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Il piano.

Cecily, lo sguardo fermo e la schiena dritta, osservava con fare torvo i propri interlocutori. Entrambi la sovrastavano in altezza e prestanza, ma non era un dettaglio al quale aveva mai prestato parecchia attenzione; era sempre stata bassa e magra, e, sin dall'adolescenza, aveva fatto sì di potere per lo meno ispirare rispetto attraverso lo sguardo cristallino con cui era nata. Concentrata e schiva, era in grado di dare vita ad una voce ferma e sicura, che solo una vera donna sarebbe stata degna di detenere. Ciò nonostante, non perdeva mai la propria indubbia femminilità ed il garbo che le era stato insegnato come doveroso; era stato anche grazie a queste poche doti che era giunta dove si trovava ora.

I due Templari la stavano mirando ed ascoltando, prima lei e poi il vecchio che le era alle spalle, rachitico e tremante. Il volto scoperto appartenente a quest'ultimo instillava, allo stesso inquietante tempo, pietà e sospetto, e per tale ragione entrambi gli uomini credettero a ciò che lei disse loro.
"È molto grave ciò che ha fatto." disse infine uno; allo stesso modo del proprio compare, indossava una tunica bianca con un'ampia e vistosa croce ricamatavi sopra. Aveva il contorno dorato, spesso alcuni centimetri, con l'interno vuoto. I capelli del soldato erano lunghi e scuri, e gli nascondevano buona parte della fronte. Al fianco spiccava chiaramente un fodero in cuoio lucido, oltre il quale fuoriusciva l'elsa lavorata di una spada pregiata. Cecily, profondamente agitata ma apparentemente calma, si limitò ad annuire per dimostrarsi concorde. Nel frattanto, la mente non faceva che ronzarle; le pareva di potere udire al suo interno interi sciami di api volanti ed agitate. Era terribilmente fastidioso.
"Lo accompagneremo nelle celle e faremo preparar-" "No." lo interruppe la giovane, negando con fermezza con il capo "No." incalzò "Lo porterò io. Ho intenzione di parlargli chiaramente di alcuni fatti. Fatti imperdonabili."
La guardia parve basita, e propose; "Ma vi servirebbe una scorta; i criminali che giacciono qua dentro non sono decisamente buone persone." si prese un istante di pausa, durante il quale mirò il proprio compare. Cecily non lo permise e, imponendosi tra i due con fare autoritario, chiese nuovamente di potere avanzare da sola. Fece presente ai Templari che era lei stessa ad essere stata mandata dal sommo pontefice e che loro non erano che suoi affiliati; probabilmente fu la cosa peggiore che avrebbe mai potuto dire, ma funzionò. A seguito di alcuni sguardi, prima arcigni e poi sempre più arrendevoli, i due le permisero di farsi avanti di per sé, accompagnata unicamente da colui che credevano fosse il prigioniero.

Una volta superata la soglia, d'innanzi ai due si aprì un lungo corridoio in pietra; era largo e ben illuminato da fiaccole, con piccole finestre oltre le quali si alzavano alcune sbarre in metallo. I passi della ragazza rimbombavano per le pareti, dando all'anfratto un aspetto sempre più lugubre; tremò inaspettatamente. Lucifero, però, intervenendo d'improvviso, la distrasse. Era torvo e teneva la fronte corrugata; avanzava al suo fianco, e, vedendolo come il più bello degli Angeli -ora sapeva che era davvero così-, Cecily stentava a credere che coloro che li circondavano potessero vedere unicamente un anziano privo di forze.
"Quegli uomini non facevano che pensieri terribilmente impuri su di te." disse a bruciapelo l'uomo, disgustato e deluso. Sembrava avercela con la giovane; sembrava che la stesse rimproverando. "Si fingono servitori di Dio quando sanno benissimo che nessuno dei prigionieri è colpevole." quindi sorrise, dimostrando una disarmante scostanza "Quasi mi diverto nel rendermi conto di chi sono i servitori di mio padre."
La ragazza deglutì semplicemente, mentre le chiavi delle varie celle le rumoreggiavano tra le mani; era rimasta profondamente colpita dall'idea che coloro che avevano sempre operato al suo fianco fossero in realtà dei bugiardi occupati a pensare unicamente al sesso. Sesso con lei. Era... inaspettato. Nel corso della propria esistenza, era sempre stata certa di non avere mai destato pensieri del genere in un uomo; non si vedeva per nulla bella, non si lasciava mai i capelli lungo le spalle e, infine, sorrideva molto raramente. Attese che l'Angelo aggiungesse qualcosa -Perchè sarebbe stato tipico di lui commentare i suoi pensieri sgradevoli e puntigliosi-, ma non accadde; Lucifero riprese la propria andatura stremata, seppur veloce, e svanì oltre i primi gradini. Lei lo seguì sbigottita.
Infine arrivarono di fronte le celle; ovunque aleggiava un disgustoso olezzo di feci, cibo andato a male e rigurgito. Tra le pareti fredde che li circondavano riecheggiavano i pianti di donne e bambini, accompagnati dalle frasi di vano conforto mormorate dalle persone più anziane. Esse, bisbigliate od interrotte da improvvisi attacchi di tosse, dicevano per lo più che sarebbero giunti a Dio e che, per tale ragione, non avrebbero più dovuto temere. A Cecily si strinse il cuore per lo sconforto, mentre una rabbia inumana prendeva drastico possesso di lei; quanti, in quello stesso istante, in qualsiasi parte dell'Europa, stavano facendo la medesima fine che era stata scritta per le persone che ora, accatastate e malnutrite, le staziavano d'innanzi? Era certa che, anche se si fosse trattato di un'unico uomo, sarebbe stato troppo. Colui che sino a  poche ore prima aveva idolatrato e amato stava davvero permettendo una distruzione del genere? Una tale quantità di genocidi?
Si diede della stupida per essersi posta quelle ultime domande, perché la risposta era così lampante da presentarlesi davanti agli occhi. Sì. Sì, era possibile ed era successo.

Sembrava che la Mela le stesse parlando.

Dio non aveva mai avuto il coraggio di salvare nessuno.

Strinse forte la stretta attorno al mazzo di chiavi tintinnanti, e, a seguito di un profondo respiro, corse sino alla prima grata. All'interno della stanza vi erano tre celle adiacenti, tutte orrendamente sovrapopolate e sporche, e che lei doveva aprire prima di essere scoperta. Sapeva di non dovere fare eccessivo rumore; le guardie erano proprio sopra di loro, e non vi era alcuna porta a parte quella di ingresso che avrebbe potuto ostacolare un cigolio di troppo. Doveva farcela, perché non vi sarebbe stato alcun piano di riserva, né alternativa.

Infilò la chiave nella prima serratura; i prigionieri la mirarono quasi con arrendevolezza, come sul punto di domandare semplicemente di essere uccisi. La ragazza non vi fece caso e, attraverso movimenti lenti e respiri sempre più profondi, riuscì infine ad aprire. Il click che si fece largo dal piccolo foro metallico la allarmò solo in un primo istante, parendole troppo forte ed improvviso. Tra quel suono e la realizzazione che nessuno li avrebbe raggiunti, trascosero alcuni preziosi secondi, ma, infine, Cecily spalancò totalmente la grata. I prigionieri, però,  non si mossero, terrorizzati. Arrivarono a credere che non fosse altro che un malsano gioco per illuderli, tentarli e traviarli ancor più nel profondo, ma dopo avere aperto anche la seconda e la terza cella, la giovane, ansante e spaventata, parlò; "Uscite. Scappate finché potete."

Perchè qualcosa -forse si trattò della Conoscenza fornitale dall'angelo, o forse di semplice istinto- le stava suggerendo che tutto sarebbe andato male. Male da morire.

Fu allora che un suono orrendamente viscoso riempì l'aria, impregnandola improvvisamente di sangue e grida. Oltre il corpo magro e stanco di un uomo di mezza età che si trovava ormai sui gradini, fece capolino la lama lucida e spietata di una spada. Non appena essa si ritirò, lasciando come prova del proprio passaggio un ampio foro tra le spalle della vittima sanguinante, il corpo del malcapitato cadde morto e, oltre egli, apparve un Templare sconvolto. A causa di quel qualcosa, Cecily non ne fu minimamente sorpresa. Il suo sguardo, però, cadde sulla figura meravigliosa di Lucifero, che osservava impassibile. In quell'istante, la ragazza sapeva di dovere prestare attenzione a coloro che stavano gridando e morendo, al fatto che il suo piano stesse fallendo, che i prigionieri arrendevoli stessero tornando nelle celle e che anche lei sarebbe morta, ma sapere cosa fosse giusto fare non le impedì comunque di ignorare deliberatamente ognuna di queste cose. Continuò ad osservare l'Angelo Caduto; era confusa ed aveva le lacrime agli occhi.
"Tu lo sapevi?" gli domandò con la voce mozzata dal panico e dalla delusione. Udiva in modo attutito ciò che le accadeva attorno, perché in quell'istante non esisteva che quel bellissimo essere etereo che, nonostante avesse scelto lei, l'aveva mandata al patibolo.
Egli negò, osservando i morti e coloro che, invece che morire combattendo, si arrendevano alla condanna al rogo. Era tutto caotico e distante; folli fanatici innamorati di Dio uccisi dalla sua mano micidiale. E ringraziavano di morire, ignoranti di tutto.
"Come no?" gridò la ragazza "M-Ma i miei pensieri e ricord-" "Scusa, ma ho scelto di non intromettermi più." la interruppe lui, sospirando e, finalmente, guardandola; aveva gli occhi lucidi ed i lineamenti severi. Gli dispiaceva ed era così profondamente evidente che lei non trovò più la forza di accusarlo in alcun modo.

Fu allora che, distratta oltremodo, qualcuno la colpì alla nuca, facendole perdere d'improvviso i sensi.

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