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Capitolo 43.

Afferrai la boccettina piena fino all'orlo di quel liquido nerastro e me la infilai nella borsa, poi corsi fuori dalla stanza, verso le altre camere dell'appartamento.

Dovevo trovare Eve. E subito.

La stanza da letto era in completa penombra, la tapparella era abbassata e la luce del pomeriggio ci passava a malapena attraverso.

Nonostante ciò notai all'istante una figura esile stesa sul materasso, con le mani legate strette con delle corde alla testata del letto matrimoniale.

La ragazza indossava un vestito lungo fino a sotto le ginocchia, ne ero sicura sebbene non riuscissi a vederne il colore nella quasi totale oscurità della stanza, ed aveva i piedi nudi.

La testa era abbandonata sul cuscino ed i lunghi capelli scuri si trovavano sparsi tutto intorno.

<<Eve!>> esclamai, andando nel panico più totale, e la prima cosa che feci fu verificare che respirasse.

Per fortuna mi accorsi quasi all'istante che il suo petto si alzava e si abbassava ad intervalli regolari.

Allora passai a tagliare le corde che le tenevano i polsi legati, utilizzando una forbicina per unghie che avevo nella borsa. Ci volle un po', ma alla fine la fatica diede i propri frutti.

Quando fu libera me la adagiai dolcemente sulle ginocchia, chiamando il suo nome e scuotendola piano per le spalle.

<<Eve!>> esclamavo <<Eve, svegliati, avanti!>>

All'ennesimo scossone la ragazza socchiuse gli occhi castani. Ci mise un po' a capire che fossi io, e ne fu evidentemente sollevata perché scoppiò a piangere, abbracciandomi forte.

Io le accarezzai i capelli:<<È tutto okay>> le sussurrai <<Va tutto bene, ora. Michael sen'è andato e non lascerò ti si avvicini mai più>>

Mi ritrovai a pensare che se lui fosse davvero tornato in quel momento avrei potuto fare ben poco per proteggere Eve o me stessa, ma dovevo pur rassicurarla in qualche modo.

La prima donna di tutta la storia si schiarì la voce, deglutendo a fondo:<<Dammi dell'acqua, per favore>> sussurrò.

Io mi affrettai a prenderle un bicchiere e lei lo bevve con ingordigia, poi rimise giù la testa, respirando affannosamente dalla bocca.

<<Eve, cosa è successo?>>

Lei non mi rispose e si asciugò il sudore dalla fronte:<<Dov'è Maze?!>> esclamò <<È molto arrabbiata con me, vero?>>

Grosse lacrimone le scendevano giù per le guance pallide:<<Non è colpa mia! È stato Michael... Ha preso il mio cellulare e le ha scritto che la lasciavo!>> un forte singhiozzò la fece sobbalzare ed io la abbracciai di nuovo.

Quindi era stato Michael ad assoldaee la Mascherade Inc con il telefono di Eve, per poi spacciarsi per Lucifer.

Ora tutto assumeva un senso e dovetti ammettere a me stessa che era un piano molto ben congeniato.

<<Oh, Eve>> le accarezzai ancora i capelli neri <<Sono sicura che Maze capirà... Ti ama tanto>>

Gli occhioni castani della ragazza si alzarono nei miei, brillando:<<Te lo ha detto lei?>>

Nonostante tutto quello che doveva aver passato nelle precedenti ore, nonostante la paura e le privazioni, il suo primo pensiero andava alla ragazza di cui era innamorata.

Le sorrisi:<<No, non l'ha detto a voce, ma si vedeva che lo pensava>> la aiutai a mettersi seduta <<Era preoccupata per te. È stata sua l'idea di venire qui a controllare se stessi bene>>

Eve mi fece un sorriso a trentadue denti, che però scomparve subito quando provai a farla camminare.

Doveva girarle la testa perché barcollò e l'unico motivo per cui non cadde fu che c'ero io a tenerle un braccio intorno alla vita.

<<Stai bene?>> le chiesi.

Lei annuì:<<Dov'è Mazi?>> mi domandò di nuovo.

<<È qui fuori dalla porta, ma devo avvertirti che Michael le ha... L'ha fatta addormentare per un po', ma credo che stia bene>>

Lo sguardo di Eve si velò di preoccupazione, ma io riuscì a convincerla a restare seduta sul divano mentre andavo dal demone.

Temevo che svenisse o che si sentisse male, dopotutto non mangiava da più di un giorno e doveva essere davvero debole.

Non ebbi problemi ad aprire la porta dell'appartamento e arrivai alla conclusione che gli incantesimi di Michael dovevano sciogliersi se egli si allontanava troppo, o qualcosa del genere.

La cacciatrice di taglie era distesa sul pavimento in una posa scomposta, ma non sembrava essersi fatta male in alcun modo durante la caduta.

Scrollai piano anche lei e si svegliò senza problemi.

Appena aperti gli occhi scattò in piedi, brandendo i due pugnali che stringeva tra le mani.

<<Jennifer!>> mi strinse forte tra le braccia <<Tutto a posto? Dov'è quel bastardo di Michael?!>>

<<Maze!>> esclamò Eve, da dentro l'appartamento, sentendo la voce del demone.

Mazikeen si zittì all'improvviso, la sua attenzione totalmente concentrata sulla voce della ragazza.

<<Vai da lei>> la incoraggiai io, dandole una spintarella <<Quando vi sarete chiarite falle mangiare qualcosa e portala in un posto sicuro>>

Maze aveva gli occhi velati di lacrime ma annuì:<<Ma tu stai bene, darling, ne sei proprio sicura?>>

<<Sì, sono sicura>> dovevo essere forte <<Voglio che prenda tu la mia macchina, Maze. Io mi farò venire a prendere da Lucifer>>

Le porsi le chiavi e lei scomparve oltre la porta dell'appartamento, non senza prima rivolgermi un'ultima e attenta occhiata.

Non sapeva che io e Luci avessimo avuto una discussione assurda, poco prima.

Non sapeva di come si fosse comportato da perfetto stronzo senza alcun motivo valido.

E non sapeva della proposta fattami dal suo fratello gemello, che avevo rifiutato anche se non del tutto.

Era quello a farmi paura.

Non sapevo quanto potessi fidarmi di me stessa. Non in quella circostanza.

Tirai fuori il cellulare mentre scendevo piano le scale e feci il numero di Lucifer.

Rispose al terzo squillo, a velocità record.

<<Pronto, Luci>> mi resi conto che mi tremava un po' la voce, ma niente di eccessivo <<Hai presente l'appartamento di Eve, qui a Los Angeles? Io sono lì. Ho bisogno che tu mi raggiunga. Velocemente>>

<<È successo qualcosa?>> domandò.

Decisi di dirgli tutto subito:<<Ho avuto un incontro ravvicinato con il tuo gemello, ma non preoccuparti: sto bene>>

<<Arrivo subito>> lo sentii dire, appena prima che chiudesse la chiamata in tutta fretta.

Solo allora mi resi conto che la mano sinistra - quella con cui avevo tenuto il pugnale di Maze - aveva una grossa bruciatura sul palmo e che mi faceva piuttosto male.

Stava inziando a formarsi una vescica, il che sarebbe stato un ulteriore problema.

Mi bruciava da morire.

Volevo piangere ma, ancora una volta, mi imposi mentalmente di stringere i denti ed essere forte, per il mio bene e per quello dei miei amici.

Lucifer atterrò pochi secondi dopo a qualche metro da me e ritirò le ali alla velocità della luce, evitando di poter essere visto da qualcuno.

<<Jennifer!>> esclamò il mio nome, sollevato, e mi venne ad abbracciare forte premendo la mia testa sul suo petto <<Ti prego, dimmi cos'è successo...>>

Non riuscii a rispondergli: rimasi zitta ed immobile, intenta a godere del suo dolce e musicale accento britannico e della calma che mi infondeva in corpo.

Per un lungo momento non ci fu nient'altro che quello, ma poi ricordai quanto fossi arrabbiata con lui, come si fosse comportato con la sottoscritta solo poco prima:<<Tranquillo: non sono andata a letto con tuo fratello, se è questo che ti preoccupa>> gli dissi, amareggiata ed ironica.

Tentai con tutte le mie forze di non pensare a Michael che mi sussurrava che forse avrebbe dovuto fare sesso con me...

Luci mi guardò con pentimento, gli occhi tristi:<<Lo immaginavo>> mormorò, ma non c'era l'ombra della benché minima ilarità sul suo volto.

<<Vieni, andiamo a casa. Ti prometto che, una volta arrivati, ti spiegherò tutto quello che vorrai>> mi prese per mano ed io sobbalzai a causa del forte dolore, ritraendomi.

La vescica biancastra mi bruciava come l'Inferno, ed avevo scoperto appena che era ancora peggio se la mettevo a contatto con qualcosa.

Lucifer mi rivolse un'espressione interrogativa, non capendo la mia reazione. Poi il suo sguardo seguì il mio e vide la scottatura che mi ero procurata.

<<Posso?>>

Io annuii e gli porsi la mano, che lui prese con delicatezza dal dorso, esaminando l'entità dei danni.

<<Non è niente di che>> mi affrettai a dire.

<<Che è successo?>> mi chiese nuovamente, ma stavolta il suo tono di voce era più basso, molto più basso e minaccioso, come se venisse direttamente dalle cavità infernali.

Sapevo che si riferiva a come mi ero procurata quella ferita.

<<M-Michael ha fatto una specie di magia... Credo. Avevo in mano il mio pugnale e lui ha fatto un movimento ... Ed è diventato bollente. Così l'ho lasciato andare ma non abbastanza in fretta, a quanto pare>>

Luci chiuse gli occhi e respirò profondamente, come se stesse per esplodere e tentasse di controllarsi.

<<Ehy, tutto a posto?>> chiesi, appoggiandogli sulla spalla la mano sana e scuotendolo piano.

<<Sì...>> rispose <<Sto solo canalizzando la rabbia nella giusta direzione>> sospirò, dopo qualche istante <<Ti fa molto male la mano, vuoi che andiamo a farcela vedere da un dottore?>>

Scossi la testa:<<No no, non preoccuparti. È solo una scottatura. Passerà da sola>>

<<E invece mi preoccupo per te, e non poco!>> mi appoggiò le mani sulle guance, languidamente <<È tutta colpa mia, è tutta colpa mia!>>

<<Ora basta!>> esclamai io <<Sono una persona adulta ormai, e posso benissimo decidere per me stessa ergo quello che mi succede non dipende da te!>> mi allontanai a grandi passi <<Sai invece cos'è che dipende da te? Come mi tratti! Quello che mi dici, quello che traspare dai tuoi comportamenti... Tutto questo dipende da te!... Le scenate di gelosia che mi fai... >> non provai nemmeno a fermare quel fiume in piena di parole accusatorie, e forse, pur provandoci, non ci sarei riuscita.

Probabilmente non avrei nemmeno desiderato riuscirci.

La tensione, la paura e l'ansia da cui ero stata colpita si facevano sentire in quell'esatto momento.

<<Adesso sarà meglio che ce ne andiamo, però. Prima che torni Michael>> disse.

Era un consiglio ragionevole, più che ragionevole, ed io sapevo che dovevamo fare così. Altroché.

Senza dire niente lasciai che mi prendesse tra le sue braccia e chiusi gli occhi, preparandomi al decollo.

Lo toccavo il meno possibile, vuoi per la rabbia che provavo in quel momento nei suoi confronti, vuoi per il senso di colpa per ciò che non ero riuscita a rifiutare all'istante.

L'attico sopra il Lux era buio, l'ambiente freddo.

I soprammobili trasmettevano un senso di forte alienazione, quel pomeriggio. Come se tutto il nostro mondo fosse precipitato nell'abisso senza il minimo preavviso.

Anche se in realtà avevamo avuto molti preavvisi.

Quando mi sedetti sul letto matrimoniale provai la sgradevole sensazione che avevo sperimentato durante il mio attacco di panico: mi sentivo come se stessi osservando me stessa dall'esterno, ma nello stesso tempo anche dall'interno.

E quello che stavo vedendo mi spaventava a morte, più di qualunque altra cosa. Persino più delle minacce di Michael, più della prospettiva di perdere la persona che amavo: deludere tutti quanti, ma soprattutto deludere me stessa.

Il fine non può giustificare i mezzi che si utilizzano per il suo raggiungimento.

Mi stavo ancora ripetendo quella frase quando Lucifer tornò con una scatolina di cartone tra le mani e venne a sedersi accanto a me.

<<Pensavo di metterci sopra un cerotto>> disse, impacciato, accennando alla mia mano <<Ma non so come. E non so neanche se sia la cosa giusta da fare, onestamente>>

<<L'ideale sarebbero delle bende sterili>> risposi <<Non è che ne hai qualcuna?>>

Lui scosse la testa:<<Dubito fortemente. A meno che un asciugamano disinfettato con del Brandy non possa definirsi tale>>

Apprezzavo i suoi sforzi per aiutarmi. Davvero.

Erano anni che dovevo contare solo sulle mie forze e su me stessa per andare avanti, ed era così bello che adesso ci fosse qualcun'altro sul quale potessi fare affidamento.

Non riuscii a fare a meno di sorridere al suo tentativo di fare dell'umorismo, anche se spicciolo:<<Ho paura di no. Nel caso un semplice tessuto pulito dovrebbe andare bene per una fasciatura. Tanto per non farle fare infezione finché non torno a casa>>

Lucifer si alzò e frugò per un minuto buono in uno dei cassetti del suo armadio, ed alla fine ne tirò fuori un largo fazzoletto di stoffa nera.

Quando me lo porse avvertii all'istante che profumava di buono. Doveva essere stato lavato da poco.

<<Com'è che hai dei cerotti nell'attico se tu sei immortale?>> gli chiesi, osservandolo mentre me lo legava con delicatezza intorno al palmo della mano.

<<Perché da quando ti ho vista arrivare con un occhio nero e non avevo il ghiaccio da darti, ho deciso di prendere delle... Precauzioni. Di fornirmi meglio>> si passò una mano tra i capelli, come se fosse a disagio.
<<È troppo stretta?>> aggiunse poi, dopo aver terminato la fasciatura alla mano.

<<No, affatto>> dissi, in fretta <<Grazie mille>>

<<Figurati>> mormorò lui, abbassando lo sguardo sulla medicazione che mi aveva appena finito di applicare.

Mi venivano le lacrime agli occhi se pensavo a lui che andava a fornirsi di materiali di primo soccorso pensando a me.

Non ero più abituata a certe attenzioni.

<<Perché sei scattato così, oggi?>> gli chiesi, d'un colpo <<Te l'ho detto che ti amavo, Lucifer. Ti ho detto che io e Daniele eravamo solo amici... Eppure tu hai... Non capisco il motivo>>

Lui aprì la bocca ma non emise alcun suono.

Scossi la testa:<<Non capisco quale possa essere il problema, in tutta sincerità... A meno che tu non ti fidi di me e di ciò che ti dico, perché se è così... >> non avrei saputo come continuare.

La fiducia e la stima reciproca erano tutto per me, e se lui non mi vedeva come una persona degna di fiducia o stima, allora non capivo proprio perché non mi lasciasse.

Al pensiero di quella prospettiva mi si spezzò il cuore.

<<Io mi fido di te>> rispose <<Mi fido di te e ti amo. Ma n-non mi fido... Beh, di me stesso>>

Rimasi in silenzio, attendendo che continuasse.

<<Oggi, dopo essere scappato via da casa tua come un vero coglione, sono stato allo studio di Linda. Per un consulto>> si schiarì la voce, deglutendo <<Devi sapere che la gelosia è un sentimento del tutto nuovo per me... Voglio dire: prima di conoscerti ero geloso delle mie cose, ma non certo delle persone con le quali passavo il mio tempo. Non mi importava di loro, capisci?>>

Io annuii, decisa a lasciarlo finire di parlare e consapevole che prima di parlare della "questione Michael" dovessimo risolvere i nostri problemi.

<<Oggi ho capito che mi sono comportato in modo così spregevole solo perché ho paura di perderti... E non perché potrebbe succederti qualche cosa, ma perché temo che tu possa accorgerti di come io non... N-non sia... Degno>>

<<Degno?>> seguivo attentamente il filo del suo discorso nonostante il dolore alla mano, eppure non comprendevo quale fosse il punto.

Come poteva non sentirsi degno? Era uno dei figli di Dio, santo cielo!
Se non si sentiva degno lui, allora noi comuni mortali cosa avremmo dovuto dire?!

E poi, degno di che cosa? Della sua fama? Di gestire la situazione? Della fiducia che riponevo in lui, che gli altri riponevano in lui?

Luci deglutì a fondo, incerto.

<<Temi che io possa accorgermi che non sei degno di che cosa?>> domandai.

<<Di te>> parlò pianissimo.

<<Di me?!>> non volevo ridergli in faccia per non essere sgarbata, ma - se quello era ciò che aveva detto davvero - non poteva esserci idea più assurda.

Lucifer abbassò la testa, mortificato, e sussurrò:<<È più che un timore: sono convinto di non essere degno di te>>

<<Che assurda convinzione!>> esclamai, circondandogli il volto con le mani e facendo sì che mi guardasse negli occhi.

<<Ma guarda come mi sono comportato solo poche ore fa, Jennifer!>> lui scuoteva piano la testa, come se stesse tremando <<È quello ciò che sono, ed è mostruoso... Lo ca->>

Lo zittii appoggiando le mie labbra sulle sue e passandogli le braccia intorno al collo.

<<Jennifer...>> il modo in cui pronunciò il mio nome mi fece venire i brividi.

<<No>> dissi <<Quello che è successo oggi è stato un comportamento grave, da parte tua. Sia chiaro. Ma è stato un errore, Luci, e nient'altro.
Sono sicura che non si ripeterà più, non è vero?>>

<<Mai più>> rispose.

Mi allontanai da lui, riportandoci ad una distanza socialmente accettabile per tenere una conversazione:<<E so che non cambierai idea semplicemente sentendomelo dire, ma lo voglio fare lo stesso: ti amo, Lucifer, ti amo davvero tanto, e ho la massima stima di te>>

I suoi occhioni scuri e languidi si riempirono di lacrime ed il mio "sistema d'allarme interno" - lo stesso che si attivava ogni qualvolta lo vedevo stare male fisicamente o mentalmente - entrò in funzione.

<<Andrà tutto benissimo>> lo rassicurai mentre gli facevo appoggiare la testa sul mio petto, facendogli i grattini sui capelli <<Risolveremo questa situazione insieme e poi potremo andare avanti con la nostra vita>>

<<"La nostra vita">> considerò lui, come sovrappensiero <<Non credo tu abbia idea di quanto bene mi suonino queste tre paroline>>

Fu in quell'esatto istante, mentre lo ascoltavo parlare in questo modo, che mi resi conto di non poter e di non voler fargli del male, e ne tantomeno che Michael o chiunque altro gliene facesse.

Con un sospirò presi la boccetta di sonnifero che il suo gemello mi aveva dato e la estrassi dalla mia borsa, posizionandola sul letto, davanti ed in mezzo a noi.

Lucifer la guardò con curiosità.

<<Cos'è?>>

<<Un sonnifero>> confessai.

Il Diavolo mi guardò stranito per un attimo, ma poi disse:<<È stato il mio gemello a dartelo, non è così?>>

<<Già>> confessai <<Voleva fare un accordo con me perché lo aiutassi a rispedirti all'Inferno>>

Lucifer prese in mano la boccetta con attenzione e la esaminò per qualche lungo attimo:<<Capisco>>

<<Non ho accettato>>

Lui mi rivolse un breve sorriso:<<Ma certo che non l'hai fatto. Ho sempre saputo che eri troppo sveglia per farti raggirare da quel bastardo>>

<<Devo ammettere che la sua offerta mi ha tentata, in effetti, ma non ti avrei fatto soffrire per nulla al mondo>> dovevo liberarmi da quel peso.

<<Ah sì?>> chiese Lucifer <<E cosa ti avrebbe promesso?>>

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