più profondo ed esigente. I movimenti più brevi, sempre più bollenti. Dorian gli circondò la vita con una gamba, gemette nella sua bocca quando i loro sessi entrarono in contatto. Li strinse entrambi in una mano, ansimando a sua volta, mentre l'altro tendeva il collo all'indietro, poggiando la nuca contro la parete.

Così teso, così vivo, così pulsante di passione. Bramava di poter godere di ogni sua più piccola reazione, di poter leggere ogni più infinitesimale emozione riempirgli le iridi di luci dorate. Voleva comprenderlo nel profondo, indovinare i suoi timori, farli propri, affrontarli insieme. Interpretare i suoi pensieri andando oltre i sorrisi giocosi con cui era bravo a metterlo a tacere.

Dorian lo guidò con una mano, finché non fu dentro il suo corpo. Ansimò ancora, tremò da capo a piedi, Adrien si spinse di più contro di lui, facendolo urlare.

Svegliarsi ogni mattina con lui, fare la doccia insieme, fare l'amore. Iniziare un nuovo giorno insieme. Era a causa delle reminiscenze del loro breve viaggio in Provenza se, in quel momento, gli sembrava che tutto fosse risolvibile, fattibile? E quando avrebbe ripreso a muoversi all'interno della sua solita routine parigina, le cose sarebbero tornate come prima, oppure, poteva sperare che quella pace continuasse a riempirgli il petto?

Questo credeva avesse importanza. A questo e su questo avrebbe dovuto dedicare le proprie energie, investendo nel proprio futuro – un futuro che sperava, ogni istante di più, di poter condividere con lui.

«Scopiamo e basta.»

L'orgasmo fu quasi doloroso, il corpo si irrigidì nei punti sbagliati, le ossa delle caviglie scricchiolarono e non fu piu in grado di sorreggere il suo peso, neppure con l'aiuto della parete. Si accasciò sulle ginocchia, ansimando pesantemente. Dorian lo strinse forte a sé, gli baciò la fronte, la sommità del capo, mentre lui si nascondeva di più contro il suo petto.

Si sciacquarono in silenzio, con Dorian che continuava a cercare un contatto, attraverso piccoli e soffici baci, ma Adrien non aveva più voglia di baci, né di contatto. Si sentiva ancora più stordito e confuso di quando si era svegliato.
«Tutto bene?»

Annuì distrattamente e prese ad asciugarsi i capelli, seguito dall'altro che tentò di togliergli il phon di mano, di tornare a giocare con lui, ma questo lo indispettì ancora di più. Gli passò il phon e fece per uscire dal bagno, ma Dorian lo afferrò per la cintura dell'accappatoio, lo bloccò tra sé e il lavabo, e iniziò ad asciugargli i capelli. Una volta che ebbe finito, Adrien riuscì a scappare dalla sua presa e, quando il suo amante uscì dal bagno, si era già rivestito.

Dorian lo fissò con una certa diffidenza, mentre lui restava seduto su una sponda del letto, osservando i suoi movimenti con la coda dell'occhio. Quando comprese che anche lui era di nuovo vestito, tirò un sospirò di sollievo e si alzò, pronto a chiudere quella parentesi.

Aveva ricevuto l'illuminazione nel momento sbagliato, non ne dubitava, proprio mentre stava godendo di lui, proprio nell'istante in cui si era sentito completamente fuso in lui. Dorian era stato chiaro riguardo la loro relazione, aveva già tentato di farglielo capire: era soltanto sesso. Difficilmente ci sarebbe stato un futuro, per loro. Comprenderlo, tuttavia, gli aveva lasciato in bocca un retrogusto troppo amaro – aveva lo stesso sapore del cioccolato bruciato.

Era rimasto a dormire da lui soltanto per recuperare il tempo perso in Provenza, ma poi si erano addormentati a causa della stanchezza. Adesso che avevano recuperato, non dubitava che lo avrebbe mollato per tornare definitivamente alla propria routine.

Dopotutto, restava il figlio di Camille Leclerc, la sua acerrima concorrente. Erano rivali. Erano in competizione. Erano, persino, nemici. Doveva augurarsi che Dorian la smettesse di eccellere, che Camille la smettesse di spargere merda sul suo conto, e tornare a essere il numero uno, non vanificare i sacrifici del nonno e di Julie – e, per farlo, doveva capovolgere la situazione, far fuori la concorrenza.

Qualcosa doveva fare per non cadere a picco, ma sapeva già che, qualsiasi cosa avrebbe potuto inventarsi, avrebbe finito per ferire Dorian – così come era stato ferito lui.

«Senti la mancanza dei dolci di Julie?»

Trasalì e gli rivolse uno sguardo obliquo, poi scrollò le spalle. «Ci sono un paio di fette di bûche in frigo, di quello avanzato da Natale. Me ne ha dato un po' prima che partissimo. Puoi farci colazione.»

«Scherzavo. Non ho voglia di dolci.»

«Non ho altro in casa. Devo andare a fare la spesa.» e si picchiettò un polso in modo eloquente.

Dorian sgranò gli occhi, impallidì un po', e Adrien comprese subito di essere stato fin troppo scortese. Se ne pentì, ma si impose di non chiedergli scusa.

«Anch'io dovrei andare. Andiamo insieme?»

Perché sta insistendo tanto? Il fatto che sembrava non volesse lasciarlo andare lo infastidì ancora di più. Perché illudermi?  

Riportò lo sguardo su di lui e gli parve che la sua espressione si fosse fatta tirata, triste. Non di certo per me, per la mia reazione. Forse, pensa al fatto di dover tornare a lavorare per Camille...

«Non sei sereno. Sono preoccupato.» le sue parole lo lasciarono senza fiato per lo stupore.

Aggrottò la fronte, allargò le braccia in cerca di... non sapeva neppure lui di che cosa. «Che intendi?»

«L'ho sentito pure mentre facevamo sesso. Sei teso.» Sesso. Già. «Ti lasci influenzare dagli eventi più di quanto ti piaccia ammettere.»

«Non fare il paparino con me. Risparmiatelo per Yves.»

Lo vide trasalire e si morse la punta della lingua: aveva esagerato ancora, ma non aveva idea di che cosa lo stesse spingendo su quella strada, perché non riuscisse a fermarsi. Istinto di conservazione? Vuoi farlo scappare? Anche se ci riuscissi, farebbe male lo stesso.

«Sono preoccupato anche per lui. Temo che stia cadendo in depressione. Compete con me e Camille da sempre. Non ne è all'altezza. E mi dispiace, perché lui ha tanto da dare, lui è speciale, non ha bisogno di competere con me o Camille, di costringersi a fare qualcosa che neanche gli piace.» Dorian incrociò le braccia sul petto e assunse un'espressione di sfida. «È stato felice dai tuoi, lo sei stato anche tu.»

Annuì. «Ma poi si torna alla normalità...» come quella che aveva percepito quella mattina, ma che aveva compreso subito essere una normalità diversa, qualcosa che non aveva mai sperimentato prima.

Uscì dalla stanza, aveva bisogno di ragionare in maniera lucida. Forse era a causa della stanchezza per via della sessione di sesso, l'assenza di caffè, di zuccheri. Aprì il frigo e ne tirò fuori il contenitore che gli aveva preparato Julie. «A te ha fatto il flan e a me ha dato gli avanzi di Natale.» borbottò.

Dorian sorrise teso. «Preferisci il cioccolato alla crema, lo ricordo pure io. Io sono l'esatto opposto. È stata soltanto gentile.»

«È così con tutti.»

Dorian si morse il labbro inferiore, sussultò un po', ancora.
Aveva esagerato di nuovo, lo sapeva.

«Forse dovrei pensare di mollare casa e trasferirci. Come ha suggerito Yves mentre eravamo dai tuoi. Forse, è Parigi ad esserci diventata stretta. Troppo caotica, troppo... pressante.» e accompagnò quell'ultima parola con movimenti enfatici di entrambe le mani. «L'unica cosa che mi importa è di fare questo lavoro.» e lo indicò con un dito, prima di battersi le mani suoi fianchi dei jeans. «Non ho le capacità per essere un capo, o forse sì, ma non mi interessa neppure scoprirlo. Non voglio esserlo. Voglio solo fare dolci. Punto.»

Si strinse nelle spalle. Non aveva ancora capito dove volesse arrivare col suo discorso, ma era certo che lo avrebbe scoperto presto. «Non si nasce capo. Io lo sono diventato grazie all'esperienza, al confronto con gli altri. È solo un arricchimento del proprio bagaglio...»

«No,» lo interruppe. «È una cosa che ti ha fatto perdere la rotta. Ti ha caricato di troppe responsabilità, di aspettative da soddisfare negli altri.»

«Ma che dici...»

«Tu sei proprio come Camille: siete divorati dall'ambiente che vi siete costruiti intorno e avete perso la passione per il vostro lavoro.»

Adrien richiuse il frigorifero con stizza e si avvicinò a lui a grandi passi. «Come osi paragonarmi a tua madre?!»

Dorian sembrò non farsi intimidire affatto dalla sua reazione, come se si fosse aspettato proprio questa, tra tutte. «È vero. Da questo punto di vista siete uguali.»

«Tua madre...!»

«Sì,» e alzò la voce per interromperlo ancora. «Mia madre è una grande stronza. Tu no. Lei ci sguazza alla perfezione all'interno del suo ambiente tossico e privo di passione, tu ci stai appassendo.»

«Ti sbagli.»

«Non è facendo quello che è meglio per te che deluderai Julie e il nonno.»

«Non osare metterli in mezzo!»

«Non devi loro niente...»

«Devo loro tutto!» tuonò con rabbia.

Dorian rimase in silenzio qualche istante, la sua espressione si sciolse poco per volta, abbandonando ogni ostilità, fino a farsi quasi dolce. Scosse la testa. «Scommetto che non avrebbero neppure fatto un passo, se avessero potuto prevedere quanto le loro azioni ti avrebbero fatto sentire prigioniero dei risultati ottenuti.»

«E tu lo sai perché ne avete parlato alle mie spalle mentre eravamo lì?»

«No. Lo so perché ho potuto vedere con i miei occhi quanto ti amano.»

«Questo non c'entra nulla...!»

«C'entra tutto! Hanno agito come fanno fatto perché volevano che tu fossi felice, non prigioniero del tuo successo.»

Adrien fece un passo indietro. Tremava di rabbia, si sentiva umiliato, ferito. Che cosa ne sapeva lui di quello che provava, pensava? Era, per caso, dentro la sua testa? Quanta arroganza, quanta presunzione. «Il mondo non si piega sotto il tuo volere, non puoi sapere quello che è meglio per gli altri soltanto perché tu sei sicuro che quello che pensi per loro lo sia!» Dorian scosse la testa, ma Adrien sollevò una mano per zittirlo. «E se ancora non l'hai capito, la discussione finisce qui. Adesso devi proprio andartene!»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro