Il passato ritrovato
La porta sbatte e il rumore dei passi al piano inferiore mi rendono consapevole della sua presenza.Cerco di chiudere gli occhi e concentrarmi su cio' che devo fare per riuscire a fuggire via da questo inferno isolato, in cui mi ritrovo, e che lui chiama casa.
I passi diventano sempre più udibili e il rumore di vetro rotto mi fa gelare il sangue.
I miei occhi si spalancano al suono della sua voce rauca,che mi ordina di aprire la porta durante uno dei suoi attacchi di rabbia.
Jason mi sta urlando di farlo entrare e mi minaccia, ricordandomi cosa potrà farmi, una volta che il mio fragile corpo sarà affidato alle sue mani ruvide e callose.
Quell'uomo mi fa salire i conati di vomiti e se penso a cio' che ho subito e cosa ha dovuto sopportare il mio corpo, il vomito comincia a farsi strada dentro me, ed ecco che mi ritrovo con la faccia rivolta verso il basso cercando di cacciare via tutto, compresa l'anima, in questo vomito bisognoso.
Jason non è mai stato l'uomo dietro quella porta,che lo separa da me, si è sempre comportato con gentilezza e galanteria, tanto che aveva convinto perfino i miei genitori giudiziosi di essere il marito perfetto per la loro unica figlia. Tutto è andato bene, finché due anni fa i miei sono morti e mi hanno lasciato da sola tra le sue mani.
Ero triste e sempre più disperata dopo la loro morte e ho sperato che Jason potesse aiutarmi a sopportare il dolore, ma non è stato così, lui ha cominciato a trasformarsi ogni giorno sempre di più fin a diventare lo sconosciuto con cui convivo.
"Ricordati che l'hai voluto tu Lorelei" mi avverte Jason.
I passi si allontanano e so già cosa stia per fare... la sua cassetta degli attrezzi non è molto lontana dal bagno in cui mi ritrovo rinchiusa.
Mi asciugo le labbra con un braccio e mi avvicino allo specchio per guardare il mio riflesso.
"Pensa lucidamente e subito Lorelei "la mia coscienza cerca di sollecitarmi a trovare una soluzione il più presto possibile, poiché , come me, è sicura che il mio corpo non possa sopportare un altro abuso da parte sua.
La finestra viene spalancata dal forte vento che inonda il bagno.
Rabbrividisco all'aria fredda serale che entra e cerco di farmi forza per chiudere la fonte di aria gelida, ma tutto accade così velocemente che pochi minuti dopo mi rendo conto di star correndo ,nel bosco vicino casa, per scappare da Jason.
Alla fine è riuscito ad entrare e la finestra mi è sembrata l'unica via d'uscita in quel momento.
Corro più che posso, anche se ho il fiato corto poiché non sono più allenata come un tempo, Jason mi proibiva di fare qualsiasi cosa che comprendesse me in mezzo ad altre persone, questo spiega la sua scelta di comprare una piccola casetta circondata dalla natura verde di un fitto bosco.
"Tanto sai che ti prenderò" si prende beffa di me e credo perfino di sentire la sua risata amara.
Ad un certo punto mi fermo e capisco che la mia fuga ha avuto un limite; due alberi ricurvi si intrecciano dando vita ad una specie di arco stretto, in cui risulta impossibile infilarsi.
Guardo verso destra e poi sinistra, ma ormai è troppo tardi: lui è qui.
"Sei proprio una bambina cattiva" dice battendo leggermente il martello più volte sul palmo della sua mano " mi hai fatto rompere la porta del bagno" mi rimprovera " sai quanto tenga a quella casa" mi ricorda.
Il viso gli si incupisce e avanza verso di me. Odio questi suoi sbalzi d'umore, non sono mai in grado di prevenire le sue mosse.
Avanza verso di me a passo spedito e io indietreggio, mi giro per trovare una possibile via di fuga, ma tutto sembra invano.
Chiudo gli occhi lasciandomi pervadere dal rumore dei suoi passi , che mi sollecitano a camminare all'indietro.
"Adesso sei in tra ..." non riesce a finire la frase che mi tappo le orecchie.
Un rumore assordante minaccia di rompermi i timpani.
Sto per impazzire.
Mi giro, dando le spalle a Jason, e cerco di aggrapparmi ai rami degli alberi che ... sono scomparsi.
Il rumore cessa e apro gli occhi.
Un'immensa luce mi acceca la vista, finché non cessa qualche secondo dopo.
Ritorno in possesso della mia vista cercando di mettere a fuoco cio' che si è materializzato davanti ai miei occhi.
Una grande distesa di campi verdi compone il grande sfondo,accompagnato da un'immensa distesa d'azzurro. Una giornata davvero serena potrei dire, peccato che era sera l'ultima volta che ho chiuso gli occhi e Jason era sul punto di ... mi giro di scatto per trovare la sua figura, ma lui non è qui, al suo posto c'è un ragazzo di circa 25-30 anni che mi guarda con un sopracciglio alzato.
I suoi vestiti sono dei semplici stracci ricoperti di polvere e sporchi di fango.
"Hai finito Grace? " chiede.
Grace? Credo che mi abbia confusa con qualcuno altro.
Cerco di dar luce ai miei pensieri, ma le sue parole precedono le mie.
"Hai controllato se la coltivazione di prátaí è stata infettata?"
"Non so ..." interrompe la mia frase che rimane sospesa nell'aria.
"Lo sai quanto sia importante per noi questo raccolto?" domanda alzando un po' il tono della voce.
"L'Irlanda ha la sua vita nelle mani del raccolto delle patate! È la nostra risorsa" commenta " sbrighiamoci a controllare" mi incinta.
Irlanda?Come è stato possibile?
Pochi minuti fa vivevo in un piccolo quartiere isolato di Londra e adesso mi ritrovo in ... Irlanda? L'ultima cosa che ho fatto è stata indietreggiare verso gli ... alberi!
Possibile che quell'intreccio di cellulosa,così anomalo,abbia potuto trasportarmi in un altra epoca? E in un altro paese?
Cerco di copiare cio' che il ragazzo fa, anche se non ho la più pallida idea.
"Mhmm..." cerco di strappargli di bocca il suo nome. Lui si gira e mi guarda " James " dice.
"Sì, James" ripeto il suo nome per memorizzarlo " perchè sei così agitato per il raccolto di patate?" cerco di formulare una domanda per farmi spiegare cosa succede e in che periodo mi trovo.
"Dopo l'epidemia che ha colpito il nostro raccolto irlandese e a causa degli scozzesi e inglesi che cercano sempre di rubarci tutte le nostre risorse, stiamo andando in un vero periodo di crisi... quindi se non vuoi emigrare o morire come gli altri, va lì vicino a quegli alberi e controlla il campo lì vicino" mi ordina alla fine del suo discorso.
Annuisco e mi dirigo verso il posto da lui indicato.
Ho capito in che epoca sono finita.Quando ero una ragazza,che andava ancora scuola,studiai l'epoca vittoriana inglese e il professore ci parlo del cosiddetto "Irish Potato Famine", ovvero la più grande crisi irlandese causata dalla mancanza dell'elemento nutritivo che compone la maggior parte del fabbisogno alimentare degli irlandesi.
Arrivo davanti al campo con le idee ancora confuse sul perché di questo ... viaggio?, ma la mia mente torna lucida ,non appena intravedo lo stesso arco di cellulosa che ho visto nel bosco vicino casa mia.
Corro in quella direzione, senza dar troppa importanza alle urla di James.
Attraverso l'arco e la stessa luce abbagliante di prima mi investe, finché i miei piedi non toccano un altro terreno.
Il panorama è diverso. Una città invasa dal rumore di macchine industriali fatte di ragazzi e ragazze ancora in età pre-adolescenziale.
Cerco di camminare, ma l'enorme vestito rigido che porto addosso mi impedisce qualsiasi movimento.
Guardo le grandi maniche di cotone e il pizzo dei miei guanti, che mi rendo consapevole di aver attraversato un nuovo portale.
Sono a Londra durante la grande e famosa epoca Vittoriana, chiamata così per la sua adorata e rispettabile Queen Victoria.
Mi guardo intorno e noto che tutto è come l'ho sempre immaginato. I bambini sono sfruttati dai datori di lavoro delle fabbriche e il cosiddetto gap tra poveri e ricchi è davvero immenso, quasi impossibile da ricucire.
I bambini vengono maltrattati e le famiglie li mandano a lavorare, privandoli di un'istruzione, per riuscire ad arrivare a fine giornata con un pasto corposo ben guadagnato.
Un ragazzo si posiziona davanti a me.
Ha il viso sporco di macchine nere e di olio, porta con se delle scarpe che ciondolano sulla sua spalla sinistra, mantenendole per i lacci, i quali sono diventati sporchi per le mani sudicie del ragazzo.
"Lady" richiama la mia attenzione " suo marito Mr Morris le ha chiesto di aspettarla sotto l'arco di legno" mi indica con una mano l'arco, che dista qualche passo dal punto in cui mi trovo.
Riporto l'attenzione sul ragazzino ,di circa 12, che mi ha appena parlato.
"Perchè un signorino come te ha le mani così sporche?" Chiedo.
Spontaneamente lascia cadere le scarpe a terra per guardarsi i palmi delle mani.
" mi sono sporcato le mani lavorando la suola delle scarpe" dice.
Annuisco.
"È difficile lavorare la suola" dichiara " non mi piace lavorare, ma mamma ha bisogno di soldi da quando papà è andato in prigione per dei debiti".
Lo guardo. Un povero ragazzo,che deve lavorare per aiutare la madre ed è costretto a subire l'ira del suo capo, mi mette davvero tristezza.
L'epoca vittoriana è sempre stata bella per il grande splendore dell'Impero inglese, ma ogni bellezza ha il suo tallone d'Achille.
Riguardando i tratti del ragazzo, nascosti dallo sporco, mi rendo conto di ... conoscerlo.
"Come ti chiami?" Chiedo.
"Charles" dice " Charles Dickens, signora" .
"Charles " lo richiamo " non lasciar mai che le persone ti usino. Ricorda che tu sei l'unico che puo' trovare una soluzione a questo casino" pronuncio le ultime parole, allontanandomi dal ragazzo,sotto il suo sguardo indagatore, per dirigermi verso quel'arco, ormai noto a me, pronta per una nuova epoca da visitare.
Attraverso il portare consapevole di aver incontrato Charles Dickens, colui che ha proposto "The Humanitarian Solution":una soluzione che richiedere collaborazione tra poor people e employers.
Dopo la terza volta la mia vista si è abituata alla luce e non ci impiego molto a capire dove sono:
una piazza enorme,affollata di persone.
"È un'ingustizia!" un uomo urla "Dreyfus non è il vero colpevole" dichiara " les revanchistes françaises non devono punire un povero uomo ebreo, che non ha commesso nessun reato, per il loro continuo desidero contro la Germania, a causa della Guerre Franc-Allemande. Dobbiamo ribellarci! Je suis Émile Zola e io ho scritto "J'accuse": la lettera accusatoria che voi, Presidente Félix Faure, avete ricevuto."
Le persone applaudono e si dimenano per appoggiare Zola,ma non tutti sono contenti.
Delle guardie avanzano verso di lui e lo afferrano, per trascinarlo via dalla piazza.
"Non mi farete tacere" urla il futuro prigioniero " Dreyfus avrà la sua libertà".
Le guardie mi passano di fianco e Zola mi afferra il braccio.
"Lei crede a Dreyfus vero?" mi incita con lo sguardo, per esortarmi a dargli una risposta.
Le guardie mi fulminano con lo sguardo e mi spingono via, cossichè il prigioniero possa perdere la presa su di me.
Zola sparisce insieme alle guardie, lasciando via libera al tumulto di persone furiose contro la loro libertà di espressione e disgusto verso l'ingiustizia.
Vengo risucchiata dalla masse di persone, che cercano di far valere i loro diritti urlando: "Liberté, Egalité et Fraternité"
Una donna disperata mi si avvicina.
"Ma fille, ma fille" ripete in preda all'ansia per la scomparsa di sua figlia.
Mi guardo intorno in cerca di una possibile bambina triste e sola per la perdita della madre.
Intravedo una bambina, vicino ad un arco, intenta a girarci in torno ,in lacrime, come una pazza. Mi avvicino.
"Salute" dico cercando di sembrare francese, ma il mio tentativo fallisce nel momento in cui avanzo verso di lei, per prenderla tra le mie braccia, e lei scappa via.
La rincorro girando intorno all'arco, finché non inizia a mancarmi il fiato.
"Piccola fille" provo a parlare francese " vieni qui" non so cosa altro dire, non ho mai avuto una conoscenza molto alta del francese.
Mi appoggio all'arco,con la testa rivolta vero il baso,per riprendere fiato. Quando alzo il viso, la bambina è di fronte a me che mi guarda,le sorrido cercando di infonderle fiducia, ma capisco che sia stato un tentativo invano quando mi spinge facendomi inciampare in un sasso.
Cado a terra con gli occhi chiusi, quando li riapro una donna,con i capelli corti e il rossetto rosso sulle labbra, mi chiede come sto.
Mi fa sedere su una sedia, scomparendo per poi ricomparire qualche secondo dopo con un bicchiere d'acqua.
Mi porge il bicchiere e mi fissa. "È stata una bella botta" annuisco " ma non è niente di grave Ania" afferma " ti ricordi chi sono?" domanda.
Non ho fatto caso all'ambiente che mi circonda, finché non mi ha chiesto cio'.
Noto che porta una specie di divisa femminile, ancora un po' troppo maschile per i miei gusti, ma cio' che mi colpisce veramente è il simbolo nazista sulla sua divisa.
"Leni Riefenstahl" dice il suo nome, non avendo ricevuto una risposta.
Il nome non mi è nuovo.
"Cerca di riprenderti" dichiara " ho bisogno di te" confessa "'Hitler vuole impedirmi di riprendere le olimpiadi?" dice in moto retorico.
Si avvicina ad una cinepresa, la guarda e la tocca " allora ha trovato pane per i suoi denti" dice " tutti devono capire chi sia davvero il loro Führer ".
Bussano alla porta.
"Avanti" dice Leni
"Frau Leni" un ragazzo giovane e biondo entra nella stanza " Le olimpiadi stanno per iniziare" ci avverte.
"Su alzati"mi incita Leni e io faccio cio' che desidera seguendola.
Arriviamo davanti ad una specie di balcone, che dona una vista magnifica sull'intero campo delle olimpiadi.
Le telecamere sono coperte e Leni inizia a diventare rossa per la rabbia.
"Chi ha coperto la mia attrezzatura?" Urla arrabbiata.
Lo stesso ragazzo di prima si avvicina spiegandoci che, tutto cio', sono ordini del Führer.
"Ania" Leni richiama la mia attenzione " togli quello straccio da sopra quell'ultima telecamera" mi ordina strappando con forza uno di quegli stracci dalla sua attrezzatura.
Mi incammino verso il punto indicatomi da Leni.
Hitler ha sempre cercato di mostrarsi come uomo potente e giusto, ma le ingiustizie erano il suo pane quotidiano.
Ha cercato di nascondere la verità, fatta di discriminazione e sofferenza, durante le olimpiadi del 1936, ma Leni è sempre stata una donna tenace che ha fatto valere i suoi diritti e ha preferito la verità a tutto, per questo motivo è passata alla storia come la donna che ha sfidato Hitler e ha ripreso,per la prima volta,le olimpiadi .
Un numero di guardie accorrono per ordine di Hitler, una di loro cerca di avvicinarsi a me, ma io inizio a correre.
Scendo delle lunghe scale, non sapevo dove andare, in cerca di qualche rifugio.
Da una delle finestre che contornano l'edifico riesco a vedere un piccolo albero curvato verso un suo coetaneo.Ecco la mia salvezza! Il mio portale.
Un'altra epoca. Un nuovo mondo da visitare.
L'odore pungente di muffa invade l'intera baracca in cui mi trovo,insieme ad una decina di donne.Le porte della baracca vengono aperte e le guardie naziste ci spingo fuori.
"Che succede?" Chiedo ad una mia coetanea.
"È l'ora del lavoro" afferma " fa quello che ti dico se non vuoi morire ad Auschwitz" mi avverte.
Glie ebrei e il loro deportamento è sempre stato un argomento diffuso in tutto il mondo e tutti cerchiamo di identificarci nel dolore, che quelle persone hanno dovuto sopportare, attraverso la giornata della memoria.
Il sole mi riscalda e mi illumina la visuale.
Bambini che spostano assi di legno con fatica, donne che vengono picchiate per aver disubbidito e soldati che ridono ,tra di loro, solo per il gusto di vedere gli altri soffrire.
"Tutti alle docce" urla una guardia.
Le famose docce! Forse sono l'unica che sa cosa l'attende se varcasse quella soglia senza ritorno.Tanti bambini sono morti, persone innocenti hanno sofferto e molti sopravvissuti portano con loro, il ricordo indelebile di quei giorni trascorsi qui in miseria e sofferenza.
I numeri, sulle loro braccia, identificavano chi erano e cosa erano per i tedeschi: cose e non persone.
Ci conducono in fila verso quelle docce.Ci fanno spogliare e ci ordiamo di entrarci dentro, una donna urla e si dimena contro la sua volontà.
"Fuggite via" urla " è una doccia senza ritorno" ci avverte.
Le donne iniziano a correre via e io cerco la mia magica via di fuga.
Corro, nuda come un verme, verso la mia salvezza, ma qualcosa mi blocca: un soldato nazista, con uno sguardo freddo come il ghiaccio, tiene salda la sua presa su di me.
"Dove cerchi di scappare?" Domanda in modo ironico.
Cerco di dimenarmi, ma tutti sembra invano, finché la presa diventa del tutto assente.
"Va via!" un altro soldato mantiene il suo coetaneo per darmi l'opportunità di fuggire.
"Haberl sarai punito per questo" lo avverte " la Germania non tollera disordini!"dichiara.
"Corri!" Urla Haberl.
Arrivo alla rete di filo spianto. Mi abbasso all'altezza del piccolo varco, che puo' farmi uscire da questo campo. Il filo spinato mi graffia la schiena e le gambe, provocandomi grandi ferite sanguinanti.
Arrivo al varco magico distrutta, ma pronta ad attraversarlo.
Chiudo gli occhi nella speranza di ripoter ritornare a casa.
Il bosco familiare e le urla di Jason mi fanno capire che il portare ha esaudito il mio desiderio.
"Agente le giuro che è sparita".
Il mio corpo è ancora nudo e ferito dal passato, cammino zoppicando verso le voci.
"Mi aiuti" è l'unica frase che riesco a dire prima di cadere a terra.
L'uomo, dai capelli corvini e gli occhi verde smeraldo, mi prende tra le sue braccia coprendomi con la sua giacca.
"Benson" chiama il suo amico " arrestalo" dice indicando Jason con un cenno.
"Cosa?!" urla Jason stupefatto " perchè?".
"Lei è accusato di molestie domestiche"afferma io mio salvatore " Io prendo quest'auto. Tu predi l'altra".
La sirena dell'auto di Benson si allontana lasciando spazio al dolce suono del silenzio.
"Adesso sei salva ..."
"Lorelei" dico " me lo prometti?"
"Te lo prometto e bada a te che mantengo sempre cio' che dico; altrimenti non mi chiamerei Deen Mayer".
Sorrido all'immagine di me felice e senza Jason che mi tortura, più che un'immagine è un vero e proprio sogno che si fa spazio nella mia mente insieme ai ricordi del passato.
Irlanda, Inghilterra, Francia,Germania e Italia: paesi così diversi che si sono combattuti tra di loro negli anni e che ne hanno fatto delle loro sofferenze delle differenze assurde da sopportare, persone sono morte per il loro egoismo di essere autosufficienti a se stessi e hanno fatto di tutto per arrivare sane e salve in una nuova epoca, senza pensare che il nemico era colui con cui avrebbero potuto sopravvivere.
Parole:3115
esistenza03 agathabrioches LadyADark TheRealShimeon
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro