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Capitolo 58.

Lucifer's pov
<<Concentrati, fratello: fai un bel respiro profondo>>

Feci come mi chiedeva Amenadiel, saldando le dita intorno al manico del pugnale, affilando lo sguardo e preparandomi per il colpo che dovevo infliggere al mio avversario.

Scattai in avanti con la mia arma, ma Jophiel parò il colpo, riuscendo addirittura a rifilarmi una gomitata sullo sterno e costringendomi ad arretrare.

<<Dovrai fare meglio di così, Luci>> mi provocò <<Il duello è tra soli due giorni, e tu combatti come un ragazzino!>>

Con la coda dell'occhio notai che Jennifer, accocolata sul divano, deglutiva a fondo.

Tornai a concentrarmi sul combattimento che si stava svolgendo.

Jophiel tentò un affondo laterale che io fui in grado di intercettare in tempo, poi passai all'attacco, balzando in avanti.

Colsi il momento giusto e riuscii a graffiare il collo di mio fratello, appena sotto l'elmo, con la punta del mio pugnale.

La lama si tinse di una fila di goccioline di sangue rosso acceso, ed io esultai.

Credi ancora che combatta come un ragazzino?

Jophiel sputò sul pavimento, ridacchiando:<<Aspetta ad esultare: sarà un duello all'ultimo sangue, il vostro>>

Sorrisi e gli restituì il suo pugnale, non potendo fare però a meno di notare lo scatto d'ansia che ebbero sia Jennifer sia Amenadiel, a quelle parole.

Io tentavo di non pensare all'impresa che mi aspettava, perché non volevo e non potevo deludere le persone che amavo, e non potevo do certo lasciarmi prendere dal panico né dall'ansia.

Anche se c'erano diversi elementi che non mi aiutavano in quel già di per sé arduo compito, come per esempio il fatto che la Mamma avrebbe parteggiato per Michael e che saremmo stati inferiori di numero.

<<Che c'è, hai bisogno di una pausa di riflessione?!>> mi sbeffeggiò Jophiel, quando tornai seduto sul divano, passando un braccio intorno alla vita di Jennifer.

<<Ti lascio riprendere fiato!>> esclamai io, in tutta risposta.

Jenny si staccò da me di qualche centimetro, togliendo il mio braccio da intorno a lei.

<<Ehy, che->> le parole mi morirono in gola quando notai quanto fosse pallida in volto, ed un improvviso terrore mi occluse la gola.

Sapevo che - essendo tecnicamente morta - era improbabile che si sentisse male, eppure sembrava proprio che stesse accadendo.

<<Jennifer?!>> provai ad attirare la sua attenzione, ma lei si portò all'improvviso una mano davanti alla bocca e si alzò di scatto, per poi correre in bagno.

Scattai per seguirla, mentre i miei fratelli osservavano la scena con preoccupazione. Amenadiel, più che l'altro, pareva molto in apprensione per Jennifer, che nel frattempo aveva chiuso la porta a chiave.

<<Apri, per favore!>> bussai ripetutamente, sentendomi sul punto di svenire.

Dall'interno provennero rumori piuttosto concitati, poi venne tirato lo sciacquone.

<<Jennifer?!>>

Finalmente sentii la chiave che girava nella toppa e la porta del bagno venne parzialmente aperta dalla ragazza, quel tanto che bastava perché potessi entrare con lei.

Appena fui dentro avvertii un forte e penetrante odore di vomito, che mi obbligò a tapparmi il naso per diversi secondi.

Jennifer stava in piedi con la fronte appoggiata al muro fresco, mentre si puliva la bocca con della carta igienica.

Le appoggiai le mani sulle spalle, attirandola a me finché non ebbe la schiena appoggiata al mio petto.

<<Tutto a posto>> mi rassicurò ancora prima che potessi commentare, girandosi e baciandomi sul mento.

Non mi sembrava tutto a posto, proprio per niente.

<<Sei sicura?>> domandai, accarezzandole una guancia.

Era molto pallida ed aveva appena vomitato, perciò no, non mi sembrava tutto a posto, neanche per sogno.

<<È la prima volta che ti succede?>>

Jennifer si passò una mano in mezzo ai capelli:<<È da un po' che mi capita...Ma penso sia dovuto alle forti emozioni che ho provato, sai, dopo che...Non serve che sia io a dirtelo>>

Le presi il volto tra le mani e la bacia con passione, assaporando ogni istante di quel magnifico momento.

Mio Padre, quanto mi era mancata!

Il favoloso idillio durò ancora per pochi secondi, perché poi Jennifer si staccò precipitosamente da me e si inginocchiò di fianco al gabinetto per vomitare di nuovo, tenendosi i capelli con una mano.

Quando ebbe finito tirai l'acqua e la aiutai a rialzarsi, per poi pulirle le labbra con delicatezza.

Lei si schiarì la gola:<<Devo decisamente sciacquarmi la bocca, dopo questo>>

Io mi sforzai di sorriderle, ma stavo internamente morendo di preoccupazione.

Fino a poco tempo prima - prima che Amenadiel andasse a proporre il duello a Michael e a riferire il nostro piano agli altri miei fratelli - Jennifer aveva tutta l'aria di stare bene.

Eppure lei stessa aveva confessato che erano settimane- forse mesi, persino - che le capitava di avere la nausea.

<<Credo che sia il momento per te di utilizzare il mio regalo e di tornare al mondo dei vivi>> le dissi, appena ebbe richiuso l'acqua del lavandino.

<<Va bene, ma tu...Tu verrai con me, vero?>> i suoi occhi verdi si colmarono d'ansia del colore della menta.

A quelle parole sentii di essere sul punto di scoppiare a piangere:<<Neanche mio Padre in persona potrebbe impedirmelo>> dissi io, abbracciandola.

E ne valse la pena, perché il sorriso che mi regalò mi ripagò per tutti quei millenni- quelli che a me erano sembrati tali - di lontananza forzata.

Quando tornammo in salotto trovammo Amenadiel e Jophiel seduti insieme sul divano, a parlare del più e del meno, come bravi fratelli.

<<Io e Jennifer torniamo a Los Angeles>> annunciai loro, e nessuno dei due parve sorpreso a quelle parole.

<<Vengo con voi>> disse Amen, alzandosi <<È tempo che io vada da Linda e da Charlie, prima che lei si insospettisca non vedendomi tornare con tue notizie>>

<<Mie notizie?>> chiese Jennfier.

<<Sì, certo: altrimenti come credi che avrei fatto a trovare il tuo corpo in così poco tempo? Linda, appena arrivata a casa, mi aveva chiesto il favore di andare a controllare come stessi, visto che ti aveva vista molto giù durante la serata>>

La ragazza accanto a me annuì sollevata, probabilmente dal fatto che nessuno oltre a me ed ai miei fratelli sapesse della sua morte.

<<Io, invece, credo che andrò ad allenarmi>> soggiunse Jophiel, provando a non sembrare sospetto.

Tutti in realtà sapevamo che, negli ultimi anni, i suoi allenamenti erano drasticamente diminuiti di frequenza, in favore di più piacevoli visite ad Anne.

Il problema principale era che la ragazza non sapeva che mio fratello fosse un angelo, il capo della schiera dei Cherubini nonché uno dei figli di Dio.

Jophiel non si tirava mai indietro se c'era una battaglia da combattere - non volontariamente - ma quando si trattava di rivelare alla ragazza che amava chi fosse davvero...Quello sì che lo terrorizzava.

Senza aggiungere altro, Jennifer si sfilò dalla tasca la Moneta che le avevo donato e me la porse.

<<Chiudi gli occhi>> le sussurrai all'orecchio, per poi lasciarle un veloce bacio sulla fronte.

Jophiel fece finta di essere schifato e si infilò due dita in gola, ma io lo ignorai bellamente.

Lanciai in aria la Moneta, la quale girò su sé stessa per due volte mentre cadeva, poi, appena sfiorò il capo di Jennnifer, ella scomparve.

Non fece in tempo a toccare il pavimento che anche la Moneta si dissolse nel nulla, come se non fosse mai esistita.

<<Ci si vede presto, fratelli>> li salutai sbrigativamente. Avevo fretta di essere di nuovo accanto a Jenny. Ogni secondo che perdevo, ogni secondo che trascorrevo lontano da lei, era tempo perso.

Spiegai le ali ed in pochissimi secondi fui fuori dall'Inferno. L'aria mi parve immediatamente più leggera, più fresca, meno opprimente.

Mi vennero le lacrime agli occhi mentre un paesaggio a me molto familiare mi si srotolava dinanzi: le dolci colline che circondavano la Città degli Angeli.

In altrettanti pochi secondi fui nell'appartamento di Jennifer, nel quale entrai grazie alla finestra che doveva aver lasciato aperta mia sorella Saraphiel.

Rivedendo quel posto ebbi un altro colpo al cuore, mentre le lacrime iniziavano a diventare intrattabili.

Il che divenne ancora più impossibile da quando vidi Jennifer, viva e vegeta, distesa sul pavimento, accanto al divano.

Avvolta in una felpa pesante bianca e rossa, respirava profondamente, il che mi rincuorò molto.

Le infilai un braccio sotto le gambe ed uno dietro la schiena e la presi in braccio il più dolcemente possibile.

La portai fino in camera sua, dove la appoggiai sul letto, per poi coprirla per bene con la coperta ed il piumino.

Per me era ancora strano pensare che fosse già quasi natale lì a Los Angeles, nonostante quando me ne ero andato fosse ancora piena estate.

Mi tolsi le scarpe e mi distesi accanto a lei, inspirando a pieni polmoni il suo profumo.

Sapeva di lavanda, per qualche strano motivo: uno degli odori migliori del mondo, per quel che mi riguardava.

Finalmente ero tornato a casa, la mia vera casa.

Ero al settimo cielo, ma talmente facile che, quando la luce del giorno illuminò la stanza, mi trovò ancora sveglio e pimpante, troppo eccitato per chiudere occhio.

Quando anche Jennifer si svegliò lentamente, circa un'ora dopo, la mia beatitudine divenne completa.

Non mi importava cosa mi avrebbe riservato il futuro, né che esito avrebbe avuto il duello che mi preparavo a sostenere.

Non avrei voluto fare altro che vivere in quel momento per tutta l'eternità, senza che nulla venisse modificato dall'impietoso trascorrere del tempo. Neanche il più minimo dettaglio: era tutto perfetto così com'era.

Quando gli occhi di Jennifer si focalizzarono su di me, notai come si accessero subito di una luce calda.

<<Sei qui>> sussurrò.

Dove altro dovrei essere?

<<Te l'avevo promesso, no?>> fu il meglio che potei tirare fuori, con il cuore che batteva così veloce.

Lei sorrise e mi baciò, facendo in modo che ogni centimetro del nostro corpo sfiorasse il corpo dell'altro.

Quando ci staccammo mi passò lentamente un dito sulle labbra, sorridendo, ed io la lasciai fare volentieri.

<<Ti amo>> disse.

Il mio povero cuore - già messo a dura prova fino a quel momento - minacciò di andare in iperventilazione.

Ed il motivo era molto semplice: lei non aveva ancora mai detto di amarmi, non da quando ci eravamo ritrovati.

Nessuno prima di lei mi aveva mai detto quelle parole.

<<Ti amo, Jennifer>> mi morsi il labbro <<Qualunque cosa accada domani, non potrà cambiare ciò che provo per te>>

La ragazza si rabbuiò tutto d'un tratto, distogliendo lo sguardo.

Sapevo che non avrei dovuto parlarle così, ma avevo sentito il bisogno di farlo.

Volevo che lo sapesse...Per ogni evenienza.

Jennifer si scostò da me e si mise seduta, facendo una smorfia di dolore e portandosi una mano allo stomaco.

Mi misi subito in allarme.

<<Hai di nuovo la nausea?!>> le cinsi la vita con un braccio, avvicinandoci ed assicurandomi che fosse stabilmente seduta.

Lei scosse la testa:<<No, no>> rispose <<Stai tranquillo>>

Le accarezzai entrambe le guance:<<Voglio la verità. Ricordi cosa ci siamo detti riguardo al non affrontare i tuoi problemi da sola?>>

Jennifer sospirò:<<È stato solo qualche conato>> sminuì <<Sono certa che sia solo un po' di stress, come ti ho già detto>>

Mi passai una mano sul volto, inquieto:<<Allora, forse, non dovresti venire con noi, domani...>>

I suoi occhi saettarono nei miei alla velocità della luce:<<Come?>>

<<Voglio dire: non sarà niente di che, cara, solo un semplice scontro a due...Ma potrebbe degenerare. E preferirei che tu non sia lì presente, se non ti senti bene, se non sei al massimo delle tue energie...>>

Non sarebbe stata d'accordo, lo sapevo. Ne avevo la certezza matematica, ma dovevo tentare.

Lei non era la sola disposta a proteggere la persona che amava con ogni mezzo possibile.

<<No, invece>> dichiarò Jennifer, seria <<Io sarò lì al tuo fianco, chiaro?Qualunque cosa accada domani, puoi stare certo che non te la lascerò affrontare da solo>>

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