Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

40 La scoperta

Togliersi dalla testa quella notte sarebbe stato davvero impossibile. Per tutto il tragitto Sveva non fece altro che pensare a quanto era successo, incurante della presenza di Betta. Quelle braccia, forti e vigorose, che l'avevano sottratta al più orrendo dei destini, e quell'odore di alcool e di marcio, che si portavano dietro quei personaggi infimi, lo sentiva ancora addosso. Sentimenti contrastanti navigavano dentro di lei... in attesa di essere elaborati, interpretati. Senz'altro era stata molto imprudente ad avventurarsi da sola a quell'ora della notte, ma tuttavia non poteva non pensare a quanto fosse stata fortunata a sfuggire a quella condanna. Rashad l'aveva salvata, senza esitazione: il suo intervento era stato determinante.

Era questo a cui alludeva qualche tempo fa quell'uomo?
Il bene ricevuto sarebbe tornato indietro?
Se avesse soltanto pensato alcuni giorni prima di potersi trovare sotto il suo studio e di essere poi salvata da lui, tutto quello le sarebbe parso impossibile: mai avrebbe potuto immaginare di trovarsi in una simile situazione, eppure era successo; la realtà aveva superato la fantasia.

Per un attimo desiderò ardentemente di poter tornare indietro nel tempo, quando era felice, quando non aveva alcun pensiero, ma non era possibile...
Guardò la sua amica.

Le aveva sempre voluto bene, nonostante la sua cocciutaggine e il suo essere un po' matta, ma l'immagine di lei con Rashad le tornò prepotentemente dinanzi agli occhi procurandole inspiegabilmente delle fitte al cuore. Eppure sapeva di amare Marco, ma non poteva fare a meno di pensare a lui e alla sua bambina, immobile, costretta in un letto d'ospedale, e quelle due cose, l'amore per lui e l'incidente, erano unite indissolubilmente, per sempre. Non lo avrebbe mai perdonato.

Riguardò l'amica mentre camminava e per un momento la invidiò. Betta era giovane e dimostrava meno anni di quelli che aveva, era bella, aveva tutti gli sguardi addosso, aveva un lavoro, un marito e un bambino, aveva tutto però stava giocando col fuoco, rischiando di mandare all'aria la sua felicità.

Strinse più forte il suo braccio, trascinandola come fosse un burattino: avrebbe voluto decidere lei le sue mosse, guidarla, indirizzarla.

«Ehi, ma cosa diavolo ti prende? Mi fai male, cara. Rischi di farmi rompere i tacchi, tesoro.»

«Potevi metterti allora dei sandalini, delle scarpe da ginnastica, persino delle ciabattine!»

«Se sei nervosa per quello che ti è successo sappi che non ti rimane che prendertela con te stessa. Sei tu l'unica responsabile di quello che ti è accaduto,soltanto tu. Non saresti dovuta uscire da sola, non a quell'ora.»

A quelle parole Sveva si irrigidì, di nuovo, ma non era stata l'amica a ferirla: il calore provato tra le braccia di Rashad e la mancanza di Marco in quel momento le avevano tolto il fiato e quel dolore, assopito, addormentato, come fuoco sotto la cenere, tornò come un onda, irrefrenabile, impellente, come era forte il bisogno di lui.

Gli occhi erano in fiamme, quell'onda stava risalendo inesorabilmente... ma non avrebbe pianto, non lì di fronte a Betta. Accelerò il passo, spaventata.

«Oh ciccina! Non volevo, credimi. Vieni qui, fatti abbracciare.»

Ma quella ormai era partita per la tangente.

Sentendosi afferrata, a sua volta, a un braccio, interruppe la sua corsa, lo sguardo crucciato, le gote in fiamme: era sul punto di esplodere.

«Cos'hai?», le chiese Betta.
«Perché sei così sconvolta? Tutto d'un tratto sei cambiata...non capisco.»

«Perché tu invece sei sempre fedele a te stessa, vero? Come fai? Spiegamelo. Perché deve esserci un modo...»

«Ma cosa stai dicendo?»

«Dico che ti ho visto prima con Rashad, come lo guardavi. Non sei seria. Non ti riconosco più», disse rattristata.

«Non è facile come credi.»

«E allora spiegami, aiutami a capire. Che vuoi dire?»

«Che anche io ho i miei problemi, i miei incubi. Non sei l'unica, come vedi, a soffrire.»

«Quali problemi?»

«No», aggiunse Sveva, «non dirmelo. Tu e Maurizio... Ma lui ti ama... Io credo che...»

«Credi bene, lui mi ama. Ma io? Ti sei mai chiesta se sono davvero felice? Già, non lo hai mai fatto. Non credo più di ricambiarlo, si è spento tutto. Quella magia che c'era prima non c'è più, e pensare di lasciarlo, fargli del male... non posso nemmeno immaginarlo.»

«Ma magari è solo un momento di crisi temporanea, solo un momento. Vedrai che passerà. Succede alle migliori coppie e poi...»

«E poi nulla. Io non lo amo più. Insieme ci annoiamo; non abbiamo più nulla da dirci. Io sono solare, vorrei ballare, vorrei fare tante cose che lui non condivide, che non sono nelle sue corde. La sua pigrizia, il suo volersene stare sempre rintanato, tutti questi atteggiamenti mi stanno uccidendo. Sento che se restassi ancora con lui potrei morirne», disse entrando nella macchina.

Quelle parole avevano lasciato Sveva a bocca aperta. Se Betta aveva parlato, era arrivata a quel punto, lei che era così restia a confidarsi, doveva davvero essere arrivata alla frutta, a un punto di non ritorno. Provava tanto dispiacere per il piccolo Lorenzo, l'ennesimo innocente che avrebbe dovuto pagare per gli sbagli degli adulti, ma nello stesso tempo era profondamente rammaricata per l'amica, alla quale non sapeva dare nessun consiglio. Ora, più che mai, si sentiva inutile e tanto piccola: aveva messo, come sempre, al centro dell'attenzione i suoi problemi e a stento si era accorta di quanto potesse soffrire Elisabetta. Tornarono a casa senza parlare, immerse ciascuna nei propri pensieri.

Il giardino era buio e silenzioso come mute erano le loro anime, incapaci di affrontare nessun altro argomento. C'era una luna piena bellissima che illuminava il prato punteggiato di piccoli fiori selvatici. Piccole creature alate svolazzano attorno alla luce dei lampioni alti che, a stento, rendevano visibile l'uscio di casa.

«Vado a struccarmi», disse la riccia.
Persino il suo incedere era cambiato. Quel corpo sembrava non appartenerle. Avrebbe voluto vedere, Sveva, quei sorrisi che un tempo le avrebbero allietato le giornate, ma niente: non una parola. Le si irrigidirono tutti i muscoli del collo quando si rese conto che non aveva un piano, nessuna idea, nessuna parola per l'amica. Rimase a guardarla, fin quando non scomparve nel bagno. Aveva ricevuto tanti consigli da lei e ora non era in grado di aiutarla, in nessun modo.

Passarono cinque, dieci minuti, finché il fragore di un oggetto infranse il vetro della finestra interrompendo quel silenzio assordante. Si precipitò subito dalla dinna, trovandola seduta in bagno, con le lacrime agli occhi e con in mano delle carte.

«Che succede? Cosa hai fatto? Stai bene?»

«Sì», rispose Betta cercando di asciugarsi le lacrime e di mettere a fuoco quelle carte.
Aveva lanciato, per rabbia, un oggetto preso dalla sua pochette e di lì quella scoperta.

«Ma queste cosa sono?» chiese leggendolo, ma soprattutto tentando di interpretarne il significato.

«Le avevo trovate qui, nel bagno. Ricordi? Le prescrizioni che hai perso l'altro giorno».

«Sì, sì, giusto», disse in fretta, avendo premura di ricacciarle nella borsa. Ma quelle carte non le appartenevano e, sebbene non fosse un medico, si era resa conto della gravità della diagnosi: doveva capirci qualcosa, indagare. Avrebbe dovuto darle all'amica, la legittima proprietaria delle stesse, ciononostante qualcosa le diceva di non farlo...
Un dubbio tremendo le s'insinuò nella mente.

Guardò l'amica: tutti i suoi problemi erano svaniti. Ebbe pena per lei.

L'abbracciò, d'impulso, senza riflettere.

Forse che Marco, nell'ultima visita, avesse perso quegli incartamenti?

Senz'altro doveva essere andata così... Sveva le aveva riferito di un incontro avvenuto con lui prima di andarla a trovare a Pisa.

Perché Marco non le aveva detto nulla?
Sicuramente Sveva non ne era al corrente, ma perché aveva taciuto tutto a lei, che era la sua migliore amica?
Qual era lo stato di salute di Sveva?

Betta si sentiva tradita e affranta. Strinse Sveva più forte.

«Ehi, cos'hai?» disse quella stranita da quell'esplosione d'affetto piombata su dal nulla.

«Avevo voglia di sentirti vicina.»

«Mi prometti che ci proverai?»

«A far cosa?» chiese Betta, tartassata da mille interrogativi.

«A rivedere la tua storia, ma soprattutto a non vedere più Rashad.»

Già, a non vedere più Rashad...
Ma forse lui rimaneva l'unico capace di rispondere a tutti i suoi dubbi, se non voleva rivolgersi direttamente a Marco, il solo in grado di dare un senso, un nome a ciò che aveva trovato. Forse rivolgersi proprio a Rashad, a quell'uomo, sarebbe stata una scusa bella e buona, un pretesto per rivederlo, lo sapeva bene Betta, lo sentiva in fondo al cuore, ma d'altro canto non conosceva nessuno su Parma o almeno qualcuno a cui chiedere quelle informazioni così confidenziali.

Guardò l'amica negli occhi e, sapendo di mentire, le disse: «Certo, non lo vedrò più.»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro